A cavallo tra la fine del 2016 e l’inizio di quest’anno, Fernando Cavenaghi ha deciso di lasciare il calcio: la notizia ha suscitato un bel po’ di scalpore, per quanto la percezione del “Torito” navighi da sempre sull’onda di venti avversi al mainstream, a metà strada tra la personificazione del rimpianto per la promessa mai del tutto sbocciata e il culto di chi si è ostinato a calcare palchi non poi così illustri del calcio mondiale trascinandosi dietro l’etichetta di incompiuto.
Fernando Cavenaghi, in fin dei conti, è pur sempre una delle bandiere più significative del River Plate in epoca moderna. E lo è ancor di più dal momento che è riuscito a conservare questo status romantico anche se (o forse dovremmo convincerci che sia stato grazie al fatto che) il River, per ben due volte nell’arco del loro idillio, lo ha allontanato senza una spiegazione apparente.
Per raccontare “Cavegol”, come è stato ribattezzato dai tifosi sin dagli esordi, cercando di dribblare la retorica del calciatore-tifoso ci vuole un grande sforzo, anche perché l’essenza stessa di Cavenaghi si materializza con indosso una maglia del River. Con i “Millonarios” ha segnato 112 gol in tre diverse - ma alla fine così simili - esperienze, durante cinque anni complessivi.
Ho provato a racchiudere, in un percorso che si snoda attraverso dieci gol (più uno) e qualche sliding door, il nucleo dell’Esperienza Cavenaghi. Il “Torito” era davvero tutta enfasi e poca tecnica?
Gimnasia La Plata - River Plate, 18 gennaio 2002
Fernando Cavenaghi ha avuto la fortuna di militare nel River Plate degli anni d’oro di inizio secolo, quando il prato del “Monumental” veniva calpestato, oltre che da lui, da giocatori leggendari. «La mia fortuna è stata quella di aver giocato a fianco di veri fenomeni. Spiegare cosa significhi per me far parte del mondo riverplatense è molto difficile. Ho passato metà della mia carriera al River e questa squadra è semplicemente la mia vita».
In questi dieci secondi compare una delle guest star che hanno aiutato la carriera di Cavenaghi: Andrés D’Alessandro. L’esterno, che con il “Torito” condivide un’esperienza al River segnata da allontanamenti e ritorni, apre l’azione con il suo marchio di fabbrica, la “bóba”, e libera Cavenaghi al tiro. Questo è uno dei primi gol della carriera di Cavenaghi segnati con un tiro da fuori area. Ne seguiranno molti altri, ma quello sul campo del Gimnasia La Plata rimane il simbolo del Cavenaghi giovane, ancora in attesa di ritagliarsi uno spazio nel calcio che conta.
Racing - River Plate, 30 novembre 2002
Nel novembre del 2002 il “Cilindro” di Avellaneda assiste a una delle disfatte casalinghe più fragorose della storia del Racing. Il River Plate proprio dopo quella partita si assicurerà la partecipazione alla successiva Copa Libertadores. Cavenaghi è il gran protagonista di serata, con una doppietta pregiata. Il secondo gol, ai tempi, fece il giro delle tv: Cavenaghi suggerisce il passaggio al “Pipito” Cuevas allargandosi sulla sinistra, per poi rientrare e battere con un diagonale incrociato l’estremo difensore del Racing, Ojeda.
In mezzo ci sono ben quattro finte di corpo che disorientano tre difensori avversari. Quando sentite parlare di Cavenaghi come di un giocatore poco tecnico cominciate a tenere a mente questo gol.
Huracán - River Plate, 23 marzo 2003
Dopo un Torneo Apertura chiuso nella zona bassa della classifica, il River Plate nella pausa di metà anno si trasforma: una metamorfosi da bruco a farfalla che porterà i “Millonarios” a vincere il Torneo Clausura nel secondo semestre. In panchina c’è Manuel Pellegrini (che a fine stagione lascerà), in campo Marcelo Gallardo incanta le platee argentine con le sue giocate d’alta scuola. Al “Parque Patricios”, sul risultato di 4-0 per i Millonarios sul derelitto Huracán, c’è una punizione da calciare; la palla se la prende il “Muñeco”, pronto per la trasformazione, ma Cavenaghi gli si avvicina e - dopo un consulto di un paio di minuti - gli strappa il permesso e la responsabilità di tirare. L’esecuzione è perfetta.
Si scoprirà solo la sera che c’era una scommessa in ballo con alcuni compagni di squadra, tra i quali Gallardo stesso. In quel River c’era una spiccata predisposizione al drama.
Huracán - River Plate, 23 marzo 2003
Quella contro “el Globo” non è l’unica doppietta in carriera di Cavenaghi (per quanto non sarebbero poi state così tante). Di inconfutabile, però, c’è la bellezza di ognuna delle due reti di questa partita. Pochi minuti dopo il gioiellino su punizione, il numero 9 riceve palla dal “Chacho” Coudet e con un pallonetto morbido regala un’ulteriore risposta a chi lo accusava di non avere nei piedi l’abilità del gesto di compagni più celebrati come Gallardo o D’Alessandro.
Independiente - River Plate, 17 settembre 2003
L’edizione 2004 della Copa Libertadores si rivelerà un incubo per il River Plate, eliminato in semifinale ai calci di rigore dal Boca Juniors. Prima, però, “La Banda” colleziona lo scalpo dell’Independiente grazie a una prova super di Cavenaghi. Nella partita di andata, il centravanti castiga due volte il “Diablo” di testa, la sua specialità. Anche da questo gol si intuisce la sua capacità di leggere in anticipo le situazioni di gioco. Una qualità che in carriera gli ha permesso di trovare facilmente la via del gol.
River Plate - Estudiantes, 22 febbraio 2004
Il Torneo Clausura è dominato dal River Plate, che vince il semestre davanti al Boca Juniors. Cavenaghi è ormai un giocatore cardine della squadra, appena passata dalla guida di Pellegrini a quella di Leonardo Astrada. Nel 3-0 all’Estudiantes, in un “Monumental” tirato a lucido, arriva l’ennesima rete bellissima. Ad accendere il numero 9 è ancora Coudet dalla destra; Cavenaghi, dopo lo scambio nello stretto con Montenegro, scarica un sinistro di prima intenzione sotto la traversa. Gol apparentemente facile: ma solo osservando la coordinazione al momento dell’esecuzione si potrà notare la difficoltà di un simile gesto tecnico.
A fine stagione Cavenaghi lascerà per la prima volta la squadra del suo cuore: a 21 anni, e con sole tre stagioni da professionista alle spalle, decide di abbandonare l’Argentina e tentare l’avventura in Russia, allo Spartak Mosca.
River Plate - Atlanta, 5 ottobre 2011
Le circostanze in cui Cavenaghi, che da sei stagioni si barcamena in Europa trovandosi spesso impantanato nel sottobosco di un calcio periferico (da Mosca a Bordeaux, e poi a Maiorca), sceglie di tornare in Argentina contribuiscono a gettare le fondamenta del Mito Cavegol.
È il giugno del 2010, e il River Plate sprofonda nella seconda divisione argentina dopo la sconfitta contro il Belgrano. Il giorno dopo Cavenaghi, allora in forza all’Internacional de Porto Alegre, in Brasile, si fa avanti: «Ho chiesto al mio agente di chiamare in società: volevo tornare e riportare la squadra dove meritava di stare». È un affare win-win: i “Millonarios” hanno bisogno di simboli, Cavenaghi dell’aria di casa del Monumental.
Il figliol prodigo, quindi, torna per riportare il suo River Plate nella massima serie. Per la B Nacional, Cavenaghi è un lusso. I primi tre gol della sua stagione li segna all’Atlanta, travolta 7-1. Qui aggiunge un pezzo di bravura alla sua collezione: il pallonetto.
Cavenaghi trascinerà il River alla promozione, aprendo un cerchio che si chiuderà definitivamente solo quattro anni dopo. Nel 2015, richiamato da Gallardo, Cavenaghi alzerà al cielo, nella terza e definitiva parentesi al River, la Copa Libertadores: «Scelsi di tornare al River Plate dopo la retrocessione ed ero fisicamente a pezzi, con un osso del piede rotto. Dovevo operarmi, ma dissi al mio agente: devi riportarmi al River, non importa a quali condizioni.
Gimnasia Jujuy - River Plate, 5 novembre 2011
Nel giorno della sua terza tripletta in carriera, Cavenaghi castiga così il Gimnasia Jujuy. Un gesto tecnico di alta scuola, una conclusione imprendibile all’incrocio dei pali. Una rapidità d’esecuzione, una sveltezza di pensiero, che troveremo elevata a potenza in Luis Suárez.
River Plate - Deportivo Merlo, 17 marzo 2012
Questa rete sottolinea il suo fiuto per la porta avversaria, un tratto certamente distintivo del suo bagaglio, ma alla fine meno caratterizzante di quanto ricordassimo. Contro il Deportivo Merlo, ecco un’efficacissima aggressione dello spazio con relativa elusione del fuorigioco.
Cavenaghi, che fuori da Buenos Aires è rimasto un incompiuto, a questo punto della storia è una pedina inamovibile della squadra, oltre che il nome più illustre. Nemmeno Trezeguet riesce a scalzarlo.
River Plate - Guillermo Brown, 19 maggio 2012
Tra i Nove Argentini Che Calciano Punizioni c’è tutto uno spettro che collega interpreti come Batistuta a esegeti del gesto come Cavenaghi. Questa pennellata, perfetta nella sua compiutezza, è il sigillo di un match tra River e il Guillermo Brown di Puerto Madryn. Per essere la rete dell’addio alla sua seconda esperienza in maglia biancorossa, va detto che è molto struggente nella sua significatività.
Bonus track: Boca Juniors - River Plate, 15 maggio 2004
Los Borrachos del Tablon (gli ubriachi della gradinata) rappresentano la parte pulsante del tifo riverplatense. Tra loro e Cavenaghi è nato un grande feeling. La barra brava (come vengono chiamati i gruppi organizzati del tifo in Sud America) del River ha accompagnato le sue gesta attraverso le tre diverse esperienze del Torito con la maglia biancorossa. E il rapporto tra le parti si è definitivamente consolidato durante un Superclasico.
Infatti Cavenaghi ha segnato anche molti gol non-belli. Nella carriera di un centravanti, soprattutto di un centravanti come lui, non tutte le tele sono da pinacoteca. Ma alcune hanno un valore affettivo che supera il valore estetico.
Il “Bombonerazo” firmato nel maggio del 2004 ha scritto un pezzo di storia recente del River Plate. Nella sua esultanza c’è tutto il significato di un rapporto intenso, difficile, ma soprattutto sincero di un uomo con la sua gente. Con i suoi colori addosso, come i tifosi della barra brava, Cavenaghi si sentiva invincibile. E forse, nei momenti in cui l’ambizione è coincisa con i suoi sogni di ragazzino, lo è stato davvero.