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13 ragioni
12 mag 2017
Per non volere John Wall al proprio liceo
(articolo)
10 min
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Il bullismo è una cosa seria: solo in America ne sono vittime migliaia di adolescenti, ma nelle ultime settimane anche un’intera conference di pallacanestro professionistica ne sta subendo gli effetti. La costa che si affaccia sull’Oceano Atlantico è un gigantesco corridoio nel quale LeBron James terrorizza i suoi compagni di classe, spingendoli a spallate contro gli armadietti. E se il suo regno del terrore non mostra alcuno scricchiolio, i suoi rivali hanno capito che essere sensibili come Clay non li porterà mai a raggiungere neanche una finale di conference. Non si sopravvive nella giungla se non ci si sa mimetizzare. Meglio quindi rinunciare alla tenerezza dell’adolescenza e indurirsi in un blocco di cemento, freddi come il sangue dei serpenti, pronti ad approfittare della prima crepa.

John Wall questa storia del bullismo l’ha presa sul serio ma l’ha presa contromano, trasformandosi nel peggior incubo di chi si siede nella parte sbagliata della caffetteria. E, come tutti quelli che cercano di ricalcare un modello di potere, non ha la minima ironia, anzi ne aderisce con una tale ferocia da renderlo ancora più pericoloso e instabile dell’originale. Non è chiaro se tutta questa violenza sia emersa in contrapposizione al contesto, come nei pitbull, o se c’è sempre stata e aveva solo bisogno di una miccia per accendersi.

Wall ha iniziato questa stagione lamentandosi del fatto che, nonostante fosse ormai una stella riconosciuta e un tre volte All-Star, non venisse rispettato abbastanza in giro per la lega. D’altronde il capitano di Washington rimane forse l’unico tra i quindici giocatori migliori della lega a non avere un contratto di sponsorizzazione con un brand di riferimento, l’unico con solo 14 partite in stagione trasmesse sulle reti nazionali. La sua vita in NBA assomiglia a quella di un adolescente al liceo (se non consideriamo il contratto da 80 milioni di dollari con gli Wizards, ovvio), tutta frustrazione, ansia e rifiuto dell’autorità. Un mix esplosivo che è deflagrato in questi playoff, in cui sta trascinando i maghi con 28.1 punti (4°), 10.5 assistenze (1°) e 2.0 rubate (5°) a partita, imbruttendo qualsiasi cosa si muova di fronte a lui.

Perché John Wall non è la vittima degli abusi, è il bullo che vi fa piangere in bagno dopo l’ora di geografia. John Wall dietro di sé non lascia vecchie cassette impolverate, lascia le caviglie dei difensori avversari. E quando lo incrociate nei corridoi evitate di guardarlo negli occhi, tirate dritti a testa bassa sperando che questa volta non voglia mangiarvi il cuore, oltre a rubarvi i soldi per la merenda. Se ci riuscite ritenetevi fortunati, perché come sta imparando a proprie spese l’altra parte della costa che pensava di essere scampata al regno di LeBron, John Wall is a bad bitch.

1. Chase Down

Sei appena arrivato dalla Germania, non hai nessun amico e commetti il mortale errore di credere che attraverso il basket riuscirai ad integrarti. Alla fine lo sport non è solo competizione, ma anche divertimento e integrazione: giusto?

Sbagliato.

Dennis Schröder è stato prelevato dal Vecchio Continente, dove giocava nella locomotiva d’Europa, ed è stato messo davanti a quella locomotiva umana che risponde al nome di John Wall. Gara-1, primo quarto, stoppata che fa vibrare il tabellone tanto che neanche Muscala riesce nel tap-in. Welcome to the High School.

2. Transizione

Siete felici della macchina che vi hanno regalato per il vostro sedicesimo compleanno? E come vi sentite ad essere sverniciati da un bipede con la palla in mano che vi lampeggia negli specchietti come Ivan il Terribile Trentaduesimo?

Il particolare assurdo di questa transizione folle in cui supera l’intero quintetto di Atlanta sgasando sulla preferenziale nel traffico di Ferragosto è che arriva immediatamente dopo un canestro subito. Cioè: dopo aver preso una tripla che ha fatto scivolare la sua squadra a -25, mette il NOS e si fa il campo in sei-secondi-sei compreso l’hula hop intorno alla vita e la schiacciata mancina.

3. No look

Ci sono giocatori che all’High School trovano una connessione così speciale con una cheerleader che poi, alla consegna dei diplomi con una mossa a sorpresa, si dichiarano e le chiedono la mano. John Wall la sua connessione l’ha trovata con un due-e-dieci polacco pelato con la barba che si fa chiamare “The Polish Hammer”. De gustibus non disputandum est.

Marcin Gortat è diventato il bersaglio preferito per la sua abilità nel muoversi negli spazi approfittando delle voragini provocate dalle penetrazioni di Wall. Il numero 2 dei Wizard galleggia in aria aspettando che la difesa faccia la prima mossa, come il portiere durante un calcio di rigore, in un infinito Mexican Standoff e poi trova l’uomo libero.

4. Pick and roll

È suonata la campanella, sta iniziando il compito di matematica e tu sei seduto al tuo posto, foglio protocollo e penna bic già aperta davanti a te. O almeno, così dovrebbe essere. In realtà stai facendo i gradoni a due a due, ti lanci in corridoio cercando di evitare ogni corpo che ti si presenta davanti con una coordinazione che non ritenevi di avere e miracolosamente riesci a schizzare in classe prima che la prof chiuda la porta.

Wall pattina tra la difesa degli Hawks come se fare canestro fosse una questione di vita o di morte, perché ha deciso che non sarebbe più arrivato in ritardo con lo stardom che lo aspettava a braccia aperte.

5. Pick and roll e assist sul lato debole

Non ho trovato informazioni a riguardo, ma è altamente implausibile che John Wall non sia stato eletto Re del Ballo d’Inverno alla Garner Magnet HS di Raleigh. Con la sua coordinazione, la sua creatività e il fatto di essere l’atleta più famoso della scuola avrebbero dovuto dargliela di default. O almeno nei film funziona così.

Il pick and roll gestito da Wall è la festa di cui tutti parlano ma a cui nessuno ti invita. Chi ci va però ti racconta che l’High School è il posto più bello del mondo e non si fatica a credergli, visto come Wall dopo una virata del genere, invece di sottoporsi alla prova del palloncino, trova sulla linea di fondo Kelly Oubre, che è il tipo perfetto con cui andare alle feste: bello ma un po’ tonto e dopo il terzo bicchiere di birra si appiccica con la gente.

6. Bullet pass

Quando sei il più temuto e rispettato della scuola sai anche quando devi ricompensare i tuoi tirapiedi adoranti così che non gli venga mai l’idea di dover pugnalare Cesare. La partita è ormai già vinta dopo che l’hai spezzata con un parziale di 26 a 0 e puoi regalare un comodo sottomano a Bojan Bogdanovic, che deve solo farsi trovare libero sotto canestro mentre Tyler Zeller è stato chiamato in Presidenza.

A prescindere dalla difesa da autogestione dei Celtics, questo passaggio a una mano dal palleggio tagliando il campo è l’epitome del “dai, vai a fare sto canestro”. Date a John Wall ciò che è di John Wall.

7. Steal

Ecco perché non volete trovarvi per sbaglio in corridoio con Wall, perché senza che ve ne accorgiate potreste trovarvi accartocciati contro un armadietto. Non c’è mai una ragione precisa dietro i gesti di bullismo, a volte basta che la vostra fascetta sia alla stessa altezza della spalla del vostro aggressore, come dimostra Isaiah in questa clip.

John lo fa passare come se non ci fosse alcun problema tra di loro, poi appena Isaiah volta le spalle gli piomba addosso come un falco, lo brutalizza e si invola verso l’altro canestro a schiacciare di sinistro. Perché se lo fa il Re lo posso fare anche io.

8. Salvataggio

All’High School non conta chi sei, ma come sembri. E per costruirti un personaggio devi continuamente fare cose pazze anche quando non ci sarebbe ragione alcuna per farle. Dwight Howard cerca conforto abbracciato da un asciugamano chiedendosi perché ha mai lasciato l’HS, Kent Bazemore sbaglia un ininfluente tiro libero e i tifosi cercano le chiavi della macchina nelle tasche per non rimanere imbottigliati. Su uno di questi atterra John Wall che dopo aver cercato in ogni modo di recuperare la palla vagante si lancia a peso morto oltre la terza fila.

Dopo aver arringato la folla, prima che Baze inizi la sua routine alla lunetta, si capisce già che quella palla per Wall è importante quanto il numero di telefono della più bella della scuola. Appena parte il tiro schizza da dietro l’arco e rincorre la sfera come un toro a Pamplona, il tutto senza un vero motivo. John diccelo, su chi volevi fare colpo?

9. Isolamenti

Wall è un giocatore estremamente metereopatico e quando sulla sua stella splende il sole è capace di ogni tipo di magia. Qui Bazemore ha letto le previsioni del tempo e quindi neanche si affanna troppo a stare dietro a tutte le mosse che mette sul campo il playmaker dei Wizards. C’è un momento, dopo il secondo palleggio in mezzo alle gambe, in cui sembra sussurrargli: “Oh, se lo fai, bravo te”.

Le situazioni in isolamento sono l’epitome della vita collegiale, con il mondo intorno che si fa sfocato e velocissimo e in una frazione piccolissima devi prendere decisioni fondamentali, almeno per quel possesso. Si riduce spesso tutto ad una questione di fiducia, quella strana legge che collega la scelta mattutina delle scarpe alle statistiche avanzate e che conferma come Wall in questi playoff galleggi tre metri sopra il cielo, in uno stato di pura onnipotenza.

10. Leadership

Nonostante la scia che lascia dietro di sé a volte possa confondere, Wall non è un pilota di Nascar ma il capitano della squadra di basket della capitale. Il suo impatto travalica i meri numeri e assume i contorni del franchise player. Rappresenta lo spirito degli Wizards, una squadra teletrasportata direttamente dagli anni ‘90, che non ha paura di sporcarsi le mani e di affrontare l’avversario a viso aperto.

Anche quando la squadra non si presenta al palazzo, Wall riesce a tenerla in partita letteralmente a mani nude. In molti hanno ipotizzato un parallelismo tra Wall e Westbrook, due cicloni di esplosività che stanno cambiando il modo in cui si gioca il ruolo di playmaker. Se però Westbrook è una centrale atomica, Wall è una miniera di carbone: non c’è nulla di cristallino nel suo gioco, tutto è grezzo, muscolare, ipertrofico. Da chi vuole smontare a pugni il mondo.

11. Trash Talking Vol. 1

Il basket è una metafora sociale che normalizza la parte animale così come l’High School insegna a risolvere civilmente problemi a cui si dovrebbe applicare la legge della giungla. Così giocare bene - anzi, dominare in campo i propri avversari - non significa per forza essere un bullo. Si può essere molto forti ed essere anche molto buoni. Ma Wall non è molto buono. Non gioca per vincere: gioca per uccidere. Se dopo averti schiacciato in testa si limita a rivolgerti qualche parola di conforto è solo perché non è socialmente accettabile azzannare un avversario alla giugulare in diretta tv.

D’altronde non tutti possono essere dei replicanti come Kawhi Leonard, a cui non importa contro chi o cosa stia giocando. John invece sa perfettamente il tuo nome e, fidati, lo scriverà sulla cassetta che si rivedrà in salotto con i nipotini. Perché cosa c’è di più bello di umiliare gli avversari non soltanto ad ogni azione, ma anche quando la partita è bella che finita?

12. Trash Talking Vol. 2

Cosa ti rimane dopo aver schernito tutti i giocatori avversari, l’allenatore e i massaggiatori? Ovviamente il pubblico, specialmente se è quello delle grandi occasioni di una notte di playoff. Così dopo aver chiuso la serie si rivolge direttamente a Julio Jones, il wide receiver degli Atlanta Falcons, seduto in mezzo a Gucci Mane e Quavo.

In conferenza stampa Wall e Beal risponderanno che per loro il trash talk non è semplicemente un modo per caricarsi o per far impazzire l’avversario, ma è una vera e propria missione, che loro svolgono per conto della Culture. Oltre il danno la beffa, sono davvero degli avvoltoi.

13. Dunking on people

Siamo arrivati alla fine di questo lungo ma appassionante viaggio didattico dentro la complessa psiche di un giocatore che sta diventando una delle stelle più luminose della costa Est e, avete ragione, poteva essere molto più breve - ma purtroppo il format era questo e non potevamo cambiarlo. Spero comunque che, nonostante le palate di retorica e dialoghi rubati a Paso Adelante, abbiate finalmente capito cosa fare se siete vittime di atti di bullismo.

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