Per l’andata degli ottavi di finale di Champions League giocata nella glaciale Kharkiv, la Roma affrontava lo Shakhtar, costretto a fuggire da Donetsk ma sconfitto una sola volta nelle precedenti 13 partite casalinghe in Europa, capace di battere il Manchester City per finire davanti al Napoli nel proprio girone di qualificazione. Un avversario ostico e molto organizzato, tornato però a giocare in campionato appena cinque giorni fa, dopo la pausa che durava dal 10 dicembre.
Paulo Fonseca è sceso in campo con il suo tipico 4-2-3-1: l’unica sorpresa è stato il rientro di Kryvtsov, schierato di fianco a Rakitskiy (ma costretto a lasciare il posto ad Ordets dopo l’ennesimo infortunio). Di Francesco ha scelto lo stesso sistema di gioco del collega, l’unico dubbio era legato Florenzi, in dubbio ma alla fine in campo. Per il resto era la Roma in teoria titolare, con Cengiz Under in alto a destra chiamato a confermare le recenti ottime prestazioni (prima di quella di ieri aveva segnato 4 gol nelle ultime 3 partite).
Il piano difensivo di Di Francesco…
Di Francesco aveva ben presenti le insidie del suo avversario, ma l’attuazione del piano difensivo della Roma ha mostrato alcuni difetti già in apertura di gara. Anzitutto nel portare la pressione, con il pressing-trigger principale che era il passaggio all’indietro su uno dei due centrali difensivi ucraini: quando la palla si muoveva verso Rakitksy o Krivtsov la squadra giallorossa si alzava per attaccarli e forzarli a un’ulteriore passaggio all’indietro verso il portiere. Dzeko si portava quindi su Pyatov, cercando di costringerlo ad orientarsi su un lato, tagliando fuori l’altro centrale difensivo, mentre Nainggolan cercava di impedire al centrocampista che si abbassava di ricevere palla. Nel frattempo l'ala sul lato forte si posizionava tra il centrale difensivo e il terzino, in modo da poter intervenire sia su un passaggio rasoterra che su un eventuale pallone alto.
Se nei primi 5 minuti questo meccanismo sembrava poter funzionare, ha ben presto perso di efficacia perché - come succede fin troppo spesso alla Roma - la difesa non saliva con i tempi giusti, pregiudicando la compattezza di squadra e consentendo allo Shakthar di provare a giocare direttamente sui tre trequartisti, posizionati nello spazio che si apriva tra centrocampo e difesa. Per questo dopo pochi minuti la squadra di Di Francesco ha abbassato l’altezza del proprio pressing e lasciato giocare maggiormente i centrali ucraini, spesso accompagnati nella risalita del campo da Stepanenko. Dzeko e Nainggolan rimanevano piuttosto passivi, cercando di schermare la ricezione dei centrocampisti più avanzati (il belga si concentrava in particolar modo su Fred, posizionandosi con una vera e propria marcatura) e incoraggiando una circolazione orizzontale. In queste occasioni la Roma è rimasta particolarmente compatta, con la difesa comunque abbastanza alta da accorciare la squadra.
Lo Shakthar ha risposto alzando molto i terzini, posizionati larghi in linea con i centrocampisti, che rimanevano vicini per associarsi in caso riuscissero ricevere palla tra e linee, ad eccezione di Marlos che come Butko si allargava a sua volta sulla destra. Lasciati liberi di agire, i centrali dello Shakhtar avevano tempo di far posizionare i compagni e decidere a chi passare il pallone. A gestire la palla era soprattutto Rakitsky, difensore sempre calmo con il pallone tra i piedi, anche nella sua area di rigore, e dotato di un’invidiabile abilità di passaggio, che si tratti di tagliare le linee avversarie o di calciare lungo in profondità.
Alzando la linea difensiva senza portare pressione la Roma ha fatto una vera e propria scommessa e già nel primo tempo si è visto quanto una strategia di questo tipo potesse essere rischiosa, contro una squadra che tipicamente fa progredire il proprio gioco cambiando lato in diagonale (e con un giocatore come Rakitsky in grado di raggiungere i compagni anche a grande distanza).
I passaggi di Rakitskiy durante la gara, via StatsZone.
La squadra di Di Francesco è rimasta stranamente passiva anche quando costretta a difendersi nella propria metà campo: con la palla in zone centrali i giallorossi mantenevano circa un metro di distanza rispetto al portatore, cercando di togliergli tutte le linee di passaggi piuttosto che intervenire direttamente; quando invece lo Shakthar ha allargato il proprio gioco in fascia, la pressione si faceva finalmente più intensa, tanto che Perotti è risultato il calciatore con più contrasti tentati, 8 di cui 7 nella propria metà-campo.
Probabilmente, conoscendo l’abilità nel dribbling e nelle combinazioni nello stretto dei brasiliani di Fonseca, Di Francesco ha invitato i suoi ad una maggiore prudenza nelle uscite, prediligendo la stabilità difensiva globale rispetto a una difesa maggiormente aggressiva. La Roma ha avuto meno problemi sulla propria sinistra, mentre è stata messa in difficoltà sulla destra dove Ismaily, terzino creativo e dotato di ottima tecnica, giocava stabilmente da ala, tanto che in alcune occasioni costringeva Under (non a suo agio in fase difensiva) ad abbassarsi in linea con Florenzi. Il turco non ha vinto nessuno dei 5 duelli difensivi nella propria metà-campo, venendo dribblato 3 volte.
La situazione per la Roma è migliorata intorno alla mezz’ora: la squadra ha acquisito maggiore compattezza e il pressing ne ha beneficiato notevolmente, con lo Shakthar che ha visto complicarsi la propria fase di costruzione, tanto che la Roma ha avuto il 60% del possesso palla nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione.
Dzeko taglia fuori Kryvtsov e Pyatov si affida Rakitskiy sulla sinistra. Nainggolan lo pressa immediatamente e senza opzioni di passaggio, il centrale ucraino deve calciare via il pallone.
… e quello di Fonseca
Con il passare dei minuti la Roma ha anche migliorato la propria fase di costruzione, riuscendo a superare il pressing dello Shakthar con una certa frequenza. L’idea di Fonseca, che difficilmente utilizza un pressing ultra-offensivo preferendo cominciare a portare pressione in zone più basse per non compromettere l’organizzazione della propria squadra, era quella di guidare il possesso della Roma verso il centro-destra e poi verso la fascia. Probabilmente, oltre a conoscere l’influenza di Kolarov nel gioco dei propri avversari, l’allenatore portoghese aveva identificato in Manolas l’anello debole della fase di uscita della Roma.
Se era Fazio a portare palla, Ferreyra si alzava immediatamente su di lui, cercando di costringerlo a scaricare su Manolas, con la collaborazione di Marlos che controllava Kolarov. Nel 4-4-2 difensivo degli ucraini, Taison rimaneva leggermente più basso del centravanti argentino, per schermare De Rossi. Quando Manolas riceveva palla, il possesso della Roma veniva indirizzato verso Florenzi, a cui Bernard lasciava inizialmente spazio per ricevere prima di pressarlo e far scattare la trappola del pressing, con la collaborazione di Ismaily che marcava Under e di Taison che impediva di ritornare indietro verso Manolas, mentre Stepanenko contribuiva restringendo ulteriormente lo spazio a disposizione.
Ferreyra porta pressione su Fazio in possesso, mentre Taison lascia a Manolas la possibilità di ricevere. A quel punto il pressing ucraino indirizza il pallone su Florenzi, lasciato volutamente libero da Bernard. Scatta quindi la trappola di pressing di Fonseca, con Taison che taglia fuori il passaggio di ritorno verso il greco e Stepanenko che scivola verso il lato-palla.
Nei primi minuti la Roma è caduta nella trappola in più di un’occasione ma poi ha trovato il modo di superare il pressing degli avversari. De Rossi non lasciava più i centrali in parità numerica, posizionandosi in linea con Manolas e Fazio, mentre Strootman usciva bene dalla schermatura d Ferreyra e si rendeva disponibile per ricevere alle spalle della prima linea di pressione.
A quel punto toccava al numero 44 giallorosso, ancora piuttosto libero nelle proprie azioni, trovare il compagno con precisione e costringere lo Shakhtar ad abbassarsi. Il pressing dello Shakhtar non è stato all’altezza di altre gare e potrebbe aver influito anche lo stato di forma non ottimale, visto che il campionato ucraino è appena ripreso, ma c’è da dire che i centrocampisti giallorossi hanno risolto bene determinate situazioni in cui erano sotto pressione, anche a costo di rendere elaborata l’uscita.
De Rossi si è abbassato tra i centrali per non lasciarli in parità numerica. Manolas è nuovamente lasciato libero di agire e riesce a servire Strootman, uscito dal cono d’ombra di Ferreyra. La Roma può progredire.
A volte, il vantaggio è un illusione
Anche quando superava la pressione però, la Roma aveva difficoltà a penetrare centralmente, anch perché lo Shakhtar è una squadra strutturata per difendere la zona del campo più importante. Gli uomini di Di Francesco hanno concentrato i propri attacchi sulle fasce: sulla destra hanno puntato forte sull’abilità in uno contro uno di Under, all’esordio in Champions, ma era sulla sinistra che si creavano le dinamiche offensive più pericolose. Butko, ormai titolare per la squalifica per doping di Srna, è forse il punto debole dello schieramento difensivo ucraino ed era posizionato proprio sul lato dove la Roma è più forte: inevitabilmente il 44% degli attacchi degli ospiti hanno avuto luogo da quella parte.
Attaccando su quel lato, la Roma ha guadagnato diversi calci d’angolo, in cui poteva sfruttare la propria maggiore fisicità nel tentativo di mettere in difficoltà la difesa a zona di Fonseca, ma anche trovato il gol, quando Kolarov, largo, ha trovato Perotti nello spazio di mezzo, dando il via all’azione che ha visto Dzeko servire Under, perso ingenuamente da Ismaily che pur aveva controllato la posizione del turco alle proprie spalle pochi istanti prima del passaggio.
Al rientro dagli spogliatoi, la Roma in vantaggio si è presa meno rischi con il pallone e ha ripreso a portare una pressione insufficiente sul portatore di palla, con lo Shakhtar che nel frattempo ha iniziato a bersagliare il lato destro della difesa giallorossa, che già nel primo tempo aveva dimostrato di essere quello più fragile. Il gol del pareggio è arrivato puntuale dopo nemmeno 7 minuti con un bel lancio di Rakitskiy che Florenzi non riuscito ad intercettare. L’errore più grave non è però quello individuale (neanche quello di Manolas che si fa superare con un tunnel da Ferreyra) ma quello di squadra: ancora una volta la Roma ha alzato la linea difensiva fino alla linea di centrocampo, ma non ha creato alcun disturbo al portatore di palla avversario, nonostante Rakitskiy avesse dimostrato di rappresentare un pericolo già durante il primo tempo.
Poco dopo la situazione si è ripetuta, con il lancio di Rakitskiy che stavolta non è andato a bersaglio, ma Florenzi è andato ulteriormente in difficoltà, tanto che Under si è praticamente posizionato al suo fianco per dargli manforte.
A quel punto la Roma ha cominciato a difendere nella propria metà-campo con una sorta di 5-3-1-1 asimmetrico che ha completamente compromesso la stabilità difensiva nell’ultimo terzo di campo. Se l’obiettivo era quello di limitare lo Shakhtar da quel lato, il risultato è stato quello di rendere ancora più efficaci gli attacchi degli avversari che riuscivano più facilmente a creare superiorità numerica da quella parta una volta che Under si era abbassato.
Under si abbassa sulla linea difensiva e forma una sorta di 5-3-1-1 asimmetrico. Il risultato è che lo Shakhtar trova ancora più spazio sul lato sinistro del proprio attacco, mentre la Roma perde stabilità difensiva. Nell’esempio, Marlos cambia lato passando da Fred e Taison riesce a pescare Ismaily dietro l’autore del primo gol.
Anche la punizione del secondo gol ha avuto indirettamente origine da una situazione simile a quella del primo. Stavolta è stato Taison ad essere lasciato senza pressione e a lanciare alle spalle della difesa alta, tanto che Alisson è dovuto intervenire di testa fuori dalla propria area. Sulla rimessa laterale che ne è seguita, lo Shakhtar ha perso palla per poi recuperarla con la riaggressione prima del fallo su Marlos (5 dribbling riusciti, cioè più di tutti i giallorossi messi insieme).
In svantaggio Di Francesco, che ha dichiarato che avrebbe voluto “cambiare tutti”, ha sostituito sia Florenzi con Bruno Peres, che Under con Gerson. Considerando che Florenzi non era al meglio ed era in forte dubbio per questa gara, il tecnico giallorosso ha atteso persino troppo a toglierlo, ma probabilmente non era così sicuro di inserire Peres in uno scenario del genere, in cui lo Shakhtar era così forte sul lato sinistro, tanto che aveva mandato a scaldarsi anche Juan Jesus. Sembra che la Roma non abbia un vero terzino destro, almeno non uno che sia affidabile in fase difensiva tanto quanto lo sia in quella offensiva, e ieri si è visto come questo possa penalizzarla, soprattutto in gare di questo livello. Non è un caso che Spalletti avesse cominciato a giocare con la difesa a tre nella passata stagione.
Nel finale di gara la Roma ha commesso errori piuttosto grossolani e si è ulteriormente disunita, rischiando di subire persino il 3-1 se non fosse stato per gli interventi di Alisson e il miracoloso salvataggio di Bruno Peres.
Fortunatamente, la qualificazione è ancora tutta da giocare all’Olimpico. A Kharkiv, la Roma ha esposto alcuni dei difetti dello Shakhtar: un pressing non irresistibile, le difficoltà difensive di Butko, un’uscita di palla non sempre pulita. Se riuscirà a volgerli a proprio favore e a portare il pressing come nei momenti più brillanti di questa stagione, senza le incertezze e i cali di concentrazione dell’andata, la Roma può raggiungere quei quarti di finale che mancano dal 2007/08.