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Stipe Perica e l'archetipo del centravanti sgobbone
19 mag 2017
Ritratto dell'attaccante dell'Udinese erede di Federico Cossato e Sasa Bjelanovic.
(articolo)
11 min
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Stipe Perica, l’attaccante spilungone dell’Udinese, è nato nel 1995 a Zadar, città della Croazia adriatica che per molta gente del FVG è ancora la vecchia Zara. È l’attaccante di riserva dell’Udinese e in questa stagione non ha dato grandi motivi per far parlare di sé, finché non ha segnato 3 gol nelle ultime 6 partite, pur partendo spesso dalla panchina: in Serie A, solo Patrik Schick ne ha segnati di più entrando a partita in corso. Uno dei suoi ultimi gol, quello segnato in casa contro il Cagliari, è anche molto bello: sebbene viziato da una deviazione, restituisce una buona idea di potenza classica da numero 9.

Perica non rientra ancora nella categoria attaccanti "entusiasmanti". Ha segnato appena 6 gol ed è, fondamentalmente, una riserva dell’Udinese. Su ​Whoscored​ è uno dei pochi attaccanti di Serie A con più punti deboli che di forza. Eppure, a mettere insieme alcune cose che si trovano sparse per i suoi quattro anni di carriera, e tenendo in considerazione quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi, la sua è comunque una storia degna d’interesse. E poi il suo allenatore, Luigi Delneri, lo ha paragonato più volte a Federico Cossato: il centravanti di riserva del suo Chievo dei miracoli. Se non è una benedizione, poco ci manca.

Nel segno di Bjelanovic (!)

Qualche legame con l’Italia Stipe Perica molto probabilmente lo avrà avuto anche prima di trasferirsi a Udine, come suggerisce il suo cognome, o il cognome di suo cugino, ​Antonini Čulina, centrocampista del Lugano con cui Perica è cresciuto e ha iniziato il percorso nel calcio professionistico, partendo da strade e campetti sportivi di Zadar. Tutti e due, nonostante i tre anni di differenza, sono arrivati nella prima divisione croata più o meno nello stesso periodo, ma non insieme: Antonini al Rijeka mentre Stipe non si è dovuto muovere da Zadar.

E se anche non ci fosse legame con l’Italia dal punto di vista genealogico, almeno sul piano sentimentale Perica lo ha sicuramente avuto nella sua adolescenza. Perché se gli si chiedono i suoi giocatori croati preferiti lui fa due nomi: Dario Šimić da Zagabria — “grande uomo e grande giocatore” — e Saša Bjelanović, suo concittadino che ci riavvicina al contesto introdotto involontariamente da Delneri con Federico Cossato. Quello di una Serie A di provincia, così poco glamour da essere poco spendibile persino per le pagine Facebook che esaltano il “bomberismo” della provincia.

Bjelanović rientra nella categoria degli attaccanti croati alti, utili e poco prolifici che nel loro piccolo hanno caratterizzato il calcio europeo, e specialmente le squadre italiane, negli ultimi vent’anni. Saša Bjelanović, Igor Budan, Ivan Klasnic, Ante Rukavina, Nikica Jelavić: tutti divisi da qualche centimetro e una presenza fisica più o meno imponente, ma accomunati dalla loro utilità nel reparto offensivo nonostante raramente riescano a superare la doppia cifra nel corso di una stagione. Qualcuno di loro, quando a tutto questo si aggiungono qualità tecniche, una maggior rapidità e qualche gol in più, riesce anche a diventare protagonista nelle migliori squadre del continente, come è successo a tratti a Ivan Klasnic o ormai da anni a Mario Mandžukić, che però è un caso a parte.

Perica, a cui manca ancora qualche muscolo e un bel po’ di esperienza per essere inserito fra di loro, ha esordito a sedici anni sia nella prima divisione croata sia nella nazionale croata Under-21, fatto non così raro per una nazionale abituata a non fare caso all’età di chi convoca e che non conosce il “rischio di bruciare” i giocatori troppo giovani. Per essere un esordiente sedicenne Perica segna molto, perché al primo anno con lo Zadar —squadra che lottava per la salvezza — ha realizzato 8 gol in 20 presenze, quasi tutti di testa e da dentro l’area piccola. Aveva un fisico già più sviluppato rispetto ai suoi coetanei e questa piccola curiosa caratteristica, che si può notare ancora oggi: quando è in campo sgambetta e si muove costantemente, facendo dei piccoli saltelli fra un movimento e l’altro, specialmente quando commette un errore. Aiutato dalla sua statura e dall’agilità nel gioco aereo, Perica fa del colpo di testa la sua arma prediletta.

Di testa anche il suo primo gol con la Croazia ai Mondiali Under-20, a 17 anni.

“Uno​ sconosciuto adolescente croato con 20 presenze in prima squadra”

Tutto questo, dopo appena un anno e 20 partite di prima divisione croata, basta e avanza perché gli ottimi agganci che il Chelsea ha in Croazia, in special modo nelle città della costa adriatica, lo facciano diventare per due milioni e mezzo di euro il terzo croato acquistato dai londinesi in pochi anni, dopo la grande promessa mancata Matej Delač, portiere abituato da nove anni a fare la preparazione estiva con il Chelsea per poi andare in prestito ad agosto, e Mario Pašalić, quest’anno al Milan. Tutti e tre non hanno mai giocato una partita ufficiale con il Chelsea e fanno parte della sconfinata schiera di giovani che il club di Abramović manda in prestito ogni anno in giro per l’Europa. Qualcuno di loro un giorno tornerà, ma forse solo un paio, altri continueranno a essere girati in prestito. Altri ancora sono stati comprati con l’intento principale di guadagnare qualcosa dalla loro futura cessione, dopo la valorizzazione.

Perica rientra in almeno due di queste categorie. Nel 2013, appena pochi giorni dopo il suo passaggio al Chelsea — definito dai tifosi dei Blues come l’acquisto di “uno sconosciuto adolescente croato con venti presenze in prima squadra” — viene girato in prestito al NAC Breda, in Olanda, meta prediletta dei prestiti in partenza da Londra. A Breda Perica rimane un anno e mezzo e in 35 presenze realizza nove reti (tra cui questa, contro l'Ajax). Non molte, ma si dà un sacco da fare in campo e alcune reti le segna anticipandole con piccole giocate talmente belle e allo stesso tempo efficaci da far ricordare che, nonostante sia uno dei tanti, il Chelsea tende a scegliere bene.

Come sta facendo a Udine dal 2015, a Breda Perica non fa molti gol per essere un centravanti alto 1 metro e 92 centimetri, che gioca 35 partite in una stagione e mezza, spesso da titolare. Ma tutto quello che di buono fa in campo lascia presagire un possibile futuro da centravanti di ottimo livello, a patto di una mole massiccia di miglioramenti.

I suoi ultimi gol con la maglia del NAC Breda li segna all’Ajax, a settembre. Nei mesi successivi gioca poco, perché sconta una squalifica di tre giornate per un espulsione diretta e poi si ferma per un infortunio alla coscia. A gennaio del 2015 si presenta l’opportunità di spostarsi in Serie A con l’Udinese, ancora allenata da Andrea Stramaccioni, che in quel periodo ha appena iniziato la fase calante che porterà la squadra al sedicesimo posto finale. Il trasferimento all’Udinese viene comunque preso sia da Perica che dal Chelsea come una grossa opportunità di crescita.

I primi sei mesi in Italia servono soprattutto al suo ambientamento nella prima vera realtà competitiva con cui, a 19 anni, si trova a fare i conti. Gioca nove partite, mai da titolare, e a maggio segna alla Roma il suo unico gol alla sua prima stagione italiana. Poi in estate l’Udinese ingaggia Colantuono, anche se in Friuli già sanno che non sarà né l’inizio di un nuovo ciclo né una stagione tranquilla, perché come ha dichiarato pochi mesi fa Gino Pozzo, figlio del patron Giampaolo, “dove una volta arrivavamo prima di tutti oggi ci sono anche gli altri”.

Nei primi mesi a Udine, attorno a Perica si crea questo alone enigmatico che da un lato lo identifica come “un giocatore del Chelsea”, perché non sono molti i diciannovenni che vengono pagati due milioni e mezzo di euro da uno dei club più importanti d’Europa senza apparenti meriti sportivi. Dall’altro lato, in nove mesi gioca talmente poco che ci si inizia a chiedere perché “un giocatore del Chelsea” venga utilizzato così poco. Il pubblico di Udine però inizia ad apprezzare l’impegno che ci mette ogni volta che entra in campo, saltellando nervosamente quando sbaglia qualcosa. Citare l’impegno come uno dei maggiori pregi di un giocatore suona un po’ come non avere molto a cui aggrapparsi. Ma Perica non si infastidisce quando qualcosa non funziona, ed anzi sembra che sia perfettamente consapevole di poter fare molto di più, e reagisce agli errori come se fossero solamente frutto di una esecuzione non adeguata.

Idolo Perica

A Udine, Perica è diventato uno dei giocatori più apprezzati dal pubblico, principalmente per via del suo modo di vivere le partite così intenso, incitando al tifo gli spettatori e festeggiando i gol con i suoi tifosi. Al termine delle partite, pure se non gioca o entra in campo per pochi minuti, si ferma puntualmente in campo a lanciare maglie, felpe e pantaloni di tuta verso le tribune. Al termine di una partita della scorsa stagione pareggiata in casa contro la Lazio, Perica non giocò ed entrò in campo assieme a Silvan Widmer per fare alcuni allunghi. Una volta terminati, lanciò la propria felpa al pubblico e con un tentativo di levarla anche a Widmer, lo costrinse a fare altrettanto. Quando se ne andò a petto nudo, la curva del Friuli, che negli ultimi anni non ha regalato facilmente applausi e cori ai giocatori, soprattutto a quelli stranieri, lo accompagnò con un ”Perica! Perica! Perica!”, coro che continua a essere ripetuto ancora oggi, in situazioni simili.

«Dobbiamo avere pazienza sai, perché la pazienza a Udine è troppo importante». Poco dopo Duvan Zapata, mangiando una barretta energetica, dice: «Mi devo alimentare, no? Questo corpo ha bisogno di cibo».

Delneri potrebbe essere un allenatore fondamentale nella carriera di Perica. Da quando è stato chiamato dalla società dei Pozzo (completando il grande cerchio dell’orgoglio friulano 2016-2017: proprietà ancora locale, due giocatori e un allenatore friulani) Delneri lo ha sempre tenuto in considerazione e pur non potendo rinunciare a schierare Théréau, Zapata e De Paul, lo ha quasi sempre fatto entrare a partita in corso. Ad inizio stagione ha segnato il secondo gol nella vittoria per 2 a 0 contro l’Empoli, alla seconda giornata, e in quella successiva, contro il Milan a San Siro, è stato l’autore del gol vittoria, arrivato però grazie a una deviazione decisiva.

A metà stagione Delneri ha dichiarato: ​«Sto lavorando su Zapata e Perica assieme. È un modello di gioco che si può proporre. Ma bisogna avvolgerli, permettere loro di sfruttare al meglio le loro doti. Una potenza del genere ce l’hanno in pochi». Alla fine è successo in 5 occasioni: tutte partite in cui l’Udinese si trovava di fronte un avversario di maggior spessore, contro cui proporre un tandem di centravanti atleticamente formidabili e disposti al sacrificio. In gergo si possono definire “sgobboni”. Perica e Zapata hanno fatto coppia contro la Juventus, la Lazio, il Torino, la Fiorentina e l’Atalanta. Inoltre, negli ultimi due mesi, Delneri ha voluto sfruttare la sua condizione di forma per schierarlo anche in posizione difensiva, in sostegno al terzino sinistro.

Nei piani di Delneri l’Udinese dovrebbe giocare con Perica e Zapata in alcune partite per saltare dei centrocampi numerosi e particolarmente ostili sfruttando la loro struttura fisica. Una scelta tattica simile costruì parte delle fortune di Delneri con l’indimenticato Chievo Verona, quinto al suo debutto in Serie A nella stagione 2001/2002. Perica e Zapata costituiscono l’ultima versione della coppia d’attacco veronese formata da Bernardo Corradi e Federico Cossato, che in quella stagione segnarono diciannove gol insieme.

La stagione di Perica fin qui, sia con Iachini che con Delneri, è stata caratterizzata ancora da un utilizzo a partita in corso, complice il suo lavoro di ambientamento. Con Delneri sembra aver assimilato il modo in cui stare in campo e ha aumentato visibilmente la sua pericolosità sottoporta. Nelle ultime partite, insieme a Zapata, gli è stato affidato il compito di portare il pressing della squadra, tanto da uscire con i crampi a un quarto d’ora dalla fine nel pareggio contro l’Atalanta.

Ma il valore di Perica va oltre le sue qualità e i suoi margini di miglioramento. Per l’Udinese questi sono anni complicati, la natura del club friulana sta infatti cambiando. La società deve reinventare una strategia vincente, dato che i meccanismi del mercato e dello scouting internazionale sono cambiati, così come i mezzi del club, e vedere in futuro un’Udinese con talenti come Alexis Sanchez e Juan Cuadrado sarà molto difficile. Il nuovo corso dell’Udinese potrebbe ora sfruttare la sua posizione geografica, e potenziare la sua rete nell’est Europa. I giocatori croati, fra i meglio preparati della penisola balcanica, non sono più extracomunitari dal 2013, e infatti, se si dà un’occhiata alle file delle giovanili friulane, se ne trovano già diversi. Su tutti Dino Halilovic, fratello 19enne di Alen, arrivato nell’inverno del 2016 dalla Dinamo Zagabria. Un giovane su cui il club punta parecchio. Contro l’Atalanta, poi, ha finalmente esordito in prima squadra uno dei più grandi talenti nascosti che si possano trovare oggi in Serie A. Parliamo di Andrija Balic, coetaneo di Halilovic, regista arretrato che già alla sua prima presenza in Serie A si è fatto notare facendo quello che sa fare meglio: recuperando palloni per poi smistarli in avanti, con una personalità che ha impressionato.

I tifosi dell’Udinese, che negli anni sono stati abituati a vedere del gran calcio e alcuni dei migliori talenti al mondo, ora, in vista della prossima stagione, sembrano chiedere alla società di ripartire dai giovani più promettenti in rosa. Perica, Balic, Jankto, Fofana, Samir e De Paul. Tre di questi — Jankto, Samir e Fofana — hanno rinnovato da poco il loro contratto fino al 2021. C’è poi la questione dei portieri: avere Karnezis titolare è una garanzia, ma dietro ci sono i giovani friulani Simone Scuffet, Alex Meret e Simone Perisan.

Il club, intanto, ha già fatto sapere che in estate venderà il meno possibile, e ciò vuol dire che alcuni giocatori richiesti e di una certa età, come Cyril Théréau, potrebbero essere ceduti per fare spazio ai più giovani. A quel punto, Perica diventerebbe l’uomo di punta dell’attacco friulano, e staremo a vedere.

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