È stato un anno difficile per lo sport, ma per il calcio femminile in particolare, che ha visto sospesi la maggior parte dei campionati a causa della pandemia. In questo senso è stato un anno un po' di passaggio, in cui il Lione ha comunque fatto in tempo a vincere la sua ennesima Champions League. Le gerarchie nel calcio europeo sono sempre piuttosto definite e nel compilare la lista delle calciatrici più interessanti da seguire troverete soprattutto quelle delle migliori squadre al mondo: Lione, Wolfsburg, PSG, Barcellona, Chelsea e Manchester City, con qualche naturale eccezione. Chissà che il 2021 non sia però un anno di cambiamenti nel calcio femminile, dove la crescita - sportiva, di influenza, di investimenti - non si è arrestata.
Delphine Cascarino, Lione (Francia)
Delphine Cascarino è passata in un battito di ciglia dall’essere una possibile sorpresa della Nazionale francese al Mondiale del 2019 (dove nelle partite importanti è entrata in corsa) all’essere scelta come MVP della scorsa finale di Champions League - vinta dal suo Lione 3-1, contro il Wolfsburg - e tra le dieci migliori nella classifica del Guardian di fine 2020, la terza giocatrice francese dopo Wendy Renard e Amandine Henry, due icone del calcio femminile d’oltralpe. Tutto questo, quando ha ancora 23 anni.
In finale contro il Wolfsburg ha cominciato dopo appena un minuto, saltando due avversarie con un cucchiaio, praticamente sulla riga di fondo; ha creato l’occasione del primo gol di Le Sommer, al ventiquattresimo, andandosene sull’esterno, a destra, e crossando basso; a fine primo tempo se ne è andata di nuovo a due avversarie - facendo passare la palla a destra di una delle due e girandole intorno dalla parte opposta, un numero che in francese si chiama “grand pont” - e dalla respinta successiva al suo cross alto la centrocampista giapponese Kumagai ha segnato il 2-0.
Ma ogni volta che prende palla a destra Cascarino è un pericolo per le difese, sia per come dribbla che per la qualità dei suoi cross, anche da fuori area. Tenerla d’occhio, nel 2021, è doveroso per aggiornarsi sul livello tecnico e atletico raggiunto dalle giocatrici che fin da piccole possono allenarsi professionalmente (molto alto). Oltre al fatto che vederla giocare è sempre un piacere.
Cristiana Girelli, Juventus (Italia)
A 29 anni Cristiana Girelli sta disputando la 16esima stagione in Serie A, dove ha passato più di metà della sua vita. Indossa la maglia numero 10 della Juventus Femminile capolista (a punteggio pieno) e al momento con 11 gol in 10 partite ha segnato più di tutte. Il Guardian l’ha inserita al numero 54 tra le migliori 100 calciatrici al mondo del 2020, prima tra le italiane. Nel 4-3-3 con cui giocano le bianconere lei è il riferimento centrale, ma non statico. È quel tipo di attaccante che trova la posizione in campo con l’intelligenza e diventa il fulcro del gioco. Nella stessa partita può diventare il trequartista, abbassarsi sulla linea dei centrocampisti oppure far valere la propria superiorità in area di rigore. Non è un centravanti puro, ma nessuna in Italia colpisce di testa meglio di lei, basta guardare il secondo gol segnato nel 4-1 alla Roma o quello all’Inter della scorsa stagione.
L’Italia da anni forma attaccanti di alto livello, ma nessuna ha la completezza di Girelli. La facilità con cui gioca a calcio è disarmante, spesso è come se fosse un passo avanti alle avversarie, che può dominare con la tecnica o con il fisico. È una calciatrice autosufficiente in zona gol, ma è anche molto brava nell'aprire il gioco per le compagne per poi inserirsi in area di rigore per concludere. Nelle ultime due stagioni ha segnato praticamente in ogni partita giocata, anche con la Nazionale, e nel 2021 non sembra poter far altro che confermare il suo stato di forma. Ha iniziato quest’anno segnando il gol decisivo durante i supplementari della sfida di Supercoppa contro la Roma. In una Juventus Femminile sempre più ambiziosa, Cristiana Girelli è la punta di diamante da seguire.
Pernille Harder, Chelsea (Danimarca)
Quasi tutto nel 2020 è sembrato indicare Pernille Harder come la miglior giocatrice del pianeta. In assenza del Pallone d’Oro, la trequartista danese è stata messa nel trio di finaliste per il The Best FIFA Women’s Player (anche se alla fine è stata premiata Lucy Bronze), ha vinto l’analogo premio della UEFA e soprattutto, passando dal Wolfsburg al Chelsea, a settembre è diventata la giocatrice più costosa della storia del calcio femminile (con un prezzo del cartellino che si dovrebbe aggirare intorno ai 350mila euro). Eppure la sua rincorsa verso questo riconoscimento non è ancora completa. Il calcio, per forza di cose, rimane infatti uno sport collettivo e ad Harder continua a mancare un ultimo passo per essere considerata davvero la migliore, e cioè ovviamente i trofei. La trequartista danese è arrivata due volte in finale di Champions League con la maglia del Wolfsburg, perdendo entrambe le volte contro la squadra che ha stabilito un dominio che nemmeno il suo talento è riuscito a ribaltare, e cioè il Lione. Il suo passaggio al Chelsea, quindi, va letto anche sotto la luce dell’ambizione personale, visto le ultime sessioni di mercato del club londinese che hanno portato in dote giocatrici come Sam Kerr.
Il 2021 di Pernille Harder, nella sua scalata all’Olimpo del calcio femminile, sarà quindi una delle storie più interessanti da seguire nella seconda metà di questa stagione. In patria, dove il Chelsea si è ritrovato ad affrontare una concorrenza più agguerrita di quanto forse si aspettava (al momento è terza a sei punti dal primo posto occupato dal Manchester United, ma con due partite da recuperare), e soprattutto in Europa, dove la squadra londinese è approdata agilmente agli ottavi di finale, battendo il Benfica 8-0 in aggregato (con anche un gol di Harder). Per arrivare fino in fondo in entrambe le competizioni, Harder dovrà alzare ulteriormente il livello: 3 gol e 3 assist in 10 partite giocate, seppur solo 6 da titolare, sembrano ancora uno score troppo magro per una giocatrice del suo talento creativo, capace di produrre 0.27 Expected Assist per 90 minuti in campionato. Arrivata a 28 anni, per Harder il 2021 potrebbe essere l’anno dell’affermazione definitiva. O almeno, questo è quello che Harder sembra augurarsi. «La sensazione che provi quando vinci un titolo non la puoi paragonare a nient’altro», ha dichiarato qualche giorno fa al Guardian.
Jennifer Hermoso, Barcellona (Spagna)
Quando è arrivata per la prima volta al Barcellona, nel 2014, Jennifer Hermoso si presentò dicendo che le piaceva fare molti assist. Ed effettivamente vedendola giocare sulla trequarti della squadra spagnola (dove è tornata nel 2019) verrebbe da pensare subito a una numero 10 cerebrale, in grado di dare la pausa e servire i movimenti delle compagne con filtranti illuminanti con il suo sinistro. Oltre a questo però, Hermoso è un’implacabile macchina da gol. A dicembre è diventata la miglior realizzatrice delle blaugrana, vincendo per 3 volte il titolo di Pichichi (l’ultima l’anno scorso) e a breve diventerà anche la miglior marcatrice della storia della Nazionale spagnola.
Può segnare gol così, per dire.
Hermoso semplicemente è una calciatrice che sa giocare troppo bene al calcio. Non ha qualità fisiche evidenti, anzi quando deve rincorrere il pallone appare lenta e macchinosa, ma ogni volta che le finisce tra i piedi può succedere qualcosa di speciale. È quel tipo di calciatrice che rende una partita più bella, perché gioca in maniera diversa dalle altre. Nel Barcellona, una squadra molto offensiva, gioca a sinistra (anche se è mancina) dove è fondamentale nell'aiutare la risalita della squadra, ma quando il gioco passa da destra, dove si trova Lieke Martens, ama occupare il centro dell’area di rigore, diventando di fatto un centravanti aggiunto. Il Barcellona sta cannibalizzando il campionato, ha vinto le prime 11 partite con 62 gol fatti e solo 2 subiti. L’obiettivo però non può che essere la Champions League. Nel 2021 Hermoso proverà a guidare una squadra che mai come quest’anno sembra forte in una competizione europea forse mai d'alto livello come ora.
Ada Hegerberg, Lione (Norvegia)
Da quando ha vinto il primo, storico Pallone d’Oro femminile nel 2018, la carriera di Ada Hegerberg si è un po’ bloccata. Certo, nel 2019 ha vinto come sempre il campionato francese e la Champions League con l’Olympique Lione - ma non è stata la miglior marcatrice in nessuna delle due competizioni - e ha mostrato in modo poderoso le sue qualità segnando tre gol in 16 minuti nella finale contro il Barcellona. Ma il 2019 era anche l’anno dei Mondiali, e la sua lunga battaglia con la federazione norvegese per la parità di trattamento, una battaglia che da anni la spinge a rifiutare le convocazioni in Nazionale, le ha impedito di esibire il suo talento nella vetrina più prestigiosa e seguita di sempre.
A bloccarla sono stati però soprattutto gli infortuni. Prima quello al legamento crociato del ginocchio destro subito a gennaio, poi la frattura alla tibia a settembre, due infortuni che le hanno fatto perdere tutto il 2020. È quindi da un anno che Hegerberg non gioca e, prevedibilmente, il suo ritorno in campo è molto atteso. D’altra parte parliamo di una delle stelle del movimento calcistico femminile, capace di stabilire diversi primati e di segnare, ad appena 25 anni, più di 300 gol in carriera. È la giocatrice che conta il maggior numero di gol in Champions League (53) e che detiene anche il record di gol segnati in una singola edizione, 15 in appena 9 partite nella stagione 2017/18.
Non sappiamo quanto hanno inciso gli infortuni sulle sue sicurezze, sul suo modo di giocare, se una volta tornata in campo tutto le riuscirà facile come prima e quanto dovrà adattare il suo gioco a un fisico che inevitabilmente non sarà lo stesso di prima. Il 2021 ci toglierà questi dubbi e forse sarà l’anno in cui vedremo una nuova versione di Hegerberg. Lei come sempre ha tenuto a mostrare quanto siano forti le sue motivazioni: «Non sto tornando giusto per tornare, ma per riconquistare la mia posizione nel mondo del calcio», ha dichiarato qualche mese fa in un’intervista al Guardian.
Sam Kerr, Chelsea (Australia)
Nonostante sia già considerata una leggenda del calcio femminile, Sam Kerr ha ancora 27 anni ed è quindi all’inizio del suo prime psicofisico. Dopo aver segnato caterve di gol prima in Australia e poi negli Stati Uniti (dove è in cima alla classifica marcatori all-time di entrambi i campionati), nel novembre del 2019 l’attaccante australiana è arrivata nel campionato inglese proprio nel momento in cui si è affermato anche in ambito femminile come il più competitivo d’Europa. E infatti, nella Women’s Super League Sam Kerr ha trovato in Vivianne Miedema una degna avversaria nel diventare la più grande marcatrice della lega. Al momento la centravanti olandese è inevitabilmente molto avanti in classifica, avendo già segnato 53 gol in 55 partite, ma Sam Kerr in questa stagione ha dimostrato di potersi prendere un suo posto sul palcoscenico, segnando 7 gol in 8 gare di campionato e uno nella sua finora unica presenza in Champions League.
Quello che impressiona dell’attaccante australiana è l’eleganza con cui riesce ad abbinare il dominio atletico sulle avversarie con la ricchezza tecnica del suo repertorio. Il risultato è una completezza che la porta a segnare praticamente in qualsiasi maniera: attaccando la profondità alle spalle della difesa avversaria, di testa rubando il tempo alla diretta marcatrice, tagliando dall’esterno all’interno per attaccare il primo palo. Sam Kerr è praticamente un’enciclopedia di come ci si muove in area di rigore, che attacca con una carica agonistica sorprendente se pensiamo che il grosso della sua carriera teoricamente dovrebbe essere alle sue spalle invece che di fronte a sé.
A inizio dicembre è arrivata la sua prima tripletta con la maglia del Chelsea, in una spettacolare vittoria per 3-2 con il West Ham. Potrebbe essere solo l’antipasto di ciò che aspetta le sue avversarie nel 2021, un anno in cui Sam Kerr potrebbe conquistare il terzo continente della sua incredibile carriera.
Ji Son-Yeon, Chelsea (Corea del Sud)
La madre, un’ex giocatrice di pallamano, le permetteva di giocare con i ragazzi suoi coetanei solo perché era molto più forte di loro. Il padre era contro (poi ha cambiato idea) e in Corea non c’erano grande prospettive di carriera. Da quando a undici anni, però, Ji Son-Yeon ha visto il Mondiale che la Corea ha ospitato nel 2002, il suo obiettivo era uno solo: diventare una calciatrice. Oggi che di anni ne ha quasi 30 è una delle giocatrici migliori al mondo, decima nell’ultima classifica del Pallone d’Oro (sedicesima in quella del Guardian del 2020) e leggenda del Chelsea, con cui dal 2014 ha vinto tre Super League inglesi. Ji Son-Yeon è una classica numero 10, con una visione del gioco geniale, una tecnica di calcio eccezionale (con entrambi i piedi) e un dribbling che in passato l’ha fatta paragonare a Messi.
Lei è la numero 10 in rosa, che per uscire da una pressione di due avversarie che la schiacciano sulla riga di fondo (in difesa) si inventa un tunnel di tacco per raggiungere la compagna libera.
Quando in un’intervista le hanno chiesto cosa ne pensava del paragone lei si è tappata le orecchie con orrore, perché con una carriera e un talento come il suo il paragone con un calciatore (sia anche il migliore di sempre) è offensivo. Ji Son-Yeon ha poco da chiedere al 2021: un’altra Super League, dopo quella dello scorso anno vinta col campionato interrotto e la classifica stravolta dal sistema di conteggio della media punti a partita (il Chelsea ha vinto per la migliore media ma prima dell’interruzione era seconda con un punto in meno del City), e un percorso il più lungo possibile in Champions League. E se dovesse arrivare una partita importante lei di sicuro si farà trovare pronta. Molto probabilmente tra le linee di difesa e centrocampo avversari, per ricevere palla e servire un filtrante dei suoi.
Dzsenifer Marozsán, Lione (Germania)
Qualche mese fa Dzsenifer Marozsán è stata premiata come miglior centrocampista della Champions League, un premio aggiunto per la prima volta dalla UEFA ai classici riconoscimenti con cui celebra ogni edizione del suo torneo per club più importante, vinto ancora una volta l’anno scorso dall’Olympique Lione. Della squadra francese Marozsán è stata il principale riferimento creativo, la migliore in assoluto per assist serviti nella scorsa Champions, 5. Quelli serviti nel campionato francese alla fine del 2020 sono invece 7 in 11 partite, un dato battuto solo da quello ancora più incredibile di Kadidiatou Diani, che con il Paris Saint-Germain ha firmato 8 gol e 9 assist in 11 partite.
Se però Diani è un’ala tutta dribbling e cross, la rifinitura con cui ha accumulato la maggior parte dei suoi assist, “Maro” è una trequartista tecnica e con una visione di gioco speciale che nel 2020 le ha permesso di essere premiata per la terza volta dalla IFFHS come la miglior playmaker al mondo. Un altro riconoscimento che conferma le grandi prestazioni dell’anno passato e il suo status come una delle migliori giocatrici al mondo, che Marozsán punta a confermare anche nel 2021.
Saki Kumagai, Lione (Giappone)
A vent’anni Saki Kumagai ha calciato l’ultimo rigore della finale del Mondiale vinta dal Giappone. Da quella partita con gli Stati Uniti sono passati quasi dieci anni e nel frattempo Kumagai ha vinto sette campionati e cinque Champions League con il Lione, oltre a un trofeo della nazioni asiatiche e a un’altra finale del Mondiale giocata (stavolta persa, sempre con gli Stati Uniti, nel 2015). Kumagai è una delle calciatrici/calciatori più vincenti di Asia, un ponte tra due generazioni di calciatrici giapponesi e ovviamente capitana della Nazionale. Un anno fa diceva che avrebbe voluto vincere l’oro olimpico, nell’edizione di Tokyo che è stata spostata di un anno e che, quindi, se tutto va bene, dovrà provare a vincere quest’estate. Lo scintillio dei trofei accumulati da Kumagai contrasta con il suo stile di gioco semplice e quasi modesto, con una tecnica nei passaggi che riflette a pieno lo stile giapponese, fatto di alternanza tra passaggi corti e lunghi. A centrocampo Kumagai fa la differenza con smarcamenti intelligenti e lanci in profondità per mettere l’attaccante oltre la difesa (oltre ai tiri da fuori, con cui ad esempio ha segnato il secondo gol della scorsa finale di Champions League). Con la sua intelligenza, oltre al tempismo nei duelli difensivi, può giocare anche in difesa (dove ha cominciato la propria carriera e dove gioca tuttora in Nazionale) facendo sempre da regista della squadra, mantenendo alta la qualità nella distribuzione del gioco da una posizione più bassa. Sempre a due tocchi, stop e passaggio, con entrambi i piedi. «È una perfezionista», ha detto di lei Lucy Bronze, «vuole che tutti i suoi passaggi siano perfetti al millimetro. Al tempo stesso la fa sembrare una cosa semplice».
Smarcamento, visione di gioco, stop e filtrante che porta all'assist. Non si può giocare a calcio in modo più semplice efficace.
Saki Kamagai è semplicemente una delle giocatrici più intelligenti al mondo, oggi, con una conoscenza del gioco e una capacità di leggere e dirigere il gioco che ha pochi eguali. Se Tokyo 2020 si farà, sarà per lei che varrà la pena seguire il Giappone.
Haley Bugeja, Sassuolo (Malta)
È ridicolo pensare che a 16 ha già segnato più di 160 gol (in una settantina di partite, contando anche l’under 19). Per numeri di questo tipo e per l’enorme potenziale che sembra avere, Haley Bugeja è stata inserita anche tra le 10 giovani calciatrici che la UEFA suggerisce di tenere d’occhio il prossimo anno. Non ha sofferto particolarmente l’impatto in Serie A, segnando già 6 gol (solo 1 in meno della compagna di squadra Dubcova e 2 in meno delle capocannoniere del campionato Sabatino e Girelli) e se il Sassuolo è terzo in classifica è anche grazie a lei. Lo scorso ottobre l’abbiamo intervistata e ci ha detto: «Io voglio continuare a raggiungere nuovi obiettivi, sta anche a noi aiutare il calcio femminile a crescere». Le calciatrici dal talento purissimo come lei sono preziose per il movimento, ma anche per noi spettatori alla ricerca di giocatrici capaci di sorprenderci. I dribbling e le conduzioni di Bugeja, capace di partire palla al piede da lontanissimo e non fermarsi finché non è in porta, oltre al suo senso del gol, sono qualità immediatamente riconoscibili.
Sarebbe presto per chiedere a Haley Bugeja di fare più di quello che sta già facendo, ma non è poco. Sta rimodellando l’immaginario del pubblico italiano (quello curioso almeno) su parametri che non molti, neanche tra gli appassionati, credevano possibile. Ha portato eccitazione e stupore in un campionato ancora in costruzione come quello italiano, ha fatto parlare di sé anche ai quotidiani nazionali che solitamente al calcio femminile riservano pochissimo spazio. Soprattutto, sta facendo sperare che il meglio debba ancora arrivare: il suo, di meglio, sicuramente, visto che a parte un talento tecnico naturalissimo e una struttura mentale e fisica che l’aiuta (è forte e veloce, atleticamente non sente affatto la differenza di età con le altre giocatrici, ma è anche matura e ambiziosa) non può che migliorare sotto tutti i punti di vista; ma anche di quel movimento italiano su cui si è appena iniziato a investire e che qualche frutto sta già iniziando a raccoglierlo.