Con il gol del pareggio nella partita di ritorno della semifinale di Coppa Italia contro l’Inter, Mertens ha superato Hamsik per gol con la maglia del Napoli (122 contro 121) ed è diventato il principale marcatore nella storia della squadra partenopea. Quando circa sette anni fa è arrivato in Italia dal PSV in pochi si aspettavano che avrebbe potuto scrivere pagine così importanti. Com’è noto, la sorprendente piega della storia di Mertens è dovuta in gran parte al suo spostamento al centro dell’attacco, una metamorfosi inaspettata che come tutte le storie migliori ha le sue origini in un trauma.
Nell’estate del 2016 la Juventus paga i 90 milioni della clausola di Higuain lasciando il Napoli di Sarri senza il suo centravanti da 36 gol in campionato. Per sostituirlo viene fatto tornare Gabbiadini e negli ultimi giorni di mercato dall’Ajax arriva Arkadiusz Milik. Mertens viene da un anno da 11 gol, dei quali 5, però, concentrati in tre partite di Europa League. È universalmente riconosciuto come un esterno d’attacco (baricentro basso, rapido, dribblomane) neanche troppo prolifico. A inizio ottobre però il Napoli perde Milik per la rottura del crociato, mentre Gabbiadini dimostra presto di non essere all’altezza del compito di centravanti titolare. In estate Sarri aveva provato Mertens come “falso nove”, ma fino a quel momento si era solo alternato con Insigne sulla fascia sinistra. Le cose cambiano nel secondo tempo di una partita contro la Roma, che il Napoli sta perdendo 3-0. Mertens entra come centravanti e scuote la squadra, pur perdendo la sua prestazione è più che positiva. Da quel momento ci mette poco a prendersi il posto da titolare come numero nove e dopo qualche partita di assestamento inizia a segnare in maniera esagerata, cambiando il corso della sua carriera. Dalla stagione 2016/17 Mertens non ha mai segnato meno di 19 gol stagionali, e quest’anno è già a quota 13.
Mertens, però, non è solo un marcatore incredibilmente prolifico, ma anche un giocatore che ci ha abituato a gol bellissimi. Questa selezione di 10, che non è certo esaustiva del suo caleidoscopico talento, è il nostro omaggio al traguardo raggiunto l’altro ieri, che lo pone in una posizione unica non solo nella storia del Napoli ma anche in quella della Serie A moderna.
vs Torino - 2016
Questo pallonetto al Torino è il settimo gol che Mertens segna nel giro di due partite. Ne aveva segnati tre al Cagliari in 72 minuti qualche giorno prima e questo gol è il quarto in 80 al Torino. Sono poche partite che Maurizio Sarri lo ha spostato nel ruolo di centravanti e Mertens ci ha messo pochissimo a dimostrare che in quella posizione può essere incredibilmente determinante per il Napoli.
Vedendolo oggi sembra quasi che Mertens non potesse fare altro che segnare con ogni suo tiro. È difficile pensare che da quella posizione, con quella postura del corpo possa aver pensato “ora faccio un pallonetto colpendo di mezzo collo interno”. Ma dopo aver segnato 6 gol in meno di 160 minuti probabilmente Mertens non aveva bisogno di pensare. Il tocco con cui supera Hart è l’esempio più puro di quel misticismo che accordiamo ai grandi giocatori e che a Napoli ha sempre qualche sfumatura in più. Mertens con questo gol entra nell’immaginario maradonesco dei tifosi. Giocatori che rompono le nostre certezze con la loro sensibilità. Prima di questo gol non sapevamo si potesse segnare con un pallonetto da lì, ora lo sappiamo.
vs Benevento - 2017
Quello col Torino non è l’unico gol segnato da Mertens a pallonetto, contro il Benevento ne ha realizzato uno abbastanza simile da farci pensare di non inserirlo e magari menzionarlo solamente. Ma è un gol troppo bello per non essere in questa classifica. In più è forse un gol più complicato di quello col Torino, perché l’angolo è più stretto, la giocata più improvvisa e davanti a lui ci sono tanti giocatori. Forse è proprio questa densità davanti ai suoi occhi a fargli immaginare un pallonetto con cui scavalcarli tutti. Far percorrere al pallone l’unica traiettoria che non potrà incontrare ostacoli. Mertens è uno dei grandi trickster del calcio contemporaneo: un giocatore a cui piace anche trovarsi in situazione difficili che può risolvere in modo geniale. Un giocatore, tra i pochi rimasti, a cui è rimasto il gusto nell’ingannare l’avversario - il portiere, l’ultimo difensore - e ridere soddisfatto dopo il gol.
vs Lazio - 2017
Se Mertens è fra i giocatori più divertenti da veder giocare - e su questo credo siamo tutti d’accordo - è per la sua creatività. Una componente non scontata del suo gioco, e coltivata in tarda età. A inizio carriera, quando era ancora un esterno a piede invertito, Mertens era la classica ala meccanica costruita in laboratorio dal calcio belga. Un animale da 4-3-3 con uno stile da videogioco, il cui calcio era ridotto a due-tre movimenti. Lo spostamento a punta non lo ha fatto diventare solo un giocatore più efficiente, ma soprattutto ne ha liberato la parte più mentale del gioco. La sorprendente intelligenza negli smarcamenti, ma anche la spettacolare vena creativa. Per fare un gol del genere, però, non basta pensarlo: serve l’estrema dolcezza del suo interno destro, che finisce per ricordare in modo preoccupante quella di Maradona.
vs Genoa - 2017
La prima volta che ho visto questo gol ho pensato che lo stop di Mertens fosse arrivato per sbaglio, come se il pallone avesse perso per un attimo le sue capacità elastiche rimanendo fermo inchiodato al suolo. Poi vedendolo una seconda volta ho pensato invece che Mertens l’avesse addomesticato con la parte superiore delle dita del piede, con una carezza impossibile anche solo da immaginare. Solo quando ho visto il replay dal lato ho capito che il belga non ha avuto né il vantaggio di una temporanea distorsione della fisica del pallone, ma neppure l’improbabile tocco magico che avevo ipotizzato, un controllo ipotetico e fattibile solo nella mia testa. Mertens invece è riuscito a controllare il pallone nell’unico modo realmente possibile, ovvero piazzando la suola sopra il pallone dopo il rimbalzo. È un controllo forse meno sofisticato di quello che avevo sognato, ma infinitamente più utile. Mertens non solo controlla un lancio che arriva a 7 metri dalla porta, ma lo controlla a seguire, nonostante sia a 7 metri dalla porta. In qualche modo con un controllo riesce a impedire il recupero a Rossettini alle sue spalle e l’uscita di Perin davanti a lui e - comunque - portarsi avanti al pallone per tirare.
Come se non bastasse - poi - il tiro è pazzesco: Mertens di sinistro riesce ad impennare il pallone, trovare la retta più breve verso l’incrocio più vicino. Il fatto che poi il pallone colpisca violentemente la parte interna della traversa per atterrare in fondo alla rete dalla parte opposta è la ciliegina sulla torta di un gol splendido.
vs Barcellona - 2020
Questa perfetta parabola sul secondo palo che ha portato in vantaggio il Napoli contro il Barcellona nell’andata degli ottavi di Champions League è l’ultimo gol segnato da Mertens prima che il calcio, e tutto il resto del mondo, si fermasse per la pandemia di Covid-19. È di fatto il gol che lo ha portato letteralmente a un passo dal record che stiamo celebrando in questo articolo eppure è andato quasi del tutto perso nella memoria collettiva e fa quasi fatica a emergere per bellezza in questa classifica di gol assurdi. Mertens ci ha abituato a degli standard tecnici, soprattutto quando c’è da calciare in porta, che riterremmo incredibili per quasi tutti gli altri giocatori, se si escludono quei due, tre in cima che tutti conosciamo. In questo caso calcia con una tale pulizia tecnica che sembra quasi inevitabile che calciando da lì si possa segnare. Ma ovviamente è tutt’altro che inevitabile, soprattutto quando c’è ter Stegen in porta. Il portiere tedesco, però, rimane immobile e sembra essere trasformato in una statua di sale dallo schiaffo al pallone di Mertens, che più che con un tiro a giro sembra segnare con un dritto tennistico dall’eleganza di Federer.
vs Cagliari - 2020
Il corridoio di centro-sinistra è la zona preferita di Mertens: è lì che ha sviluppato tutta la prima parte della sua carriera, introiettando i movimenti tipici dell’ala a piede invertito come una seconda pelle. Ancora oggi, da punta, Mertens ama defilarsi più da quel lato, quello di Insigne e su cui storicamente il Napoli costruisce la sua catena “forte”. Il tiro a giro sul secondo palo, quello classico delle ali a piede invertito, è una signature move che Mertens riesce a spingere a livelli di potenza e precisione parossistici. In questo gol al Cagliari di quest’anno notiamo il tiro imparabile, ma dobbiamo far caso alla ristrettezza dello spazio in cui Mertens si gira, la rapidità del suo gioco di piedi - riceve, fa un passo con l’esterno e tira - e anche il senso della porta, che non guarda mai ma sa esattamente dov’è, nonostante si trovi in una zolla di campo non scontata per concludere e i tanti giocatori davanti a lui potrebbero fargli perdere l’orientamento.
vs Frosinone - 2019
Mertens ha segnato quindici gol su calcio di punizione in carriera: non abbastanza da renderlo un autentico specialista, ma comunque un numero non trascurabile. Mertens ha un modo “scolastico” di calciare le punizioni, colpendole di interno a giro sopra la barriera, sia sul lato destro che sinistro.
C’è un video, nello scenario sempre vagamente post-apocalittico di Castel Volturno, in cui Mertens segna quattro punizioni consecutive. Qui il belga fa sembrare i calci di punizione esercizi semplici e ripetitivi. Come se avesse trovato il bug nel sistema. Tra i suoi gol sul lato destro c’è questo all’Empoli, dove Skorupski arriva solo a sfiorare la palla all’incrocio dei pali.
Nel gol al Frosinone, però, la meccanica della gamba è davvero perfetta. All’impatto Mertens sembra esplodere leggermente sul pallone, in quelle esecuzioni in cui la gamba dei giocatori sembra uno strumento d’artiglieria.
vs Stella Rossa - 2018
Nella partita di ritorno del girone qualificatorio della Champions 2018-19, il 3-1 del Napoli sulla Stella Rossa aveva dato qualche speranza sul passaggio del turno, prima dell’ultima partita, da giocare ad Anfield con il Liverpool. Il Napoli perderà quella partita e arriverà terzo a pari punti con la squadra di Klopp che poi vincerà il trofeo. La doppietta di Mertens è di grandissima qualità, a cominciare dal primo gol: un collo esterno a incrociare nell’area piccola, di destro dal lato sinistro dell’area, sfruttando un cross basso dalla fascia. Un colpo quasi da biliardo che pochissimi centravanti che hanno giocato tutta la vita centravanti sarebbero anche solo in grado di immaginare.
Il secondo è una testimonianza ancora maggiore delle sue qualità da prima punta. Anzitutto per lo smarcamento laterale che crea i presupposti per il lancio di Hamsik, poi per il controllo sensibilissimo con cui taglia alle spalle del difensore stesso, costringendolo a fare un giro completo su se stesso per inseguirlo. Mertens, oltre ad avere un’intelligenza calcistica enorme che gli permette di giocare da trequartista, esterno e punta al tempo stesso, è anche fenomenale nel compensare il suo unico limite: l’altezza. Anche se è rapido, quasi ogni difensore sarebbe in grado di recuperarlo su distanze lunghe, e forse è per questo che prova finalizzazioni a volte difficili, se non impossibili, per giocatori tecnicamente meno dotati. È strabiliante la semplicità con cui, in questo secondo gol, mette la palla sul palo lontano, incrociando di nuovo, alzandola abbastanza da non farci arrivare il portiere. «Tutto molto bello», diceva Pizzul in gol come questo.
vs Udinese - 2015
Rivedere oggi, a oltre 5 anni di distanza, questo gol di Mertens restituisce immediatamente il suo cambiamento rispetto alle sue prime stagioni in Italia. In panchina c’è Benitez e al centro dell’attacco c’è Higuain. L’azione parte proprio da una pressione individuale di Mertens che permette al Napoli di conquistare palla sulla trequarti avversaria: l’attaccante belga si fa lasciare il pallone da Inler e inizia a condurre palla in verticale contro la difesa dell’Udinese schierata. Appena Higuain si stacca dalla difesa avversaria per venire incontro al centro della trequarti il meccanismo tattico che porterà al gol si mette in moto: Mertens chiama il triangolo con un passaggio di interno e poi gira intorno al suo diretto marcatore, supera De Maio con uno scavino di esterno destro, aiutato anche da un rimpallo fortunato, e chiude in bellezza, trasformando in un secco diagonale una palla dal rimbalzo leggermente troppo lungo, colpendola di collo pieno. Come tutti i giocatori straordinari, Mertens sa inclinare il campo in un attimo, trasformando anche le situazioni statiche, quelle in cui le squadre avversarie non avvertono nemmeno il pericolo, in gol fulminei. La cifra della sua intelligenza sta nell’averlo saputo fare in mille modi diversi, e se oggi lo conosciamo soprattutto per i suoi perfetti tiri a giro da fuori area, c’è stato un tempo in cui lo faceva anche partendo dalla trequarti e associandosi con la prima punta.
vs Lazio - 2014
Nei 122 gol di Mertens ci sono molti tiri dal limite dell’area, soprattutto a giro sul secondo palo. È la scuola belga della «generazione dorata», che ha formato esterni ipertecnici da schierare a piede invertito, così da rientrare e calciare in porta. Dries Mertens - ormai lo abbiamo capito bene - è molto di più di questo tipo di giocatore meccanico e ripetitivo, ma un po’ per abitudine, un po’ perché forse per un giocatore tecnico e intelligente come lui calciare da fuori è l’extrema-ratio, una risorsa a cui attingere solo eccezionalmente, non sono molti i gol con grandi tiri da lontano. Contro la Lazio ha segnato forse i due più belli di questo tipo, quello maradoniano di cui abbiamo già scritto, e questo collo esterno a uscire che sembra facile facile. La cosa interessante è che anche se calcia all’improvviso, affrettando la coordinazione per anticipare l’intervento del giocatore laziale più vicino, è precisissimo e più che “rompere la porta” mira all’incrocio con la delicatezza di Curry che tira da tre.