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«Ti posso dire che Halilovic mi sembra un top player: ha chiaramente qualità, però soprattutto ha una cosa: la personalità. Un ragazzo di 19 anni che è capace di mettersi sulle spalle una squadra professionistica com’è lo Sporting… L’ho visto contro il Betis e negli ultimi minuti, quando lo Sporting stava soffrendo, quello che chiamava la palla era lui. E questo vale tanti soldi. Questo è veramente difficile da trovare e non si conquista con il lavoro.”
Il DS del Siviglia Monchi alla domanda su quale giocatore del Barcellona vorrebbe prendere.
Lo Sporting Gijón è una squadra neopromossa della Liga ora in piena zona retrocessione. Non vince una partita da più di un mese e gioca un calcio spartano, che concede veramente poco all’occhio. Uno stile lontano anni luce dall’estetica amata dai tifosi del Barcellona, che alle squadre che corrono sugli esterni preferiscono quelle che costruiscono al centro.
Eppure è la squadra di Gijón quella più seguita della Liga a Barcellona quando non gioca il Barça. Il motivo è semplice: nello Sporting gioca in prestito proprio dal Barcellona Alen Halilovic, il diciannovenne su cui poggiano le enormi aspettative di poter colmare finalmente la più incolmabile lacuna della rosa del Barça: la riserva di Leo Messi.
La presenza del 10 è così determinante che ogni volta che lascia il campo i blaugrana devono ripensare radicalmente il proprio sistema, il modo in cui possono pensare di attaccare la porta avversaria. Questo causa un evidente livellamento verso il basso della squadra, e anche a un problema tattico non trascurabile.
È vero che questo ormai vale per ogni membro della MSN, ma per Messi è evidente da talmente tanto tempo da sembrare parte del patto col diavolo che ha permesso al Barcellona di potersi crescere in casa il giocatore più forte del mondo.
Pensare di portare un giocatore di livello disposto a venire a Barcellona per giocarsi scampoli di partita dietro Messi non è mai stata un’opzione percorribile. Anche considerando quanto è complicato trovare qualcuno che da fuori riesca ad adattarsi al sistema (l’ultimo esempio è Arda Turan e la fatica che sta facendo). Allora l’unica opzione è ormai da anni quella di provare a sviluppare la riserva di Messi attraverso le giovanili.
Questa soluzione ha portato a esperimenti più o meno riusciti di giocatori cresciuti facendogli copiare i movimenti di Messi, come Rafinha, che veniva fatto giocare come falso 9 nell’epoca di Messi falso 9, o Gai Assulin, che doveva copiare il Messi ala.
Creare Messi in laboratorio ovviamente non ha funzionato: Rafinha ha trovato pace solo quando ha potuto liberarsi dall’ombra di dover essere la replica di Messi, mentre Gai Assulin si è del tutto perso, schiacciato dalla pressione che lo ha fatto scappare dal Barcellona B.
Mimesis
Quando Halilovic ha iniziato a battere ogni record di precocità con la Dinamo Zagabria (più giovane in campo in campionato, secondo più giovane in campo in Champions League dopo Celestine Babayaro nel ‘94, più giovane a segnare un gol in campionato e più giovane a debuttare nella nazionale croata), mostrando lampi di giocate alla Messi, sarà scattata la luce nella testa degli osservatori del Barcellona. Halilovic permetteva di provare una nuova soluzione che unisse l’idea di comprare un talento purissimo da fuori con quella di modellarlo in casa. Halilovic viene quindi preso subito e portato in Catalogna appena compiuti i 18 anni, così da portarlo prima in ritiro estivo con il Barcellona e poi iscriverlo nel Barcellona B.
Il nome e i colori slavati di Halilovic erano già noti attraverso Youtube. Ma è soprattutto l’impatto delle sue giocate nel precampionato della prima squadra a creare le enormi aspettative attuali. Solo una manciata di partite giocate a ritmi blandi e per nulla competitivi, ma per chi conosce bene Messi è subito evidente che le similitudini tra i due non si fermano all’altezza, alla zona di campo e al piede preferito.
Basta guardare pochi frammenti di Halilovic per capire che per lui Messi non è solo il giocatore di cui aveva il poster in camera, e di cui custodisce gelosamente la maglia scambiata dopo un’amichevole tra Croazia e Argentina. La possibilità di vederlo ogni giorno in allenamento ha probabilmente esaltato la tendenza alla mimesis dell’uno sull’altro.
Guardare una partita di Halilovic ha molto a che fare con il guardare un quadro di Battistello Caracciolo, uno dei principali “Caravaggeschi”. I caravaggeschi sono quei pittori che furono tanto influenzati dal Caravaggio da seguirne in maniera totale lo stile, fino quasi a sembrarne una copia a un occhio distratto.
Un quadro del Battistello non ha il genio e l’impareggiabile tecnica del Caravaggio, però ne ripercorre lo stile in modo da ricordarlo immediatamente. Halilovic non sarà mai Messi, e non esiste una persona che possa ragionevolmente pensare di farne un paragone, per impatto o per livello di gioco atteso. Provando però a cambiare prospettiva, e a pensare a Messi come a una scuola pittorica, allora Halilovic sarebbe il primo dei “Messisti”. Il croato è arrivato a un livello di attenzione per la riproduzione dei gesti di Messi quasi manieristica.
Neanche un’annata interlocutoria nel Barcellona B ha intaccato la fiducia nelle doti del giocatore. Halilovic ha un’innata capacità di creare situazioni che non esisterebbero senza di lui, tramite giocate che solo lui vede. Che siano interstizi tra avversari da saltare, oppure lanci verso compagni lontani trenta metri, che neanche sospettavano di essere parte della manovra.
Al Barça B Halilovic ha sofferto l’impatto con la realtà del calcio professionistico spagnolo. Il croato non ha solo la faccia da bambino, ma anche un corpo chiaramente ancora in via di sviluppo, privo anche dello strato muscolare necessario a tenere botta nei campi più duri. La mancanza di padronanza con la lingua e la decisione di schierarlo mezzala destra invece che sulla trequarti hanno fatto il resto. Sacrificato sull’altare del sacro 4-3-3 della Masìa, Halilovic non lascia più di qualche giocata in una squadra che a fine anno retrocederà. «Difficile adattarsi a un gioco e a una lingua differente. Siamo tutti giovani di 18-20 anni ed è difficile giocare a 18 anni in Segunda» dirà in un buon spagnolo in questa intervista per il sito della Liga.
Nonostante la brutta annata per la squadra lui ha regalato qualche dettaglio di classe pure in ogni partita.
Dopo quell’annata l’unica opzione ritenuta sensata è stata quella del prestito, magari in una squadra in grado di trasformare i lampi in prestazioni continue. Quando Halilovic parla del suo passaggio allo Sporting Gijón dice: «Abelardo (allenatore dello Sporting nda) mi ha chiamato e mi ha detto che aveva parlato con Luis Enrique e entrambi concordavano che quest’anno la cosa importante per me era giocare più partite, lavorare duro e imparare nella Liga. Ho parlato con Luis Enrique e poi ancora con Abelardo e mi hanno detto che Gijón è un bel posto e lo Sporting una buona squadra, una squadra giovane. Dopo aver detto tutto questo ai miei genitori anche loro erano d’accordo che fosse la squadra migliore. Mi ricordo che parlando con Abelardo lui mi ha detto che aveva bisogno di un giocatore come me: con tecnica, buono nell’uno contro uno. Ma mi ha anche detto che questa è la Liga e non si va avanti con solo il talento».
Arrivato nelle Asturie negli ultimi giorni di mercato, senza quindi fare la preparazione, esordisce alla seconda giornata giocando mezzora contro la Real Sociedad per poi giocare già quella dopo da titolare nel ruolo naturale di trequartista nel 4-4-1-1.
Alla terza presenza arriva il primo assist per il terzo gol contro il Deportivo con un esterno delizioso per lasciare il compagno solo davanti alla porta, dopo aver attratto su di sè i due avversari in contropiede. Ma la vera giocata che ha fatto saltare tutti dalla sedia è quella che propizia il 2-0 di Sanabria. Halilovic si fionda con una foga apparentemente senza senso su un cross che sembrava lungo, proveniente dalla fascia opposta: recupera il pallone con una scivolata sulla riga, si rialza come se fosse la cosa più naturale del mondo. Poi punta l’avversario accarezzando la palla con l’esterno sinistro e spostando il corpo verso il centro, come a indicare l’arrivo del cross, poi invece con un colpo di tacco premia il movimento del compagno alle sua spalle, che può mettere in mezzo un pallone semplice per il gol.
L’azione mostra un repertorio fatto di letture, controllo del corpo, del pallone, dei tempi e una grande capacità di pensare la giocata. L’insieme di elementi che costruisce il dominio di Messi fuori dall’area in questi ultimi anni.
Nelle successive giornate arriva il primo gol in Liga contro l’Espanyol, un bel tiro da fuori area; il secondo gol lo segna invece nella prima partita giocata ad alti livelli, quella contro il Málaga, che giustifica per la prima volta i paragoni con Messi. Halilovic è il leader tecnico, l’unico giocatore in grado di uscire fuori dagli schemi di una squadra altrimenti totalmente reattiva. Il croato è l’unico ad avere carta bianca nei movimenti, cosa che lo porta come il suo idolo a preferire la ricezione del pallone da destra, da dove ha sempre la tripla opzione del passaggio verso il compagno più vicino, la possibilità di saltare l’uomo accentrandosi o quella di cambiare gioco.
Sono i suoi movimenti e i suoi passaggi a determinare gli spostamenti dei compagni. Halilovic è l’unico in grado di creare volume di gioco anche nella zona centrale, altrimenti svuotata e circoscritta a due centrocampisti di rottura e a una punta d’area come Sanabria. Il giocatore quindi ha spazio di manovra e responsabilità per sviluppare le doti di conduzione del pallone per guidare le transizioni o creare superiorità in attacco posizionale, saltando sistematicamente l’uomo in ogni zona del campo. La conduzione palla al piede di Halilovic è di per sè una transizione offensiva: può avanzare per minimo venti metri con il pallone, e nella peggiore delle ipotesi la sua azione si conclude con un fallo subito dopo aver saltato due giocatori palla al piede, una caratteristica che condivide con il numero 10 del Barça.
Contro il Málaga, in occasione del gol della vittoria, la sua opera di imitazione nei confronti di Messi rasenta il plagio: prima utilizza il collo interno sinistro per aprire l’azione verso l’esterno, poi si dirige a passo lento verso l’area di rigore per ricevere il cross e calciare in modo secco di prima sul palo del portiere.
Con un sinistro del genere è normale che non abbia paura di calciare in porta appena vede lo specchio libero (con 2 tiri a partita è il primo della squadra per conclusioni), però il vero Halilovic vive ancora fuori dall’area: la sensibilità che possiede nei confronti del pallone quando utilizza il sinistro viene principalmente sfruttata per poter saltare l’uomo (con una media di 3.5 dribbling riusciti ogni 90 minuti è dietro solo a Neymar, Messi e Carrasco nella Liga) o per poter sempre cambiare gioco (ne effettua una media di 4 a partita, guarda caso la stessa di Messi).
Acerbo
Se quindi fuori dall’area può ricordare Messi, dentro è tutta un’altra storia. Anche se il talento potenziale, anche a livello istintivo, ci sarebbe (un esempio può essere il gol contro il Rayo Vallecano), Halilovic non si avvicina neanche alle medie realizzative dell’argentino alla sua età. Il gol per il momento non fa parte del repertorio.
Dopo un inizio entusiasmante la difficoltà di dover giocare da stella di una squadra giovane (24 anni di media), che si gioca la salvezza partita dopo partita, si è fatta sentire. A un certo punto Halilovic non viene più considerato pronto da Abelardo per giocare in una zona tanto delicata per una squadra che vuole difendere il centro. Viene quindi prima provato esterno destro in favore del più fisico Ndi al centro, e poi definitivamente relegato a riserva di lusso dopo la goleada subita contro il Real Madrid. Una partita in cui le sue debolezze difensive sono emerse ancora di più.
La struttura fisica non permette ad Halilovic di giocare più di un tempo a pieno regime. La sua resistenza cala fino a rendere anche le sue giocate imprecise. Per di più, se il croato fa di tutto per sembrare Messi con il pallone, purtroppo lo fa anche senza: come l’argentino si concede ogni tanto un minimo di pressione, ma non riesce a essere mai realmente pericoloso per l’avversario in possesso. A differenza di Messi, che ormai ha una muscolatura in grado di reggere ogni contrasto, Halilovic quando perde brillantezza si allontana dai contrasti. Una botta decisa lo mette fuorigioco per almeno cinque minuti buoni di partita in cui vaga sconsolato per il campo.
Il trade off di un giocatore in grado di fare la differenza, anche solo per un tempo, in una squadra priva di talento permette di rinunciare a parte della solidità difensiva? È una domanda che attanaglia da sempre allenatori alle prese con i trequartisti di infinito talento e fragile costituzione. Dopo l’imbarcata presa con il Real Madrid a gennaio Abelardo ha optato per la solidità: ha utilizzato Halilovic come subentrante in grado di dare 20 minuti di qualità alla squadra.
Non è detto che questo non sia un bene per il giocatore nel medio termine. Halilovic può così mascherare i propri limiti fisici e nel frattempo provare a mettere qualche chilo (cosa che infatti sta facendo). Così da non rischiare l’infortunio ad ogni contrasto.
La faccia da Justin Bieber e i pantaloncini che sembrano sempre una taglia più grande non aiutano a scansare l’immagine di un bambino lanciato in un mondo ancora troppo grande.
Lo staff tecnico del Barcellona sta seguendo da vicino lo sviluppo della stagione di Halilovic, e non è un segreto quanto Luis Enrique ancora non lo ritenga fisicamente adatto a giocare per la prima squadra.
Halilovic sta però dimostrando che, se pur non nei 90 minuti, il suo impatto riesce a essere palpabile anche nella Liga. Resterà forse sempre un’imitazione, ma non è lontano il giorno in cui Halilovic permetterà al Barcellona di poter avere un giocatore capace di sostituire Messi senza stravolgere la propria filosofia calcistica. Come sempre la cosa più importante.