C’è un mito che va oltre la vittoria di un’Olimpiade invernale, un salto che si trasforma in maledizione e impedisce di portarsi a casa l’oro nella massima competizione del pattinaggio sul ghiaccio. Prende il nome dal suo creatore, il norvegese Axel Paulsen, che lo eseguì per la prima volta nel 1882, senza mai partecipare ad una vera gara. È un salto eseguibile sia sul ghiaccio che nel pattinaggio artistico a rotelle. In seguito è divenuto anche doppio e triplo axel, con un'esecuzione di tre giri e mezzo. Il triplo axel è ormai una consuetudine nei programmi maschili, mentre è molto, molto, più raro in quelli femminili. Provarci, per una pattinatrice, il più delle volte equivale a rischiare di perdere tutte le proprie chance di vittoria con una sola figura.
Per questo motivo si sta molto parlando di Mirai Aileen Nagasu, che lo ha eseguito durante il concorso a squadre a PyeongChang, regalando agli Stati Uniti una difficile medaglia di bronzo.
Mirai è la prima atleta a stelle e strisce a completare il triplo axel in una gara olimpica, terza nella storia dei cinque cerchi dopo Midori Itō ad Albertville 1992 e Mao Asada a Vancouver 2010. Tutte atlete di origine giapponese: Nagasu ha 24 anni ed è nata a Montebello (contea di Los Angeles) da madre, Ikuko, e padre, Kiyoto, titolari del sushi bar Kiyosuzu, immigrati dal Giappone in California.
Un’altra caratteristica che le tre atlete hanno in comune è il fatto di non essere riuscite a conquistare la medaglia d’oro dopo aver eseguito il difficile salto, come ci fosse una maledizione sul triple axel.
Mirai ha contribuito a portare a casa un bronzo di squadra - strappandolo tra l’altro all’Italia di Carolina Kostner - e nel concorso singolo potrà di sicuro sfruttare l’onda lunga di quanto fatto, o magari riprovarci: sarà allora lei la prima atleta della storia a vincere l’oro sfatando la maledizione del triplo axel?
Nagasu tornerà sul ghiaccio il prossimo 21 febbraio col programma corto individuale, e avrà l’occasione di vincere il primo oro olimpico con un triplo axel.
«Forse fa parte del patrimonio genetico delle giapponesi — ha detto alla Reuters — Ma per mia fortuna sono americana, la prima americana a farcela». Nagasu ha chiuso il suo programma con 137,53 punti, seconda solo alla quindicenne russa Alina Zagitova (capace di toccare il punteggio tecnico più alto di sempre), sfruttando al meglio tutti i punti portati dall’axel ben riuscito.
Se gli Usa sono finiti sul podio lo devono senza dubbio a quanto fatto da Nagasu, che quattro anni fa, alla vigilia dei Giochi di Sochi 2014, piangeva lacrime amare per l’esclusione. Questo, nonostante fosse già stata all’Olimpiade di Vancouver appena sedicenne, e nonostante il terzo posto ai campionati americani. In quel caso la federazione nazionale aveva deciso di lasciarla a casa, mandando in Russia le pattinatrici Gracie Gold, Polina Edmunds e Ashley Wagner: «Singhiozzavo sulla spalla del mio amico Adam Rippon, anche lui non fu selezionato. E oggi siamo in Corea insieme! Solo ora capisco che quell’esclusione ha fatto di me un’atleta migliore: senza quelle giornate passate sul ghiaccio a cercare la mia rivincita, non avrei mai realizzato il triplo axel».
Come funziona il salto.
Breve storia del triplo axel: Midori Itō
Questa figura è l’unico salto del figure skating che si esegue partendo in avanti sul filo esterno sinistro della lama del pattino. La gamba portante distendendosi fornisce la spinta necessaria per eseguire le tre rotazioni e mezzo necessarie a compiere il giusto gesto, aiutata dallo slancio della gamba libera.
Nel frattempo, la rotazione viene impressa dal filo di partenza e dal richiamo veloce al corpo di braccio e gamba destra. Durante la fase di volo, le braccia e le gambe devono essere tenute il più vicino possibile all'asse di rotazione del corpo, in tal modo la velocità angolare aumenta col diminuire del momento di inerzia (ecco come lo studio della fisica al liceo può tornare utile davanti al televisore...).
Il triplo axel è apparso sulla pista bianca per la prima volta nel 1978 quando durante i campionati Mondiali di Ottawa, venne eseguito dall’atleta di casa Vern Taylor.
L’esercizio gli valse il settimo posto, che divenne dodicesimo alla fine del programma. Per quanto riguarda il pattinaggio di figura - italianizzazione di “figure skating” che abbiamo iniziato a usare con le Olimpiadi italiane - femminile, però, dobbiamo attendere Midori Itō che incantò ai Mondiali di Parigi del 1989 con quel salto considerato “per maschi”.
L’esercizio venne premiato dalla giuria con cinque 6.0 per il merito tecnico, punteggio massimo in questo sport.
Midori Itō si aggiudicò altri due 6.0 durante il programma corto, raggiungendo la vetta per ora irraggiungibile per chiunque di ben sette bottini pieni, vincendo ovviamente la medaglia d’oro: la prima per l'Asia nel figure skating. Questa è la prima e unica medaglia d’oro in una competizione internazionale legata al triplo axel.
Dopo un solo minuto di performance Midori è già nel mito.
Itō era chiamata “Tsunami girl” per l’esplosività che mette sul ghiaccio, fin da quando si è fatta conoscere dagli addetti ai lavori vincendo il bronzo juniores nel 1981 con una serie di salti tripli che nessuna donna aveva mi tentato prima.
Dopo il titolo mondiale di Parigi, però, la sua carriera non le regala molte altre gioie: nel 1990 arriva seconda ai Mondiali a causa delle difficoltà nelle figure obbligatorie, nonostante un nuovo triplo axel. A Monaco, nel 1991, arriva quarta ed è vittima di un incidente con la francese Laetitia Hubert, che durante il riscaldamento le finisce addosso a grande velocità. In seguito a quel colpo Midori è talmente sotto shock da inciampare nella balaustra e cadere al di là del varco in mezzo alle telecamere della regia internazionale.
Ciononostante, alle Olimpiadi del 1992 rimane lei la favorita nella gara individuale. Ci sono grandi speranza sul fatto che il Giappone possa arrivare sul gradino più alto di un podio olimpico nel pattinaggio di figura, cosa mai accaduta prima nella storia del Sol levante (e che non avverrà fino a Torino 2006, con la medaglia d’oro nel singolo di Shizuka Arakawa). Itō accusa negativamente tutta questa pressione su di lei e cambia il programma, sostituendo il triplo axel con un più rassicurante triplo lutz. Cade lo stesso e scivola ai piedi del podio alla fine del corto, compromettendo le speranze per una medaglia. Ma non si dà per vinta e, proprio per recuperare, tenta di nuovo il suo triplo axel: al primo tentativo in apertura di programma cade, ma ci riprova verso la fine e il salto riesce.
Come lei nessuna mai durante le Olimpiadi, le basta per prendersi l’argento.
La storia assurda di Tonya Harding
Un anno prima a Minneapolis era stata la statunitense Tonya Harding, atleta straordinaria e turbolenta, a riuscire nell’esercizio più difficile, vincendoil Campionato nazionale grazie al triplo axel. È stata la prima pattinatrice Usa nella storia a riuscire in questo salto, che ripete altre tre volte nel 1991, anche a Monaco di Baviera, dove si tengono i Mondiali, ma in quel caso arriva seconda dietro la connazionale Kristi Yamaguchi, su un podio tutto a stelle e strisce.
La sua carriera praticamente finisce così, persa tra violenze domestiche e questioni ancora più oscure. Di recente sulla storia di Tonya Harding è stato fatto un biopic, candidato ai prossimi Oscar grazie all’interpretazione di Margot Robbie. In questa sede basterà accennare a quando, a pochi mesi dalle Olimpiadi di Lillehammer 1994, la sua rivale Nancy Kerrigan è stata aggredita dall’ex marito di Harding e la sua guardia del corpo, nel tentativo di romperle la gamba e farle saltare le Olimpiadi. Harding è stata accusata di essere la mandante dell’aggressione, ma ha sempre negato, pur pagando una penale da 160 mila dollari che le è servita a non dover affrontare il processo. La federazione di pattinaggio nazionale l’ha bandita a vita e con lei se ne è andato in soffitta anche il triplo axel, per quasi venti anni.
La prima nella storia del suo paese rimane per sempre Tonya.
La maledizione continua: Mao Asada
Dopo aver conquistato la storica medaglia d’oro a Torino 2006 con Shizuka Arakawa, il Giappone vuole costruire un impero e la donna giusta sembra Mao Asada. Viene da un biennio tutto d’oro tra Mondiali e Gran Prix, ma di fronte ha Kim Yu-Na, la coreana a sua volta campionessa del Mondo 2009.
Così decide di inserire nel suo programma non un solo triplo axel, ma ben tre: uno nel corto e due nel libero. Durante i giorni di gara riesce ad eseguirli tutti alla perfezione, raggiungendo il punteggio di 205,50 e pure una citazione nel libro dei Guinness dei Record: nessuno aveva mai fatto tanti salti tripli come lei.
Eppure la medaglia d’oro le sfugge per alcune imperfezioni in esercizi più semplici e la sud coreana Yu-Na diventa così campionessa olimpica. Il triplo axel sembra davvero maledetto.
Un axel perfetto non basta per vincere.
La beffa, se così possiamo definirla, è completa appena un mese dopo quando Mao si presenta ai Mondiali del Pala vela di Torino con un programma abbastanza simile a quello portato a Vancouver.
Nel programma corto il triplo axel che tenta viene giudicato dalla giuria soltanto doppio, perché manca una parte di torsione, ma poi ne presenta uno anche al libero e al lungo. Insomma, Asada chiude con il punteggio totale di 197,58, sensibilmente più basso rispetto a quello delle Olimpiadi, eppure sufficiente per conquistare il titolo iridato. In questo caso un triplo axel, declassato a doppio, le ha portato fortuna.
L’appuntamento con Mirai Nagasu e il triplo axel è a partire da mercoledì 21 febbraio quando, come detto, scenderanno sul ghiaccio della Gangneung Ice Arena di PyeongChang tutte le pretendenti al titolo femminile. Il difficile salto è inserito nel suo programma libero e lì vedremo se le note di “Miss Saigon” di Schömberg faranno balzare di nuovo sulla sedia icommentatori. Ma soprattutto, vedremo se Nagasu riuscirà a rompere la maledizione del triplo axel salendo sul gradino più alto del podio.