Stagione 2009-2010: Ciro Ferrara
La Juventus si presenta ai nastri di partenza del campionato di serie A esibendo con orgoglio i costosi acquisti di Felipe Melo (25 milioni) e Diego (24,5 milioni). Ad oggi i cartellini dei due brasiliani rimangono i più costosi tra quelli acquistati dopo la risalita dei bianconeri dalla serie B. Nei due anni precedenti la Juventus post serie cadetta, si è affidata a Claudio Ranieri e al suo 4-4-2 piuttosto scolastico, confidando nelle residue e a dire il vero ancora efficaci capacità del gruppo storico di calciatori: Camoranesi e Nedvěd esterni del centrocampo a 4 col compito di creare gioco, Del Piero e Trezeguet (o Amuari o Iaquinta) in attacco a finalizzare. Semplice e pienamente sufficiente per raggiungere due volte la zona Champions League in Italia e per compiere un dignitoso cammino in Europa, condito da perle quale la vittoria esterna contro il Real Madrid, col Bernabeu che tributa una standing ovation ad Alessandro Del Piero. Alla fine della stagione 2008-2009, Nedvěd si ritira, Ranieri è già stato esonerato a due giornate dal termine del campionato e i vecchi campioni cominciano a invecchiare. La dirigenza rilancia, conferma tutti gli eroi della serie B e innesta Felipe Melo e Diego. E qui c’è il primo incrocio tra la Juventus e l’allenatore Antonio Conte. Diego ha trascinato il Werder Brema alla finale di Coppa UEFA, persa poi contro lo Shakhtar Donetsk, col brasiliano in tribuna, squalificato. Il tecnico leccese sembra sul punto di diventare l’allenatore della Juventus. Nei colloqui preliminari con il DS Alessio Secco, Conte, che ha appena vinto il campionato di serie B con il Bari giocando un iperoffensivo 4-2-4, suggerisce di spendere 25 milioni per un esterno (Robben, Walcott i suoi preferiti) e di lasciare il brasiliano a Brema. La Juventus prende comunque Diego e allora Conte ipotizza di farlo giocare seconda punta in un 4-2-4/4-2-3-1. Alla fine l’allenatore sarà Ciro Ferrara che imposta un 4-3-1-2 con Melo vertice basso e Diego vertice alto del rombo di centrocampo. Nonostante un inizio davvero promettente (vittoria esterna contro la Roma di Spalletti con doppietta di Diego e gol di Felipe Melo) la Juventus presto crolla sotto il peso dell’inadeguatezza tattica e complessiva di Ferrara: il rombo funziona bene quando a giocarlo sono il reietto Poulsen da mediano, che riesce ad equilibrare la squadra, l’ancora più disprezzato portoghese Tiago da mezzala, capace di offrire sempre linee di passaggio ai compagni e due sgobboni come Iaquinta e Amauri in attacco ad aprire il campo. E invece il rombo viene giocato con Felipe Melo al posto del danese e Sissoko al posto del portoghese, riducendo in maniera drastica il Q.I. della squadra all’interno di un sistema di gioco che prevede interpretazioni non banali. È un disastro. Fuori dalla Champions League prendendo quattro gol in casa dal Bayern Monaco, fuori dall’Europa League prendendo quattro gol dal Fulham quando già Zaccheroni è subentrato all’esonerato Ferrara e settimo posto in campionato.
La Juventus di Ciro Ferrara.
Stagione 2010-2011: il fallimento di Delneri
Cambia tutto: Andrea Agnelli prende la Presidenza della Società, dalla Sampdoria del quarto posto in campionato arrivano Marotta e Paratici e il mister Delneri, nel frattempo passato dal coraggiosissimo 4-4-2 del Chievo dei miracoli a un 4-4-2 schierato 20 metri dietro e che subisce pochissimi gol. I brasiliani? Marotta riesce a piazzare Diego al Wolfsburg per 15,5 milioni di euro; Felipe Melo sembra trovare la sua dimensione giocando al fianco di Aquilani nel centrocampo a 4 di Del Neri. La Juve chiude l’anno solare a 5 punti dal Milan capolista e gioca un buon calcio. Al ritorno dalle vacanze natalizie la Juventus affronta in casa il Parma: al sesto minuto Quagliarella, il migliore attaccante della rosa fino a quel momento, si rompe il crociato e al diciassettesimo Felipe Melo ricorda di essere Felipe Melo e si fa espellere. La Juve perde 4-1 (doppietta di Giovinco e gol di Palladino…) e da quella partita precipita al settimo posto finale a 24 punti dal Milan campione d’Italia. Fuori dall’Europa. Un altro disastro.
Il 4-4-2 di Del Neri.
Stagione 2011-2012: la svolta Conte
Si ricomincia di nuovo. E stavolta è l’ora di Antonio Conte. Il tecnico salentino batte la concorrenza di Mazzarri e del costosissimo Villas Boas che reduce da una trionfale stagione col Porto approda al Chelsea. Conte ha appena vinto nuovamente il campionato di serie B con il Siena. L’anno prima aveva avuto la sua prima e fino ad allora unica esperienza in serie A prendendo in corsa la panchina dell’Atalanta, da cui era sceso dimettendosi per screzi col capitano Cristiano Doni, dopo 13 partite e 13 punti. Tutto sommato un allenatore con pochissima esperienza ad alti livelli.
Il fondamentalista del 4-2-4?
Oltre alla sua patente di “juventino” Antonio Conte arriva con la fama di talebano del 4-2-4: sia il Bari che il Siena sono stati messi in campo con questo modulo molto spregiudicato.
Il calcio messo in mostra fino ad allora da Antonio Conte è un calcio estremamente organizzato, con principi piuttosto chiari e riconoscibili. Abbastanza peculiari sono la fase offensiva e la fase di transizione difensiva.
La fase di possesso palla coinvolge con giocate a uno-due tocchi tutti i giocatori (compresi il portiere) e mira ad ampliare lo spazio utile alle giocate e quello che gli avversari sono costretti a difendere, allungando e allargando la squadra rivale tenendo alti e profondi gli esterni offensivi e “invitando” il pressing contrario con un’insistita circolazione palla tra i difensori anche in zona molto arretrata.
Innescati, i quattro giocatori offensivi (i due esterni e le due punte) giocano con estrema velocità, con particolare ricchezza di movimenti, netti, precisi, coordinati nello spazio e sincroni nel tempo. Le giocate tra i quattro rappresentano la soluzione privilegiata per la ricerca del gol. In definitiva, fasi di paziente circolazione del pallone seguite da improvvise accelerazioni con combinazioni frenetiche tra i quattro d’attacco, possibili grazie a un’assoluta precisione dei tempi e degli spazi dei movimenti, frutto di tutto il lavoro in allenamento.
Direttamente collegata alla posizione in campo degli esterni in fase offensiva è l’interpretazione data dal 4-2-4 di Conte alla fase di transizione difensiva, orientata al recupero precoce e in posizione più alta possibile del pallone. A supporto di tale interpretazione, grande attenzione è data dai difensori alle marcature preventive sugli attaccanti, effettuate anche in zone di campo molto avanzate e necessarie per togliere ogni possibile riferimento al possessore del pallone, attaccato immediatamente da attaccanti e centrocampisti.
Insieme ad Antonio Conte arrivano alla Juventus dal campionato italiano Stephan Lichtsteiner pagato circa 11 milioni dalla Lazio, Andrea Pirlo a parametro zero dal Milan, Emanuele Giaccherini per circa 7 milioni dal Cesena e Mirko Vučinić per circa 15 milioni dalla Roma. Dall’estero arrivano il cileno Arturo Vidal, 11 milioni circa dal Bayer Leverkusen e, alla fine della sessione di calcio mercato, l’ex grande promessa, già allora un po’ sfiatata, Eljero Elia dall’Amburgo, l’esterno offensivo tanto atteso. A metà della precedente stagione erano arrivati a Torino, Andrea Barzagli, per un pacco di noccioline dal Wolfsburg e il ben più costoso Alessandro Matri. Via Melo, fuori rosa Amauri, nulla rimane della gestione Secco-Blanc-Cobolli Gigli.
Ecco una combinazione offensiva del Siena di Conte: l’esterno (Reginaldo) innesca uno scambio stretto tra le punte (Calaiò e Caputo) che giocano vicine e riaprono il gioco per l’esterno dal lato opposto (Brienza).
11.09.2011: dal 4-2-4 al 4-3-3
La prima partita di campionato della nuova Juventus si gioca nel nuovo Juventus Stadium, proprio contro il Parma che aveva ufficialmente aperto l’irreversibile crisi della Juve di Delneri. I bianconeri annichiliscono gli emiliani: la partita finisce 4-1, la Juventus ottiene il 65% di possesso palla, effettua 668 passaggi (un’enormità) e concede l’unico tiro in porta al Parma al 90° minuto su rigore.
Come gioca la Juve? Gioca come hanno sempre giocato le squadre di Conte. Il primo 4-2-4 messo in campo vede Bonucci in panchina (al centro della difesa giocano Barzagli e Chiellini), Pirlo e Marchisio in mezzo al campo e sugli esterni, alla presunta coppia titolare, Krasić-Elia, è preferita quella italiana composta da Pepe e Giaccherini.
Al minuto 68 della partita succede qualcosa. Entra in campo Arturo Vidal al posto di Alessandro Del Piero e con un centrocampista in più e un attaccante in meno la Juventus si schiera col 4-3-3. Dopo 5 minuti Vidal ha già segnato e in soli 23 minuti di gioco tocca 34 palloni, mettendo in mostra una discreta voglia di giocare e farsi apprezzare. Antonio Conte afferma che non «conosceva bene» Arturo Vidal quando la Juve lo ha comprato. Conoscendo il mister salentino, si può con relativa sicurezza affermare che non conoscere bene un calciatore equivalga a non conoscerlo per nulla. Nel precampionato vediamo infatti il cileno impiegato come esterno di centrocampo o seconda punta. Presto ci si accorge di avere tra le mani un giocatore eccezionale: il più forte giocatore al mondo nella pressione ai portatori di palla avversari e, insieme a questo, un centrocampista capace di sfornare assist come un rifinitore e di essere freddo sottoporta come il più scafato dei bomber. I numeri di questi anni della Juve aiutano a comprendere che razza di alieno sia Arturo Vidal. Nei primi due anni alla Juventus si classifica al primo e al secondo posto per numero di tackle per partita nel campionato italiano. Giocando peraltro in una squadra che ha quasi sempre la palla tra i piedi. Al contempo è il giocatore che nell’era Conte ha fatto più gol nella Juventus e nella passata stagione ha fatto più assist di Andrea Pirlo. In pratica due giocatori in uno. E ogni tanto spunta fuori anche un terzo calciatore di nome Vidal, come quando fuori casa contro il Genoa gioca una partita perfetta da difensore centrale. Insomma, conosciuto Vidal, è chiaro che non può stare fuori. Entra a partita in corso durante la seconda e la terza di campionato. Alla quarta, a Catania, l’allenatore ha già messo il cileno e Marchisio ai fianchi di Pirlo ed è 4-3-3. Conte ha deciso che devono giocare i migliori: perché rinunciare a uno tra Vidal e Marchisio per fare giocare Krasić, Elia o Giaccherini? Si adatta lo schema ai giocatori più forti: banale forse, ma non tutti si aspettavano da Antonio Conte un così precoce abbandono dello schieramento che lo aveva portato in alto. Forse il tecnico salentino è qualcosa in più di un “talebano” del 4-2-4.
Movimenti offensivi. Qui e qui ci sono altri esempi.
02.10.2011: il 4-3-3 al suo meglio.
Quinta giornata di campionato, la Juventus affronta in casa i campioni d’Italia del Milan. È il trionfo del 4-3-3 di Antonio Conte. La Juve vince 2-0 con due gol nel finale di Claudio Marchisio e il Milan preso a pallate per l’intero match. 20 tiri a 4 per la Juventus, 65% di possesso palla nel secondo tempo (56 % nell’intera partita). E l’impressione che sia nato qualcosa. I principi su cui si basa il 4-3-3 di Conte sono analoghi a quelli visti all’opera nel suo 4-2-4. Elemento chiave dell’efficacia della squadra di Conte è ancora la transizione difensiva, che, avvalendosi di un “naturale” migliore scaglionamento in campo del 4-3-3 durante la fase di possesso palla, diventa ancora più capace di far riguadagnare presto e in posizione offensiva il pallone alla squadra bianconera. Le ragioni dell’elevato numero di passaggi effettuati, del predominio territoriale e della percentuale di possesso palla del 4-3-3 della Juventus vanno ricercate più nella qualità della feroce transizione difensiva, che aumenta “i possessi” della squadra bianconera, che nella ricerca, nella fase offensiva, del possesso palla.
Un esempio dell'efficacia del pressing juventino. Qui ce n'è un altro.
La Juventus gioca un calcio brillantissimo, fatto di spazi creati dal movimento senza palla e attaccati nei tempi corretti. Alle classiche soluzioni del 4-3-3 (sfruttamento delle catene laterali terzino, mezzala, punta, tagli interni degli esterni) vengono aggiunte soluzioni meno comuni che sfruttano le caratteristiche proprie dei calciatori in campo. Nella partita col Milan il centravanti è Mirko Vucinić. Gli esterni Krasić (sì, c’era anche lui…) e Pepe giocano tracce esterne, dilatano gli spazi della difesa e vengono sfruttate le caratteristiche di regista avanzato del montenegrino per innescare gli inserimenti interni delle mezzali. La versione più comune del tridente offensivo vede però Matri centravanti, Vucinić a sinistra e Pepe a destra. I movimenti dei due esterni sono diversi. A sinistra, partendo da posizione larga e alta, Vucinić taglia, quasi arretrando, verso l’interno del campo. Ricevendo palla internamente con questo movimento sopra il centravanti, il montenegrino è in grado di giocare alle spalle del centrocampo avversario e di innescare i movimenti conseguenti delle altre due punte e delle mezzali. Matri, che in prima opzione viene incontro al portatore di palla, qualora Vucinić riesca a porsi fronte alla porta avversaria, si apre in profondità a sinistra mentre Pepe e Vidal attaccano lo spazio a destra. Dal lato opposto del campo, Pepe gioca tracce interne profonde, molto tipiche degli attaccanti del 4-3-3.
La Juventus del primo 4-3-3, da centrocampo in su.
La Juventus sembra quasi non giocare fasi di possesso palla: se anche la transizione difensiva non riesce a riconquistare in fretta il pallone, la pressione sul possesso palla avversario è feroce. Ad esempio, tipico contro le difese a 4 è aggredire il giro palla tra i difensori avversari alzando Vidal su uno dei centrali avversari pareggiando così il numero di giocatori. Presto la precisione dei movimenti senza palla e la capacità di creare spazi e linee di passaggio utili diviene così elevata che la Juventus è capace anche di rallentare quando è in fase di possesso palla senza perdere assolutamente in efficacia (il calcio non è mai questione di velocità pura, ma di sincronia), accelerando decisamente solo nelle fasi di transizione difensiva.
Gli inserimenti di Marchisio.
Sembra la quadratura del cerchio: Pirlo è “protetto” ai fianchi da due mezzali, si sfruttano al massimo le caratteristiche di Vidal e Marchisio, centrocampisti box to box che hanno nell’inserimento in attacco e nella pressione portata in avanti sugli avversari le loro migliori doti, gioca solo Pepe tra i tanti esterni da 4-2-4 in rosa (Elia, Krasić, Estigarribia e Giaccherini presto convertito in mezzala per sfruttare la sua estrema dinamicità) consentendo in tal modo di tenere alta la qualità della squadra.
29.11.2011: la nascita del 3-5-2
È un martedì e la Juventus gioca a Napoli il recupero della partita non giocata per pioggia circa 20 giorni prima. È indisponibile Marchisio e dalla lettura della formazione, che vede l’uruguaiano Estigarribia al posto del numero 8 bianconero, sembra che Pepe sia destinato a ricoprire il ruolo di mezzala. Dopo 2 o 3 minuti di visione del match, non si riesce con precisione a disegnare il 4-3-3 della Juventus. Perché in realtà Conte ha schierato la squadra con un inaspettato 3-5-2: Barzagli, Bonucci e Chiellini dietro, Lichtsteiner e Estigarribia sugli esterni, Vucinić e Matri in attacco. La sorpresa è ancora maggiore rispetto al passaggio al 4-3-3, visto peraltro sporadicamente anche alla guida del Siena, considerato che Conte addirittura abbandona la difesa a 4. Il primo esperimento di 3-5-2 nasce dalla volontà di adattamento del proprio schieramento alle caratteristiche dell’avversario. Il Napoli di Mazzarri gioca un 3-4-3 che in fase offensiva sfrutta tutta l’ampiezza del campo, alzando gli esterni Maggio e Zuniga al livello degli attaccanti. Proprio grazie a questa caratteristica, uno dei punti forti dei partenopei in fase offensiva è lo sfruttamento del lato debole, sempre ottimamente presidiato da uno dei due esterni. Conte ritiene che contro il tridente Hamšík, Pandev, Lavezzi i due terzini del 4-3-3 debbano stare vicini ai centrali e che in tale maniera l’ampiezza del gioco offensivo del Napoli non possa essere contrastata dai ripiegamenti degli esterni. Il tecnico aumenta pertanto la densità difensiva in zona centrale schierando 3 giocatori in mezzo e presidia le fasce con i due esterni. Sembra una soluzione estemporanea e dettata da esigenze contingenti. Soluzione che mostra ancora una volta un Antonio Conte estremamente sorprendente e che varia il proprio schieramento tattico per meglio contrastare un avversario.
Portato via un pareggio 3-3 da Napoli si torna al 4-3-3. Ma il 24 gennaio 2012, in Coppa Italia, la Juventus, che affronta la Roma di Luis Enrique, si ripresenta col 3-5-2. Anche se l’interpretazione del calcio del tecnico asturiano è molto diversa da quella di Mazzarri, le sfide tattiche proposte alla Juve dalla Roma, sono simili a quelle offerte dal Napoli. Nel 4-3-3 di Luis Enirque il set di movimenti ad inizio azione al fine di consolidare il proprio possesso palla e organizzare la squadra per la manovra offensiva, prevede l’avanzamento dei due terzini e l’arretramento del mediano sulla linea dei due difensori centrali, che creano spazio allargandosi, a formare una linea a tre dietro e una sorta di 3-4-3 in fase di possesso palla. Il problema di contrastare tre punte e due giocatori molto larghi viene ancora una volta risolto da Conte schierando tre difensori più due esterni. Ma nella partita successiva di campionato il 3-5-2 viene riproposto anche contro il 3-5-1-1 dell’Udinese. Da quel momento Antonio Conte alterna il 3-5-2 col 4-3-3 (con un’incursione di un inedito 4-4-2 contro il Chievo in casa con Padoin e Giaccherini sugli esterni) fino alla partita di ritorno contro il Napoli, giocata ancora una volta col nuovo modulo. Da quella partita in poi fino alla fine del campionato è 3-5-2 fatta eccezione che contro la Lazio in casa. Nelle 8 partite di fine campionato giocate con la difesa a tre la Juventus vince 7 volte, pareggiando solo in casa nella incredibile partita con il Lecce che vede l’errore di Buffon che regala la palla del pareggio a Bertolacci. La Juve segna 20 gol e ne subisce solo 2: quello già ricordato di Bertolacci e durante i festeggiamenti per lo scudetto vinto e l’addio di Del Piero all’ultima giornata contro l’Atalanta. Un bunker decisivo nella volata finale per la vittoria del titolo.
Il 3-5-2 di Conte in versione 2011-2012.
Stagione 2012-2013: il consolidamento del 3-5-2
Tutta l’intera stagione successiva viene giocata col 3-5-2, con Asamoah inventato esterno sinistro di centrocampo. La Juventus domina il campionato ed esce ai quarti di Champions League col Bayern Monaco.
Ma cosa è il 3-5-2 di Antonio Conte? A prima vista molte delle soluzioni adottate appaiono una sintesi tra il 4-2-4 e il 4-3-3 che lo hanno preceduto. Dal 4-2-4 vengono mutuati i movimenti delle punte e la filosofia di innesco delle azioni offensive. I due attaccanti giocano vicini tra di loro e la manovra offensiva vera e propria viene innescata, dopo le fasi preparatorie, da un passaggio verticale sulla punta che viene incontro al portatore di palla. A seguito di questo primo passaggio possono nascere combinazioni strette e rapide tra i due attaccanti. Anche nel 3-5-2 le fasi preparatorie dell’azione sono appannaggio di quattro giocatori: in questo caso del rombo costituito dai tre difensori più Pirlo; dei quattro difensori in linea nel caso del 4-2-4. Ancora, dal 4-2-4 sembra derivare la posizione profonda (al livello degli attaccanti) e larga degli esterni del 3-5-2 in fase di possesso palla, finalizzata ad allargare la difesa avversaria. Dal 4-3-3 derivano gli inserimenti profondi degli interni in fase di possesso palla. I principi generali del gioco rimangono immutati: transizioni difensive votate alla riconquista rapida del pallone e soluzioni offensive manovrate con creazione e sfruttamento degli spazi. Dal punto di vista degli uomini messi in campo il 3-5-2 appare disegnato sulle caratteristiche dei difensori della Juventus. Barzagli e Chiellini vengono esaltati nelle loro doti di anticipo e marcatura, protetti da Bonucci che gioca un ruolo di copertura congeniale alle proprie capacità tattiche. Inoltre, in fase di possesso palla, giocando da vertice basso del rombo, le ottime capacità di lettura del gioco e la buona tecnica individuale rendono fondamentale Bonucci nella preparazione delle fasi offensive della Juve. Sugli esterni le doti aerobiche di Lichtsteiner e Asamoah consentono agli esterni di coprire tutta la fascia come il sistema richiede.
Juventus-Roma 4-1.
Aprile 2013: i limiti in Europa
La Juventus gioca i quarti di finale contro il Bayern Monaco. Finisce 2-0 in Germania con due errori di Buffon e 2-0 a Torino, con la partita ancora aperta fino al 64° minuto, quando Mandžukić realizza il gol dell’1-0 per i bavaresi. A Monaco la Juve, tranne che nel primo quarto d’ora, subisce il gioco della squadra di Heynckes. I quattro giocatori offensivi del 4-2-3-1 del Bayern pressano altissimi il rombo Bonucci-Barzagli-Pirlo-Chiellini. Anche nel resto del campo i bavaresi giocano uomo contro uomo: i terzini Alaba e Lahm escono forte rispettivamente su Lichtsteiner e Peluso; Luiz Gustavo e Schweinsteiger giocano praticamente a uomo contro Marchisio e Vidal e i due difensori centrali accettano il due contro due con le due punte bianconere. Le classiche uscite del pallone dalla linea difensiva del 3-5-2 della Juve prevedono generalmente tre opzioni che coinvolgono passaggi verso Pirlo, gli esterni o l’attaccante che viene incontro. Il pressing offensivo del Bayern esclude il passaggio verso Pirlo dalle soluzioni possibili; le opzioni rimaste sono il passaggio verso l’esterno o la punta. Morale della favola, i bavaresi costringono la Juventus a uscire con il pallone dalla propria linea verso uno dei quattro giocatori meno qualitativi tra centrocampo e attacco: uno dei due esterni o una delle due punte, escludendo dal gioco l’enormemente più qualitativo trio di centrocampo bianconero. Sia Lichtsteiner-Peluso sia Matri-Quagliarella hanno la possibilità di giocare uno contro uno con i loro avversari. Ma gli esterni non riescono mai a giocare un pallone con pulizia tecnica o, ancora meglio, a creare superiorità numerica saltando il proprio uomo e le punte non riescono mai a controllare un pallone e a fare salire la squadra. Impossibilitata ad organizzarsi in fase offensiva, la transizione difensiva risulta inefficace e contro le linee a 5 e a 3 in fase difensiva i palleggiatori del Bayern hanno vita relativamente facile. A Torino Antonio Conte prova a correggere il tiro: gioca la versione “aggressiva” del 3-5-2 alzando la posizione in fase di pressing degli esterni (stavolta Padoin e Asamoah) che escono sui terzini del Bayern. Così facendo le due mezzali (Pogba e Marchisio) giocano più interni e sono più disponibili a contrastare il palleggio dei centrocampisti tedeschi; sugli esterni Ribéry e Robben escono spesso in posizione piuttosto aperta Barzagli e Chiellini. La strategia paga abbastanza, anche se la Juve perde la partita e viene eliminata.
La (troppo) prolungata fase difensiva della Juve contro il Bayern.
Cosa emerge dallo scontro con il Bayern (oltre al fatto che i bavaresi siano oggettivamente più forte della Juve)? In patria il 3-5-2 funziona benissimo, con la complicità involontaria di gran parte degli allenatori del campionato. Alzando il livello della competizione e senza il timore reverenziale che accompagna la Juventus in Italia, il 3-5-2 sembra mostrare qualche limite. Il problema risiede essenzialmente nell’efficacia della transizione difensiva, chiave di tutti i successi della squadra di Conte. L’idea è che la Juve appena perso il pallone non indietreggi, ma con estrema aggressività, marchi stretto i riferimenti avanzati avversari e chiuda così ogni possibile linea di passaggio sullo stretto. Affinché tale interpretazione della fase di transizione difensiva sia efficace è in genere necessario che:
la squadra, al momento in cui perde la palla, sia “ordinata” e possibilmente in superiorità numerica in zona palla;
la palla sia persa più avanti possibile all’interno del campo da gioco;
riconquistato il pallone, la squadra avversaria abbia pochi riferimenti offensivi, su cui appoggiarsi velocemente per superare l’aggressiva transizione difensiva della Juventus.
Appare evidente come il successo della transizione difensiva dipenda in gran parte da come viene condotta la fase offensiva. In particolare è necessario che, riconquistato il pallone, la Juve “consolidi” il suo possesso palla e orienti le prime fasi della manovra al “riordino” della squadra in campo e all’avanzamento in blocco di tutta la squadra. Resistendo talvolta alla tentazione di ribaltare velocemente il fronte del gioco, la Juventus deve fare circolare palla con l’obiettivo primario di guadagnare campo e di compattarsi. La finalità è quella di costringere la squadra avversaria ad abbassarsi e a schiacciarsi nella propria metà campo e giocare con i giocatori nella metà campo avversaria (per soddisfare i punti 2 e 3 necessari all’efficacia della transizione difensiva) e di avere il tempo di ordinarsi e ricercare, in fase di possesso, soluzioni combinate tra i giocatori che consentano di perdere “bene” il pallone (punto 1).
Tutto questo la Juve lo fa molto bene col 4-3-3 della stagione 2011-2012 e col 3-5-2 della medesima stagione. Meno bene nella stagione successiva e contro squadre che, pressando alte, rendono difficoltoso il consolidamento del possesso palla. L’edizione 2012-2013 del 3-5-2 radicalizza la ricerca, anche nelle fasi iniziali della manovra, della giocata in verticale verso una delle due punte. Una giocata del genere, effettuata nei momenti a ridosso della riconquista della palla, espone la Juventus, in caso di perdita del possesso del pallone, ai problemi derivanti dal non soddisfacimento dei punti 1, 2 e 3 per la gestione efficace della transizione difensiva: la squadra non ha il tempo di ordinarsi, si allunga ed è mediamente lontana dal pallone, si perde la palla in zona troppo arretrata, con la squadra avversaria che ha ancora tanti uomini sopra la linea del pallone pronti a fungere da appoggio della manovra. Inoltre, anche dopo il consolidamento del possesso palla, la soluzione verticale verso le punte che combinano tra loro, è una combinazione che, non coinvolgendo in genere in maniera dinamica un “terzo” o addirittura un “quarto” uomo non consente di perdere “bene” la palla, con superiorità numerica nella zona del pallone.
È inoltre chiaro come il rendimento delle punte in questa particolare fase di gioco risulti decisivo per l’efficacia globale della manovra. Escluso Vucinić, che risulta per questo motivo praticamente insostituibile, la Juventus 2012-2013 non ha “certezze” nella gestione del pallone nelle giocate verticali verso gli attaccanti. Per motivi diversi Giovinco, Matri e Quagliarella hanno una percentuale troppo elevata di palloni persi quando chiamati in causa spalle alla porta.
Come si contrasta il gioco della Juve?
In Italia diviene pratica comune affrontare “a specchio” la Juventus, optando per un 3-5-1-1 schierato interamente nella propria metà campo, che marca a uomo Pirlo e garantisce superiorità numerica al centro della difesa contro i due attaccanti. La rinuncia sistematica degli avversari della Juventus a soluzioni diverse e più aggressive consentono quasi senza sforzo alcuno ai bianconeri di soddisfare i punti 2) e 3) sopracitati per la transizione difensiva, che diviene automaticamente tremendamente efficace.
La Juventus può invece trovare qualche difficoltà contro avversari che la pressano alta, che la costringono a giocare il pallone velocemente verso le punte e quindi non le permettono di ordinarsi e salire compatta in fase di possesso palla. In tale maniera la transizione difensiva perde buona parte della propria capacità di recuperare precocemente il pallone e impone alla Juventus di giocare fasi di gioco puramente difensive. In tali fasi, generalmente, la Juventus si schiera con una linea profonda di 5 difensori e una linea di 3 centrocampisti col supporto (non in ogni occasione) di una punta che agisce in fase difensiva sul centrocampista basso avversario. La linea più avanzata (composta dai tre centrocampisti) copre essenzialmente tutta l’ampiezza del campo di gioco. Sarebbe possibile che sul lato forte le palle esterne siano di competenza dell’esterno di centrocampo, ma la Juventus non attua questa soluzione con continuità (scelta con più frequenza nella stagione 2011-2012 e, ad esempio, nel ritorno della gara con il Bayern), peraltro non semplice e “intuitiva”, richiedendo un sistema di scalate che arrivano a coinvolgere l’esterno dal lato opposto. Inevitabilmente, vista l’elevata porzione di campo da coprire, è difficile per i tre centrocampisti essere aggressivi e recuperare palla. Il recupero palla è maggiormente appannaggio della più folta e arretrata linea a 5. E sebbene tale linea si dimostri estremamente efficiente e i tiri in porta subiti davvero pochi, la posizione media del recupero del pallone inevitabilmente si abbassa e il dominio territoriale e nel possesso palla è inferiore.
In aggiunta, squadre con un gioco offensivo orientato al palleggio e al possesso palla sono contrastate con qualche difficoltà durante le fasi puramente difensive, sempre a causa della bassa densità di uomini in zona mediana rispetto all’eccesso nella linea difensiva. Oltre alla partita di Monaco, esemplare delle difficoltà del 3-5-2 della Juventus è il match casalingo di Champions League contro la Shakhtar Donetsk, con la Juve dominata nel possesso palla e nel controllo del ritmo del gioco dai manovrieri ed aggressivi giocatori di Lucescu.
Il 3-5-2 in fase difensiva, con la linea di 5 uomini più i 3 in mediana.
Stagione 2013/2014: il ritorno al 4-3-3?
Dopo due pareggi consecutivi contro Copenaghen e Galatasaray, la Juve, reduce da quattro gol presi in un quarto d’ora a Firenze, vola a Madrid per incontrare il Real nel terzo turno del girone di Champions League. E dopo un anno e mezzo si ripresenta il campo con il 4-3-3: a centrocampo giocano Pirlo, Vidal e Pogba, gli esterni sono Marchisio a destra e Tévez a sinistra, Llorente è il centravanti. La Juventus prende il primo gol dopo 4 minuti, probabilmente anche per problemi di adattamento alla difesa a 4, pareggia e poi subisce il rigore del 2-1. Gioca un ottimo primo tempo, ma l’espulsione a inizio ripresa di Chiellini chiude la partita. A Torino viene riproposto il modulo di Madrid e la Juventus gioca un altro ottimo primo tempo e complessivamente una buonissima partita, che si conclude 2-2. Conte sembra concedere al 4-3-3 un’altra opportunità e proprio quando il livello dei match si alza.
Quali le indicazioni tratte dal doppio match contro il Real Madrid? Partendo dalla fondamentale fase di transizione difensiva, il naturale scaglionamento del 4-3-3 in fase offensiva riduce gli uomini disposti sull’ultima linea avversaria (le due punte e i due esterni nel caso del 3-5-2), aumentando la densità nella zona del pallone. In maniera “spontanea” la disposizione degli uomini nel 4-3-3 e le combinazioni a più giocatori previste, preparano, durante la fase di possesso palla, a una transizione difensiva aggressiva, senza necessariamente per forza costringere la squadra avversaria interamente nella propria metà campo. Ciò ha riflessi importanti anche nella gestione della fase offensiva che può permettersi di essere maggiormente diretta, senza la necessità, ai fini dell’efficacia della transizione difensiva, come nel 3-5-2 , di dovere “prendere il tempo” per confinare la squadra avversaria nel proprio terzo difensivo. La maggiore densità di uomini in mezzo al campo predispone anche a transizioni offensive maggiormente rapide ed efficaci.
La transizione difensiva del nuovo 4-3-3 in azione contro il Real Madrid.
Sempre riguardo la fase di possesso palla, lo scaglionamento offerto dal 4-3-3, con tanti triangoli disegnati sul campo, offre una più ampia varietà di soluzioni di gioco sia nelle fasi iniziali della manovra che nei pressi dell’area di rigore avversaria. La creazione di spazi è facilitata e i centrocampisti hanno maggiori spazi per gli inserimenti profondi e più ricchezza di soluzioni, potendo, anche in funzione dei movimenti degli esterni, aggredire sia spazi interni che esterni. Inoltre il 4-3-3 consente a un’ampia rosa di calciatori (le due mezzali e i due esterni) di occupare gli spazi tra le linee di difesa e centrocampo avversario, con ricezioni che possono condurre il ricevente immediatamente fronte alla porta. Nel 3-5-2 lo spazio tra le linee è invece occupato quasi esclusivamente da una punta (che si stacca dalla linea difensiva o che gioca in verticale col centravanti) e gran parte delle ricezioni in questa zona di campo avvengono spalle alla porta. Le giocate fronte alla porta sono susseguenti a giocate “a muro” della punta o sono sostituite da strette combinazioni tra le due punte
Col 4-3-3 inoltre risulta maggiormente “centrale” il ruolo dei centrocampisti nella definizione della fase di possesso palla della squadra. Il 3-5-2 di Conte prevede, come ampiamente detto, un gran numero di giocate verticali dirette verso le punte che vengono incontro. Diventa cruciale per l’efficienza della squadra la capacità dei due attaccanti di giocare queste situazioni. L’acquisto di Tévez (e anche di Llorente) hanno reso più efficiente in termini di abbassamento drastico del numero di errori, di palle perse e di miglioramento della qualità delle giocate, tale soluzione. Rimane peraltro una direttrice di gioco oggettivamente complessa e rende primario il ruolo degli attaccanti nella costruzione di gioco dei bianconeri. Di contro, il ruolo delle mezzali rimane piuttosto marginale. Il 4-3-3 riequilibra invece l’importanza dei reparti nella definizione delle trame offensive donando centralità al ruolo degli interni. Considerando che, a mio parere, la batteria di centrocampisti della Juventus è di altissimo valore, al livello di quella dei top team europei, il vantaggio in termini di qualità complessiva della manovra sembra evidente.
Le due linee, di 4 e 5 giocatori, della fase difensiva del 4-3-3 visto contro il Real Madrid.
La creazione di catene laterali (terzino-mezzala-esterno) permette di attaccare meglio sulle fasce, di creare sovrapposizioni o inserimenti su spazi lasciati liberi, quando nel 3-5-2 gli esterni hanno la funzione principale di dilatare la difesa avversaria e, in possesso palla, hanno essenzialmente due soluzioni di gioco: il passaggio di scarico verso il centrocampista e il dribbling uno contro uno.
Anche la fase di non possesso palla potrebbe avere dei benefici dal passaggio al 4-3-3 in termini di posizione media di recupero del pallone. Come detto, nel 3-5-2 il recupero palla è appannaggio della più folta e arretrata linea a 5. Il 4-3-3 invece schiera una linea di 5 uomini in posizione mediana e proprio questa maggiore densità consente di recuperare un numero maggiore di palloni in zona più avanzata.
Inoltre lo schieramento a 5 in posizione mediana, consente alle due mezzali di concentrare i propri sforzi di pressione in zone interne del campo, essendo i propri fianchi esterni coperti dalle ali. Ciò è particolarmente indicato alle caratteristiche delle mezzali juventine e in particolare di Vidal, autentico fuoriclasse in questa parte del gioco. Contro il Real Madrid, in fasi di possesso palla consolidato per gli spagnoli e con la Juventus schierata in fase difensiva, il cileno riusciva “dal nulla”, in situazioni che non avrebbe consentito a nessun altro giocatore di farlo, ad alzare improvvisamente la pressione sul portatore di palla avversario, facendo transitare di colpo l’atteggiamento difensivo della propria squadra da quello di attesa e copertura degli spazi e delle linee di passaggio a quello di “caccia alla palla”. Questa incredibile dote di Vidal è sfruttabile appieno schierando una linea di 5 centrocampisti che copra sull’esterno la mezzala bianconera.
Prospettive
Le partite con il Real Madrid hanno ricondotto la Juventus al 4-3-3. Nel successivo big-match, a Torino in campionato contro il Napoli, la Juventus ha giocato col 3-5-2 e, almeno nel primo tempo, ha dominato la partita schiacciando i partenopei nella propria metà campo. Complici del dominio le scelte di Benítez che ha abbassato tutta la squadra e, in particolare, per tenere stretta la linea a 4 di difesa, i due esterni, consentendo alla Juventus di ottenere quel predominio territoriale tanto fondamentale nel 3-5-2. L’impressione è che Conte da oggi in poi voglia scegliere e valutare di partita in partita la scelta tra i due sistemi di gioco. Anche per dare nuove motivazioni tattiche a un gruppo saldo a un sistema di gioco da 18 mesi. Il 3-5-2 sembra essere apprezzato dal tecnico salentino per la capacità di proteggere centralmente l’area di rigore ed essere efficacissimo quando l’altra squadra regala la propria metà campo alla Juventus (o, in genere, quando la Juve riesce a conquistarla) e quando la qualità complessiva della fase offensiva degli avversari non riesce a trarre vantaggi decisivi dalla minore densità della linea mediana dei bianconeri. Le difficoltà del 3-5-2 nascono quando la Juventus è costretta a giocare molte e lunghe fasi puramente difensive contro squadre di qualità superiore. Il 4-3-3, facilitando la transizione difensiva e aumentando la densità di uomini in zona mediana in fase difensiva può ovviare a questi problemi. Manca probabilmente un esterno di ruolo per giocare con continuità questo nuovo-vecchio modulo. Una delle due posizioni esterne può essere occupata da Tévez e/o Vucinić, ma la buonissima interpretazione tattica fornita da Marchisio nelle partite contro il Madrid non sembra potere essere considerata una soluzione continuativa e buona per ogni partita. Probabilmente il mercato di gennaio (oltre all’eventuale passaggio del turno in Champions League) darà indicazioni sul futuro tattico della Juventus di Antonio Conte.