Con l’incredibile vittoria di ieri la Roma è prima nel gruppo C, con otto punti frutto di un percorso da imbattuta: due vittorie e due pareggi. È la prima volta nella storia che il club giallorosso riesce a non subire nemmeno una sconfitta nelle prime quattro giornate di Champions League, e la squadra di Di Francesco ci è riuscita in un girone che al momento del sorteggio sembrava uno dei più complicati. Se i punti precedenti erano arrivati con prestazioni poco convincenti (con l’Atletico Madrid e il Qarabag) o macchiate da errori e rimpianti (con il Chelsea all’andata), la vittoria di ieri (un 3-0 nettissimo) ha dimostrato che la classifica sorprendente della Roma non è solo frutto del caso.
La Roma, ieri, seppur con inevitabili imperfezioni, ha battuto una delle squadre più forti della Premier League da tutti i punti di vista: tattico, tecnico, mentale, agonistico. Il Chelsea non è in un grande stato di forma, va detto e tenuto in conto, ma è da prestazioni come questa che Di Francesco può consolidare le idee utili a perfezionare ulteriormente la sua squadra. Ieri, la Roma ha fatto sua la partita dall'inizio (il primo gol è arrivato dopo nemmeno un minuto di gioco), ed esce dal campo con la sicurezza di avere una rosa competitiva anche ad alto livello ma anche alcune certezze sul piano tattico. Ne abbiamo scelte quattro.
1. L’importanza di Perotti
Uno degli aspetti che ha funzionato meno in questa prima parte di stagione nella Roma sono stati i meccanismi offensivi in fase di possesso, nella trequarti avversaria. I triangoli tipici di Di Francesco tra terzino, mezzala ed esterno sono sembrati meccanici e prevedibili, e la pericolosità della Roma ha dipeso molto dalle individualità straordinarie di alcuni giocatori, a partire da Dzeko, che anche ieri ha fatto una prestazione d'alto livello.
La partita con il Chelsea, in questo senso, non ha dato risposte confortanti in modo univoco: gli Expected Goals al novantesimo sono risultati in parità e i tre gol della Roma sono nati da due grandi gesti tecnici (i tiri dalla distanza di El Shaarawy e Perotti) e da un errore piuttosto elementare di Toni Rüdiger (a cui è seguita comunque una finalizzazione particolarmente efficace di El Shaarawy). Nonostante ciò, la Roma ha dimostrato di poter essere pericolosa ed efficace, soprattutto grazie alla presenza in campo di Diego Perotti. Un giocatore dalle caratteristiche tecniche uniche, che spesso fanno dimenticare la sua importanza tattica, fondamentale all’interno di una squadra come questa.
Per lunghi tratti ieri il Chelsea ha adottato, come all’andata, un atteggiamento senza palla piuttosto passivo, almeno nel primo tempo, difendendosi quasi esclusivamente nella propria metà campo e lasciando i due centrali della Roma liberi di salire con il pallone fino alla linea di centrocampo. In particolare in molti momenti la Roma era libera di costruire con Morata in inferiorità su Fazio, Juan Jesus e De Rossi.
Nella metà campo offensiva la Roma cercava di arrivare in porta con i soliti triangoli, con le due mezzali che davano ampiezza tagliando verso l’esterno, le ali che rientravano per occupare i mezzi spazi e i terzini che si sovrapponevano sull’esterno solo quando l’azione arrivava nell’ultimo quarto di campo. L’unico giocatore che in fase di possesso era quasi totalmente libero da compiti tattici precisi era proprio Perotti, che si muoveva a piacimento in orizzontale, sulla trequarti, ma anche in verticale, abbassandosi fino alla mediana per facilitare il primo possesso.
È difficile capire se questa è stata un’indicazione precisa di Di Francesco o un’iniziativa personale del giocatore, fatto sta che l’inserimento di una variabile anarchica in un sistema spesso rigido è ciò che ha reso la Roma imprevedibile. Quando i giallorossi attaccavano posizionalmente nella metà campo del Chelsea, allargavano la schermatura centrale dei due mediani, Fabregas e Bakayoko, costretti a seguire i tagli molto profondi e larghi di Nainggolan e Strootman. Questo movimento finiva per creare spazio di ricezione al centro, davanti alla difesa a tre del Chelsea, prontamente occupato dal taglio esterno-interno di Perotti. In questo modo l'argentino, invece di occupare il mezzo spazio, agiva da trequartista centrale vero e proprio.
Nell'immagine sopra Juan Jesus va in verticale da Perotti. Questa ricezione centrale ha permesso alla Roma di arrivare sulla trequarti in maniera pulita, tirando fuori dalla linea difensiva Cahill (che ha cercato di uscire aggressivo proprio su Perotti), sgravando Dzeko dai movimenti incontro tra le linee. Il bosniaco in questo modo ha potuto concentrarsi solo sui movimenti in profondità, costringendo David Luiz e Rüdiger a scappare verso la propria porta. Questo vantaggio è stato evidente già nel gol dell’1-0, anche se nato da un assist un po’ casuale di Dzeko: il bosniaco ha portato in area i due centrali del Chelsea e nello spazio creatosi alle sue spalle si è infilato El Shaarawy, che ha potuto calciare di collo-esterno fronte alla porta.
A volte, Perotti arrivava a tagliare orizzontalmente da una fascia all’altra, da sinistra a destra. Associandosi con El Shaarawy e Nainggolan, agiva da moltiplicatore di linee di passaggio, creando superiorità in zona palla e permettendo alla Roma di mantenere il possesso pulito nella trequarti avversaria. Perotti è stato fondamentale anche nell’uscita del pallone, e ovviamente in transizione - specie nel secondo tempo, quando la Roma si è abbassata di più - dove la tecnica sopraffina dell’argentino (appena convocato da Sampaoli in Nazionale) in conduzione e nei controlli orientati, ha permesso alla Roma di allentare la pressione e arrivare in porta con grande facilità. Senza contare, ovviamente, il grandissimo gol del 3-0.
2. Il pressing aggressivo e linea di difesa alta
Forse l'aspetto che ha funzionato meglio ieri nella squadra di Di Francesco è stato ancora una volta il gioco senza palla e il pressing, che l’allenatore abruzzese può già appuntarsi come fiore all’occhiello della sua gestione.
La Roma ha iniziato come sempre con un pressing molto alto e aggressivo, che cercava di isolare il pentagono di impostazione del Chelsea (quello composto, cioè, dai tre centrali e dai due mediani) dal resto della squadra. Dzeko si è occupato solamente di David Luiz, andando in pressing quando questo entrava in possesso, o schermandogli la ricezione, con il centrale brasiliano che innescava il "pressing-trigger" giallorosso quando scaricava su uno dei due laterali (Rüdiger e Cahill). In quel caso, Perotti e El Shaarawy tagliavano aggressivamente dall’esterno all’interno, mentre Strootman e Nainggolan salivano a uomo su Bakayoko e Fabregas.
Contemporaneamente, la linea difensiva di Di Francesco saliva velocemente fino al centrocampo, comprimendo gli spazi tra le linee e costringendo i difensori del Chelsea ad affidarsi a giocate forzate, per uomini pressati alle spalle, oppure a giocare lungo cercando la profondità, oppure a tornare da Courtois, che però anche ieri è stato tutt’altro che perfetto con i piedi. L’unione di questi due movimenti ha spinto il Chelsea a cercare la transizione veloce già dalla propria mediana, con scambi veloci e tecnicamente difficili, con Morata finito spesso in fuorigioco.
C’è da dire che il Chelsea è riuscito, a volte, soprattutto nel primo tempo, a disinnescare questa trappola, che è ancora imperfetta a causa delle sbavature di alcuni giocatori. Nainggolan, ad esempio, a volte è salito in ritardo su Fabregas (anche su rimessa del portiere), permettendogli di girarsi e trovare i terzini, alti e larghi. Juan Jesus e Fazio, invece, a volte non sono riusciti ad anticipare gli avversari, con un'aggressività magari eccessiva che li ha portati oltre alla linea del centrocampo, facendo collassare la linea del fuorigioco e permettendo al Chelsea di attaccare la profondità (come successo in occasione dell'occasione di Hazard immediatamente precedente al gol del vantaggio giallorosso).
A questo, vanno aggiunte alcune ricezioni di Fabregas, Hazard e Pedro nello spazio ai lati del playmaker giallorosso, De Rossi, un punto debole che in questo inizio di campionato era già venuto fuori. Per fortuna della Roma, il Chelsea ha vanificato la maggior parte di queste occasioni, con una serie di scelte forzate e sciatte in una partita tecnicamente di basso livello (soprattutto Bakayoko è sembrato inadeguato a gestire le fasi di attacco posizionale).
3. L'attenzione alle mezze posizioni e alle marcature preventive
Anche in fase di difesa posizionale, però, la Roma ha fatto una partita di altissimo livello, con una cura maniacale delle marcature, miste a zona e a uomo, che cambiavano a seconda del movimento del pallone con scalate precise e attente. Quando il Chelsea superava il primo pressing, la squadra di Di Francesco si posizionava con un 4-5-1 molto compatto e stretto davanti alla propria area di rigore. In un sistema di questo tipo, ogni giocatore prendeva potenzialmente in consegna due avversari, scegliendone uno a seconda del movimento della palla.
Nell’esempio qui sopra, ad esempio, il Chelsea sta gestendo il possesso centralmente con Fabregas a ridosso della trequarti della Roma. La squadra di Di Francesco è strettissima in orizzontale per coprire il centro, a parte Kolarov che è a uomo su Azpilicueta largo a sinistra. Ma la struttura della Roma gestisce con flessibilità i cosiddetti spazi di mezzo: Perotti è a metà tra Pedro e Cahill, che è salito quasi fino alla trequarti; De Rossi a sua volta è a metà tra Pedro e Hazard, che occupa l’altro mezzo spazio; mentre Juan Jesus inizialmente rimane vicino a Fazio, per garantire il due contro uno con Morata, ma è pronto per scattare aggressivo in avanti, alle spalle proprio di Pedro. Ognuno dei giocatori romanisti è in attesa di prendere una decisione. Quando la palla viene scaricata lateralmente da Fabregas a Cahill, ogni giocatore sceglie una delle due opzioni, come in un sistema binario: Perotti sale sul centrale di destra del Chelsea, De Rossi si allarga per prendere in consegna Pedro, fino al punto in cui questo si addentra nella zona di Juan Jesus, che lo prende in consegna.
In questo modo la Roma è riuscita sia ad essere aggressiva sul possesso del Chelsea, comprimendo lo spazio in cui giocano gli avversari e facilitando la riconquista immediata del pallone, e al tempo stesso ha anche schermato con efficacia le linee di passaggio verso il centro: nell'esempio qui sopra la palla finisce per arrivare sui piedi di Azpilicueta, senza nessuna opzione di passaggio e con i piedi sulla linea del fallo laterale, chiuso facilmente da Kolarov.
Anche in questo caso parliamo di un sistema che ha bisogno di un’attenzione massima da parte dei suoi interpreti, e che anche ieri ha mostrato inevitabilmente qualche falla non appena i giocatori hanno sbagliato il tempo della scelta. Come detto, il Chelsea è riuscito a ricevere a volte nei mezzi spazi o a cogliere la Roma disordinata in transizione, sfruttando male alcuni cambi di gioco che avrebbero potuto far saltare il sistema di difesa giallorosso. La buona notizia per Di Francesco, in ogni caso, è che questi momenti di difficoltà sembrano essere ormai più l’eccezione che la regola, e i suoi giocatori sembrano aver interiorizzato questi compiti.
4. La capacità di gestire il risultato
Di Francesco ieri è stato anche bravo a interpretare i momenti della partita, cambiando la sua squadra a seconda di quest’ultimi. Già all’inizio del secondo tempo, con il risultato sul 2-0, la Roma ha iniziato ad abbassare il proprio baricentro, abbandonando il pressing alto e adottando una difesa posizionale più convenzionale. La squadra giallorossa ha iniziato a lasciare liberi i due laterali di impostare, con Perotti ed El Shaarawy che non salivano più in pressione, ma si abbassavano per seguire la salita di Marcos Alonso e Azpilicueta. Rüdiger e Cahill venivano presi in consegna da Nainggolan e Strootman, che si staccavano dalla linea non appena questi arrivavano a ridosso del centrocampo. In questo modo, la Roma si è compattata ancora di più in verticale, impedendo definitivamente le ricezioni tra le linee e costringendo il Chelsea ad andare sugli esterni per cercare i cross, che però sono stati controllati con grande attenzione da Juan Jesus e Fazio.
A differenza dell'andata, Conte non ha provato a cambiare l’assetto tattico della sua squadra per cercare un qualche vantaggio posizionale (tutti i suoi cambi sono stati tra giocatori dello stesso ruolo, tranne quello di Willian per Cahill, che però ha portato Pedro a fare l'esterno destro a tutta fascia) e ha solo chiesto alla sua squadra di pressare alto il primo possesso degli avversari in maniera più aggressiva, senza però avere le idee troppo chiare su come farlo. Il Chelsea ieri senza il pallone si è mosso in maniera molto disarmonica, con grandi distanze tra i giocatori e una mancanza di tempismo quasi totale.
La Roma, inoltre, ha dimostrato una sicurezza stupefacente nella gestione del possesso basso, attraverso cui ha disinnescato il pressing alto del Chelsea, anche grazie alla calma e all'ottima tecnica di Alisson, il primo a spezzare le linee di pressing avversarie con precisi passaggi in verticale. Kolarov, poi, era in una tale fiducia mentale che in un momento della partita è uscito dalla pressione di Pedro facendogli un tunnel di suola.
Di Francesco ha chiuso definitivamente le porte di accesso all’area al 75esimo, quando è passato ad un ancora più prudente 5-4-1, con l’entrata di Manolas e Gerson al posto di Florenzi ed El Shaarawy. Grazie alla difesa a tre la Roma è uscita con ancor più sicurezza nei mezzi spazi ed è riuscita a difendersi ancora meglio dentro l’area. Il Chelsea, da quel momento in poi, non ha di fatto più rappresentato un pericolo.
In definitiva, al di là della prestazione esaltante e del risultato eccezionale, la partita di ieri non è servita a dissipare del tutto le ombre su alcune imperfezioni tattiche della Roma, che ieri si è ritrovata di fronte una squadra troppo molle e piena di problemi per essere messa veramente in difficoltà. Ma questa può essere letta anche come una buona notizia: se la Roma ha ancora aspetti da migliorare significa anche che ha del potenziale inesplorato e grossi margini di miglioramento.
Nel frattempo la squadra di Di Francesco sfoggia già una forza mentale e una sicurezza nei propri mezzi sorprendente: ha prima applicato un piano gara ambizioso senza il timore di prendersi dei rischi, assicurandosi il risultato grazie alle peculiarità tecniche dei suoi giocatori e a un pizzico di fortuna, e poi ha saputo lasciarlo andare nel momento migliore, per portare definitivamente il risultato dalla propria parte. Il coraggio nella tattica e nella strategia nel medio e lungo periodo paga quasi sempre, e la fortuna, com’è noto, aiuta gli audaci.