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10 nuovi talenti sudamericani da tenere d'occhio
03 nov 2016
Fuori da Brasile e Argentina.
(articolo)
11 min
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Il Sudamerica è da sempre un laboratorio di suggestioni calcistiche. Sebbene tradizionalmente i club europei siano andati a scovare le scommesse del futuro in Argentina o Brasile, negli ultimi anni anche altri Paesi hanno investito in settori giovanili fino a raggiungere, piano piano, ognuno coi suoi ritmi, una maturazione tale da permettergli di cominciare ad esportare talento. Quella che segue è una lista di dieci prospetti interessanti che giocano in campionati latinoamericani storicamente minori, o che si stanno affacciando alle porte della loro Nazionale (nell’ambito della CONMEBOL, minori).

Dieci nomi non bastano a rendere l'idea dell'enorme quantità di talento presente in America Latina. In un contesto così florido emergere è paradossalmente molto facile: il calcio si gioca ovunque, e in ogni angolo di continente si privilegia il rapporto tra ragazzo e pallone. Così com'è anche molto facile perdersi, una volta provata l'emozione del debutto tra i grandi. Se però pensate che solo Argentina e Brasile siano in grado di “esportare” piccoli fenomeni, beh, è il momento giusto per cambiare opinione.

Sebastian Vegas (1996, Cile)

Ventidue anni appena compiuti e un futuro già apparentemente segnato, Sebastian Vegas è uno dei prospetti difensivi più futuribili nel contesto cileno. Cresciuto nel vivaio dell'Audax Italiano, Vegas ha esordito tra i professionisti quando era ancora diciottenne, nel 2015, guadagnandosi presto una maglia da titolare.

Vegas, in maglia verde, in uno dei suoi pezzi forti: uno contro uno e difesa della palla.

A luglio i Monarcas Morelia hanno puntato su di lui, già perno della Roja sub'20, prelevandolo per una cifra irrisoria che si aggirava intorno ai 300 mila euro. Difensore centrale, Vegas è un mancino che gioca principalmente sul centro sinistra del reparto arretrato, sia a tre che a quattro. Una delle sue caratteristiche principali, oltre la tecnica di base molto sviluppata, è la lettura delle situazioni in fase di non possesso, che gli permettono spesso di giocare sull'anticipo dell'avversario. La sua avventura messicana non è iniziata benissimo: una sola presenza con i “grandi”, arrivata ad inizio ottobre nella sfortunata sconfitta contro le Chivas de Guadalajara. A gennaio sarà il capitano del Cile al Sudamericano sub'20 in programma tra gennaio e febbraio, in Ecuador.

David Andrés Salazar (1999, Cile)

Quando il Guardian lo ha inserito nei migliori sessanta giovani al mondo del 2016, in Cile si sono stupiti in pochi. Soprattutto a Rancagua, dove Salazar è già considerato un giocatore formato, al quale manca solo la consacrazione, dopo cui potrà essere rivenduto a peso d'oro. Il diciassettenne nativo di La Miranda è un centrocampista offensivo utilizzato spesso come punta. Veloce e molto tecnico, Salazar gioca principalmente con il destro, piede col quale riesce ad essere rapidissimo in fase d'esecuzione.

Salazar letale negli ultimi sedici metri. In pochi, a questi livelli, attaccano così l'area.

A livello giovanile ha fatto spesso la differenza; lo scorso anno ha contribuito alla vittoria del campionato sub'18 con la maglia numero 10 dell'O'Higgins, fornendo due assist decisivi in finale. Anche lui, come Vegas, farà parte della spedizione cilena per il Sudamericano di categoria. Nel frattempo è arrivato il debutto in Primera Division, dove in un quarto d'ora Salazar ha dato prova delle sue capacità con un paio di giocate d'alta scuola.

Diego Martin Rossi (1998, Uruguay)

Chi lo ha seguito nelle giovanili del Peñarol assicura che siamo di fronte ad un potenziale fenomeno. Cresciuto in un piccolo club di Solymar, paese in cui è nato, Rossi è passato al Peñarol all'età di 12 anni grazie ad un osservatore del club che lo ha notato in un torneo estivo. La scalata alla prima squadra è partita dall'under 15, dove Rossi giocava titolare pur sotto età (a 13 anni ha segnato 27 gol nel campionato di categoria). Alla fine saranno più di cento le reti siglate a livello giovanile; numeri che gli spalancheranno le porte della prima squadra, con la quale ha esordito segnando nell'aprile di quest'anno, nel match contro il Plaza Colonia.

In gol al debutto: Diego Rossi è un predestinato

I paragoni con Suarez si sono già sprecati; la struttura fisica di Rossi (170 centimetri per 66 chili di peso) effettivamente rievoca i primi passi del “Pistolero”, ma l’efficacia sotto porta impedisce di azzardare analogie con il bomber del Barcellona. A 18 anni, Rossi deve mettere su ancora un po' di massa muscolare, fattore sul quale sta lavorando molto nell'ultimo anno. Cmoe ha dichiarato Jorge Da Silva, tecnico Manya a El Paìs: «È ancora troppo leggero per reggere a certi livelli ci lavoreremo su perché ha potenzialità illimitate ed è un nostro patrimonio».

Marcelo Saracchi (1998, Uruguay)

Nonostante i 18 anni appena compiuti, le prestazioni di Saracchi spiccano per sostanza e duttilità; infatti, tra club e nazionali giovanili. Ha ricoperto finora tutti i ruoli possibili sul versante sinistro. Nasce terzino, ma ben presto viene avanzato a centrocampo dove gli è più facile sfruttare al meglio i suoi tempi di gioco; da mezz'ala ha reso al massimo, tanto che nel club ormai gioca stabilmente nella mediana a tre vicino ad un regista di ruolo, al quale fornisce sempre una valida alternativa nel dettare i ritmi alla squadra.

Qualità in entrambe le fasi di gioco: Saracchi ha potenziale spendibile anche in Europa.

Saracchi vanta anche una lunga militanza nelle nazionali giovanili uruguaiane; capitano della sub'17, ha compiuto il salto nella selezione under 20 dove viene impiegato come esterno sinistro di centrocampo con compiti di copertura. Inter e Manchester United hanno già chiesto informazioni, ma “el Chelo” ha appena rinnovato per tre anni col Danubio. Portarlo via da Montevideo non sarà semplice.

Herlin Hernán Lino (1997, Ecuador)

La crescita esplosiva del panorama ecuadoriano ha mostrato negli ultimi anni che anche sul versante Pacifico il Sudamerica può regalare grandi gioie. Nella metà blaugrana di Guayaquil il settore giovanile lavora a pieno regime da anni; il Barcelona fornisce un numero di giocatori alle nazionali ecuadoregne inferiore solo all'Independiente del Valle, e il trend sembra non volersi fermare. Hernán Lino è la nuova sensazione del calcio “tricolór”, ma come spesso succede quando si è davanti ad un talento enorme, ecco subentrare i soliti problemi extra campo. Dopo aver disputato tutta la scorsa stagione da titolare (esordendo ad appena 17 anni), Lino si è lasciato andare ad un paio di atteggiamenti che non sono piaciuti alla società; prima, a gennaio, si è presentato in ritardo al raduno della squadra, e poi, un paio di mesi più tardi, ha fatto l'alba in discoteca con alcuni compagni, prima di una partita. Ad aprile è stato così rimandato ad allenarsi con la Reserva, rientrando nei ranghi solo a settembre, dopo la pausa invernale.

Lino rientra in pieno nella categoria degli innamorati della palla, anche se gioca in un campo brullo con gli spettatori addossati sul crinale di una collina tropicale.

Lino è il classico trequartista sudamericano; tecnico, spesso egoista, a tratti insistentemente dribblomane. Ma ha una classe innata, pura, quasi cristallina; nel 2015 è stato eletto miglior giovane della Primera Division davanti alla pletora di talenti lanciati dall'Independiente del Valle, guadagnandosi anche la convocazione con la sub'20 dell'Ecuador. Tatticamente può anche essere schierato come esterno in un tridente. Soprattutto a sinistra, dove può sfruttare il suo tiro forte e preciso rientrando sul piede forte, il destro.

Adrián Ugarriza (1997, Perù)

Nonostante il movimento calcistico peruviano non stia passando un gran momento storico, l'Universitario continua a lanciare prospetti molto interessanti. Uno di questi è Adrián Ugarriza, folletto diciannovenne strappato un anno fa al San Martín, non senza qualche problema burocratico. Cresciuto nel club del Callão, (uno dei barríos più floridi a livello calcistico), a fine 2015 passa alla compagine Crema, dove viene subito aggregato alla prima squadra dopo un corteggiamento durato quasi tre anni. L'inserimento è stato veloce: a luglio, mandato in campo negli ultimi dieci minuti contro l'Alianza Atletico, ha segnato il gol vittoria che ha permesso all'Universitario di incanalare il campionato verso i binari giusti.

Ugarriza nasce seconda punta, ma attualmente viene impiegato come trequartista centrale in un 4-2-3-1, che ne esalta particolarmente le doti tecniche. Giocando più lontano dalla porta, può liberare il suo dribbling nello stretto e l'attitudine nel dettare l'ultimo passaggio. Fuori dal campo è dipinto come un ragazzo abbastanza tranquillo (tranquillità: un termine anacronistico riferito al mondo del calcio peruviano) con una passione sfrenata per l'hip hop: «Se non avessi giocato a calcio avrei sicuramente continuato a ballare», ha detto tempo fa ad El Comercio.

Jarlan Barrera (1995, Colombia)

Essere nati a Santa Marta, per un calciatore, è sinonimo di qualità. La costa di Magdálena ha dato i natali a Radamel Falcao e Anthony de Avila, ma soprattutto a Carlos Valderrama, la cui statua campeggia in bella mostra nella piazza principale del barrío Pescaíto. La carriera di Barrera è partita da qui, tra le fila di un piccolo club di quartiere, fino ai 17 anni quando, precettato da Alexis Garcia in persona, si è trasferito a Bogotá accasandosi a La Equidad.

Una compilation di giocate firmate Jarlan Barrera.

L'anno successivo è arrivato il trasferimento all'Atletico Junior, sempre grazie a Garcia, che in lui vede un potenziale fenomeno. Barrera ama il pallone come pochi altri, difende poco e mal volentieri, ma se punta l’uomo quasi sempre lo salta. Esterno offensivo dal dribbling facile, gioca indistintamente su entrambe le fasce e, pian piano, sta affinando le sue capacità realizzative. Nel 2016 ha segnato 5 gol, dopo gli 8 dello scorso anno: un record facilmente migliorabile, in attesa di una chiamata dalla Nazionale maggiore. Se credete molto alla genetica, sappiate che Barrera è cugino di Valderrama.

Juan Camilo Hernández (1999, Colombia)

A 17 anni appena compiuti Juan Camìlo Hernandez, tra un paio di mesi, prenderà il suo primo volo intercontinentale. Andra in Spagna, a Granada, dove approderà dopo aver letteralmente bruciato le tappe. E, caso più unico che raro, senza aver nemmeno esordito nella massima divisione del suo paese. In Spagna sono bastati i numeri collezionati fino ad ora per bloccare immediatamente questo prospetto di centravanti: 17 gol in 28 presenza, una media di 0,60 per partita. Il tutto con la fascia di capitano del Deportivo Pereira al braccio ed il 10 sulle spalle.

Uno dei gol più belli segnati da Hernández, in casa dell'América de Cali.

Papà Néstor e mamma Yanet, ex giocatori, gli hanno tramandato la passione per il calcio sin da bambino. Lui, si dice, a quattro anni giocava con i ragazzini di sei e faceva la differenza. Destro e sinistro («Ma deve migliorare nel gioco aereo», dice il padre ad El Espéctador), grande senso del gol, Hernández sente la porta come una punta d'esperienza, e a gennaio giocherà il Sudamericano sub'20 con gente di tre anni più vecchia.

Rodi David Ferreira (1998, Paraguay)

Il sempre prolifico vivaio dell'Olimpia ci regala probabilmente il prossimo terzino destro della nazionale guaraní. Si chiama Rodi Ferreira, ed è il difensore a correre più chilometri a partita del campionato locale. Un particolare da prendere assolutamente in considerazione, perché il Paraguay ultimamente ci ha regalato squadre composte per larga parte da corridori (basti vedere le ultime convocazioni per le qualificazioni a Russia 2018).

Ferreira spinge tanto, e spesso arriva fino in fondo.

In questo contesto, Ferreira è il classico prototipo di terzino sudamericano: ottimo in fase offensiva, da rivedere in fase di non possesso. Da sottolineare il suo feeling con il gol (già 3 in stagione), che ne confermano l'ottima attitudine nel giocare verso la porta avversaria. Con lui e Blas Riveros (altro talentino, passato in estate al Basilea), il Paraguay ha le fasce blindate per il prossimo decennio.

Erwin Saavedra (1996, Bolivia)

Il suo debutto a 19 anni lo colloca automaticamente nella lista dei boliviani da seguire nel prossimo futuro. Saavedra è una mezzala completa e dinamica, calcia perfettamente con entrambi i piedi e ha tempi di inserimento invidiabili. La sua ricerca della porta avversaria è migliorabile, anche se quelle poche reti segnate (7 in tre stagioni, per ora) sono state pesantissime: una sua doppietta al Blooming ha permesso al Bolivar di ipotecare il Clausura 2014.

Bolivar – Boca Juniors 1-1, Copa Libertadores: Saavedra illumina così La Paz.

Il suo mentore è Carlos Ischia, baffuto argentino che ha creduto in lui dopo averlo visto dominare in mediana nella categoria sub'20 del Bolivar. Il suo idolo, invece, è Walter Flores, attuale compagno di squadra: «Erwin gioca con la naturalezza di un veterano – ha detto Flores – corre e aiuta tantissimo la squadra, e nonostante sia un ragazzo molto timido, in campo non si risparmia».

Lanciato dal Bolivar addirittura sul finire del 2013, Saavedra è si è già conquistato un posto in nazionale. In maglia Verde ha debuttato contro il Venezuela, nella vittoria per 4-2 in un match valido per le qualificazioni a Russia 2018. Difficilmente la Bolivia riuscirà a ripetere l’exploit del ‘94, quando si qualificò per l’ultima volta per una competizione Mondiale; chissà perciò che a far sventolare la bandiera andina nel mondo non tocchi a Erwin, predestinato fin dal nome, lo stesso di uno degli esponenti più importanti della scena futbolera boliviana, quel Sanchez che brillava, a metà degli anni Novanta, con la maglia bianconera a scacchi del Boavista.

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