Giovanni Trapattoni: catenacciaro, superato, allenatore più vincente del calcio italiano. “Vecchio” già nel marzo 1994, poi tre titoli con il Bayern Monaco tra il ’97 e il ’98, “bollito” già a ottobre 2002, poi campione nazionale in Portogallo nel 2005 e in Austria nel 2007.
Come è riuscito ad ambientarsi ovunque andasse in giro per l'Europa, lui che è nato negli anni Trenta in un paesino del milanese? Come è riuscito a farsi capire, lui che anche nella lingua madre appariva il più divertente dei personaggi delle varie edizioni di Mai Dire Gol?
https://www.dailymotion.com/video/xjzynu_trapattoni-ipse-dixit_shortfilms
Difficile rispondere. «È un tema sul quale si andrebbero ad avere delle alienazioni».
Ascoltare Giovanni Trapattoni è cercare di rapire il segreto della sua ricetta, il giusto dosaggio di spontaneità del provinciale e carisma cosmopolita, quell’energia che (a un’età in cui di solito si è spariti dalle scene da un pezzo) gli ha permesso di: imparare l’inglese, riportare l’Irlanda agli Europei dopo 24 anni, riciclarsi commentatore, firmare un’autobiografia e offrirci anche benevolmente un indizio: «Dicono che i vecchi non hanno più voglia di scoprire novità. Io sì, quindi non sono vecchio: sono un ventenne con più esperienza».
Mentre il calcio si trasforma in ogni aspetto e gli avanguardisti rivoluzionano metodi e tattiche, Trapattoni non ha più bisogno di inventare nulla: è diventato un solidissimo brand, e come tale, pur ampliando continuamente il suo repertorio gli è sufficiente tradurre i propri cavalli di battaglia per entusiasmare giornalisti e tifosi sempre nuovi.
«No say the cat in the sack». Trapattoni in un remake di Trapattoni.
Qui sotto ho selezionato 5 delle conferenze stampa indimenticabili, dove forse il segreto del Trap può essere colto, o intuito, almeno in parte.
Monaco di Baviera, 10 marzo 1998
Larger than life. È un momento della storia del Bayern come ce ne sono stati e come ce ne saranno, 5 partite consecutive senza segnare, tra cui l’andata di un quarto di finale di Champions League contro i rivali del Borussia Dortmund finito 0-0. Trapattoni lo consegna agli annali.
Die Welt ci ha dedicato un racconto in tre puntate (qui la prima, qui la seconda, qui la terza) che inizia con la colazione molto rilassata con la moglie Paola nell’abitazione di Cusano Milanese, passa attraverso il tragitto in autostrada ascoltando musica classica in un’Opel Omega, e termina con il direttore delle comunicazioni che riporta l’accaduto a Beckenbauer, sentendosi rispondere: «Markus, esageri sempre».
Qualche minuto dopo il momento in cui Trapattoni lascia la sala stampa sbattendo la porta, i 40 giornalisti presenti la apostrofano die Geschichte des Jahrhunderts, la storia del secolo. Rivedendola, neanche sembra iniziare malissimo: il Trap sistema i microfoni, scandisce le parole con tono pacato, accusa subito alcuni giocatori di scarso professionismo, ma si premura di non menzionarli.
Improvvisamente, poi, senza che fosse arrivata alcuna domanda sull’argomento, come se la platea di giornalisti avesse attivato un riflesso pavloviano di notti insonni, urla: «Non abbiamo un gioco offensivo?». E si lancia nel furente monologo. Considerando la barriera linguistica mostra anche un discreto flow, al netto della facile caricatura propagandata.
Dice tra l’altro cose genericamente condivisibili come «la fase offensiva è quello che si fa in campo» (ambigua, molto generica, ma condivisibile) e il sospetto è che in Italia sia diventata così celebre principalmente per la divertente assonanza di Strunz, ripetuto sbraitando 4 volte. Strunz che all’epoca un ragazzo ventenne, Strunz che «come si permette?», che «in due anni è stato sempre infortunato», che «ha solo da imparare da Hamann e da Nerlinger». E che, comicamente, pare neanche avesse mai criticato le scelte del Trap. Quando hanno provato a chiarirsi in un talk show tedesco a 15 anni di distanza, sono intervenute le Femen. Destino beffardo.
Diventa in pochi giorni un remix trasmesso sulle radio tedesche (su internet se ne trova uno, ma probabilmente del 2008, su base veramente brutta, o convenzionalmente tedesca). Ispira il comico Harald Schmidt per la striscia quotidiana di successo “Italienisch für Anfänger”, Italiano per principianti, che illustra le differenze tra tedesco e italiano a partire dalle stravaganti espressioni del Trap. Umorismo sempre convenzionalmente tedesco.
La più rilevante delle espressioni è quella con cui chiosa il monologo, Ich habe fertig—la storia della cultura pop tedesca passa necessariamente da qui. Chiariamo, in tedesco l’ausiliare per esprimere il passato prossimo è il verbo essere—per tradurre “io ho finito” avrebbe dovuto dire Ich bin fertig, mentre Trapattoni usa tutto sommato comprensibilmente il verbo avere, Ich habe.
Sempre per quell’annotazione sull’umorismo di cui sopra, siamo al meme prima dei meme. La frase finisce sugli autobus a fine corsa, sulle magliette per celebrare la laurea, diventa il titolo di una compilation di musica punk. Doveste passare dalla Bavaria, e rigorosamente svuotare una birra media, rivolgetevi al barista con Ich habe fertig, c’è speranza che vi offrano la seconda.
Mega compilation, fine anni Novanta
https://www.dailymotion.com/video/xk0ic9_un-uomo-una-metafora-giovanni-trapattoni_shortfilms
Contiene tutto: molti rintocchi delle campane, che è bene ascoltare tutti, perché guai a concentrarsi solo sul din del din don dan, e a sottovalutare la melodia del don, oppure quella del dan; molti serpenti che si mordono la coda (a significare non si capisce cosa, ma per approfondire l’argomento si trova un esempio qui); molta fisica di quinto anno, tra conduzione elettrica e corrente alternata; molte immagini sgraziate, come sbrogliare l’insalata e vomitare sassi. Non si riesce a capire se siano metafore che inventa sul momento o espressioni proverbiali che ricorda male, dove finisca il genio creativo e dove inizi lo stato confusionale.
Perché valga ancora la pena ascoltare vecchie interviste (oltre che, banalmente, perché fanno ridere) lo si capisce però a metà filmato, in uno spezzone tratto da TMC 2. Era il 1996, il marchio Premier League non era ancora il marchio Premier League, gran parte delle società non erano ancora quotate in borsa e non avevano ancora inventato l’odiatissimo anticipo delle 12.30: Trapattoni già lamentava un «professionismo che a volte è più interessato in un certo tipo di business, di affari, magari non più legato etimologicamente a quello che poteva essere lo “sport sano e mente sana”».
Del resto, prima di vincere tutto con il Milan, il Trapattoni calciatore aveva conquistato fama internazionale il 12 maggio 1963, quando il Brasile arrivò a Milano per affrontare l’Italia in amichevole e a lui toccò marcare a uomo Pelé. "O Rei" fu costantemente anticipato dal Trap finché stremato chiese il cambio al 26’, e chiamato a giustificarsi rispose: «Ero infortunato, sono entrato in campo solo per rispettare il mio contratto». Se oggi Cristiano Ronaldo pronunciasse una frase del genere, chissà quali minacce etimologiche rileverebbe il Trap.
Salisburgo, 3 aprile 2007
Qua qua qua. Bla bla bla. Chu chu chu. Passano gli anni e le sale stampa continuano a prendere appunti sull’Universalità del Linguaggio. Alla lezione numero uno: è il messaggio che immortala l’evento, e mai viceversa. In questo il Trap è maestro vero, perché soprattutto questa conferenza stampa segue una partita talmente poco rilevante che pur l’immensa memoria dell’internet non ne ha conservato né un video di azioni salienti, né un articolo di cronaca, solo un freddo tabellino.
Nello specifico, il Red Bull Salisburgo ha appena perso, abbastanza clamorosamente, 2-3 una semifinale di coppa nazionale che conduceva 2-0, facendosi rimontare in casa dal modesto SV Mattersburg. Contestualmente, nonostante una leggera flessione, in campionato viaggia comunque a 16 punti di vantaggio sulla seconda ed è imbattuto da novembre.
Le critiche allora si spostano sulla condizione atletica, sulla squadra partita bene e poi arrivata scarica a fine stagione, sul preparatore Franco Rossi. Trapattoni nega, passa al contrattacco e conclude con una serie di onomatopee da ricordare la scena finale di Johnny Stecchino.
Poznan, 17 giugno 2012
L’Irlanda è matematicamente eliminata dagli Europei dopo le prime due sconfitte e ha davanti a sé l’ultima contro l’Italia. Da squadra di quarta fascia, tutto sommato la qualificazione era già il miglior risultato che fosse lecito aspettarsi, ma alcuni opinionisti, tra i quali Roy Keane, hanno mosso critiche per il gioco offerto.
Trapattoni raccoglie la sfida a testa alta, che per lui significa fare cenno di no all’interprete Manuela Spinelli (diventata una celebrità in Irlanda in quel periodo) e rispondere da solo, in inglese. In sintesi, il Trap abbozza una specie di «Keane è stato un calciatore di grande successo, ma non so se abbia avuto lo stesso successo da allenatore. Potrei chiedergli perché, e non altri perché (“not others why”?). Penso un uomo intelligente potrebbe capire».
Da vero maestro della comunicazione, non poteva essere soddisfatto, e chiarisce agli italiani presenti: «Ha mai vinto un c...o questo, 'orcozio, ha mai fatto niente, e rompe… no, no applausi». È ancora un nuovo Trap, è pronto per la viralità dell’internet. È Sgarbi vs. Cecchi Paone riproposto con molta più compostezza. Anche se, pensandoci bene...
…«When coccodè, coccodè, coccodè, gone, no?»: forse il Trap è sempre stato pronto per la viralità. Forse è questo il segreto della sua longevità, è un talento innato, un dono, e il Trap non era “vecchio”, in realtà era avanti rispetto ai suoi tempi. Un destino anche tragico, se ci si pensa.
Milano, 27 settembre 2015
Ospite a Che Tempo Che Fa, Trap rievoca il suo passato da calciatore di fatica, a inseguire i più talentuosi, quando a un certo punto cambia completamente registro: «È stata la mia fortuna, non è che io ero bravo, è che son stato legato per la corda a quelli che erano i più bravi, i Sivori… o lo stesso arbitro Moreno, vedi, o Strunz».
Tra i Sivori e gli Strunz passa qualcosa di più di sei gradi di separazione, ma anche qualcosa di meno: Giovanni Trapattoni. Inseguendo i primi ha conquistato trofei e gloria terrena, inseguendo i secondi applausi e like su YouTube a vent’anni di distanza, praticamente la cifra dell’immortalità.
Trapattoni non si spiega, è stato un catenacciaro e un innovatore, un vincente e un bollito, ma più di tutto, un genio della comunicazione.