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Storie romane
11 mag 2016
Cinque storie da questi primi giorni di Foro Italico.
(articolo)
6 min
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Tomic va veloce

Bernard Tomic, australiano dal braccio di grandissima qualità e dal cervello instabile, fin qui è famoso soprattutto per le sue intemperanze fuori dal campo da tennis. Nel 2015 è stato arrestato a Miami per un party troppo rumoroso e non perde occasione per distinguersi anche in sala stampa. Per esempio ha risposto alle critiche di Federer così: “Se Federer pensa che io sia lontano dalla top 10, be’, anche lui è molto lontano dal tennis di Djokovic”.

Sul campo non è che le cose vadano meglio. A Roma ha accumulato la quarta sconfitta in altrettanti primi turni degli ultimi tornei giocati. A Madrid, la scorsa settimana, ha perso contro Fabio Fognini facilmente ma si è guadagnato gli onori della cronaca per aver risposto al servizio del ligure sul matchpoint impugnando la racchetta dal piatto corde. Una pagliacciata da circolo.

Notevole anche il rispetto di Fognini per la pazzia altrui.

Il giorno prima del match di primo turno contro Benoit Paire, programmato per la domenica sul campo centrale, ho visto Tomic allenarsi. Colpiva con poca voglia, ma era molto sudato, forse per il caldo romano di maggio. Non sembrava convinto, il tennista australiano, che pure è uno di quelli che veramente hanno talento e potrebbero offrire un ricambio al vertice. E invece, contro Paire, nel match che un po’ tutti volevamo vedere in una domenica molto scarna di qualità tennistica, l’australiano si è ritirato dopo otto minuti di gioco. Venti minuti in meno della sconfitta rimediata contro Nieminen nel 2014 a Miami, al rientro da un infortunio che l’aveva tenuto fermo per mesi, quando però non si ritirò e perse per 6-0 6-1 in meno di mezz’ora. “Non potevo giocare per via del caldo”, ha detto poi a Roma in conferenza stampa, non prima di essere passato alla cassa per incassare i 20.000 dollari previsti per la sconfitta.

Hype Federer

Un anno fa fu la sconfitta al primo turno di Madrid, contro Kyrgios, a convincere Roger Federer a presentarsi a Roma ancora una volta, inizialmente fuori dalla sua striminzita schedule dei tornei. Quest’anno, è stato un infortunio alla schiena, sempre in prossimità del torneo spagnolo. Poco male, perché al netto della pur invitante programmazione dei primi giorni del Foro Italico, gli appassionati si riversano tutti sul campo d’allenamento del campione. Il campo scelto dai big è il numero 5, quello più protetto dai fan e quello più vicino agli spogliatoi. Però le tribune del campo 4, quello di fronte, sono comunque piene l’allenamento di Federer, capace di far aspettare 45 minuti ai 4.000 avventori del centrale nella giornata di domenica per l’allenamento d’esordio. Al campo 5 i giornalisti non potrebbero entrare, ma passando con nonchalance e sguardo fiero di fronte al controllore svogliato può succedere di passare. Così è, per quanto mi riguarda.

Federer ritarda, ma il pubblico non si sposta e aumenta sempre più in numero. Ad un tratto, esce. Ljubicic, il suo allenatore, lo segue a distanza di un paio metri, come a non volergli rubare la scena. Lui entra in campo e la gente si alza in piedi per applaudire, urlare, tributare l’amore verso il divino. Lui alza un braccio e abbozza un mezzo sorriso, la fiacca routine del campione. Inizia a palleggiare con Ljubicic e questo sport, d’incanto, sembra veramente così facile da giocare. “Sei Dio!”, urla dalla tribuna un fan, “è ipnotico, lo guarderei per ore”, commenta un addetto ai lavori di fianco a me. La palla fila via dritta, la schiena non sembra essere più un problema. Oggi Totti non c’è e il Re, al Foro, è lui.

https://twitter.com/metallopensante/status/729338926369001474

Roma and friends

Anche quest’anno si ripete l’evento benefico promosso dalla Roma calcio, questa volta in favore della Comunità di S. Egidio che utilizzerà i proventi per ospitare delle famiglie di profughi siriani. Mentre Dominic Thiem e Alexander Dolgopolov intrattengono un Pietrangeli pieno, ad un certo punto la gente inizia a urlare come impazzita. Dalle tribune si guarda tutti in direzione del campo centrale, verso l’ingresso di via dei Gladiatori, quella che percorrono gli autobus delle squadre di calcio a poche centinaia di metri dallo Stadio Olimpico. Non può essere Federer che dovrebbe essere ad allenarsi da tutt’altra parte, a quell’ora. “Un capitano, c’è solo un capitano”, parte il coro: è Totti. Solo lui può paralizzare il tennis al Foro.

E allora, come gioca Totti a tennis? Bene. Florenzi è più forte, e vincerà il torneo con Fognini, ma Totti ha un buon dritto e sa sempre dove stare in campo. Certo, Kyrgios, il suo compagno, non sembrava molto voglioso di assistere a questo evento dove si parlava più romanesco che inglese. Se non altro, però, anche i non romanisti e gli avventori di passaggio hanno potuto constatare che quando c’è il vero Re di Roma al Foro, non c’è tennis che tenga.

https://twitter.com/metallopensante/status/729721422101229569

Gli onori a Panatta

L’ultimo tennista italiano ad aver vinto il torneo di Roma è Adriano Panatta nel 1976, esattamente 40 anni fa. Quell’anno, Adriano riuscì anche a vincere il Roland Garros, ultima vittoria Slam di un tennista italiano. La Federazione francese ha scelto Panatta per la premiazione del singolare maschile e così il vincitore dell’edizione 2016 riceverà la Coppa dei Moschettieri dal campione dell’edizione 1976. E allora, vorrebbe la logica, anche a Roma hanno pensato la stessa cosa, no? No.

È risaputo che Adriano Panatta e la Federazione Italiana Tennis non sono in buoni rapporti. Qualche anno fa, quando il CONI scelse cento atleti per la “Walk of fame”, la camminata sulle targhe del viale principale del Foro dedicate ai più grandi campioni dello sport italiano, la Federazione tennis cercò in tutti i modi di non includere quella dedicata a Panatta. Malagò salvò la FIT da quella che sarebbe stata una brutta figura. E il massimo responsabile del CONI ci ha provato anche quest’anno, a salvarla, firmando una lettera d’invito per le celebrazioni di quel successo che si terranno nella Lounge Fit durante il torneo. Insomma, la vittoria di Panatta sarà “celebrata” in un salottino riservato a qualche decina di persone al Foro. A Parigi, Panatta riceverà l’applauso del Philippe Chatrier, lo stadio centrale del Roland Garros, il giorno della finale maschile. Una sottile differenza: strano che Panatta abbia declinato l’invito.

Ciao Grigor

Piatto forte della programmazione dei primi turni era la sfida fra il grande incompiuto, Grigor Dimitrov, e la grande speranza, Sasha Zverev. Neanche il tempo di sedersi sulle tribune del centrale riservate alla sala stampa, paragonabili a un modesto posto dei distinti dalla visibilità ridotta, e Zverev aveva vinto il primo set per 6-1 senza timore timori o difficoltà. Dimitrov, quest’anno, è come un albero caduto a terra: è molto facile fare legna. L’involuzione del giocatore bulgaro oramai non la nasconde neanche lui, quando si abbandona a gestidifrustrazione come nella finale di Istanbul, persa contro il modesto argentino Schwartzman. E se non ci crede Grigor, possiamo crederci noi che lo guardiamo in TV?

Non c’è da meravigliarsi se in sala stampa i giornalisti non hanno fatto domande a Zverev sull’attualità, come a dire che quella con Dimitrov era stata una vittora di routine, ma si chiedevano piuttosto come il tedesco gestirà la pressione delle aspettative da futuro campione che, evidentemente, Grigor non è riuscito a reggere. Il ragazzo però è sembrato imperturbabile:: “Djokovic sta dominando il tennis adesso, Nadal è tornato quello di una volta e Federer e Murray giocano ancora: sono discorsi prematuri”.

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