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Squadre in provetta pt. 2
06 mar 2015
Il sistema delle franchigie invade il calcio. Nel progetto Etihad il Manchester City è solo un tassello di un sistema calcistico globale e totalmente integrato.
(articolo)
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Il progetto City

Quando gli investitori arabi dell’Abu Dhabi United Group comprarono il Manchester City nel 2008 forse nemmeno immaginavano che il loro progetto sarebbe diventato il più ambizioso del calcio mondiale in poco meno di sei anni. Probabilmente se decidi di inserire la parola “United” nel nome di un gruppo di persone che ha intenzione di comprare il Manchester City non conosci nemmeno le coordinate basilari per muoverti all’interno del mondo del calcio. Ed effettivamente i facoltosi sceicchi guidati dallo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan, membro della famiglia reale di Abu Dhabi, non è che ci abbiano messo granché di loro, a parte una montagna di soldi. Gran parte del merito del successo del progetto che gira intorno al City va ad una persona che invece di calcio ne capisce eccome: Ferran Soriano.

Catalano di ferro, vicepresidente e direttore generale del Barcellona dal 2003 al 2008, secondo molti Soriano è stato uno dei principali artefici dell’età dell’oro del Barça di Guardiola. Sotto il suo “regno” il Barcellona ha vinto due campionati, due Supercoppe di Spagna e una Champions League; ma, soprattutto, nei suoi cinque anni di gestione il club catalano ha iniziato a generare profitti, con le entrate che sono passate da 123 a 308 milioni di euro in sei anni. Una delle sue ultime scelte da dirigente del Barcellona, prima di dimettersi nell’estate del 2008, fu quella di scartare Mourinho e puntare su Guardiola, allora allenatore del Barcellona B, dopo la fine dell’era Rijkaard. Le sue idee, raccolte nel libro Goal: The Ball Doesn’t Go In By Chance (Goal: La Palla Non Entra Per Caso), quelle che hanno fatto diventare il Barcellona invincibile nella seconda metà degli anni 2000 e che oggi sono adottate da tutti i top club europei: l’aumento dei ricavi tramite l’espansione sui mercati emergenti, la centralità del marchio, l’importanza dello stadio di proprietà, la filosofia di gioco adottata dal club dalle giovanili alla prima squadra.

Con questo curriculum Soriano arriva al Manchester City nell’estate del 2012. Con lui il progetto legato ai "Citizens" sale di livello. Nello stesso anno viene creato il City Football Group, società figlia dell’Abu Dhabi United Group, che diventa proprietaria del City. Soriano viene messo a capo di questa società nella veste di amministratore delegato. Obiettivo del City Football Group è quello di espandere il marchio del City nei nuovi mercati emergenti: Stati Uniti, Australia, Asia. «La chiave di questa industria non è più se un tifoso si compra la maglietta del Milan o dell’Inter, quello è un piccolo mercato che non conta più nulla. La vera domanda è: che maglietta si compreranno in Cina?». Le idee di Soriano sono talmente lontane da qualunque romanticismo che fa un po’ impressione pensare che abbiano potuto produrre qualcosa di stupendo come il Barcellona di Guardiola. L’ennesima conferma che dai diamanti non nasce niente.

La conferenza di Soriano in cui spiega le linee guida del progetto City.

Le basi del progetto City

La novità con il City Football Group non è nella sostanza, ma nel metodo. Il City non conquista i mercati esteri solo con squadre satellite, accademie giovanili e strane amichevoli estive, come fanno tutte le altre squadre: lo fa, a partire dal 2012, con il sistema del franchise. Quello che fa il City Football Group è semplice come tutte le cose rivoluzionarie. Acquista o fonda un club (di solito in collaborazione con un altro gruppo sportivo a cui viene lasciato circa il 20% della proprietà), sostituisce i suoi colori sociali con lo sky blue, inserisce “City” nel suo nome e gli trasferisce l’architettura societaria del City (dirigenza, sponsor, e così via). È con queste modalità che nei primi mesi del 2013 il City Football Group fonda la seconda squadra di New York, il New York City Football Club, in collaborazione con i New York Yankees (la squadra di baseball). La maglietta è azzurra con la scritta “Etihad Airways” in blu scuro, proprio come quella del City. A guardarle si fatica a distinguerle. L’unica grande differenza è la sponsorizzazione tecnica: il New York City FC è griffato Adidas.

L’anno successivo il City Football Group acquista i Melbourne Heart, club calcistico australiano fondato nel 2009, questa volta coinvolgendo la proprietà dei Melbourne Storm (rugby). Non si può partire da zero come a New York e quindi viene cambiato nome (gli Hearts diventano Melbourne City) e colori sociali (si passa da biancorosso a biancoazzurro). La maglietta questa volta non può essere del tutto identica a quella del City a causa del ricorso presentato dal Sidney FC (l’ex squadra di Del Piero), che a sua volta presenta una casacca azzurra. In casa, quindi, i giocatori del Melbourne City si vestono di bianco con inserti azzurri, la stessa tenuta del Manchester City in trasferta. Sulla maglietta c’è il baffo della Nike e il logo di Etihad (Etihad e City Football Group sono di proprietà della stessa famiglia).

L’intenzione però non è semplicemente quella di aumentare la visibilità del marchio del Manchester City all’estero. L’obiettivo di lungo periodo è quello di creare un gruppo calcistico globale integrato di cui il Manchester City è solo un tassello. Il tassello più importante, sicuramente, ma solo un tassello. Lo spiega bene lo stesso Soriano quando dice di poter offrire ai propri giocatori “extensive carreers”: «A 18 anni un calciatore magari non può giocare per il Manchester City ma potrebbe giocare per il New York e forse a 32 anni andrà a Melbourne». Questo ipotetico giocatore futuro, pescato nelle giovanili del New York, fatto maturare a Manchester e svernare a Melbourne, avrà giocato di fatto per un’unica “squadra”: il City Football Group.

Dagli stessi discorsi di Soriano, però, si capisce che il gruppo non è affatto omogeneo e che una gerarchia tra le squadre esiste eccome. È visibile a tratti già oggi. David Villa, messo sotto contratto a giugno dell’anno scorso dal New York City, si è preparato per la MLS giocando la prima parte di stagione per il Melbourne City. I tifosi del Melbourne hanno accettato questa subalternità, lamentandosi però della poca chiarezza della società riguardo alla reale durata del contratto del campione spagnolo (che alla fine ha giocato solo quattro gare segnando due gol). La situazione è stata più complicata con Frank Lampard. L’ex bandiera del Chelsea è stata di fatto ingaggiata dal New York City, per poi essere girata al Manchester City quando Pellegrini si è accorto che poteva ancora tornare utile per un anno di Premier League (costringendo così la dirigenza del City Football Group a cambiare più volte versione ufficiale per ragioni legali). I tifosi del New York City si sono scagliati contro la società quando hanno scoperto che Lampard non avrebbe giocato la prima parte della MLS. "The Third Rail", il principale gruppo organizzato di tifosi, è arrivato a mettere il dito nella piaga dichiarando di «opporsi a priori» all’idea che il New York City possa essere in qualche modo secondario rispetto al Manchester City.

Un Frank Lampard raggiante alla presentazione come giocatore del New York City FC. Ancora non ha messo piede in campo.

Seguendo i dogmi di Soriano, le squadre del City Football Group non condividono solo i giocatori ma anche la filosofia di gioco. Soriano non ha imposto solamente che tutto il Manchester City (Academy, riserve, prima squadra, squadra femminile) giochi allo stesso modo, ma anche che tutto il City Football Group (Manchester City, New York City, Melbourne City) giochi allo stesso modo. Non parliamo chiaramente di moduli ma di ciò che Soriano chiama “valori”, cioè quel bagaglio tecnico-tattico che Guardiola ha forgiato a Barcellona: calcio offensivo, linea difensiva alta, pressing immediato per recuperare il pallone, possesso palla nella trequarti avversaria.

L’ambizione però non è solo calcistica, ma anche e soprattutto economica. L’obiettivo di abbandonare la tradizionale struttura societaria e creare un gruppo globale è quello di ridurre i costi tramite le cosiddette economie di scala, un po’ come fanno le grandi multinazionali in tutti gli altri settori industriali. Tutte le squadre che fanno parte del City Football Group non condividono solamente sponsor e struttura societaria (Soriano essendo amministratore delegato del gruppo è automaticamente amministratore delegato anche di Manchester City, New York City e Melbourne City) ma anche tutti i servizi tecnici che un club calcistico utilizza: scouting, accademie giovanili, marketing, servizi medici, e così via.

Per arrivare a questo livello di integrazione sono state create nuove società sussidiarie, come il City Football Services e il City Football Marketing, che non solo gestiscono questi servizi per tutti i club che fanno parte del City Football Group, ma si occupano anche di venderli a tutti gli altri club interessati.

Le opposizioni al progetto

L’evoluzione del City Football Group apre prospettive inquietanti (o eccitanti, a seconda dei punti di vista) sul futuro del calcio mondiale. Sta finendo l’era dei club nazionali legati ad una città? Un giorno non troppo lontano tiferemo per grandi squadre globali? Se si fruga nella storia del calcio ci si accorge che non sarebbe del tutto una novità. È noto che molti dei club che oggi tifiamo, soprattutto italiani, nacquero dalla fusione di più squadre minori che decisero di unirsi per competere sia calcisticamente che economicamente quando si passò dai piccoli tornei regionali ai grandi campionati nazionali. Forse si sta semplicemente procedendo in questa direzione, solo in scala più grande, con il passaggio dai campionati nazionali a quelli globali. Al momento la sola cosa certa è che qualunque sia l’approdo, il viaggio per arrivarci sarà comunque lungo e difficile. È la stessa storia recente di City Football Group a dircelo. L’ambizione globale del grande gruppo sportivo arabo si scontra infatti con gli ostacoli creati dalle inevitabili differenze nazionali.

La prima barriera viene posta in Giappone dove, per la prima volta, il City Football Group fa un investimento in minoranza. Nella primavera del 2014 acquista il 20% degli Yokohama Marinos dalla Nissan, proprietaria del club, senza poter quindi estendere il sistema del franchise alla squadra giapponese. La motivazione risiede nelle leggi nipponiche, che non permettono a investitori stranieri di possedere un club. Eppure tutto fa pensare si tratta di un ostacolo che verrà presto superato. Subito dopo l’investimento arabo nei Marinos, la Nissan ha firmato un contratto di sponsorizzazione con il City Football Group (diventando di conseguenza sponsor di Manchester City, New York City e Melbourne City). Nel frattempo i Marinos hanno già oggi il diritto di utilizzare i servizi offerti dal gruppo sportivo arabo (grazie ai quali hanno selezionato il loro nuovo allenatore, il francese Erick Mombaerts) mentre il City Football Group sta cercando di aprire una società sussidiaria in Giappone attraverso la quale acquistare il club nella sua totalità.

Anche gli Stati Uniti, dal canto loro, potrebbero presentare più di un problema. La ricetta vincente di Soriano si basa infatti su un circolo virtuoso abbastanza semplice: aumentare i profitti per comprare i giocatori migliori per vincere titoli per aumentare i profitti. Al contrario della Premier League, tuttavia, la Major League Soccer adotta il tanto agognato salary cap, ovvero un limite massimo sia agli stipendi dei singoli giocatori che al monte ingaggi complessivo. Le regole della MLS danno la possibilità di sforare il salary cap solo per due giocatori (con la possibilità di acquistare un terzo slot da un altro club). In poche parole, il New York City non potrà acquistare i giocatori e gli allenatori migliori sulla piazza, in attesa che arrivino i successi. Tanto per darvi un’idea, bisogna moltiplicare il salary cap della MLS per 100 per arrivare a sfiorare il monte ingaggi del City.

Un problema speculare, anche geograficamente, viene dal Financial Fair Play. Secondo alcuni, la complessa struttura societaria del City Football Group servirebbe in realtà a ridistribuire le perdite del Manchester City in modo da poter continuare a spendere senza incorrere nei controlli degli organi dell’UEFA. In altre parole, le transazioni tra i club e le società sussidiarie che compongono la galassia City Football Group servirebbero in realtà a generare profitti fittizi utili a compensare le perdite del Manchester City. L’organo guidato da Platini ha di fatto dato credito a questa teoria, mettendo sotto indagine i bilanci del gruppo sportivo arabo. Ha così gelato il Manchester City, che aveva appena annunciato di aver dimezzato le perdite per l’anno 2013-14 a “soli” 30 milioni di euro. D’altra parte, dalle stesse dichiarazioni di Soriano non si evince una smentita netta. «Al di là del Financial Fair Play non conosco club in Europa che non stia lavorando per essere sostenibile». Più che altro, si ha come l’impressione che Soriano sia d’accordo con l’UEFA, ma che guardi al Financial Fair Play un po’ come Steve Jobs guardava al Commodore 64. «In passato c’erano persone che volevano perdere soldi per le squadre di calcio, ma quei giorni sono finiti».

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