Il secondo 3-2 casalingo consecutivo dell’Inter ha ricordato per certi versi il precedente, la vittoria più memorabile contro il Milan, sia per la brillantezza e per l’intensità con cui la squadra di Spalletti ha approcciato la partita, che per la sofferenza con cui l’ha chiusa. Contro la Sampdoria di Giampaolo, che si schierava con il consueto 4-3-1-2, Spalletti sapeva di poter sfruttare le naturali combinazioni sulle fasce del suo 4-2-3-1 e di poter impedire la tipica circolazione di palla della Samp con una grande densità centrale.
In effetti, per buona parte della partita l’Inter ha mantenuto un discreto controllo, finché è stata in grado di creare questa densità, cioè prima di calare sul piano fisico e nervoso. Nel primo tempo l’Inter ha disturbato lo sviluppo dell’azione della Sampdoria con un pressing discretamente efficace, applicato a diverse altezze del campo, diciamo dalla linea di centrocampo fino all’area di rigore avversaria. Poi è riuscita a muovere il pallone in velocità contro una linea di difesa organizzata ma sempre abbastanza lenta (ad eccezione del solo Bereszynski, che ha risolto diverse situazioni delicate).
Tra gli alti e bassi di una partita divertente, sono emerse tre preziose indicazioni sulla squadra che, un po’ a sorpresa, in questa parte di stagione si ritrova a svolgere il ruolo di inseguitrice sul Napoli.
L’Inter si sostiene sulla catena di destra
I tre gol segnati alla Sampdoria hanno una matrice in comune: sono stati tutti costruiti risalendo il campo lungo la fascia destra. L’azione che porta primo gol si sviluppa a partire da un contrasto vinto da D’Ambrosio che, allungandosi sul pallone, riesce ad appoggiarsi sull’accorrente Vecino prima del tentato anticipo di Praet. L’uruguaiano lancia Candreva in campo aperto che a quel punto ci mette pochissimo ad arrivare in area di rigore e a procurarsi il calcio d’angolo che Skriniar trasformerà nel gol del vantaggio.
Qui Murru è fuori inquadratura e Candreva ha tantissimo campo libero. Una dinamica simile aveva portato al gol del vantaggio di Icardi nel derby.
Il secondo gol è ancora generato dalla catena D’Ambrosio-Vecino-Candreva. Quest’ultimo riceve un cambio di gioco che gli affida un uno contro uno in isolamento contro il terzino, D’Ambrosio si sovrappone internamente, Vecino può ricevere e crossare con spazio a disposizione. Poi Icardi segna un gol bellissimo, al volo, schiacciando il pallone nell’angolino basso.
Il terzo gol premia quella che è forse una delle migliori azioni dell’Inter di Spalletti, che parte addirittura da Handanovic e arriva ad Icardi nel giro di 10 passaggi. È ancora D’Ambrosio il primo riferimento, poi Vecino porta avanti l’azione, si appoggia su Candreva e serve un taglio diagonale di Perisic, che i difensori della Samp non possono assorbire.
Contro la Sampdoria, l’Inter ha costruito il 54% delle sue azioni offensive sulla fascia destra, anche più del 48% registrato contro il Napoli. L’undici titolare trovato da Spalletti nelle ultime settimane disegna un evidente squilibrio di qualità tecnica sul lato destro rispetto al lato sinistro, dove Gagliardini e Nagatomo non possono prendersi troppe responsabilità nell’uscita della palla.
Vecino è bravo a far girare il pallone in spazi stretti e a sfruttare l’intesa tra D’Ambrosio e Candreva (duo interessante anche in chiave Nazionale). Anche quest’anno la produzione sulle fasce si sta rivelando determinante per la pericolosità offensiva, ma questa Inter riesce a trarne profitto con più continuità, e con più riferimenti.
Inter e Sampdoria hanno sfruttato le migliori occasioni a disposizione, ma l’Inter ne ha create in quantità maggiore, arrivando facilmente in area di rigore.
L’Inter difende bene al centro, meno bene l’ampiezza
Nonostante la grande sofferenza finale, nei primi 60 minuti l’Inter non aveva concesso alla Sampdoria nessun tiro nello specchio della porta e nessun tiro all’interno dell’area di rigore. Oltre a sottolineare il grande impatto dell’Inter sulla partita, il dato riflette un trend più ampio della fase difensiva nerazzurra, tornata ai vertici del campionato nel giro di un’estate: in questa stagione, sul totale dei tiri concessi soltanto il 46% proviene dall’interno dell’area di rigore (prima squadra in questa classifica), e soltanto il 51% proviene da una posizione centrale, la più pericolosa (qui l’Inter è seconda, dietro il Napoli).
Anche contro la Samp, Spalletti ha modellato il piano gara sui punti forti e sui punti deboli dell’avversario. In fase di non possesso, i terzini stringevano moltissimo la posizione ed eventualmente si orientavano sull’uomo quando Quagliarella, o più spesso Zapata, si allargavano come di consueto, per liberare spazio alle ricezioni delle mezzali e del trequartista. Con questa disposizione, l’Inter ha coperto senza patemi il campo anche quando l’intensità dell’aggressione è calata, e il baricentro si è abbassato.
Anche se Borja Valero è stato costretto a seguire una rara sovrapposizione di Bereszynski, l’Inter ha una netta superiorità centrale. Alla Samp manca un riferimento largo.
L’atteggiamento timoroso e conservativo di Murru e Bereszynski ha favorito questa strategia, facendo mancare alla Sampdoria la necessaria ampiezza per attaccare il campo in parità numerica. I quattro difensori dell’Inter potevano agilmente seguire i due attaccanti, mentre Vecino e Gagliardini chiudevano lo spazio a Ramírez, costretto ad abbassarsi all’altezza del cerchio di centrocampo per entrare nel vivo del gioco.
L’inerzia della partita è cambiata intorno al sessantesimo minuto, con l’ingresso di Caprari e Kownacki, che muovendosi tra difesa e centrocampo senza lasciare riferimenti hanno reso l’attacco più imprevedibile. A quel punto la Sampdoria ha ritrovato la fiducia e il coraggio di alzare il baricentro, portando con più frequenza entrambi i terzini a ridosso della trequarti dell’Inter. Il cross di Praet che ha portato al 3-2 di Quagliarella è partito dalla stessa mattonella da cui Borini aveva lanciato il cross per il pareggio di Bonaventura, e ha seguito più o meno la stessa traiettoria verso il secondo palo.
L’Inter va in difficoltà quando è costretta a coprire tutta l’ampiezza del campo, e a seguire il pallone che si sposta rapidamente da un lato all’altro: aumentano le distanze tra i difensori ed è più facile perdere il contatto con l'avversario. Soprattutto nelle fasi avanzate della partita, quando Vecino e Gagliardini non riescono ad accompagnare l’azione sulla fascia, soprattutto se questo significa abbandonare i terzini all’uno contro uno, o costringere gli esterni alti a lunghissime diagonali difensive.
L’Inter non controlla le partite
Ma quello successo alla metà del secondo tempo sembra riguardare più l’aspetto mentale dell’Inter, che ha perso improvvisamente il controllo sulla partita subendo a denti stretti il palleggio della Sampdoria fino al sollievo del fischio finale. Di sicuro hanno contribuito le correzioni di Giampaolo: due attaccanti mobili come Caprari e Kownacki hanno contribuito ad aumentare l’ampiezza che due giocatori più statici e centrali come Ramírez e Zapata non garantivano. D’altra parte, però, un canovaccio simile s’era già ripetuto contro il Milan, dove il calo nella ripresa stava per compromettere l’ottimo primo tempo; e anche contro il Napoli, dove la propulsione offensiva è andata progressivamente scemando con il passare dei minuti.
Quando l’Inter cala sul piano dell’intensità, smette di portare pressione e spesso si rifugia in una difesa a cinque, qui composta addirittura dal rientro di Perisic.
L’Inter è una squadra fisica, che vive di folate, che cerca sempre di di attaccare in verticale e muovere il pallone rapidamente lungo il campo. Una squadra che vive delle progressioni di Vecino, Candreva e Perisic non appena gli spazi si aprono. Invece, almeno per il momento, l’Inter non è una squadra capace di riposare con il pallone, di smorzare l’inerzia degli attacchi avversari con un possesso conservativo.
Le principali occasioni della Sampdoria nel finale di partita sono nate da palle perse al limite del grottesco: Borja Valero, Gagliardini e João Mário che litigano con il pallone in un fazzoletto di campo e spianano la strada a un tiro di Quagliarella finito sull’esterno della rete; oppure Candreva che tenta un dribbling improbabile al limite dell’area, rimbalza su Linetty e vede pochi secondi dopo Quagliarella segnare il 3-2.
La chiave è il centrocampo, il reparto che maggiormente difetta di qualità (anche ieri, in una delle sue migliori prestazioni stagionali, Gagliardini non è andato oltre il 72% di passaggi riusciti, sbagliandone 15) e che più degli altri fatica a tenere il passo dei numerosi movimenti di copertura richiesti, in verticale e in orizzontale (in questo senso, la differenza tra il Borja Valero dei primi tempi e il Borja Valero dei finali di partita è abbastanza esemplare). In questo momento, è anche il reparto che maggiormente difetta di ricambi in grado di ricaricare la batteria.
A tal proposito, Brozovic dovrebbe ritornare a breve mentre João Mário, al netto della tonsillite, sta faticando a imporsi entrando dalla panchina. Il portoghese è un centrocampista che sa giocare molto bene nello stretto, anche a uno o due tocchi, ma quando entra trova i reparti scollati e il campo aperto da attaccare, una situazione in cui non riesce a prendere decisioni corrette e a risultare incisivo, ricavandone un mare di palle perse (5 ogni 90 minuti in campionato, per il momento). Riuscisse a calarsi in questa dimensione di sostituto di lusso, l’Inter potrebbe ritrovare con lui quella pausa di cui ha bisogno per rifiatare.
In definitiva la gestione dei secondi tempi è l’aspetto più preoccupante, al momento l’Inter sembra reggersi sulla propria resistenza mentale, trasmessagli senza dubbio da Spalletti, ma per resistere così tutto l’anno probabilmente andranno trovate soluzioni anche sul piano tecnico.