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15 punti del 2023 che ci hanno fatto saltare dalla sedia
03 gen 2024
Colpi che speriamo tanto di non dimenticare.
(articolo)
15 min
(copertina)
Foto di Geoff Burke / Imago
(copertina) Foto di Geoff Burke / Imago
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Non si è giocato a tennis per un mese e ci è parso un secolo. Ci mancava tutto del circuito, specie in un’annata chiusa con quello slancio di hype in Coppa Davis. Per alleviare la nostalgia, eccovi 15 punti straordinari che si sono giocati nel 2023. Un catalogo utile a un recap dell’anno trascorso, e per non dimenticare proprio tutto il tennis che abbiamo potuto amare.

Il rovescio filante di Dimitrov a Vienna

Grigor Dimitrov e Lorenzo Musetti a Vienna, in autunno, da guardare dentro al Cafè Sperl, con sotto un racconto del New Yorker. Sorseggiate un Maria Theresia, spiluccate una fetta di Sacher, e intanto lasciate scorrere i due migliori rovesci a una mano del circuito. INSANE highlights strilla il video di Tennis TV, che non ha nemmeno metà della grazia richiesta da una partita simile.

Lo scontro fra i due è quello tra due dei giocatori più estetici del circuito. A Bercy sono riusciti a realizzare due tweener nello stesso scambio - di cui uno come lob.

Questo scambio lo comanda Lorenzo, ma in quel modo strano e squilibrato che ha lui di comandare quando è sul lato del dritto. I piedi sempre non perfettamente a posto, delle incertezze sulla posizione di campo da occupare (meglio fare qualche passo in avanti o restare un po’ più indietro?). Dimitrov è qualche metro dietro la riga e remare, quando Musetti tira un dritto fatto bene nel campo aperto. Lui è molto lontano e la palla sta per toccare il cemento per la seconda volta, e Dimitrov la tira su con un colpo di puro polso, col campo che pare lontano chilometri. La palla presa sotto con un effetto in back che però passa Musetti velocemente. Uno di quei colpi da ping pong che i fenomeni tirano dal fondo della sala su un tavolino che sta in mezzo come un atollo. Che contrappasso per Musetti, beccarsi in faccia un passante di rovescio del genere.

Non è stato un grande anno per Lorenzo Musetti, invece ci siamo gustati Dimitrov come un whisky giapponese invecchiato in modo superbo. Il fatto che rappresenti il cosplayer di Federer, ora che è in età avanzata, senza quindi velleità, gli dona una certa carica spirituale. Se ne gira per il circuito con quell’aria da uomo realizzato, non per il suo successo, ma perché ormai non ha più desideri. Può concentrarsi a tirare questi rovesci incredibili, e altri highlights di cui ha riempito la sua annata comunque non priva di reali soddisfazioni.

Il rovescio antico di Nardi contro Cobolli

Il dritto e il rovescio nella storia del tennis sono cambiati fino a divenire irriconoscibili rispetto a quelli che si giocavano un secolo fa. Ci sono ancora dei momenti, delle smagliature, in cui il tennis di oggi sembra uguale a quello di ieri. In questo rovescio, che Nardi colpisce con un lieve colpo di polso, sembrano echeggiare i colpi di Rod Laver, o persino di Don Budge, quando il tennis era più questione d’etichetta che di competizione. È strano vederlo eseguito da questo ventenne su un campo uscito dal libro Neuromante, senza corridoi, minimale, con sopra un’illuminazione gelida. Sono grande fan, poi di chi gioca il rovescio a due mani ma trova vincenti con una sola (andremo verso una versatilità totale, da quel punto di vista?).

Il tweener di Hurkacz

Hubert Hurkacz è sottovalutato. È da qualche anno ormai a ridosso, o dentro, le migliori dieci posizioni al mondo. Ha brutti momenti di forma, ma altri in cui gioca legittimamente alla pari contro i migliori avversari. Finora ha avuto una carriera mediocre negli Slam, ma di livello se guardiamo la sua bacheca: 7 tornei, di cui due Master 1000 e un 500. Un palmares simile - ma lo diciamo sottovoce - a quello di Jannik Sinner. Ma non è per questo che è sottovalutato. Hurkacz probabilmente è questo giocatore. Ha 26 anni e almeno altre 6 stagioni davanti ai massimi livelli. In queste stagioni possiamo aspettarci almeno un exploit in uno Slam, prima o poi, magari su erba, dove sa giocare (semifinalista Wimbledon 2021).

Quello che viene poco riconosciuto a Hurkacz è il fatto che è uno dei tennisti più divertenti del circuito. Non è spettacolare come i ben più compiaciuti Bublik o Kyrgios: non ricerca l’intrattenimento del pubblico come scopo. Ma proprio per questo è più bello da vedere. Ha una gestualità tecnica misurata, colpi con aperture brevi, uno stile offensivo ma leggero. A rete gioca benissimo: in questo aspetto può essere considerato, a mio parere, uno dei migliori tre al mondo. Provate a immaginare come sarebbe la percezione di Hurkacz se giocasse il rovescio a una mano. Quest’anno ha regalato anche una serie di colpi pazzeschi ed estemporanei. In particolare il tweener, il colpo che viene più associato al circo, è una cosa che gli viene particolarmente bene - e scommetto che non ci avreste giurato. È uno dei migliori esecutori di tweener nel circuito, tipo qui ci tira un passante a Tsitsipas. Questo lo tira in faccia a Bublik, e dopo non si sbrodola in esultanze tronfie ed eccessive. Sorride e cerca la validazione del suo avversario. Il punto è che Hurkacz ha il carisma di un ferroviere sovietico: una persona con cui fare un pranzo di natale, ma con cui non andare certo in vacanza.

Il dritto a 200 all'ora di Monfils

Se siete amanti di dritti a tutto braccio tirati per fare un buco per terra, ce n’è sempre uno da trovare di Gael Monfils. Di lui si parla sempre dell’estrema agilità, del fatto che è stato probabilmente uno dei migliori atleti che abbiano mai giocato a tennis - se non il migliore. Si dice poco, però, della potenza talvolta assurda che riusciva a generare sui suoi colpi.

Monfils è un giocatore di strappi. Gli piacciono gli estremi del tennis. Se deve difendere, lo deve fare in modo masochistico; se deve attaccare, deve sfondare i suoi avversari. È un tennis sempre in eccesso - e quindi il contrario di un tennis funzionale. E questo probabilmente dovrebbe bastarvi come spiegazione alla dilapidazione del suo capitale di talento (un talento, diciamolo, da vincitore Slam). Comunque, eccovi un dritto a, bo, duecento chilometri orari, che pare tirato per il gusto di scioccare. O perché Monfils vorrebbe dare un destro in faccia a Tsitsipas, e non poterglielo dare gli dà questo dritto che comunque gli somiglia.

La stop-volley di Wu

Che dire di Wu Yibing? Il 54esimo posto nella classifica mondiale vi potrebbe far pensare a un tennista banale, ma dovete tener conto che quest’anno Wu è diventato il primo tennista cinese, maschio, a vincere un torneo ATP. Non è giovanissimo, è arrivato tardi, perché di questi tempi per un tennista cinese è ancora più difficile. Ora è arrivato, e se non promette di arrivare troppo lontano, promette certo di essere una presenza nel circuito. Noi qui celebriamo questa sua bellissima stop-volley: tra le migliaia giocate quest’anno, per me la migliore, giocata con un micro-passo di lato che mette il campo in orizzontale.

Il livello di Sebastian Korda

Prendete questo punto come buon auspicio per il 2024. Se mi chiedeste qual è il tennista su cui ho più aspettative per il nuovo anno, o almeno tra i tennisti da cui è legittimo aspettarsi un salto di qualità più tangibile, vi direi Korda. Mi rendo conto che non me l’avete chiesto, ma qui ci sono io che scrivo e voi che leggete, mi dispiace. Si parla poco di Korda. Non è circondato dall’aria da predestinato che avevano altri tennisti coetanei, semplicemente perché non lo è, un predestinato. Korda non ha niente di davvero eccezionale, il suo talento assoluto è inferiore a quello di Alcaraz e Sinner. È inferiore anche a quello di Rune. Però gioca bene, davvero molto bene. È un tennista bello da veder giocare, che sa fare tutto, e che quando alza il volume dell’intensità al giusto grado gioca alla pari con i migliori. Come in questo scambio, che non è concluso da chissà quale colpo, ma che vi mostra Korda a suo agio contro Medvedev in un duro scambio su cemento. Su un setpoint. Magari Korda rimarrà sempre in questo limbo di non eccezionalità, ma questo è l’anno buono in cui provare a fare di più.

Il punto ridicolo giocato da Mannarino e Medvedev

Ora che avete letto il titoletto fate finta di non conoscere né Mannarino né Medvedev. Dimenticate tutte le informazioni che li riguardano. Dimenticate che Adrien Mannarino è uno dei tennisti più tecnici e peculiari del circuito, con le sue aperture brevi, il suo tennis minimale e anti-agonistico. Dimenticate la complessa biomeccanica trovata da Medvedev per essere efficace in campo. Guardate solo questi due esseri umani che si scambiano la pallina.

No dico, guardateli: somigliano ai tizi che trovate al circolo che hanno trovato pescato dal mazzo delle possibilità umane una carta tutta loro per giocare a tennis. Quando li vedete scambiare pensate: ho già vinto. Poi iniziate a giocarci e capite che non ce la farete mai. Cosa succede, però, quando questi tennisti si incontrano di loro? Ecco, guardate quanto fa cacare il tennis in questo scambio. Non c’è davvero niente di eccezionale da guardare. Mannarino sembra riuscire a mandare la pallina di là per puzza; Medvedev pare riuscirci per puro caso. Però lo scambio è lungo e affilato. Strategicamente duro. Il fatto che faccia schifo è il semplice prodotto dei nostri sensi incrociati col nostro canone estetico. Il campo viene perlustrato in lungo e in largo, sebbene attraverso colpi osceni. È anche un punto delicato, un set point. Poi c’è il classico duello di scherma a rete, ma imbranato pure quello. Con Medvedev che si arrampica in un paio di smash ridicoli, in cui sembra uno che si allunga per cambiare la lampadina ma soffre di sciatica. Mannarino lo porta a casa per inerzia, per un residuo di incapacità in meno, sfruttando un glitch nel paradossale sistema creato da 'sti due: un gioco sgangherato in cui nessuno è abbastanza bravo per un vincente, ma nessuno è abbastanza scarso per sbagliare.

Questa è una classifica d’eccezionalità, e questa è un’eccezionalità negativa che fa il giro e diventa affascinante.

Il controsmash di Medvedev

Sento di essere stato ingiusto con Daniil Medvedev, uno dei miei giocatori preferiti. Dobbiamo quindi per forza tributare qualcosa al suo genio, che gli permette momenti di grandezza e persino improvvisazione. Questo controsmash tirato su Zverev è roba federeriana: non si può dire il talento cognitivo, la coordinazione fisica, l’intuito spazio-temporale, che serve per provare una cosa del genere senza abbattere fisicamente qualcuno dei presenti nello stadio. Non provateci al circolo.

E ora qualcosa che non avete mai visto

Un conto è una volée in tuffo, un altro contro è una volée in cui si è già a terra dopo il tuffo, e se ne tira un’altra, da terra, vincente.

L’urlo del passante di Djokovic

Le partite fra Djokovic e Alcaraz hanno scandito la stagione tennistica. Si può dire che i due migliori match dell’anno siano stati, più oggettivamente possibile, la finale di Cincinnati e quella di Wimbledon. La prima forse persino superiore per qualità media del match, la seconda migliore per storia. I due offrono un incrocio stilistico degno delle migliori rivalità.

Questa partita di Torino li vedeva in due momenti di forma diversi: Alcaraz stanco e opaco, Djokovic tirato quasi a lucido. Alcaraz però è un campione, e nel secondo set decide di tirare fuori il massimo da sé stesso, e alza il livello per prolungare il match. Djokovic però riesce ad assorbire la furia dello spagnolo, e i due finiscono per fronteggiarsi con una qualità pazzesca. Questo è uno degli scambi più duri del match e vale la pena metterlo in questa classifica. Anche se il passante non ruba particolarmente l’occhio, o almeno il vostro occhio troppo abituato all’eccezionalità da questo articolo, ma dovete immaginare il peso di questo scambio sui muscoli, le giunture, la mente di Djokovic. Immaginate lo sforzo prolungato richiesto per tutti quei tiri di fattura stratosferica, e immaginate pensare di andare oltre. Vedere Alcaraz prendere la rete, ventenne, volitivo, esuberante, onnipotente, e tirargli un passante incrociato spietato. Ci pare di sentire uno di quegli urli ultraterreni che Djokovic ogni tanto caccia in campo, alzandoli dalle viscere della terra.

La persistenza del rovescio di Wawrinka

Questa partita era iniziata con la morra cinese. Questo dovrebbe dirvi già molto sulla serenità da pazzo con cui Wawrinka sta affrontando questo finale di carriera. La follia di chi è già morto e abita il mondo dei vivi senza più conti da regolare. Scende in campo appesantito dai suoi piatti con troppo burro, completini che continuano a somigliare a pigiami, e con sto rovescio che ogni tanto torna dal regno dei morti per ricordarci un’epoca in cui siamo stati felici.

La classe è eterna? Domanda stupida. Però è rassicurante che una certa grazia nel muovere le braccia resti indifferente al tempo e alle possibilità atletiche che si riducono. Che brilli come qualche gioiello etrusco che gli archeologi ritrovano millenni dopo.

Il recupero di Rune col dritto

Che Rune sia il male incarnato ne abbiamo avuto conferma anche in questa partita in cui è passato sopra Thiem come un carrarmato come sopra una bambola di pezza. Ci era mancato Thiem, col suo rovescio e la sua genuina carineria umana. Però in questo anno di ritorno il fisico è parso logorato, i suoi colpi capaci solo in alcuni momenti di penetrare. In una stagione non spettacolare, Rune è comunque riuscito a entrare in diversi compilation di highlights. Questo recupero di dritto lo ha inventato Federer, come colpo, e si è diffuso rapidamente nel circuito come il ricorso a un gesto bonus di Tekken, che può ribaltare gli scambi più compromessi. Questa versione offertaci da Rune è estrema. È un recupero ma la palla, col colpo di polso, fila davvero veloce all’incrocio delle righe opposto, prendendosi tutta la lunghezza diagonale del campo per guadagnare velocità.

Arnaldi Magic

È stato l’anno della grande ascesa di Matteo Arnaldi, che nel 2024 dovrà difendere tanti punti ma così funziona questo meccanismo kafkiano chiamato ranking Atp. Abbiamo amato tutto di Arnaldi: la sua elasticità muscolare, la sua intelligenza, il suo sorriso e ovviamente quella vittoria tremante in Coppa Davis. Questo non so sinceramente cosa sia, non saprei definirlo. Questo colpo qui lo aveva fatto Panatta in un doppio della Davis del '76 (se ricordo bene l'anno), ma a rete. Certo quello di Panatta era un riflesso persino superiore (quando si dice “Panatta a rete prende pure le pietre”) ma questo è un tiro fisicamente quasi impossibile, perché boh, con la racchetta messa così, sulla riga di fondo, quante possibilità ci sono di mandare la palla dall’altra parte facendo punto? Sì, c’entra la fortuna, ma in realtà c’entra zero.

QUESTO punto di Alcaraz

Carlos Alcaraz è una macchina da highlights. In questa classifica poteva finirci più o meno qualsiasi punto vinto nel 2023: c’è sempre un qualcosa di eccezionale nei punti che vince: il modo in cui usa le gambe, un’esplosività entusiasmante, una dolcezza inattesa, una creatività esaltante. Il suo è un tennis per gli occhi, e forse questo ce lo fa sopravvalutare un tantino. Non fraintendetemi vi prego: non voglio dire che Alcaraz non sia un fenomeno generazionale, solo che a volte mi pare si dia per scontata la sua imbattibilità, quando è ancora un tennista molto giovane e con inevitabili difetti e discontinuità varie. Dà ancora l’impressione di un tennista non pienamente realizzato, e che tende a perdersi: la sua continuità di risultati nonostante questo fa paura.

E insomma, perché ho scelto questo punto, che non è certamente così incredibile, rispetto ad altro prodotto da Carlitos. Altri colpi possono rubare di più l’occhio, ma questo punto per me è più paradigmatico. Perché è in un momento duro di partita, perché è Tommy Paul - che per ragioni più o meno misteriose è una sua bestia nera. Perché descrive bene la capacità jazzistica di Alcaraz di improvvisare fuori spartito. Descrive la sua reattività, la sua elasticità muscolare, ma anche la sua elasticità intellettuale, il suo istinto, che gli permette di trovare soluzioni a problemi imprevisti. È un bello scambio, dove Paul ha un bel riflesso. La pallina che colpisce a caso prende un effetto impossibile. Si alza molto, e Carlitos ci si avvicina sereno; quando rimbalza, però, prende una deviazione strana, come un colpo di vento. Alcaraz non solo ci arriva, ma si inventa un colpo di dritto profondo fuori dalla grammatica tradizionale. È un lob che arriva sulla riga. Paul parte con un paio di secondi di ritardo, perché non si aspettava quella risposta. Alcaraz invece era stato fulmineo nel leggere la traiettoria impossibile di prima, e a riorganizzare un colpo: da un dritto alto e forte, a un lob raccogliendo la palla da terra. Questa è solo una delle differenze tra lui e gli esseri umani normali.

Il passante di Sinner contro Alcaraz

So che non siete amanti della locuzione un po’ idiota “Sincaraz”: nemmeno io. Però bisognerebbe trovare un modo per dare un nome alla peculiare esperienza estetica a cui danno vita Carlos Alcaraz e Jannik Sinner quando si affrontano su un campo da tennis. Per certi versi, è stato Alcaraz il primo a conferire legittimità a Sinner come tennista d’élite. Prima del suo arrivo l’italiano non riusciva a battere nessun top-10, o quasi. Contro Alcaraz non solo ha iniziato a vincere, ma le partite prodotte dal loro incrocio portavano l’aura nobile delle grandi rivalità: sfide che erano molto di più di una semplice somma delle parti.

Sinner e Alcaraz sono due colpitori formidabili. Quando il ritmo dello scambio si alza sembrano andare in trance, perdersi nel ritmo astratto dello scambio, in un deliquio di tempi e linee. Questo è stato lo scambio con cui incorniciare il loro 2023, e infatti è uno scambio che vince Sinner, che quest’anno ha accorciato il gap che lo separa dallo spagnolo. È uno scambio di un ritmo semplicemente eccezionale, che nel circuito non si vedeva dall’era brutale della rivalità tra Nadal e Djokovic.

Si inizia sulla diagonale di rovescio, comanda Alcaraz, che cerca di chiudere lo scambio con due modi diversi: un cambio di ritmo lungolinea - spento - e una palla corta, lunga. Sul recupero Sinner tira un vincente, ma Alcaraz ci arriva con un riflesso da spadaccino. Sinner è ancora clamoroso nel recupero. E lo scambio riparte. Si nota la diversità di stili. Alcaraz non tira una palla uguale all’altra, Sinner cerca una regolarità violenta. Poi accelera. Il cambio di ritmo di rovescio lungolinea è poderoso, djokovicano, e Alcaraz - che non ha forse la resistenza di Nadal, ma ha i suoi guizzi - ci arriva buttandosi in spaccata. Lo scambio riparte di nuovo. Stavolta è Alcaraz a trovare un colpo che sembra risolutivo: un dritto che atterra sulla riga di fondo e che costringe Sinner a un rovescio precario che fatica ad arrivare dall’altra parte. L’attacco di Alcaraz è ispirato, di rovescio, profondo, a voler pizzicare in lieve controtempo l’avversario. Sinner lo legge bene, e ha il tempo per immaginare un colpo di fino: un passante di rovescio di controbalzo di superba sensibilità.

Si può contestare l’abilità di Sinner in situazioni estemporanee, in cui deve giocare fuori ritmo, affidandosi all’intuizione. È una critica sensata, ma tutte le critiche per Sinner vanno intese in senso relativo.

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