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Psicodramma Juventus
23 lug 2014
Una settimana fa Conte ha lasciato la Vecchia Signora ed è stato rimpiazzato da Allegri: psicodramma. Poniamo, quindi, qualche domanda sentimentale a tre juventini veri come Rocca, Sarica e Barcellona.
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INTRODUZIONE

Lo psicodramma

Primo punto: io non sono juventino. Sono milanista. Eppure, mi sento di poter mettere assieme questo pezzo, e il perché ci porta direttamente al secondo punto: ho un certo rispetto e una certa stima per la tradizione vincente della Juventus, rispetto e stima che sono miste, a volte, all'astio, alla rabbia, all'invidia, al fastidio. Non mi definirei "anti-juventino", almeno non quanto non pensi di essere "anti-interista". Da un punto di vista, diciamo, a-tifoso, diciamo, "intellettuale", mi ha sempre affascinato il tifo juventino. Mi è evidente che essere juventini in Italia è diverso dall'essere tifosi di altre squadre. Certo, tifare per la propria squadra è un'esperienza diversa per sua stessa natura: essere tifosi dell'Atalanta è diverso dall'essere tifosi del Taranto che è diverso dall'essere tifosi del Napoli. Ad esempio: in quanto milanista, mi scontro quotidianamente, più o meno dal 1994, con il fatto che il Presidente della società che amo, che adoro, che mi fa sognare e soffrire, è una delle persone che meno mi piace in Italia. Ma cosa può fare, il milanista anti-Berlusconiano? Cambiare squadra? Non si può. In questo piccolo senso, essere tifoso dell'Udinese, per dirne una, non ti mette a confronto con questo dilemma: dubito ci siano molti tifosi dell'Udinese che considerano i Pozzo l'anatema del loro credo morale, sociale e politico. Ogni tifo è diverso, ogni tifo ci mette davanti a problemi e sofferenze diverse. Eppure, tifare Juventus, mi sembra, in qualche modo, il più diverso. Ti costringe, tuo malgrado, a tifare la squadra che tutti i singoli non-juventini d'Italia odiano, generalmente, più di ogni altra squadra. Essere juventini a Torino, poi, è diverso dall'esserlo in Sicilia, a Milano, a Napoli. Essere juventini è, in parte, essere odiati, e farsi forza di quell'odio. Per dirla come Paolo Montero, "quando mi sono reso conto quanto la Juventus fosse odiata dal resto delle tifoserie d’Italia, il loro odio l’ho trasformato in amore per la Juventus. Contro tutto e tutti. Quella maglia era una corazza."

A me, personalmente, la juventinità affascina. Mi affascina molto. E quindi, in questi giorni, ho cercato il più possibile di parlare con i miei amici juventini per capire cosa passasse per la loro testa. Come ci si sente a passare dall'anno in cui si rompono tutti i record di punti e vittorie, del gongolarsi di avere la squadra più forte d'Italia, e un allenatore vincente e juventinissimo come Conte, a passare ad un futuro incerto, da un giorno all'altro, senza programmazione o preavviso? E poi: come ci si sente a vedere questa squadra passare nelle mani di un allenatore odiato come Allegri?

Il che mi porta al terzo punto: io, personalmente, Allegri lo considero uno dei 2/3 migliori giovani allenatori italiani. Uno capace di vincere lo scudetto al primo anno in una grande e di arrivare secondo l'anno successivo, con una rosa falcidiata dagli infortuni. Si parla del fatto che è l'unico allenatore a non aver vinto uno scudetto con Ibrahimović in squadra, che è vero, è triste, ma io ho un ricordo diverso di quell'anno: lo ricordo come l'anno in cui Ibrahimović era fuori per un quarto della stagione, in cui Allegri s'è trovato quasi tutto l'anno senza Robinho o Pato, con Cassano all'ospedale per tutto il girone di ritorno e Gattuso cieco; un anno in cui il Milan è arrivato secondo giocando quasi mezz'anno con una coppia di attaccanti composta da El Shaarawy pre-esplosione e Maxi Lopez. Per me, Allegri è quello che è arrivato in Champions, al suo terzo anno al Milan, con una squadra fatta di scarti di squadre minori, uno che è riuscito a far dire a più di una persona, "però, non male questo Constant". Quindi, da un certo punto di vista, il dramma-Allegri-alla-Juventus un po' mi diverte. Mi fa pensare a quelli che si lamentano sullo yacht. Ma capisco anche che, per uno juventino, Allegri è un'allenatore nemico. Ma è anche vero che, per uno juventino, quasi tutti gli italiani non-juventini sono nemici.

Tornando a noi: ora che non c'è più, cosa ha voluto dire Conte, cosa sono stati i suoi tre anni alla Juventus? Ci ricordiamo il suo arrivo? Le prime vittorie? E poi la conferma delle vittorie, l'elezione ad allenatore migliore d'Italia, il suo continuare imperterrito a vincere, i problemi con l'Europa, la stagione dei record. E cosa lascia ora che se n'è andato? Sentimentalmente, quindi, come sta uno juventino? Ho pensato di porre queste domande a tre nostri amici e collaboratori che non oserei a definire "iper-juventini": Fabio Barcellona, nostro straordinario analista sportivo, Federico Sarica, direttore di Rivista Studio, e Christian Rocca, direttore di IL.

LA PRIMA DOMANDA

Andiamo subito al sodo. Insomma, cosa si prova a essere juventini in questi giorni?

Fabio Barcellona: Vuoi sapere qual è la sensazione che provo veramente da tifoso? Paura. Sì, paura. Da tifoso quarantaduenne ho visto tante cose. Andando a ritroso: la Juve di Ciro Ferrara, la serie B, Gigi Maifredi, Rino Marchesi. Ho visto gli addii di Del Piero, Zidane, Platini (a proposito: ho visto pure Marino Magrin). Sono consapevole che gli uomini passano e la Juve resta. Ma questi ultimi 3 anni, forse e ancora di più di quelli del primo Lippi, sono stati fantastici, perchè sono stati la rinascita dopo il periodo più brutto della storia della Juventus. E fondamentalmente perchè la Juve ha sempre giocato benissimo e il vero fuoriclasse lo ha avuto in panchina. Adesso non c'è più e non ne faccio una questione sentimentale. Sarebbe finita prima o poi. Non è questo il punto. Fosse finita a maggio e la Juve avesse scelto un profilo di allenatore diverso (una scommessa, come era Conte) sarei pieno di aspettative e curiosità. Forse la mia linfa di tifoso/appassionato sarebbe stata rinnovata: come giocheremo, che novità ci saranno? Ma così, con un allenatore che se ne va dopo il primo giorno di ritiro e uno scelto in una nottata, c'è solo la paura. La paura che ti prende quando finisce qualcosa di molto bello e pensi che quello che ci sarà dopo non potrà mai essere come quello che è appena finito. Allegri non è un fesso. Ma la Juve di Conte è stata, almeno in Italia, una squadra fanatica e il suo fanatismo ha coinvolto emozionalmente i tifosi. Di sicuro me. E oggi faccio fatica ad immaginare una Juve di Allegri così intensa e coinvolgente. Per questo ho paura. Ho paura di non essere coinvolto. Di avere perso, dentro di me, qualcosa che non ci sarà più.

Christian Rocca: Diciamo che «I rest my case». Non posso aggiungere né togliere altro, nemmeno la punteggiatura. Quello che ha detto Fabio è armoniosamente perfetto. Le mie Juventus sono quelle di Trapattoni con Platini, quella fantastica di Lippi, quella di cemento di Capello, ma nessuna è stata più bella di quella di Conte. Come gioco, come intensità, come capacità di riscattare le barbarie del confino a Ventotene durante gli anni del Tribunale del Popolo fascista e bauscia... Non ho mai visto un allenatore così preparato e così fanaticamente devoto alla vittoria e alla causa juventina come lui. Antonio Conte è un eroe. Un genio. Altro che Pallone o Panchina d'oro, per me Antonio Conte è un Nobel per la Letteratura.

Detto questo, ci ha messo nei guai. Ci ha messo lui nei guai. Non intaccherà di un millimetro la mia devozione nei suoi confronti, ma ci ha messo nei guai grossi. Sapevo benissimo che non sarebbe durata, eh. Fanatismo, genio e intensità non reggono il peso del tempo, figuriamoci quello dei bilanci al tempo dell'austerità. Anzi mi pare già un miracolo che sia durata 3 anni, 3 anni vissuti meravigliosamente e conclusi con la più grande scena della letteratura contemporanea: er go' de Osvaldo all'ultimo secondo di recupero della scampagnata trionfale a Roma (conosciuta tra i locali come «'a beffe de'e beffe»).

Certo, dopo 3 scudetti vinti da genio, Conte avrebbe potuto abbassare le difese. Ma l'uomo non è uno che abbassa le difese. Non ce la fa. Non ne è capace. Non sarebbe più lui. Era evidente che il giocattolo si sarebbe rotto. Si sarebbe potuto rompere a metà campionato, buttando via una stagione, oppure alla fine dell'anno scorso, sull'onda della vittoria. Sarebbe stato certamente meglio questa seconda ipotesi, per quanto altrettanto dolorosa. Ci ha pensato sul serio, Conte. Se ne stava andando. Le lacrime di sua moglie allo Juventus Stadium erano il sigillo finale.

Ma mi sono convinto che la juventinità di Conte sia più grande del suo fanatismo, e per questo ci ha provato, per questo ha sognato da vero tifoso che Marotta gli prendesse Maradona, Garrincha e Zidane. Quando si è svegliato, be', se n'è andato. Per quanto la società non lo abbia assecondato, certo non per cattiveria ma per impossibilità oggettive, il suo abbandono al secondo giorno di un ritiro che peraltro non era partito «alla Conte» (a Torino, pernottamento a casa, tournè in Indonesia e Australia) ha provocato una danno tecnico e di immagine alla sua Juventus che nella storia ha precedenti solo nelle parole "Cobolli" e "Gigli". Non si fa. Non doveva farlo. Ok, forse è meglio adesso che a metà campionato, ma resta un danno enorme, anche perché non si può improvvisare in due giorni un altro progetto tattico, tecnico, direi ideologico. Senza uno come Conte, poi. Bisogna ripartire, però. In mezza giornata abbiamo digerito (male, malissimo) l'addio. Sarebbe servito un sostituto rassicurante, soprattutto sull'aspetto tecnico e tattico. Invece hanno preso Massimiliano Allegri, una scelta che ci costerna e affligge molto più dell'addio di un Premio Nobel.

Federico Sarica: Difficile aggiungere altro alle parole sacrosante di Fabio e Christian, è il limite di questa vicenda se volete: c'è dibattito fra di noi sul futuro, non ce n'è può essere sul passato recente. I migliori anni della nostra Juve. Punto. È così: siamo di colpo orfani della vicenda più juventina di sempre. Nel caso servisse un'ulteriore conferma di ciò: il giubilo di queste ore di tutta l'Italia non bianconera (peraltro da sempre abituata a vincere scudetti virtuali a metà luglio), la quale ci regala l'ennesima fotografia panoramica della schiacciante centralità del nostro club nel racconto del calcio italiano. Ora cosa succede? Si aggiornano di continuo le pagine dei siti sportivi, più che per vedere l'effetto che fa un altro allenatore o se arriverà o meno un trequartista, per capire chi saremo noi da oggi in poi, per prendere coscienza di cosa non saremo più, noi che negli ultimi tre anni avevamo trovato la sintesi perfetta fra tifo irrazionale e osservazione lucida delle cose che giravano attorno alla nostra Juve: lo stadio di proprietà e il dileggio dell'interismo, i bilanci sempre più a posto e il massimocarrerismo e l'angeloalessismo, il presidente che ci vuole portare nel domani che fa rima con quello che lotta per ridarci quello che ci hanno tolto in un tribunale sotto l'ombrellone e con quello che posta su facebook battute che potrebbero essere le nostre. Tutto tenuto insieme da lui, Antonio Conte. Il capitano. Detto questo, ha ragione Christian: è Conte ad essere andato via e ad averci lasciato in un bel guaio. Non possiamo non tenerne conto. Lo sapevamo, fra l'altro, speravamo solo di rimandare il momento. E il futuro? E Allegri? Io ho fatto il mio primo abbonamento allo stadio nell'anno di Maifredi, e non ho vinto mezzo scudetto fra i miei dodici e i miei vent'anni. Sono diventato uomo fra i Galia e i Rui Barros, dopo un'infanzia con Scirea e Platini, quindi figuriamoci se ho paura di Allegri (o di Ignazio Abate). So solamente che è finito un tuffo carpiato che ci ha lasciato senza respiro per tre anni, e per cui prendevamo la rincorsa da almeno cinque ("Antonio Conte è il nostro capitano" lo si è cantato ininterrottamente allo stadio dal settembre 2006 al giugno 2011, quando Antonio non era con noi). Ora, semplicemente, siamo consapevoli di tornare a un tempo in cui dovremo diluire la juventinità nella realtà. Sarà sempre bellissimo, siamo la Juve e Mazzarinho è pur sempre al suo posto del resto, ma sarà diverso. Molto diverso. Chiudo con le parole che Massimo Carrera, un contiano di ferro e uno di noi da sempre, ha scritto su Whattsapp a sua figlia: "Comunque è soddisfazione e orgoglio aver fatto tutto questo per la nostra Signora, FORZA JUVE FOREVER".

LA SECONDA PLURI-DOMANDA

Forse, avendo vissuto l'estate degli addii di Ibra e Thiago Silva, capisco come vi sentite. Ora volevo chiedervi: Perché così tanta paura di Allegri? Pensate sia poi così male? O pensate che sia Conte che, in realtà, da solo ha contato per una percentuale sproporzionata rispetto ad un "qualsiasi altro" allenatore? Con Mancini sarebbe andata meglio? Il Mancini dell'Inter dello scudetto dei buoni? E poi, si parla molto del perché Conte sia andato via. Voi che ne pensate? Lo vedete come un "tradimento"? Come lo vedete lui, oggi?

Christian Rocca: Massimiliano Allegri è l'allenatore che 4 anni fa ha dato per finito Andrea Pirlo, preferendogli Van Bommel. Per me è una cosa da interdizione dai pubblici uffici, figuriamoci se l'avrei preso ad allenare una squadra che ruota intorno a Pirlo. Allegri è riuscito a perdere uno scudetto con Ibra, un evento in natura più raro di uno scudetto sul campo dell'Inter. È stato cacciato con ignominia dal Milan, dopo averne prese 4 da Berardi. Ecco, avremmo dovuto prendere Berardi, il talento più prodigioso del calcio italiano, altro che Allegri. Sia chiaro: sono certo che Marotta e Paratici ne sappiano più di me di calcio, e di uomini di pallone, quindi spero fortissimamente che abbiano ragione loro e nel caso mi cospargerò il capo di cenere, ma credo di saperne qualcosa di immagine e comunicazione: dopo la fuga Conte, con il chiacchiericcio sugli obiettivi limitati della nuova Juve, la scelta di uno come Allegri non dà un bel segnale all'ambiente, ai calciatori e ai procuratori. Al contrario. Qualche procuratore, nella previsione che la stagione possa andare male, si starà già muovendo magari con l'idea che forse è meglio trovare un'altra squadra adesso ai propri assistiti che hanno mercato, invece che tra un anno con un probabile valore diminuito. E, come vedete, non sto dicendo una parola sulle polemiche antijuventine di Allegri, che certo non lo aiutano a conquistare la fiducia dei tifosi. Però, davvero, ci sarà un motivo se non esiste un tifoso della Juve contento della scelta, mentre tutti quelli delle altre squadre stappano champagne? Ho l'incubo che lo slogan che quest'anno comparirà sulle maglie, Fino-alla-Fine, sia già arrivato ai titoli di coda. Ecco, ci siamo arrivati alla fine. Spero di sbagliarmi, ripeto.

Conte è stato fondamentale, l'artefice unico soprattutto della prima vittoria juventina, lo scudetto numero 30, e poi più che decisivo anche della cavalcata successiva. Senza di lui è un'altra storia. Sostituirlo non è facile. Non puoi improvvisare il 15 di luglio con ragazzi simpatici, ma non testati. Io avevo un solo nome: Jupp Heynckes. Non ho mai visto una squadra giocare cosi bene come il suo Bayern 2012-14, quello che ha vinto tutto e ha battuto la Juve. Ci sarei andato di corsa in Germania. Ci sono andati, quelli della Juve, a riscattarlo dalla pensione? Non credo. Mi sarebbe piaciuto Didier Deschamps, una scelta che avrebbe scatenato entusiasmo nell'ambiente e fatto dimenticare Conte, o quasi. Sì, Dedé allena la Francia e tra due anni gli Europei si giocheranno lì. Ma gli sono state offerte le chiavi della Juventus, magari anche facendolo restare coach dei Bleus? Non credo. Spalletti non lo considero, non mi è mai sembrato all'altezza e la Juve non ha giocatori per i suoi schemi. Anche Capello sarebbe andato bene, per le ragioni di carisma, storia di successi e standing internazionale necessari in questo momento traumatico. Poi c'era Mancini. Non mi è mai piaciuto, Mancini, anche se ultimamente ha perso quegli atteggiamenti arroganti, parlo delle scelte da allenatore, che aveva ai tempi di Lazio e Fiorentina. Non c'è dubbio che conosca il calcio, che sia bravo, che si faccia rispettare, che sia un nome rassicurante. I problemi erano due: lo stipendio troppo alto e il passato da indossatore di scudetti altrui, cioè nostri. In linea generale sono d'accordo con la scelta aziendale di non strapagare gli allenatori, ma questo è un momento decisivo: se l'allenatore giusto era uno che costava tanto, lo dovevi prendere e risparmiavi altrove. Sul passato all'Inter, be', era risolvibile con una semplice dichiarazione: «La Juve era la squadra più forte e nel 2006 ha meritatamente vinto sul campo». Sarebbe addirittura diventato un vantaggio: pensate alla rabbia che avrebbe provocato agli interisti, e alla Gazzetta dello Sport. Lo hanno cercato? Forse. Ma in ogni caso è arrivato Allegri. Che comunque, va detto, resta il migliore dei due allenatori livornesi su piazza. L'altro per fortuna lo abbiamo lasciato agli indonesiani.

Federico Sarica: Qualsiasi cosa farà Conte, porterà la Juve con se, e chissà, un giorno magari la riporterà a casa. Eternamente grati. Cosa sia successo davvero, i retroscena della ultime ore, le motivazioni scatenanti del gesto, eccetera, sono ovviamente materia di conversazione fra di noi in queste ore e probabilmente lo saranno ancora per molto tempo, ma contano fino a un certo punto se è vero, come scrivevamo prima, che gli juventini sapevano che sarebbe successo presto. E contano fino a un certo punto anche per un altro motivo, credo fondamentale: non ci troviamo di fronte a una vicenda starring Cobolli e Gigli, la coppia di attori gemelli comici che qualcuno fece scelleratamente sedere per qualche tempo sulla poltrona che già fu di Umberto Agnelli e di Giampiero Boniperti, ma a una fra Antonio Conte e Andrea Agnelli, due il cui amore per i nostri colori non sarà mai in discussione. E qui arrivo a cosa mi interessa davvero di questa fase assurda: testare la Juventus di Andrea Agnelli. Non mi unisco al coro becero di queste ore, "società indegna", semplicemente perché in Corso Galileo Ferraris siedono gli uomini che ci hanno riportato dove siamo, e che fino a prova contraria hanno scelto tre anni fa Antonio Conte, e che si sono inventati Pirlo, Vidal, Pogba, Barzagli, Llorente. È vero, prima avevano scelto anche Del Neri, ma consideriamolo un peccato di inesperienza. Chi sostiene che Andrea Agnelli, Marotta, Fabio Paratici, Pavel Nedved, ma anche Gigi Buffon (che adesso diventa ancora più fondamentale, credo sia l'unico che può provare in qualche modo a colmare il vuoto comunicativo lasciato da Conte, a modo suo), Claudio Marchisio, Andrea Pirlo e Carlitos Tevez non meritino una grande apertura di credito, fanno un torto alla nostra storia e al loro ruolo di tifosi. Aspettiamo e vediamo, come minimo.

E qui arriviamo ad Allegri. Nessuno è lontanamente contento della scelta, ci mancherebbe, e la grossa premessa sta nelle risposte contiane di cui sopra e nelle riserve sugli aspetti tecnico-tattici e sulla personalità. Per non ripetere molte delle cose condivisibili scritte da Christian, provo a fare un esercizio diverso e tento di capire il più possibile lucidamente - avverbio che stride con le ore che stiamo vivendo - come siamo arrivati a Max Allegri.

Premessa ovvia: chiunque fosse arrivato non avrebbe potuto minimamente lenire il dolore per l'addio del Mister. Quindi credo che Agnelli e i suoi abbiano fatto bene a scartare in partenza una soluzione emozionale, il modello Zidane per dire (i più arditi fra noi già martedì notte hanno sondato El Pigna Montero, che effettivamente allena le giovanili del Penarol. Segnatevelo: quando lo juventino ha bisogno di ritrovare se stesso googla Montero, leggendario). Va bene la storia e la juventinità, ma il rischio tecnico di avere in panca il neo allenatore del Castiglia era effettivamente notevole. Fantacalcio. E allora, ecco secondo me l'identikit tracciato da A.A.:

- ragionevomente giovane;

- con esperienza in un club di prima fascia;

- possibilmente libero, per non portarla per le lunghe, visto il ritiro già iniziato, un mercato da fare, e le pressioni forti dell'ambiente;

- con esperienza in Champions League;

- sufficientemente pragmatico da non pretendere di arrivare e cancellare tutto, trovandosi la Juve nel bel mezzo di un progetto societario relativamente nuovo.

Mancini, che in qualche modo avrei preferito fra i due, credo non desse garanzie sull'ultimo punto (oltre a costare decisamente di più), ma è una cosa che azzardo e butto lì e lascia il tempo che trova, non ne ho idea. E comunque dal punto di vista del tifoso tifoso sarebbe cambiato poco: di qua il gol di Muntari (fra l'altro non ho mai capito se poi il Cesena ha pareggiato o meno), di là il paper scudetto, vinto arrivando terzi.

A me a maggio non sarebbe dispiaciuto Montella, ma ad esempio lui di esperienza Champions e grande club nulla di nulla, e il mio favorito in assoluto di questi giorni era Didier Deschamps, juventino vero, ottimo allenatore, grande esperienza, credo oggettivamente molto molto difficile da convincere, ma avrei provato con forza a portarlo. Spero ci abbiano pensato. Già il fatto che non ci fosse un candidato forte e unitario, la dice lunga sulla situazione. E quindi? E quindi Max. E quindi tanta amarezza e altrettanta ironia, perché passato il dramma (passato? Mmm) il tifo questo è. E quindi, come dice l'amico Massimo Zampini, è ovviamente già allegrimania, nel bene e nel male. Come nei matrimoni. Perché di questo si tratta.

Fabio Barcellona: Perché Conte se ne sia andato, e, soprattutto, perché se ne sia andato dopo un giorno di ritiro non lo so. Non mi piace fare supposizioni su qualcosa che non so e, oltretutto, non è il mio mestiere. E quando si parla di lavoro a livelli così alti, anche economici, lascerei perdere la categoria del “tradimento”. E’ finita (per ora…) e come ho già detto il fatto importante è che la Juventus si sia trovata a dovere scegliere un allenatore nel giro di 24 ore il 16 luglio. Al di là delle frasi fatte credo davvero che quando si vince, e soprattutto quando si vince per un lungo periodo di seguito come è successo in questo trienno e non in maniera occasionale, i meriti sono del lavoro siano dell’intero “sistema”: dirigenza, staff tecnico, giocatori. Di certo il contributo di Conte è stato fondamentale. Non sto qui a ripetere per l’ennesima volta gli enormi meriti del mister, ma di sicuro la Juve è stata soprattutto Antonio Conte e Antonio Conte la Juve. Per questo, come ha detto Federico, oggi siamo davvero a una prova per la dirigenza juventina. Non dimentichiamoci che Antonio Conte è stato messo sulla panchina da questa dirigenza e che probabilmente i migliori giocatori in rosa sono stati presi senza che Conte c’entrasse nulla: Bonucci, Barzagli, Pirlo, Vidal, Pogba. Quindi non direi che questa dirigenza debba iniziare adesso a mostrare ciò di cui è capace: lo ha già fatto. Ma di certo il titanico contributo di Conte alle vittorie, mette adesso sotto esame le capacità della dirigenza. Per questo mi sarebbe piaciuto vederla all’opera in condizioni “normali”, con un allenatore da scegliere a maggio (se non prima). Perché in queste condizioni l’impressione è che fosse più importante prendere una decisione rapida che una decisione giusta. Poteva la Juventus rimanere giorni senza allenatore con il ritiro già iniziato?

In linea di principio penso che la Juventus nell’odierno panorama di calcio europeo abbia una sola possibile strategia di mercato: acquisire giocatori giovani, già pronti e con margini di miglioramento. Al di là della perla Pogba, forse l’esempio migliore è quello di Vidal, preso per circa 10 milioni dal Bayer Leverkusen: giovane, pronto per il livello richiesto e con possibilità di crescita. E’ una società che deve vincere, anche a livello europeo, quindi non può fare la politica, chessò, dell’Udinese, ma chiaramente non può competere a livello monetario con sceicchi o inglesi o spagnoli. E questo per me è vero anche per quanto riguarda l’allenatore: o scegli Van Gaal, ma forse non te lo puoi permettere, o prendi Conte dal Siena come è stato fatto 3 anni fa. Allegri, purtroppo non è Van Gaal e non è nemmeno il Conte del 2011.

Ma quali erano le alternative. Visto da molto lontano mi piace De Boer dell’Ajax, che si è mosso ancora solo in Olanda. Sanpaoli del Cile mi pare che abbia il fuoco dentro, tanta fame e tanta preparazione. In Italia il migliore è Montella, che avrebbe potuto fare il salto di qualità alla Juve. Molti juventini parlano di Deschamps, ma nei club a me non è mai piaciuto e, nell’anno della serie B la sua Juve non giocava particolarmente bene sebbene , per onestà intellettuale, bisogna dire che la squadra era troppo più forte delle altre per misurare con precisione la bontà del lavoro dell’allenatore. De Boer, Sanpaoli, Montella, se anche ci avessero pensato, era soluzioni da prendere a maggio. E davvero sarei stato davvero curioso di vedere chi avrebbe preso questa dirigenza.

Il 16 luglio, appena sentita alla radio la notizia della rescissione del contratto e dopo essermi precipitato in rete a cercare e non trovare conferme che fosse una bufala, come tutti i tifosi ho cominciato a scorrere l’elenco dei possibili candidati. I nomi che mi sono venuti in mente sono quelli: Allegri, Mancini, Spalletti. A me è venuto in mente Guidolin (che bravo lo è davvero) e a un certo punto ho pure letto qualcosa in proposito. Poi ho letto di Capello, Zidane. Nessuno di questi rispetta il profilo che mi ero fatto in mente per il dopo Conte.

Come si è giunti ad Allegri non lo so. Mancini era quello con maggiori esperienze ad altissimo livello, costa come i grandissimi allenatori (ma, a mio parere, non è altrettanto bravo) e non mi pare uno facilissimo di carattere: probabilmente per investire su di lui era necessaria un riflessione più approfondita. Spalletti è fuori dall’Italia da tempo, c’è da pagare una costosa penale allo Zenit e quando lo abbiamo visto in Europa la sua squadra era una mezza tragedia. È rimasto Allegri, forse la decisione rapida più agevole: ha allenato e vinto in un grande club, è ancora relativamente giovane, ha esperienza europea.

Il resto, la sua relativa simpatia, il gol di Muntari, i tweet della sua compagna contro la Juve, per me non contano nulla. Siamo in un mondo di professionisti, adesso Allegri lavora per la Juve e quindi è juventino. Purtroppo mi sa che per la tifoseria non sarà così e non vorrei vedere lo stesso trattamento riservato ad Ancelotti. Conta invece l’Allegri allenatore. E conta la dirigenza. Allegri allenatore ad oggi non si è dimostrato , come ho detto, un fesso, ma nemmeno un genio. È vero quello che dice Christian che la rinuncia a Pirlo è da interdizione, ma mostra tutto sommato carattere e questo non mi dispiace. E non esiste allenatore che non abbia macchie nella sua carriera. Ricordate Ancelotti con Thierry Henry schierato esterno nel 3-4-1-2? È chiaro che è un allenatore che se vuole anche solo avvicinarsi a Conte deve alzare il proprio livello. E qui vedremo quanto brava sarà la dirigenza nel supportarlo, aiutarlo e farlo crescere. Visto che sospendo il giudizio sulla scelta dell’allenatore, perché ripeto ancora, è stata una scelta rapida e non una scelta giusta, il vero esame per la dirigenza, il cui peso specifico nel sistema Juve è inevitabilmente aumentato, sarà proprio questo, sarà quello di creare le condizioni migliori perché Allegri possa migliorare ed allenare bene la squadra. Ma, da tifoso irrazionale, ho paura. Speriamo me la facciano passare.

IN CONCLUSIONE

Ok. Che tristezza però.

Fabio Barcellona: La verità é che non vedo l'ora che si ricominci e che Allegri mi sorprenda.

Christian Rocca: Pure io. Sul campo. Fino alla fine. Sperando che non sia arrivata, la fine.

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