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Quale FIFA
27 nov 2014
I Mondiali in Qatar e il famoso rapporto Garcia: tra corruzione e insabbiamento la Fifa ha perso ogni credibilità. E pare anche che non gliene importi molto.
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Ci sono stati aspetti dubbi, ma non è provata la corruzione. Che è come se ti trovassero con un sacco pieno di soldi, vestito in tutina nera aderente, con il passamontagna in testa e la torcia, ma non sarebbe provato che tu venga dalla banca a cento metri da te. Può capitare, soprattutto se il poliziotto che ti ferma è un tuo parente, o almeno amico. E dunque può capitare che la Fifa assolva la Fifa, da quello che è uno dei più grandi scandali del pallone mondiale. Dunque tutto apposto: i Mondiali del 2018 si giocheranno in Russia e quelli del 2022 in Qatar, come non fosse accaduto nulla perché nulla dicono, loro, è accaduto. Nonostante la pesante ombra della corruzione, molto più che pesante, molto più che ombra. Non che i trucchi in seno alla Fifa siano una novità, essendo la stessa guidata da uno come Blatter che, nella prima elezione, nel lontano 1998, vinse con il trucco, perché fece votare la fidanzata del presidente della Federazione giamaicana al posto del delegato di Haiti e solo grazie a donazioni di denaro di Havelange a Trinidad e Tobago ottenne i voti del ConCaCaf (secondo il racconto). Ma questa volta non si poteva ignorare lo scandalo. Infatti, si è ignorato.

I documenti del Sunday Times

Se siamo all'annuncio del già annunciato (che i Mondiali 2018 e 2022 si giocheranno in Russia e Qatar lo sapevamo già, eppure è stato ribadito proprio l'altro giorno) è perché tutto è sembrato in discussione. Merito del Sunday Times, che a giugno ha parlato dei «Fifa files», migliaia di documenti di cui il giornale è entrato in possesso in grado di dimostrare, grazie all'inchiesta di Jonathan Calvert and Heidi Blake, come per l'assegnazione dei Mondiali del 2022 siano circolate tangenti per oltre cinque milioni di euro. E lo ha detto: i Mondiali in Russia e Qatar sono stati comprati. Non i primi, forse. Sicuramente quelli con un maggior numero di prove. Assegnati a dicembre 2010, in contemporanea, con il trucco. Plot to buy the World Cup, titola il giornale inglese mostrando la propria certezza. Perché le email non sono confondibili con nulla, perché il modo in cui ruotano intorno certe figure sospette vale come conferma anche senza la presenza di documenti così chiari. A cominciare da Mohamed Bin Hammam.

Hammam, l'uomo della corruzione

Mohamed Bin Hammam è stato squalificato a vita dalla Fifa nel 2011, ovvero dopo l'assegnazione dei Mondiali al Qatar. Per corruzione, ovviamente, mentre era a capo (dal 2002) dell'Asian Football Confederation, la Uefa asiatica per intenderci. È qatariota, sessantacinquenne, ha sognato di sfidare Blatter nelle elezioni di giugno 2011, proprio poco prima della squalifica, salvo poi ritirarsi perché era già aperta un'indagine su di lui, accusato da un altro dirigente della Fifa di aver provato a corrompere con Jack Warner, allora vice presidente del calcio mondiale, i responsabili del pallone dei Caraibi per avere i loro voti in assemblea in cambio di 40mila dollari: «Non posso permettere che il nome che ho amato di più sia trascinato ulteriormente nel fango per via della competizione tra due individui. Il gioco e le persone che lo amano vengono prima», ha scritto motivando il ritiro. Nel frattempo, però, c'era stato il 2010. E l'assegnazione dei Mondiali al Qatar. Per la quale Hammam si è dato molto da fare, non proprio in modo lecito: i file hanno permesso di affermare che Hammam attraverso i 10 fondi neri della sua azienda abbia pagato: fino a 200.000 dollari alle 30 federazioni africane, che hanno quattro rappresentanti nel comitato esecutivo per l'assegnazione dei Mondiali, a questi vanno aggiunti altri 400mila dollari in contanti distribuiti a delegati incontrati privatamente; almeno 305.000 dollari in spese legali e detective privati per Reynald Temarii, tahitiano, che era stato espulso dall'esecutivo Fifa nel 2010 per aver provato a vendere il suo voto (avrebbe chiesto 2,2 milioni di franchi svizzeri), ma grazie al ricorso (pagato sostanzialmente da Hammam) era riuscito a rientrare impedendo la sua sostituzione con David Chung, che avrebbe votato per Inghilterra 2018 e Australia 2022; più di 1,6 milioni di dollari, di cui 450mila dollari prima del voto, direttamente a Jack Warner, il membro di Trinidad e Tobago e suo sodale nel tentativo di concorrere per le presidenziali; ha usato la sua posizione nella Fifa per far arrivare 800mila dollari alla Costa d'Avorio perché il membro dell'esecutivo spingesse sul Qatar e altri 400mila dollari ciascuno a altre due federazioni; ha ospitato Issa Hayatou, il presidente della Confederazione Africana, per influenzare i delegati sulla candidatura per il 2022 (un mese dopo la commissione per la candidatura del Qatar ha annunciato un accordo esclusivo del valore di un miliardo di dollari per sponsorizzare il congresso annuale della CAF in Angola, «prevenendo paesi rivali, compresa l'Australia, dall'influenzare figure chiave provenienti dal continente africano»).

Un lungo elenco, pure parziale, che dovrebbe bastare per comprendere come è andata, e invece no. Almeno non per la Fifa. Che ha fatto un'indagine, pure finita per essere contestata. Da ogni parte.

Garcia e i mille ostacoli

Ha lo stesso cognome dell'allenatore della Roma, è a capo dell'ufficio investigativo del comitato etico della Fifa dal 2002. Michael Garcia è americano, impegnato nella lotta al terrorismo sotto la presidenza Bush (con il quale è anche stato vicesegretario per l'immigrazione) e repubblicano. Prima di andare alla Fifa è stato procuratore federale nel distretto sud dello stato di New York. L'inchiesta è stata affidata a lui, e ha lavorato con non poche difficoltà, visto che Spagna e Portogallo hanno collaborato poco (secondo il Sunday Times ci fu anche un tentativo di voto di scambio con il comitato di Spagna-Portogallo 2018) e la Russia ha vietato l'ingresso di Garcia perché inserito nella “lista Guantanamo”, avendo da procuratore del distretto meridionale di New York sostenuto l'accusa contro il russo Viktor But, condannato a 25 anni di carcere per traffico d’armi nel corso di un processo che secondo la Russia è avvenuto per motivi politici. Nonostante gli ostacoli Garcia ha indagato, producendo a settembre un report di 350 pagine che ha faticato per vedere la luce pubblica e, una volta vinti i tentativi di insabbiamento, è comunque venuto fuori in modo distorto, parziale, ovviamente assolutorio. Perché il comitato etico della Fifa ha assolto la Fifa, e ci mancherebbe che fosse il contrario, giustificandosi come fossero casi avulsi dal contesto e cercando anzi di contrattaccare. L'esito, secondo il governo del pallone mondiale è che non c'è stata corruzione nell'assegnazione dei Mondiali a Russia e Qatar, ma solo aspetti dubbi. Nella sua relazione Jans-Joachim Eckert, tedesco alla guida del comitato etico, dice che «i vari incidenti che si sono verificati non sono andati a compromettere l'integrità delle procedure di assegnazione nel loro complesso» e che gli incidenti sono «molto lontani dal raggiungere la soglia per poter pensare di riaprire il processo di assegnazione». Cioè: non se ne parla, i Mondiali restano lì anche se nemmeno nella pubblicazione del rapporto di Garcia c'è chiarezza: intanto le 350 pagine sono state riassunte in 42 e proprio Garcia si è scagliato contro quel riassunto spiegando che contiene «numerose incomplete ed errate rappresentazioni dei fatti». La sintesi, dunque parziale sia nel senso di ridotta che nel senso di “di parte”, è stata fatta perché la Fifa non ha alcuna intenzione di rendere pubblico il lungo rapporto sulle indagini, ritenendolo non legalmente possibile: «Dobbiamo rispettare i diritti personali delle persone menzionate nella relazione», ha detto Eckert, specificando che solo quattro persone hanno visto il rapporto completo. Sparito nei meandri di una delle organizzazioni più segrete al mondo, forse. Di certo la Fifa non ha tolto la puzza di corruzione dai due Mondiali e non reggono le blande motivazioni.

Il pagamento a Warner e l'Inghilterra tirata dentro

Ad esempio ci sarebbero dei buchi anche nell'inchiesta di Garcia, perché il superinvestigatore della Fifa non ha preso in considerazione il materiale in possesso del Sunday Times, essendo venuto fuori con l'inchiesta già avviata (durata un anno, costata sei milioni di sterline). Uno su tutti: secondo la Fifa il pagamento di Hammam, il gran burattinaio del Qatar, a Warner, il potente ex presidente del ConCaCaf, è avvenuto per la corsa alla presidenza Fifa del 2011, dalla quale però poi Hammam si è ritirato e dunque dopo l'assegnazione dei Mondiali anche se il Sunday Times può dimostrare che 450mila dollari, un cospicuo anticipo di quando accertato, sono stati dati tra il 2008 e il 2010, quindi prima dell'assegnazione. E sembra un rigirare la frittata l'accusa all'Inghilterra di aver tentato a sua volta la combine. La Federazione inglese voleva i Mondiali del 2018 e, secondo il Sunday Times non si era prestata a un voto di scambio con Hammam dopo una colazione di lavoro nella quale l'Inghilterra chiedeva ad Hammam l'appoggio per il 2018 (anche con un incontro privato eventuale con il principe William e Beckham) e in cambio si sentì dire che per ottenere quell'appoggio serviva garantire molti voti al Qatar. Anche il voto di scambio è vietato, lo strategy advisor inglese Clare Kenny Tipton ha chiesto di essere ascoltato da Garcia senza riuscirci e l'Inghilterra si è trovata alla pubblicazione del report della Fifa con l'accusa di aver offerto un lavoro a una persona vicina a Warner, per ottenere l'appoggio del gruppo orchestrato da questi e Hammam. Quanto basta per scatenare l'ira della Federcalcio inglese: «Non accettiamo nessun tipo di critica sull'integrità della candidatura dell'Inghilterra né sui comportamenti individuali dei nostri tesserati - si legge nella nota della Federcalcio inglese -. Abbiamo condotto una candidatura all'insegna della trasparenza e, come conferma il rapporto, abbiamo fornito una piena e significativa cooperazione durante tutta l'indagine. Mantenere questa trasparenza e questa cooperazione durante questa fase è cruciale per la nostra credibilità. Nello stesso rapporto leggiamo che tutti i potenziali dubbi circa fatti e circostanze che riguardano la candidatura inglese non hanno trovato conferma, e dunque non possono compromettere in alcun modo l'integrità del processo di candidatura». E il ministro ombra dello sport, il laburista Efford, ha chiesto la pubblicazione del rapporto integrale alla Fifa «se si aspetta che qualcuno creda alla tesi secondo cui non c’è stato alcun insabbiamento per le accuse di corruzione».

La guerra, i perdenti che vincono... E quindi???

Warner, come detto, ha accusato Blatter di trucchi vari sin dal 2008, pur essendo stato suo vice presidente. E Hammam correva da competitore del potente uomo svizzero per la presidenza nel 2011, salvo poi essere bannato. La guerra tra questi due schieramenti ha portato ad accuse pesanti e continue: Warner tra le altre cose ha raccontato di aver pagato appena un euro l'esclusiva tv per i Mondiali del 1998 in Francia come “ringraziamento” per l'appoggio elettorale in precedenza. E Hammam, qualche mese prima dell'assegnazione dei Mondiali al Qatar, ha pure incontrato un altro potenziale competitor di Blatter che poi però ha rinunciato lasciando ancora un solo candidato per la poltrona di boss della Fifa: Michel Platini. Nell'incontro, svelato dal Daily Telegraph, Hammam avrebbe chiesto l'appoggio del presidente del'Uefa per il Qatar, anche se Le Roi ha smentito che fosse quello l'argomento: «Trovo sbalorditivo che delle conversazioni con un collega del Comitato Esecutivo della Fifa, in quell'epoca, possano trasformarsi in un complotto di Stato. Io ho certamente incontrato Mr. Mohammed Bin-Hamman in più occasioni nel 2010 poiché eravamo entrambi membri dello stesso Comitato Esecutivo dal 2002. L'oggetto delle nostre discussioni,durante queste conversazioni, era la candidatura alla Presidenza della Fifa. Mr. Bin-Hamman ha cercato in effetti di convincermi a presentarmi alla Presidenza della Fifa per le elezioni del 2011. Tengo a ricordare che sono il solo membro del Comitato Esecutivo della Fifa che ha annunciato pubblicamente per chi avrebbe votato, prova della mia totale trasparenza, e che nessuno può dettarmi le decisioni. Non sono così tanto stupito dell'eco di queste voci senza fondamento che finiscono per sporcare la mia immagine in un momento importante per il futuro del calcio. Non mi stupisco ormai più di nulla», ha scritto in un comunicato Platini che però ha spinto molto per il Qatar, affidando poi a una fonte amica il suo sospetto che fosse stato tutto orchestrato da Blatter per non avere rivali alle elezioni. Epperò Platini si è anche detto favorevole alla pubblicazione del report di Garcia, anche se con una formula strana: Finché vengono rispettate le regole del codice etico della Fifa riguardanti l’inchiesta attuale, sono a favore della pubblicazione del report», anche se alle regole si è applicata la Fifa per non pubblicarlo. Ma se due nemici (più uno) di Blatter mettono a segno un colpo che non sembra premiare il padre-padrone del pallone mondiale, perché poi la Fifa protegge la corruzione nascondendo il documento-monstre?

Il maledetto Qatar

La risposta alla domanda è quasi banale. Ammettere un meccanismo criminale, anche se usato contro se stesso, vorrebbe dire in ogni caso spiegare al mondo come funziona la Fifa di Blatter, come è gestito il pallone dalla multinazionale svizzera. Di cui si hanno mille sospetti, molte prove ma mai un'ammissione di parte, che dunque non arriverà nemmeno ora. E poi gli sceicchi voteranno. Però Blatter non dev'essersene accorto ora che in Qatar, d'estate, si toccano anche i 50 gradi. Solo che ci ha messo due anni dall'assegnazione per dirlo: «È stato un errore l'assegnazione. La relazione tecnica del Qatar diceva effettivamente che, per il periodo dei Mondiali, le temperature sarebbero state troppo alte, ma l'Esecutivo della Fifa ha deliberato a larga maggioranza che si sarebbe giocato ugualmente in Qatar», che è un po' scaricare la responsabilità su tutto l'esecutivo sgravandola da sé, salvo poi pensare di spostarlo in inverno, avvicinandosi così a un pasticcio di cui forse non abbiamo ancora contezza. Senza poi contare le questioni morali, delle quali in realtà a Blatter frega poco, essendo quello che ai manifestanti in Brasile disse che «il calcio viene prima dei vostri problemi»: ma in Qatar sono già morti quasi 400 migranti nepalesi durante la realizzazione degli stadi e con questo ritmo potrebbero arrivare a 4.000 nel 2022. E poi si tratta di un paese che considera reato l'omosessualità (sempre Blatter: «Dovranno astenersi dal sesso») e altre restrizioni delle libertà o situazioni al limite del legale che non ne fanno proprio un esempio né un posto dove andare a portare le gioie del pallone. Ma il denaro ha fatto il suo corso e allora non resta che tifare Germania.

Perché tifare Germania

Nel silenzio delle Federazioni neutre, ovvero non direttamente coinvolte nell'assegnazione, per fortuna è spuntata la Germania. Che ha la forza di un Mondiale vinto e della propria rettitudine e adesso chiede che venga pubblicato per intero il rapporto di Garcia. Il presidente della Federcalcio tedesca, Reinhard Rauball, lo ha detto chiaramente: «Il risultato è stata una falla nella comunicazione, che ha scosso le fondamenta della Fifa in un modo che non avevo mai visto prima. Non solo deve essere reso pubblico il Rapporto integrale della Commissione Etica, ma anche l’atto d’accusa del procuratore Garcia, in modo che siano chiarite quali sono esattamente le accuse e come vanno giudicate. Devono essere rese pubbliche le aree che non sono state valutate nel rapporto e se ciò aveva qualche giustificazione. È l’unico modo per la Fifa di rispondere ad una totale perdita di credibilità». Una richiesta di credibilità a un sistema che non lo è più, e dal quale l'Uefa – secondo la Germania, potrebbe staccarsi. Lo ha detto Rauball: «Se questo non dovesse accadere, e se la crisi non fosse risolta in modo credibile, ci si dovrebbe chiedere se si è ancora in buone mani nella Fifa. Una scelta possibile potrebbe essere che la Uefa lasci la Fifa». Ecco, questa è una speranza. Perché l'unica risposta al caos scatenato da un'inchiesta insabbiata è stata una denuncia alla procura generale di Berna sulla «possibile condotta illegittima di singole persone in relazione all'assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022»Secondo la Fifa, almeno dalla denuncia, «c'è il sospetto fondato che, in casi isolati, sia avvenuto il trasferimento internazionale di beni con collegamenti svizzeri, che meritano comunque un approfondimento da parte delle autorità». Ora il report verrà letto dalla procura di Berna. Perché la Fifa, dopo essersi assolta, si è anche denunciata. Per ridicolo, si suppone.

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