All’ultima di campionato in casa, il Borussia Dortmund affronta il Werder Brema: i gialloneri non vincono da troppo tempo e la pressione è altissima, ma contro c’è una squadra in crisi forse persino più dei padroni di casa e sembra quindi l’occasione giusta per conquistare finalmente i tre punti. Ancora una volta, però, qualcosa va storto e il Dortmund di Bosz si ritrova sotto 1-2 dopo poco più di un’ora di gioco.
Al 71’ Pulisic riceve sulla fascia sinistra all’altezza dell’area di rigore da una rimessa laterale, con un bellissimo controllo si mette nella condizione di poter crossare in area e il pallone arriva pulito e preciso dalla parte opposta, dove una sponda permette a Kagawa di ricevere solo al centro dell’area piccola, con il portiere fuori posizione. Il giapponese cerca la conclusione di prima, sicuro di poter segnare, ma Aubameyang finisce per frapporsi inconsapevolmente tra il pallone e la porta, facendolo schizzare sopra la traversa.
Il tiro di Kagawa è l’unica reale occasione da gol creata dal Borussia Dortmund per pareggiare la partita, e il fatto che sia stata sciupata in questo modo rende ancora più amara l’ennesima sconfitta della squadra di Bosz. Poche ore dopo l’allenatore olandese viene esonerato.
In appena due mesi il Borussia Dortmund è passato dalla vetta della classifica al sesto posto, fuori dalla zona Champions League, in una spirale di risultati negativi che sembrava non finire più. Con l’esonero di Bosz, poi, si chiude, forse definitivamente, l’esperimento tentato dal Dortmund di unire la capacità economica di una squadra di vertice della Bundesliga con delle idee calcistiche radicali, in questo caso di origine olandese.
Perché Bosz
La scelta di Bosz arrivava dopo il divorzio estivo con Thomas Tuchel, un allenatore che in pochissimo tempo era riuscito a lasciare un’impronta importante sulla storia del club. Tuchel era arrivato a Dortmund come il più promettente allenatore tedesco della sua generazione ed era riuscito da subito ad unire l’esperienza passata del Dortmund elettrico e verticale di Klopp con la sua visione di calcio più improntata verso il gioco di posizione.
Nel suo picco del primo anno, il Dortmund è stata una delle poche squadre a riuscire a tenere testa al Bayern Monaco di Guardiola, molto più di quanto i dieci punti di distacco a fine campionato non dicano, facendo segnare una striscia di 15 risultati utili consecutivi. In estate, però, la squadra non era riuscita a trattenere sul mercato i tre giocatori più importanti della squadra, e anche per il sistema di Tuchel (cioè uno dei centrali più abili ad impostare in Bundesliga, Hummels, il regista, Gündogan, e il trequartista, Mkhitaryan), esplicitando un cambio di strategia rispetto agli anni precedenti: la dirigenza decide di abbandonare l’ambizione di rivaleggiare alla pari con il Bayern Monaco, rifondando la squadra su alcuni dei migliori talenti giovani in circolazione (come Ousmane Dembélé, Emre Mor, Alex Isak, Mikel Merino e Guerreiro) e su altri più affermati in cerca di rilancio (come Marc Bartra, Mario Götze e André Schürlle).
Per quanto l’idea potesse avere un senso, il tempismo non è dei migliori. L’anno in cui il Bayern perde uno dei migliori allenatori al mondo, entrando in una fase di rifondazione, la seconda più importante squadra della Bundesliga decide di non puntare a vincere il campionato, ma di ricostruirsi per dare luce ad un progetto a lungo termine.
Il progetto del Borussia Dortmund, tra l’altro, non decolla e si dimostra più utopistico di quanto non sembrasse inizialmente. Buona parte dei nuovi arrivati, infatti, non si dimostra all’altezza delle aspettative e anche il tanto agognato ritorno di Marco Reus in realtà non si realizza (gioca solo 17 partite a causa dei continui infortuni) facendo ricadere la quasi totalità delle responsabilità offensive sulle spalle di Aubameyang.
Oltre che l’affidamento eccessivo a giovani ancora inesperti, sul fallimento del sistema ibrido di Tuchel ha pesato anche la freddezza nei rapporti umani dell’allenatore tedesco, che ha depresso uno spogliatoio abituato ad un trascinatore emotivo come Klopp. La scelta della dirigenza di dare l’assenso a giocare la partita di Champions League contro il Monaco il giorno dell’attentato contro il bus della squadra, andando contro alla volontà della rosa e dell’allenatore, ha poi probabilmente segnato la chiusura definitiva del rapporto tra lui e il Borussia Dortmund.
A fine stagione il Dortmund batte il Bayern di Ancelotti nella finale della coppa di Germania ma da tempo è chiaro che Tuchel verrà lasciato andare via dopo aver festeggiato il trofeo. Solo tre giorni dopo, infatti, Tuchel si dimette e il Borussia Dortmund prende Bosz, che viene da un percorso entusiasmante in Europa League con l’Ajax, dopo non esser riuscito a svincolare Lucien Favre dal Nizza.
L’inizio positivo
Appena arrivato al Borussia, seppur con un mercato estivo difficile che ha visto la società costretta a rimpiazzare Dembélé con Yarmolenko, Bosz non si è fatto scrupoli nell’innestare fin da subito la stessa idea di calcio che tanto successo aveva avuto con l’Ajax. Il tecnico olandese ha fatto un passo indietro rispetto al Borussia Dortmund ibrido di Tuchel per abbracciare un gioco di posizione più ortodosso, con alla base l’idea di risalire il campo costruendo triangoli naturali dati dall’ubicazione dei giocatori dietro la linea di pressione avversaria.
Bosz, poi, ha abbandonato l’idea di un pressing alto sistematico e continuo, in modo da non rompere l’equilibrio geometrico del sistema, conservando solo l’ambizione del recupero del pallone immediato una volta perso, affidata ai giocatori più vicini alla zona palla.
Bosz ha cercato di esportare in Germania la sua idea di centrocampo estremamente tecnico e offensivo. Con Weigl infortunato, ha cercato di reinserire tra i titolari Sahin, uno dei tanti giocatori che aveva un cattivo rapporto con Tuchel, posizionandolo come vertice basso. E, come aveva già fatto all’Ajax, ha provato a riadattare dei giocatori molto offensivi a mezzali: in questo caso, Götze ha iniziato il campionato come mezzala sinistra titolare, mentre Kagawa ha piano piano scalzato Castro nel ruolo di mezzala destra.
In un sistema di gioco così ortodosso, i due esterni dovevano partire molto larghi, quasi a toccare la linea laterale, così da aprire il campo proprio alla salita delle due mezzali. Pur giocando a piede invertito, quindi, sia Philipp che Pulisic hanno iniziato il campionato molto distanti da Aubameyang.
I nuovi arrivati sono stati inseriti in maniera lenta e graduale. Sia Dahoud che Yarmolenko hanno iniziato il campionato in panchina, esordendo come titolari solo alla quarta giornata, nella goleada contro il Colonia. I due, però, non sono mai riusciti realmente a prendersi un posto da titolare in modo definitivo, una scelta che non deve aver fatto piacere alla dirigenza alla luce dell’investimento fatto su entrambi i giocatori.
All’inizio, però, il gioco di Bosz sembra funzionare. Il Dortmund vince sei delle prime sette partite, prendendosi 19 dei primi 21 punti disponibili e rimanendo in vetta dalla prima alla nona giornata. Il primo gol subito arriva solo alla sesta giornata, tra l’altro in una vittoria per 6-1 contro il Borussia Munchengladbach.
Ma, nonostante questo, la squadra in campo non convince e le statistiche sembrano indicare una regressione, persino rispetto alla seconda stagione di Tuchel. Il Dortmund di Bosz in piena striscia vincente, tanto per fare un esempio, ha un rapporto tra xG e tiri di 0.084, molto al di sotto dei 0.129 della stagione precedente, quando i gialloneri guidavano questa statistica.
I risultati a inizio stagione, quindi, si rivelano essere più un’illusione, forse dettata da un calendario favorevole, che un reale segnale di crescita. Illusione che inganna lo stesso Bosz sulla bontà del suo lavoro e che regala tempo agli avversari per prendere le misure a una squadra talmente rigida che sembra costruita col righello.
La spirale negativa
Bosz si scontra innanzitutto con il differente livello, tecnico e tattico, della Bundesliga rispetto all’Eredivisie. Dopo la striscia positiva iniziale, gli allenatori avversari capiscono che la debolezza intrinseca del gioco del Dortmund risiede proprio nella sua precisione scolastica: basta bloccare il centro del campo schermando le linee di passaggio verso le mezzali per costringere il Dortmund ad andare sugli esterni, dove il possesso della squadra di Bosz è più difficoltoso.
I limiti dei gialloneri diventano ancora più evidenti in Champions League. In un contesto tecnico ancora più difficile, l’intransigenza di Bosz nel mandare più uomini possibile sopra la linea del pallone, nello spingere anche la linea di difesa in avanti per tenere compatta la squadra, scopre tutta la fragilità del Dortmund in transizione difensiva. Contro Tottenham e Real Madrid, ogni perdita del possesso sembra poter portare ad un contropiede decisivo, con una linea difensiva molto in difficoltà nello scappare verso la propria porta contro squadre letali in spazi aperti.
Il Dortmund chiude il gruppo senza neanche una vittoria, raccogliendo 2 punti in 2 partite contro l’APOEL Nicosia (che aveva subito almeno 3 gol nelle altre partite del girone), e riuscendo ad approdare in Europa League solo grazie alla differenza reti (-6).
Ma la vera svolta negativa della stagione del Borussia Dortmund arriva con il primo big match affrontato Bundesliga, contro il Lipsia, che la squadra di Bosz perde per 2-3. Al Lipsia basta mettere in campo una prestazione intensa e aggressiva per mettere in crisi il Borussia Dortmund, che non riesce nemmeno più a risalire il campo palla a terra per innestarsi nella metà campo avversaria. Preoccupato quindi più di non perdere il pallone che di cosa farci, la squadra di Bosz finisce in balia del contesto imposto dai rivali.
Ma in realtà non c’è una sola strategia per bloccare il Dortmund. Il sistema è talmente fragile che basta toccare un minimo i suoi difetti per controllarne il gioco. Pochi giorni dopo, nel turno di Champions League, l’APOEL fa esattamente l’opposto, chiudendosi centralmente con una squadra fisica e costringendo il Dortmund a un’azione elaborata e sterile verso gli esterni per servire un Aubameyang isolato.
Al Bayern basta marcare a uomo Weigl e Castro per costringere il Dortmund a un possesso perimetrale. La palla finisce a sinistra ma poi deve tornare indietro non avendo sbocchi centrali.
Dopo la partita con il Lipsia in campionato arrivano 3 punti in 8 partite (3 pareggi e 5 sconfitte). La fragilità del Borussia Dortmund diventa quasi proverbiale: con 21 gol subiti, praticamente ogni volta che la squadra di Bosz segna un gol lo stadio sa già che ne sta per subire un altro. Iniziano ad emergere dubbi sulla forma fisica, con la squadra che sembra calare vistosamente nei secondi tempi.
Dopo la sconfitta con il Bayern, che passa sopra al Borussia senza nemmeno alzare i ritmi, Bosz inizia a cambiare il suo sistema, sia negli uomini che nei moduli. Il Dortmund viene schierato prima con un 3-4-3, in modo da avere tre centrali, due esterni e due centrocampisti in fase di uscita, con una superiorità numerica costante in uscita del pallone per poter reggere di fronte alla pressione avversaria.
Gli infortuni però non aiutano la sperimentazione di Bosz. Sugli esterni vengono fatti giocare i giocatori più disparati, da Guerreiro e Castro (che sembravano ormai definitivamente convertiti in mezzali), a Pulisic a tutta fascia, fino addirittura a Bartra. La scelta dell’allenatore olandese marginalizza ancora di più i centrocampisti, ancora più lontani dalla difesa per non facilitare la pressione avversaria, e rende il Dortmund ancora più dipendenti dagli esterni per far avanzare il pallone, con i giocatori più tecnici della rosa come Weigl e Kagawa sempre più isolati.
Subotic sale in conduzione azionando il meccanismo che vede i due esterni accentrarsi per ricevere negli spazi di mezzo. Guerreiro riceve palla ma finisce preda della superiorità numerica degli avversari.
Con un sistema che non funziona, anche le individualità sfioriscono. I centrali difensivi, Bartra, Toprak, Sokratis e Subotic, sembrano addirittura in difficoltà nel tenere la marcatura, e anche Bürki finisce per regalare troppo agli avversari con diversi errori tra i pali. Il gol della vittoria del Werder di Gebre Selassie, che chiude definitivamente l’avventura di Bosz, arriva su calcio d’angolo, con Subotic che si perde l’avversario, senza nemmeno riuscire a frapporsi tra l’uomo e la porta. Contro lo Schalke, qualche settimana prima, nel derby in cui il Dortmund sembra poter uscire dalla crisi con un 4-0 nel primo tempo, la squadra riesce a farsi rimontare sul 4-4 un errore dopo l’altro.
Bosz sembra non aver capito del tutto i giocatori che aveva a disposizione. Yarmolenko, molto efficace nel saltare l’uomo e nel calciare in porta dalla distanza, è risultato del tutto inadeguato nel muoversi senza il pallone e nel recupero immediato del pallone. Sahin, nonostante la crescita, sembrava troppo conservativo. Mentre Kagawa, nonostante riesca sempre ad aggiungere qualcosa alla gara, pareva imbrigliato da una struttura troppo rigida, che ne limitava la creatività nei movimenti senza palla.
Anche i giocatori che avrebbero dovuto innalzare il livello della squadra sono stati utilizzati male. Pulisic, da esterno a tutta fascia, perdeva in lucidità in fase di finalizzazione. E Aubameyang, che ha recentemente ripreso a segnare con continuità, era troppo isolato, costretto ad un lavoro spalle alla porta tra le linee che non sentiva suo.
C’è un profilo Twitter che ha dedicato il suo tempo a mostrarci tutti i modi più strani in cui la circolazione di palla del Dortmund disegnava il campo.
Il simbolo di una squadra che ha finito per deprimere i suoi giocatori chiave è Weigl. Inizialmente scavalcato nelle gerarchie da Sahin, il regista tedesco si è ritrovato in una squadra capace di creargli un contesto dove poter fare il suo calcio, dove era costretto a muoversi esternamente per ricevere invece di essere il punto di appoggio dell’uscita del pallone. Weigl è abituato a gestire il traffico che passa nella sua zona distribuendo il pallone per facilitare il possesso e in carriera non ha mai effettuato meno di 75 passaggi per 90’. Con Bosz non è riuscito a farne più di 60.
L’allenatore olandese sembra legato da un filo rosso all’altro allenatore promettente uscito recentemente dall’Ajax, e cioè Frank De Boer. Entrambi, fuori dai Paesi Bassi, si sono rivelati incapaci di reagire agli aggiustamenti degli avversari, per poi però attuare una rivoluzione di uomini e posizioni pur di mantenere intatta la propria idea di calcio. I maggiori campionati europei sembrano ormai aver creato degli anticorpi nei confronti degli allenatori troppo dogmatici che non riescono a scendere a compromessi con le caratteristiche della rosa. E l’avventura di Bosz sembra essere in questo senso l’ennesimo esempio di come anche le idee più proattive devono scontrarsi con la dura realtà di un calcio dove ogni squadra viene vivisezionata da interi staff, dove, senza una superiorità tecnica o fisica evidente, anche le più piccole squadre possono trovare il modo per rendere la vita dura a sistemi rigidi.
Bosz, comunque, ha accettato con calma filosofica il declino drammatico della sua squadra, non lasciandosi andare al nervosismo nemmeno nei momenti più difficili. Forse era cosciente di avere la fiducia della dirigenza alle spalle, o forse era semplicemente rassegnato, fatto sta che adesso la pausa invernale, che forse gli sarebbe potuta servire per riordinare le idee, verrà invece utilizzata dal nuovo allenatore per ricostruire il Borussia Dortmund.
Un nuovo inizio
Peter Bosz è stato sostituito da Peter Stöger, esonerato solo pochi giorni prima dal Colonia ultimo in classifica, unica squadra della Bundesliga a non aver ancora vinto ancora una partita in campionato prima del suo esonero.
Peter Stöger è l’autore della rinascita del Colonia, passato nelle ultime stagioni dalla seconda serie all’Europa League, e questo suo tremendo inizio di stagione non sembra aver minato la fiducia del Borussia Dortmund nei suoi confronti. Stöger è infatti considerato come un allenatore pragmatico, molto lontano dalla rigidità di Bosz, e quindi perfetto come traghettatore per far uscire la squadra dalla crisi.
Stöger, dopo aver diretto appena due allenamenti con la squadra, ha subito rimesso Weigl in campo, al centro del sistema, abbassando contemporaneamente il livello di ambizione della squadra, tornando ad un calcio più semplice. La palla adesso viene fatta passare sempre per Weigl, che la distribuisce in avanti con la sua sensibilità tecnica, e possibilmente ad uno-due tocchi per evitare di cadere nella trappola della pressione avversaria.
Sia contro il Mainz che contro l’Hoffenheim l’allenatore tedesco ha disposto il Borussia Dortmund con un 4-1-4-1 più compatto, in cui i due terzini vengono coinvolti di meno nella circolazione di palla e si alzano nella trequarti avversaria solo a turno. I gialloneri adesso sono più verticali, con Kagawa e Guerreiro mezzali e poca distanza fra loro, e Yarmolenko e Pulisic sull’esterno con il compito semplice di dare la superiorità numerica saltando l’uomo. Anche Aubameyang è tornato a quello che sa fare meglio, cioè attaccare lo spazio alle spalle della linea di difesa avversaria.
I passaggi di Weigl con Bosz e alla prima senza l’olandese. Le parole di Weigl a fine gara sono state glaciali: «Ho avuto un po’ più di libertà oggi di quella che ho avuto nelle ultime settimane, ma non voglio guardarmi indietro».
Il Dortmund ora avrà sia la pausa che il mercato invernale per invertire pienamente la rotta. La strada da recuperare è tanta e al momento è difficile pensare al Borussia Dortmund come la squadra ambiziosissima che era con Klopp e Tuchel. Attualmente i gialloneri non possono più considerarsi la seconda forza del campionato e dovranno lottare con le tante rivali (Schalke e Lipsia su tutte) anche solo per un posto in Champions League.
La vera sfida, però, è sull’orizzonte del lungo periodo. In caso di ripresa immediata, il Dortmund dovrà scegliere se confermare Stöger, e adeguarsi quindi ad un calcio pragmatico che limi i difetti dei giocatori, oppure provare a rifondare nuovamente da zero, magari tentando di ingaggiare Julian Nagelsmann nella speranza di trovare un nuovo grande allenatore. I grandi risultati, per squadre che hanno tutto per potersi ritenere grandi come il Borussia Dortmund, passa per l’ambizione. E l’ambizione passa necessariamente per il rischio.