Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Sogno americano
21 lug 2015
Clint Dempsey a 32 anni è ormai una delle leggende del calcio degli Stati Uniti.
(articolo)
17 min
Dark mode
(ON)

Nacogdoches, oltre ad avere un nome impossibile, è anche "la città più antica del Texas", così come fieramente informano i cartelli che danno il benvenuto ai visitatori. Texas, quindi football americano. È lo stato dei Dallas Cowboys (la "squadra d'America"), quello in cui è ambientato Friday Night Lights, quello in cui il football è davvero una religione: «La domenica si va in chiesa, il venerdì si gioca a football».

Se andaste a ripescare nell'archivio della Nacogdoches high school l'annuario del 2001, vi sorprenderebbe scoprire che alla domanda: «Dove speri di essere tra cinque anni?» uno studente al senior year aveva risposto «In Europa, come calciatore professionista». A sormontare queste parole, una foto ritraente il sorriso fiducioso, quasi spavaldo, di un giovane Clint Dempsey.

Cinque anni dopo, in effetti, Dempsey sarà in Europa, ma con la maglia della sua Nazionale, per sfidare Repubblica Ceca, Italia e Ghana nel gruppo E del Mondiale tedesco. Nell'ultima partita, gli USA sono costretti a vincere per sperare nel passaggio del turno, ma dopo una ventina di minuti sono già sotto. Poco prima dell'intervallo, Beasley sfrutta un errore in disimpegno degli africani per involarsi sulla sinistra e mettere il pallone alle spalle dell'ultimo difensore sul lato opposto: Dempsey inizia l'aggressione di quello spazio nel momento stesso in cui viene recuperata la sfera, parte un passo indietro, ma il suo scatto feroce gli permette di arrivare prima del diretto avversario. Mentre sta per impattare con l'esterno-collo del destro inizia a gridare, la palla entra in rete e lui prosegue nel suo urlo, correndo con un braccio teso verso il basso e l'altro a tirar energici pugni contro il petto. Poi braccia entrambe alzate al cielo in segno di ringraziamento, un buffo balletto (voleva essere un passo di samba?), un altro urlo, più forte dei precedenti. Tutto Clint Dempsey in un gol—e in una esultanza.

È stata l'unica rete dell'USMNT (acronimo che indica la squadra americana maschile) in quel Mondiale. Pochi minuti dopo, un rigore di Appiah ne sancirà l'eliminazione.

«Ti aiuterò a spingere la palla in rete»

Dempsey ha potuto forgiare il suo carattere, ossia il motivo principale del suo successo, sin dai primi passi mossi sulle strade di Nacogdoches, «Una città piccola, un posto dove niente ti è dato, tutto quello che vuoi devi ottenerlo, guadagnarlo, devi combattere per esso. Così è stato per tutta la mia vita. Questo mi rende orgoglioso e mi ha fatto diventare un giocatore migliore»

Per un certo periodo di tempo, i Dempsey hanno vissuto in una roulotte parcheggiata nel giardino della casa della nonna di Clint. Con lui e i suoi genitori c'erano altri due fratelli e due sorelle. Lo sport era un affare di famiglia. Anche suo fratello maggiore giocava a calcio, ma le speranze dei genitori erano riposte soprattutto su Jennifer, di 4 anni più grande di Clint, promessa del tennis. Tra Clint e Jennifer c'era un bel rapporto, i due parlavano di tutto, di cose felici e di cose tristi: «Parlammo della morte diverse volte, mi ricordo che una volta mi disse "Se muoio, vuoi che io torni indietro per dirti che sto bene?" E io le risposi di no, perché mi sarei spaventato troppo. Poi, però, un'altra volta mi disse "Se mai dovessi morire, da lassù ti aiuterò a spingere la palla in rete"».

Mentre la sorella perfezionava le sue abilità con la racchetta, fino a divenire la miglior giocatrice dell'high school, lui giocava a calcio in campi improvvisati con degli immigrati ispanici, che gli raccontavano le imprese dei loro miti, da Mágico González a Diego Armando Maradona: «Amavo Maradona. Volevo sapere tutto ciò che lo riguardava». Quando scoprì che El Pibe de Oro era risultato positivo all'efedrina al termine della seconda gara di USA '94, l'undicenne Clint non riuscì a trattenere le lacrime: «Stavo finalmente per andare a vederlo perché l'Argentina avrebbe giocato a Dallas l'ultima partita del girone. Avevo il cuore spezzato. Ricordo ancora Valderrama con i suoi capelli pazzi e Batistuta durante quella Coppa del Mondo, ma Maradona era quello che volevo vedere più di ogni cosa».

Nel frattempo, le partite dietro casa con gli ispanici erano diventate poco competitive per lui, così i suoi genitori iniziarono ad accompagnarlo, due volte a settimana, ad allenarsi a Dallas, con veri allenatori e avversari più forti: tre ore di auto all'andata, tre al ritorno, col padre che sfruttava la durata dell'allenamento per dormire ed essere più riposato alla guida. Ad anni di distanza da quei giorni, Clint non dimentica: «Andare in campo e non dare il mio meglio sarebbe come uno schiaffo sulle loro facce. Hanno sacrificato la loro vita per me».

Quando lui aveva 12 anni, i Dempsey si trovarono dinanzi a una scelta dolorosa. Le spese necessarie per portare avanti le carriere di Clint e Jennifer erano diventate insostenibili per Aubrey, ferroviere, e Debbie, infermiera, che spiegarono al più piccolo: «Dobbiamo concentrarci un po' di più su Jennifer, dobbiamo darle un'opportunità. Tu sei ancora giovane, più avanti potrai tornare, adesso devi solo prenderti una piccola pausa».

Solo pochi mesi dopo, nel pomeriggio del Giorno del Ringraziamento del 1995, Jennifer iniziò a lamentare un forte mal di testa. Poi svenne. Qualche ora dopo si spense, a soli 16 anni: aveva un aneurisma cerebrale. «Mi sono sentito sprofondare il cuore nel petto. Ho pianto per ore, ho pianto finché non ho sentito la testa scoppiare». Riasciugate le lacrime, avrà ripensato alle parole di Jennifer: «Da lassù ti aiuterò a spingere la palla in rete».

13

Se c'è una rete di Dempsey in cui il pallone sembra davvero sospinto da una forza magica, è quella realizzata all'Inghilterra nella prima gara del girone del Mondiale del 2010: un tiro centrale che Green, il portiere inglese, è misteriosamente incapace di trattenere. Dempsey alza ancora le braccia al cielo, ma stavolta con le dita forma il numero 13, cioè la maglia che indossava uno dei suoi amici ispanici, Victor Rivera Jr.

Lui e Clint avevano trascorso buona parte dell'infanzia insieme, sui banchi di scuola, davanti alle quesadilla al pollo di Victor Rivera Sr. (padre single e proprietario di una taqueria) e soprattutto in campo. Proprio Victor Sr. li accompagnava al di là della frontiera per partecipare, con una squadra messa su praticamente solo per far giocare i due ragazzini, a una piccola lega messicana. Avevano 15 anni e sfidavano giocatori grandi il doppio, ma l'intesa tra i due faceva ugualmente la differenza: Dempsey creava le occasioni e Rivera, grazie alla sua velocità, le trasformava in gol. Clint non si accontentava di vincere, voleva umiliare gli avversari, tra doppi passi e finte che somigliavano a prese in giro. Spesso veniva colpito duro, ma al minimo accenno di rissa nei suoi confronti, Victor Jr. accorreva per proteggerlo.

Tra un'edizione del torneo messicano e l'altra Dempsey era diventato ormai una presenza fissa nei Dallas Texans, squadra di massimo livello del calcio giovanile statunitense, e la cassetta della posta iniziava a riempirsi di lettere da varie università interessate a lui. Alla fine scelse Furman, a Greenville, South Carolina.

Victor Jr., per motivi economici, dovette accontentarsi della migliore squadra di Nacogdoches. Ma fino a lì i recruiter dei college non arrivano. Ricevette invece una chiamata dalla sua ragazza, che lo avvisava di essere incinta. Decise di entrare nella polizia. Durante un addestramento al poligono di tiro un proiettile partì accidentalmente dalla sua pistola e lo colpì a morte.

Londra

La giovinezza trascorsa in un posto piccolo e con poco da offrire ha abituato Dempsey all'idea che bisogna allontanarsi da casa per ottenere quello che si vuole. Le sofferenze patite gli hanno conferito la resilienza necessaria a non cedere davanti alle prime difficoltà.

Nel SuperDraft del 2004 i New England Revolution spendono per lui l'ottava scelta assoluta. Curiosità: il primo a essere scelto quell'anno fu Freddy Adu, "The next Pelé", che poche settimane fa ha firmato per i Tampa Bay Rowdies, squadra di seconda divisione nordamericana.

Dopo tre stagioni in MLS, nel dicembre del 2006 Dempsey lascia la patria per sbarcare in Inghilterra. Il Fulham offre per il cartellino 4 milioni di dollari: mai un giocatore proveniente dalla lega americana era stato pagato tanto. «Sapevo che per migliorare avevo bisogno di confrontarmi con giocatori migliori. Non mi accontento di essere un pesce grosso in un piccolo stagno, preferisco lottare nell'oceano». Al Craven Cottage ritrova i connazionali McBride e Bocanegra e, da avversari, altri compagni dell'USMNT. Alcuni di loro riuscivano a giocare con continuità, ma nessuno poteva davvero essere ritenuto una stella della Premier League. Anche negli altri grandi campionati europei, le cose andavano alla stessa maniera. Persino Landon Donovan, probabilmente il più grande di tutti, era passato dalla Germania senza lasciare la minima traccia.

Le prime istantanee di Dempsey a Londra non lasciano immaginare un destino troppo diverso. Inizialmente gioca poco: «Arrivato qui realizzi di non essere nessuno, devi ricominciare dall'inizio». Una situazione in cui anche Donovan si era ritrovato ai tempi di Leverkusen e Bayern, ma il modo di affrontarla è stato ben diverso, come implicitamente avrebbe ammesso anni dopo, tra autocritica e ammirazione per il collega, il miglior realizzatore di sempre dell'USMNT: «Sarebbe stato molto semplice, come io so, dire semplicemente: "Gosh! Me ne voglio andare!". Ma lui ha combattuto, si è allenato duramente e adesso non lo toglierebbero dalla squadra per niente al mondo. Semplicemente vuole farcela più di chiunque altro; anche in allenamento vuole vincere più di qualsiasi altro in campo».

L'unico gol della sua prima stagione è contro il Liverpool ed è quello decisivo per centrare la salvezza. Nelle cinque annate successive il suo peso nell'economia della squadra, il numero di reti realizzate e il suo status in Inghilterra crescono prima gradualmente, poi esponenzialmente.

Centrocampista d'attacco, esterno o seconda punta, Dempsey ha sempre trovato il modo di segnare alla sua maniera. Segue l'azione quasi disinteressato, poi si proietta in area con tempismo e anticipa i difensori, spesso di testa, grazie a un'ottima tecnica di salto. Ma ciò che lo caratterizza maggiormente è la capacità di rubare i gol: magari la palla non è nemmeno diretta a lui, ma è troppo lunga per chi è a centro area, oppure il difensore è in affanno o il portiere non blocca. Nei pressi del secondo palo lui c'è sempre.

Non solo opportunismo, come spiega Donovan: «Non c'è palla che non andrebbe a contendere, su cui non metterebbe la testa per cercare di fare gol. Molte reti le ha segnate per il solo fatto di essere stato più coraggioso di chi gli giocava contro». Più raramente trova la porta da fuori, pur potendo contare su un tiro potente e discrete abilità sui calci da fermo. Ma non solo.

Il Fulham aveva perso l'andata in casa della Juventus per 3-1. Questa è la rete del definitivo 4-1 del ritorno. Come diceva Bruce Arena, il suo primo c.t., «He tries shit».

Il pallonetto con cui porta il Fulham ai quarti di finale dell'Europa League del 2010 è uno dei momenti più alti della modesta storia dei "Cottagers". Riescono ad arrivare sino in finale, dove perdono contro l'Atlético Madrid di Forlán e Agüero. Per un bel po' di tempo, Dempsey non riuscirà a perdonare a Roy Hodgson di non averlo schierato sin dall'inizio.

La stagione 2011/2012, l'ultima al Fulham («la mia casa in Europa», in cui sarebbe tornato per un prestito bimestrale mentre era già dei Seattle Sounders) è quella della sua consacrazione tra i grandi della Premier League, a suon di record infranti e riconoscimenti personali: con 17 reti in campionato (23 in totale) arriva quarto nella classifica marcatori, quarto nelle votazioni della stampa come calciatore dell'anno e supera il precedente primato di gol realizzati in una singola stagione da un giocatore del Fulham, i cui tifosi gli conferiscono per la seconda volta consecutiva il titolo di "Player of the Season".

Il video si chiude con la rete decisiva per la vittoria sull'Italia in amichevole. Negli ultimi anni l'USMNT ha battuto anche la Spagna, l'Olanda e due volte la Germania.

Con l'intenzione di provare finalmente a giocare in Champions League, passa al Tottenham e sceglie di vestire una kalloniana maglia numero 2, già indossata all'università e con i Revolution. Gioca abbastanza, segna meno della stagione precedente, ma comunque in media col resto della sua esperienza inglese. Il posto in Champions League viene però soffiato dall'Arsenal per via della migliore differenza reti in seguito all'arrivo a pari punti. Ci sarebbero le condizioni per riprovarci l'anno successivo, anche se i rumor del trasferimento di Bale al Real Madrid si fanno sempre più insistenti. Ma a questo punto Dempsey realizza che le priorità della sua carriera, e della sua vita, sono cambiate.

Probabilmente non verrà mai dedicata a Clint Dempsey una puntata di programmi come Leggende della Premier League, ma non si può discutere che per un paio d'anni ne sia stato un protagonista assoluto. Con 57 reti è divenuto il miglior realizzatore americano di tutti i tempi nella massima divisione inglese, in cui solamente otto giocatori non europei hanno segnato più di lui.

(Interlude)

Dall'amata maglia numero 2 deriva il soprannome "Deuce" (deuce vuol dire totalizzare due con il lancio di due dadi). O meglio, più che di soprannome, bisognerebbe parlare di nome d'arte. Quando dismette gli scarpini (e non impugna la canna da pesca, altro suo passatempo), Dempsey porta avanti, per diletto e a intermittenza, una carriera da rapper. Una passione nata quasi per necessità: «La prima macchina che ho avuto non aveva la radio, così quando andavo a scuola facevo freestyle tutte le volte che guidavo. Mio fratello più piccolo era solito interrompermi: "Dannazione, stai zitto!". Quando andai al college ero il ragazzo nuovo e rappare era il rito d'iniziazione. Poi ho cominciato a scrivere rime sulle cose che imparavo nelle lezioni di filosofia».

In occasione della Coppa del Mondo del 2006 ha inciso per la Nike "Don't tread" insieme a Big Hawk, rapper di Houston relativamente famoso (prima che venisse ucciso, proprio lo stesso anno). Nel video compare Clint che si allena e fa il bulletto con gli amici, ma nel finale si reca sulla tomba della sorella per depositare un fiore (una scena inserita per espressa richiesta del calciatore).

«Il Gioco ha attecchito come le radici di un albero / Pensi che il calcio non sia uno sport? / Allora perché ho firmato con la Nike?».

Nel corso dei Mondiali 2014 è stato rilasciato It's Poppin (con XO, altro esponente della scena urban texana). Sembrava dovesse essere il singolo di lancio di un album chiamato The ReDUX, che però non ha ancora visto la luce.

Lupe Fiasco ha dato un generoso 7,5 all'abilità col microfono di Deuce, che in almeno la metà delle trasmissioni in cui viene invitato è costretto ad accontentare chi gli chiede «Can you spit a few bars for us?».

Seattle

«Si tratta di bilanciare quella pace che provi, ma anche di rimanere affamato e motivato per non guardarti indietro con rimpianti, capace di camminare a petto in fuori, sapendo di aver fatto il tuo». Pace. A 31 anni, quando ha rilasciato questa intervista, Dempsey, pur continuando a usare la sua retorica pregna di senso del dovere, ammette di provare pace.

Qualcosa è cambiato nella sua vita. Dopo sette stagioni in Inghilterra, è giunto il momento di tornare a casa: «Avevo bisogno di fare esperienze oltreoceano, ma sentivo di aver tirato fuori da esse quello che volevo. Ora sono tornato nella lega che mi ha fatto iniziare per contribuire alla sua crescita. Volevo farlo adesso che sono ancora nel mio prime, invece che limitarmi a occupare un posto appena prima del ritiro». La voglia di aiutare il Soccer a diventare più grande da un lato, motivazioni personali dall'altro: «Ho ricevuto un'offerta che non potevo rifiutare (con circa 6,5 milioni di dollari l'anno è l'ottavo giocatore più pagato dalla MLS, il numero uno al momento della firma del contratto) e ho l'opportunità di far crescere la mia famiglia qui in America. Ho tre bambini e volevo che avessero un'idea di come fosse stata la mia infanzia, fargli capire che cosa si fa in America».

Il CenturyLink Field di Seattle, lo stadio che si infiamma a ogni yard guadagnata da Russell Wilson e Marshawn Lynch, nelle domeniche in cui i Seahawks sono in trasferta (o in vacanza) esulta per un altro dynamic duo, quello composto da Dempsey e Oba Oba Martins. Nel nigeriano, Clint rivede forse il suo amico Victor, un compagno di giochi veloce con cui far impazzire gli avversari (qui c'è Martins che fa videobombing durante un'intervista a Dempsey).

«It's the combination that is irresistible!».

Nella città che a inizio anni '90 aveva fatto da culla al grunge, Dempsey gioca come una rockstar, riappropriandosi di quel gusto tutto americano per lo spettacolo che era stato costretto a smussare leggermente nel campionato della Regina. Con rabone, tunnel di tacco e giocate ibride (come questa combocuauhteminha+roulette+tacco), cerca di regalare ai tifosi un motivo in più per andare a vedere le partite dei Sounders. I più fortunati riescono anche a portarsi a casa la sua maglietta in cambio di un pugno di popcorn.

Un po' come il frontman di una rockband, anche lui ha recentemente messo in scena un gesto follemente autodistruttivo: dopo l'espulsione di un compagno nel derby contro i Portland Timbers, ha strappato il taccuino dalle mani dell'arbitro e l'ha fatto a pezzetti. Per questo motivo è Michael Bradley e non lui a vestire la fascia di capitano nella Gold Cup. Klinsmann ha così spiegato la decisione: «Penso che fosse importante togliergli pressione. È stato un momento drammatico per lui, è il suo primo cartellino rosso in carriera, a 32 anni è abbastanza sorprendente. Abbiamo bisogno che lui sia a bordo e di buon umore. E abbiamo bisogno che segni». Una strategia che pare abbia funzionato.

Per questo gesto è stato squalificato per due anni o sei partite (a seconda di quale sanzione si rivelerà più punitiva) dalla sola Open Cup, la coppa nazionale.

Outro

La rete più veloce della storia dell'USMNT. Curiosamente Dempsey deteneva anche i due record precedenti, stabiliti nel 2008 e nel 2012.

In seguito alla discussa esclusione di Donovan dalla Nazionale, è toccato a Dempsey guidare gli Stati Uniti nel Mondiale brasiliano. Dopo pochi secondi dall'inizio della prima partita del girone, contro il Ghana, nemesi storica della Nazionale a stelle e strisce (eliminata dalle "Black Stars" nelle due edizioni precedenti), ha già portato in vantaggio i suoi. Un saltello per evitare di controllare col sinistro e avanzare alla massima velocità col destro, una sterzata istantanea che lascia di sasso il difensore e la gamba sinistra che si trasforma in un putter per mandare la palla in buca. Nessun giocatore americano aveva segnato in tre edizioni della Coppa del Mondo. L'USMNT passerà il "girone della morte" composto anche da Germania e Portogallo, con buona pace dei profeti di sventura come l'ex-Padova Alexi Lalas.

Nel futuro di Dempsey con la Nazionale c'è la concreta possibilità di superare Donovan come miglior marcatore di ogni epoca e l'allettante prospettiva di partecipare, la prossima estate, alla Copa América "Centénario" che si terrà in casa e, nel 2018, ai Mondiali in Russia. Intanto, nella Gold Cup iniziata pochi giorni fa, ha segnato la prima tripletta di uno statunitense in Nazionale nel 6 a 0 complessivo rifilato a Cuba.

Dopo il suo primo gol il telecronista ha pronosticato “una lunga partita per la squadra cubana”. La tripletta ha seguito la doppietta segnata all’esordio nella competizione contro Honduras.

In un'amichevole contro la Turchia, che ha preceduto la spedizione brasiliana, sugli spalti della Red Bull Arena è stato srotolato un telo con la scritta "The new American Dream" e il disegno della Statua della Libertà che sorregge la Coppa del Mondo. Quando accadrà—perché accadrà—Dempsey non sarà più in campo, ma se il suo popolo adesso culla questo sogno, una parte del merito è certamente sua. «L'entusiasmo per questo gioco sta crescendo da una Coppa del Mondo alla successiva. È splendido vedere una fetta sempre più grande dell'America mainstream coinvolta, 30.000 persone che si recano al Soldier Field per guardare una partita davanti a un maxischermo, la gente che organizza party per l'occasione, il Presidente che ci telefona per augurarci buona fortuna. È passato tanto tempo da quando io crescevo e le persone mi chiedevano perché mai giocassi a calcio».

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura