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Non tutti gli zero a zero si somigliano
12 mar 2018
Inter e Napoli hanno giocato una partita di alto livello, privilegiando però entrambe la fase difensiva.
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12 min
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Spalletti e Sarri hanno testimoniato spesso la loro reciproca stima reciproca, al di là di qualche stanca polemica di metà stagione sul numero delle partite infrasettimanali. Soltanto pochi giorni fa, Spalletti aveva indicato il metodo di Sarri come l’esempio da seguire per ricostruire il calcio italiano, alludendo probabilmente alle difficoltà della Nazionale; anche al termine della partita ha definito il Napoli «la squadra più europea di tutte».

Sarri, dopo lo zero a zero della gara di andata, aveva riconosciuto i meriti della fase difensiva dell’Inter, ma in settimana ha comunque preferito lavorare molto sui meccanismi difensivi del suo Napoli, per evitare che si ripetessero le leggerezze mostrate contro la Roma.

Con due allenatori che hanno mostrato ancora una volta di conoscersi molto bene, e due schieramenti speculari che favorivano la creazione di duelli individuali, era naturale che nascesse una partita bloccata ma avvincente sul piano tattico, in cui la squadra con il pallone (il Napoli, per la maggior parte del tempo) cercava di muoversi senza compromettere l’equilibrio complessivo e la squadra senza il pallone rispondeva rapidamente cambiando le marcature assegnate. E, come c’era da aspettarsi, hanno vinto le difese.

Tuttavia, entrambi gli allenatori non sono sembrati particolarmente felici a fine partita. Spalletti ha puntato il dito contro la qualità dei suoi attaccanti, soprattutto in fase di transizione: «Se fossero successe a loro quelle cinque/sei palle che abbiamo rubato noi, sarebbe stato un casino»; mentre Sarri si è detto dispiaciuto degli errori sotto porta. Entrambe sono verità parziali, come vedremo. La verità di fondo è che siamo arrivati a un punto della stagione in cui il risultato conta moltissimo ed è più che comprensibile l’amarezza per un pareggio tutto sommato giusto, che però significa soprattutto aver perso due punti.

Le marcature dell’Inter

Il piano difensivo dell’Inter non ha subito variazioni nel corso della partita, persino con le sostituzioni del secondo tempo la squadra ha mantenuto l’assetto di un 4-4-1-1 volto a bloccare il centrocampo del Napoli, con tre uomini che occupavano la stessa zona di campo: Rafinha seguiva ovunque Jorginho, Gagliardini aveva come riferimento Hamsik, Brozovic aveva come riferimento Allan. L’unico uomo libero concesso al Napoli era un difensore centrale, molto più spesso Koulibaly di Albiol (di cui forse Spalletti temeva il gioco lungo).

L’Inter attende il Napoli nella propria metà campo, forzando il passaggio verso Mário Rui.

Quando il Napoli muoveva il pallone nella propria trequarti Icardi tagliava la linea di passaggio verso Albiol, costringendo Koulibaly ad assumersi l’onere dell’impostazione. Sono stati 148 i passaggi tentati da Koulibaly, più di quelli di Jorginho (122), e il doppio di quelli di Albiol, a conferma di come la strategia dell’Inter abbia generato gli effetti desiderati ma anche - visto, appunto, che il senegalese ha sostenuto volume di passaggi molto alto - di come il Napoli abbia la qualità e l’organizzazione collettiva per adattarsi al piano gara degli avversari, e riuscire ugualmente a imporre il suo gioco.

Soltanto in un paio di occasioni l’Inter ha provato ad alzare anche un altro uomo, Rafinha, per pressare in parità numerica la difesa del Napoli. In questo caso Gagliardini e Brozovic dovevano salire in contemporanea per restringere il raggio di azione di Jorginho, ma il Napoli ha sempre eluso l’azione di pressing con disinvoltura, costringendo l’Inter a rinunciarci definitivamente.

Non appena Rafinha si stacca da Jorginho, il Napoli trova facilmente Insigne tra le linee: Spalletti intuisce e rinuncia al pressing.

La scarsa intensità del pressing dell’Inter ha sostanzialmente reso inutile la presenza di Reina, che oltre ad aver effettuato una sola parata - su una conclusione da venti metri di Éder, calciata centrale a mezza altezza - non è stato quasi mai coinvolto in fase di possesso (salvo la primissima azione delle partita, in cui peraltro ha commesso un errore). Reina, la cui qualità con la palla tra i piedi è spesso vitale al possesso napoletano, ha tentato meno passaggi anche di Handanovic (28 lo spagnolo, 45 lo sloveno).

Il sacrificio degli esterni dell’Inter

Con il centro del campo bloccato, il possesso del Napoli si orientava quindi verso le fasce, specialmente verso sinistra (la combinazione Mário Rui-Koulibaly è stata per distacco la più ricorrente della partita). Con grande consapevolezza e sincronia, l’Inter è sempre riuscita a scivolare con le linee di difesa e centrocampo molto strette verso il lato forte dove il Napoli sviluppava l’azione.

Brozovic prova a pressare, ma viene saltato: la copertura di Perisic e Candreva garantisce la superiorità numerica.

In questo senso, bisogna concedere qualche attenuante alla prestazione di Perisic, che se da un lato non ha inciso in alcun modo sulla partita (2 dribbling riusciti, 1 cross tentato, nient’altro), non si è neanche mai risparmiato nella fase difensiva, ritrovandosi spesso a coprire da solo tutto il lato sinistro del campo, oltre a seguire fin dentro l’area di rigore le sovrapposizioni di Hysaj, così come Candreva dall’altra parte.

Se nella prima parte di campionato Perisic riusciva a sostenere senza fatica entrambe le fasi, arrivati a questo punto della stagione è comprensibile che paghi qualcosa in termini di lucidità e qualità dell’esecuzione. Inoltre, non ha generato effetti positivi la scelta di Spalletti di invertire la posizione di D’Ambrosio e Cancelo durante l’intervallo. Spalletti si è giustificato con la necessità di portare D’Ambrosio in marcatura su Insigne, ma così facendo ha spezzato la catena di destra che stava funzionando discretamente, senza migliorare quella di sinistra. Anche Cancelo, come già D’Ambrosio, ha palesato un evidente disagio nell’utilizzare il piede sinistro, con conseguenti difficoltà nel supportare Perisic in sovrapposizione.

Spalletti non dev’essere stato felice della scarsa flessibilità dimostrata dal terzino portoghese, e a fine partita ha infierito sul suo atteggiamento: «Cancelo è uno che se gioca male a destra ti dice che doveva giocare dieci metri più avanti, o dieci metri più indietro, se gioca a male sinistra dice che ha giocato male perché tu l’hai messo a sinistra. I calciatori fanno un po’ così, lui lo fa più dei calciatori normali».

Difendere “di squadra”

L’azione dell’unico cross di Perisic, arrivata al 59’, è un buon esempio delle difficoltà dell’Inter a creare pericoli di qualsiasi sorta, ma anche del grande impegno profuso dal Napoli nella fase difensiva, che Sarri ha sottolineato a più riprese a fine partita, ripetendo «abbiamo difeso di squadra».

L’attacco dell’Inter segue il suo canovaccio ideale: l’azione nasce da un pallone strappato da Brozovic a Callejón nei pressi dell’area di rigore, poi riciclato da Rafinha e servito a Perisic. Il campo inizia ad aprirsi per l’Inter, che a quel punto riesce a spostare il pallone da sinistra a destra, e poi di nuovo a sinistra, ma appoggiandosi soltanto su tre uomini, Perisic, Icardi e Candreva. Quando Perisic arriva al cross, pur avendo molto spazio, in area di rigore c’è solo Icardi (con Gagliardini che prova ad arrivare a rimorchio) e sei giocatori del Napoli, con Jorginho che ha percorso tutto il campo a testa bassa nonostante la netta superiorità numerica dei suoi difensori.

Una dinamica simile a quella della migliore azione della partita dell’Inter (al 36’), che ha fatto esclamare a Spalletti: «Ecco, qui c’è qualità!». Tutto parte da un rinvio sbilenco di Handanovic che Gagliardini riesce a prolungare con il tacco, ma è ancora l’abbassamento e il gioco di sponda di Icardi a favorire l’innesco dell’azione. Rafinha arriva in supporto, riceve e lancia Candreva, che può puntare Mário Rui. Quando Candreva si porta al limite dell’area, però, gli attaccanti dell’Inter sono ancora in netta inferiorità numerica (Icardi contro quattro), così sceglie di mirare sul secondo palo e calcia fuori di poco.

Il Napoli ha sofferto molto il gioco di sponda di Icardi in appoggio a Rafinha, ma è stato rapido e ben allineato nel coprire la profondità. Quest’azione ricorda il gol del 3-1 di Dzeko subìto sabato scorso, ma il tiro di Candreva si spegne a lato.

La strategia offensiva dell’Inter, baricentro basso e transizioni rapide, non mai ha creato pericoli al Napoli, e non solo perché i suoi attaccanti difettano di qualità, come Spalletti ha ribadito in tutte le sedi, ma anche per ragioni di equilibrio, oltre che per gli evidenti meriti dell’avversario. Con i mediani e i terzini che non riuscivano mai ad accompagnare l’azione, e il pallone che doveva coprire lunghe distanze, per la difesa del Napoli era più semplice abbassarsi preoccupandosi solo di coprire il centro e la profondità.

Del resto, anche la scelta di invertire D’Ambrosio e Cancelo perseguiva l’obiettivo di difendere meglio, per cui è ragionevole riconoscere che la priorità dell’Inter fosse quella di contenere gli attacchi del Napoli, e che questa sia stata assolta egregiamente.

Il Napoli ha sbattuto contro un muro

Il grande merito per la solida prestazione difensiva dell’Inter va attribuito alle eccellenti prestazioni di Miranda e Skriniar, contro cui, esattamente come nella gara di andata, gli attacchi del Napoli sono andati a scontrarsi fisicamente.

I giocatori del Napoli hanno tentato 21 dribbling, un dato superiore alla media stagionale (16.6), ma di questi soltanto 7 sono andati a buon fine: Insigne è stato fermato 5 volte su 6, Allan 4 volte su 5, Mertens 2 volte su 4. Miranda e D’Ambrosio hanno vinto 3 contrasti su 3 affondi tentati, mentre Skriniar ne ha vinti 6 su 8, 3 dei quali nell’ultimo quarto d’ora di gioco, tutti di cruciale importanza.

Nonostante il dominio territoriale e una gestione del possesso palla (65% complessivo) di grande maturità e qualità tecnica, il Napoli non ha trovato soluzioni per entrare nell’area di rigore avversaria (soltanto 20 palloni toccati, gli stessi che ha toccato l’Inter nell’area del Napoli). Nel corso del primo tempo, ha trovato spazio in zone avanzate soprattutto con i terzini, a cui l’Inter ha lasciato spazio di buon grado con la consapevolezza della netta superiorità sulle palle alte, tanto che Mário Rui ha chiuso la partita con un solo cross tentato pur essendosi trovato almeno una decina di volte con lo spazio per crossare.

Nel secondo tempo, complice un progressivo scollamento tra i reparti dell’Inter a causa dell’affaticamento, Koulibaly e Jorginho sono riusciti a trovare con maggiore frequenza la ricezione di Insigne nel mezzo spazio tra D’Ambrosio e Skriniar, che è stata la soluzione offensiva più pericolosa per il Napoli, insieme al recupero alto del pallone.

La migliore occasione del Napoli, al 66’, si innesca all’improvviso proprio a partire da un movimento di Insigne davanti a Skriniar, che Allan serve con grande precisione. Dall’intesa con Mertens nasce una triangolazione che porta Insigne a tirare all’altezza del dischetto, con D’Ambrosio che lo insegue a due passi e gli impedisce di coordinarsi al meglio.

Ogni volta che Insigne ha ricevuto tra le linee in posizione centrale, è stato pericoloso, ma non è stato semplice trovarlo: qui c’è bisogno di un passaggio incredibile di Allan.

Forse Sarri si riferiva a questo episodio quando ha detto che ha visto sbagliare diversi «rigori in movimento», ma a dire il vero questa è stata l’unica occasione in cui il Napoli è arrivato a tirare all’interno dell’area di rigore nel secondo tempo (e prima di questa era successo solo al 14’, con un tiro debole e centrale di Hamsik, ben marcato da Miranda). Piuttosto, il Napoli ha sprecato un paio di azioni che potevano essere convertite in buone occasioni, a causa di errori tecnici e scelte sbagliate.

L’errore più evidente è quello di Allan al 76’, che segue uno dei pochi passaggi sciatti della partita di Skriniar e un ottimo contrasto di Zielinski: il Napoli si ritrova finalmente in superiorità numerica sulla trequarti dell’Inter, ma il passaggio del brasiliano è completamente sbagliato e viene intercettato da Miranda.

Con l’ingresso di Zielinski, il Napoli ha migliorato l’efficacia del pressing alto, purtroppo Allan spreca la grande occasione.

Al di là della tecnica, il Napoli ha dimostrato di avere più coraggio e più idee per creare pericoli rispetto all’Inter, e per questo Sarri non è intervenuto per toccare l’architettura della squadra, salvo aggiungere energie a centrocampo con Zielinski, e poi inserire Milik e Rog al posto di Mertens e Allan negli ultimissimi minuti di gioco.

Anche contro l’Inter, che ha messo in campo una fase difensiva molto organizzata, una fisicità superiore in tutti i reparti, e difensori di grande qualità nell’uno contro uno (Skriniar, Miranda, in misura minore D’Ambrosio, ma anche, finalmente, Gagliardini), la squadra di Sarri ha trovato nel pressing alto la soluzione per arrivare con continuità in parità numerica sulla trequarti.

Soltanto dopo un’ora di gioco, però, è riuscito a mettere alle corde l’Inter nella sua metà campo. Di sicuro, la squadra di Spalletti ha iniziato ad accusare la stanchezza con il passare dei minuti, ma era anche il tempo necessario perché il Napoli ritrovasse quelle certezze, soprattutto nella fase difensiva, perse nei postumi dopo la sconfitta con la Roma.

A proposito di opzioni, Milik si è visto soltanto per cinque minuti, in cui ha toccato 4 palloni e si è fatto fermare 2 volte. Se riuscirà a guadagnare minutaggio, potrà aiutare il Napoli nelle partite bloccate ad entrare in area con altri mezzi, andando a lottare su quei palloni alti che Mertens, Insigne e Callejón non hanno speranza di mettere giù. Spalletti invece ha ricavato il meglio, in termini di sacrificio e concentrazione, dal materiale a disposizione, ed è la migliore notizia possibile dopo un periodo in cui «non si è salvato nessuno», come ha commentato il tecnico nella conferenza pre-partita.

A differenza della Roma una settimana fa, l’Inter ha mantenuto un atteggiamento molto più prudente nella metà campo del Napoli, e lo ha pagato sul piano delle occasioni create. Anche questo va relativizzato sulla rosa a disposizione di Spalletti, perché era difficile immaginare che Rafinha potesse dare lo stesso contributo in fase di pressing di Nainggolan (e già era difficile immaginare una prestazione così solida e disciplinata di Brozovic e Candreva, uscito tra gli applausi dopo mesi di fischi).

Tra le recriminazioni per gli errori individuali, e il rimpianto dei punti lasciati per strada, Inter e Napoli hanno giocato entrambe una partita di alto livello e hanno trovato risposte positive rispetto alle ultime uscite. Nonostante le poche emozioni di rilievo, il nostro campionato torna a ricordarci che ogni zero a zero è interessante a modo suo.

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