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La fioritura invernale di Riyad Mahrez
11 gen 2018
L'ala algerina è tornata in grande forma ed è al centro di nuovi interessi di mercato.
(articolo)
8 min
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Con la riapertura del calciomercato si è ricominciato a parlare di Riyad Mahrez, che dopo aver passato un’estate a flirtare con la Roma senza poi concludere nulla, adesso sembra ad un passo dal Liverpool, anche se non tutti sembrano vederla così. Quando si parla dell’algerino, in una facile metafora del suo gioco di dissimulazione, non si sa mai come va a finire, tanto che Shakespeare alla fine della sessione di mercato estiva aveva iniziato a chiamarlo Tom Hanks, per via del suo personaggio bloccato per anni in aeroporto in “The Terminal”.

Il motivo per cui si riparla di Mahrez in chiave mercato, comunque, è la sua ottima prima parte di stagione, in cui è tornato a splendere in maniera simile a quel magico 2015-16, in cui oltre al titolo con il Leicester, vinse anche il premio di miglior giocatore del campionato inglese e quello di calciatore africano dell’anno. Da quell’anno, però, molte cose sono cambiate, oltre al colore dei suoi capelli, che adesso risplendono di biondo platino.

Il cambiamento di Mahrez con Puel

Non c’è più Claudio Ranieri sulla panchina del Leicester, ovviamente, e nemmeno Craig Shakespeare, che a metà ottobre è stato esonerato dopo aver raccolto appena sei punti nelle prime otto giornate. Al suo posto è subentrato Claude Puel, che è tornato in Premier League dopo l’esperienza in chiaroscuro al Southampton.

Puel ci sta facendo vedere una versione del Leicester meno reattiva, meno ossessionata dalla solidità difensiva, rispetto agli ultimi anni. Adesso le “Foxes” hanno dei meccanismi studiati anche in fase di attacco posizionale, ed esiste anche un possesso orizzontale di consolidamento, in cui il Leicester si riordina con il pallone. Il passato non è stato del tutto dimenticato, comunque, e a volte si possono avere delle reminiscenze della squadra di Ranieri, soprattutto quando il Leicester rompe le due linee del 4-4-2, strettissime in fase di non possesso davanti all’area, per attaccare con tre, quattro uomini in campo lunghissimo.

In questo contesto è cambiato anche il ruolo di Riyad Mahrez, forse per la prima volta da quando è arrivato in Inghilterra. L’algerino, com’è noto, è passato direttamente dalle serie minori francesi al Leicester, dove l’abbiamo sempre visto giocare un calcio sostanzialmente “all’inglese”, di transizioni e conduzioni lunghissime, dall’esterno al centro, tagliando il campo in diagonale col pallone al piede. Un gioco che lui ha dimostrato di apprezzare, e che d’altra parte l’ha portato sotto la luce dei riflettori, ma che forse negli ultimi tempi stava diventando un freno alla sua evoluzione.

Mahrez aveva iniziato questa stagione in continuità con quella sotto le aspettative dell’anno scorso, mettendo insieme appena 1 gol e 2 assist nelle prime otto giornate di Shakespeare. Ma prima che si depositasse la sensazione che quel 2015-16 fosse solo un’eccezione, Mahrez è riuscito a rifiorire con Puel in panchina, segnando 6 gol e 6 assist da quando l’allenatore francese si è seduto sulla panchina delle “Foxes”.

Ma al di là dei freddi conteggi realizzativi, Mahrez sembra soprattutto aver riguadagnato quella considerazione di giocatore che con il pallone tra i piedi può far accadere qualunque cosa, uno dei pochi con questo tipo di capacità magiche in Premier League.

Qualunque cosa.

Il merito di Puel è quello di aver capito che gran parte delle possibilità di successo del Leicester passa per la centralità nel gioco del suo giocatore più talentuoso. Una centralità non solo metaforica, sotto forma di un suo maggiore coinvolgimento nel gioco, ma anche più letteralmente posizionale, geografica, nel senso che Mahrez sarebbe dovuto venire nella zona di campo più pericolosa per gli avversari, cioè quella centrale della trequarti. Una posizione da 10 classico, appena dietro Vardy, in cui, secondo Puel, Mahrez sarebbe più libero di creare gioco e di andare in porta direttamente in conduzione.

L’allenatore francese l’ha effettivamente provato in quella posizione in un paio di partite ma poi l’ha rimesso dov’era, a destra, arricchendo però il suo gioco di nuovi movimenti e indicazioni.

Nel 4-2-3-1 attuale, infatti, il ruolo di trequartista è occupato da un incursore (di solito Gray o Okazaki), che si occupa di attaccare la profondità alle spalle della difesa avversaria insieme a Vardy. Questo movimento, nelle idee di Puel, abbasserebbe la linea di difesa e creerebbe lo spazio alle spalle del centrocampo avversario, dove Mahrez, muovendosi senza palla dall’esterno all’interno, potrebbe ricevere effettivamente in zone molto più centrali del campo, e con il corpo in diagonale già diretto verso la porta avversaria.

L’importanza di far ricevere Mahrez centralmente e con il corpo diretto verso la porta si traduce poi in gol come questi.

Il grosso vantaggio di questo set di movimenti non è solo quello di permettere a Mahrez di attaccare la linea di difesa avversaria dal centro del campo, e fronte alla porta, cioè nelle condizioni migliori per mettere a frutto il suo tiro dalla distanza e la sua visione di gioco nell’ultimo quarto, ma anche quello di evitargli di ricevere spalle alla porta, che è forse il gioco che soffre di più, evitando così anche il rischio di perdere il pallone in una zona sensibile esponendosi (vista anche la sua indolenza nel rincorrere gli avversari negli attimi immediatamente successivi alla perdita del pallone) a delle transizioni molto pericolose.

La maturazione

C’è da dire che il lavoro di Puel si è innestato su quella che sembra la naturale maturazione di un giocatore che è entrato nella sua fase di picco psico-fisico e che sembra meno ansioso di dover dimostrare qualcosa e più disposto a rendersi utile alla squadra.

Mahrez quest’anno sembra voler tenere meno il pallone, essere meno un accentratore di gioco, ed essere più vario nelle scelte, magari accelerando il gioco con giocate di prima in profondità, anziché di portare il pallone in conduzione in diagonale, oppure facendo densità sul suo lato per poi cambiare gioco sul lato debole opposto. L’algerino è anche più disposto ad associarsi, adesso che viene molto più dentro al campo ed è quindi costretto a dialogare centralmente con centrocampisti e trequartisti per far avanzare la palla in spazi stretti.

Anche statisticamente Mahrez è un giocatore più minimalista rispetto al passato, che dribbla di meno (i dribbling riusciti sono passati da 3.88 p/90 del 2015/2016 agli attuali 2.20), che tira di meno (da 2.55 p/90 del 2015/2016 agli attuali 2.30), che cerca meno di mandare direttamente in porta i compagni con delle sue invenzioni (i passaggi chiave sono passati dagli 1.66 p/90 della prima stagione con Ranieri agli attuali 1.28).

Mahrez, insomma, sembra essere riuscito a riprendersi la leadership tecnica della squadra imparando ad avere un rapporto più equilibrato con il resto dei suoi compagni e con il proprio gioco. Forse è questo che ha attirato il Liverpool, che è alla ricerca di un sostituto di Coutinho, un altro accentratore di gioco che cerca da quest’estate di andare in una squadra che rispecchi meglio le sue ambizioni.

Mahrez al Liverpool?

È difficile però pensare a Mahrez davvero come un sostituto di Coutinho, tatticamente parlando. Nonostante abbia molto accentrato il raggio delle sue ricezioni, l’algerino rimane un giocatore istintivo e anarchico, che si è preso tutta la libertà che gli ha concesso Puel per muoversi sulla trequarti in direzione della palla, in modo da ricevere e creare spesso da solo la superiorità numerica.

Mahrez ama ancora ricevere nelle situazioni più statiche per trasformarle lui stesso in dinamiche, partendo palla al piede praticamente da qualsiasi posizione. Le armi migliori nel suo repertorio rimangono quelle che prevedono un cambiamento di ritmo nel gioco: la pausa, l’accelerazione, il cambio di direzione, e così via, con tutto il rischio che ne consegue.

La maturità quasi artistica raggiunta da Mahrez nell’utilizzo della pausa: lanciato a rete da Ndidi, finta di andare direttamente in porta col corpo, eludendo il ritorno di Smalling; poi aspetta l’arrivo di Vardy da dietro, che serve appoggiando il pallone in maniera dolcissima.

Non ci sono solo le incognite sull’attitudine fisica e mentale di Mahrez per un sistema così atleticamente probante come quello di pressing e riaggressione di Klopp, insomma, ma anche la domanda legittima sulla reale utilità di un’ulteriore fonte di disequilibrio in una squadra che offensivamente sembra già costantemente inclinata verso la porta avversaria.

Il Liverpool è già secondo in Premier League per Expected Goals prodotti (solo il City di Guardiola fa meglio) e addirittura primo per numero di occasioni da gol create, e non è chiaro come Mahrez possa aggiungere qualcosa di ulteriore a un sistema già così fertile senza rendere la squadra ancora più fragile di quanto non lo sia già.

D’altra parte, non sembra esserci nemmeno lo spazio: la fascia destra, che rimane la zona di ricezione preferita da Mahrez, è il regno incontrastato di Salah; mentre al centro, dove comunque Mahrez continua ad avere grossi limiti nel gioco spalle alla porta, non sembra esserci sufficiente spazio per la sua conduzione, con Firmino che ama spesso venire a ricevere tra le linee per poi associarsi con i centrocampisti.

Mahrez si sta affacciando al grande calcio per la prima volta, e anche relativamente tardi: è sull’orlo dei 27 anni e non l’abbiamo ancora mai visto in un club con le ambizioni e le pressioni del Liverpool, nonostante abbia già in bacheca una Premier League.

Fino ad adesso ha dimostrato grande pazienza e professionalità nel gestire le tappe della sua carriera: non ha mai cercato di forzare la mano al suo club per andarsene, anche quando aveva reso esplicita la sua volontà di cambiare maglia, e ha dimostrato di saper rimaner concentrato sulla sua crescita sportiva nonostante fosse rimasto in una situazione a lui poco gradita. Sarebbe un peccato, per un giocatore del suo talento, sbagliare scelta proprio adesso.

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