In un paio di interviste recenti Luciano Spalletti, per distacco il migliore allenatore della Serie A fino ad adesso, ha raccontato come secondo lui sia cambiata la fase offensiva, sottolineando come gli spazi liberi non vadano più cercati tra le linee avversarie, ma tra gli avversari stessi. La distinzione può apparire forse solamente semantica – in fondo giocare tra le linee significa, in altri termini, giocare tra gli avversari – ma in realtà cela una realtà più profonda che riguarda in negativo la maniera di difendere delle squadre, a cui gli attacchi sono chiamati ad adattarsi.
Quello che credo Luciano Spalletti voglia evidenziare, ponendo l’accento sulle necessità offensive della sua squadra, è la sempre maggiore attenzione posta dalle fasi difensive alla posizione degli avversari, invece che al controllo degli spazi. Non stiamo parlando di una rivoluzione culturale, ma di una tendenza: tante squadre e tanti allenatori continuano a privilegiare sistemi di controllo degli spazi. Nell’eterna oscillazione tra sistemi difensivi cosiddetti “a uomo” e sistemi difensivi “a zona”, però, nel 2022 sembra che il pendolo si sia spostato verso i primi.
Nei sistemi difensivi a uomo il controllo degli attacchi avversari è affidato principalmente al controllo individuale degli avversari. La posizione assunta dai difendenti è influenzata quindi da quella degli avversari in primo luogo e, successivamente, in ordine di priorità, da quella del pallone e dei compagni di squadra. Chiaramente, all’estremo teorico del concetto di difesa “a uomo”, corrisponde una realtà di campo che ibrida il sistema a uomo con ampi concetti di controllo degli spazi tipici dei sistemi “a zona”. Per un numero sempre maggiore di squadre, però, il controllo degli avversari è diventato prioritario rispetto alla gestione dello spazio. E la cosa non deve essere passata inosservata, se un allenatore attento come Luciano Spalletti ha segnalato la necessità di un cambiamento per le fasi offensive, in risposta a difese sempre più orientate sull’uomo.
I sistemi difensivi orientati alla marcatura a uomo
Limitando inizialmente il nostro sguardo per semplicità alla sola Serie A non si può non citare Gian Piero Gasperini. L'allenatore piemontese da anni a Bergamo, e ancora prima al Genoa, è celebre per una fase difensiva peculiare centrata su un uso accentuato di marcature “a uomo” arricchito da un complesso sistema di coraggiose scalate in avanti per contrastare la perdita dei duelli individuali. L’influenza della visione del calcio di Gasperini sui suoi giocatori è, evidentemente, particolarmente profonda tanto da generare una vera e propria scuola, con alcuni dei suoi ex-calciatori - Ivan Juric, Raffaele Palladino e Salvatore Bocchetti - che adesso siedono in panchina traendo esplicita ispirazione dal gioco del loro vecchio allenatore. In Serie A il sistema difensivo di Gasperini è quello in cui l’attenzione per la posizione dell’avversario è più accentuata, anche a costo di una forte perdita della struttura della squadra. E la sua influenza va oltre ai suoi ex giocatori diventati allenatori. Anche Massimiliano Alvini, ad esempio, al suo esordio in Serie A sulla panchina della Cremonese ha puntato su un sistema difensivo centrato sul controllo individuale degli avversari.
La fase difensiva della Cremonese di Alvini. Si noti come gli avversari sono marcati tutti da vicino e solamente quelli più lontani dal pallone, sul lato debole, sono lasciati liberi per consentire un certo grado di copertura nella zona forte.
Anche gli allenatori che scelgono per la propria squadra un sistema difensivo "a zona", poi, a volte scelgono delle marcature a uomo per alcuni giocatori o per alcuni reparti. È comune vedere il centrocampo, nei suoi interpreti interni – mediani e mezzali – propenso a mutare struttura per disporsi a specchio con il reparto avversario. Ad esempio il centrocampo di quello che sulla carta dovrebbe essere un 4-3-3, si trasforma spesso in fase difensiva, contro un sistema di gioco analogo, in un centrocampo con due interni e un trequartista, con una delle mezzali che va a marcare il mediano avversario e l’altra che si affianca al mediano per il controllo delle due mezzali. Ma l’attenzione per la posizione degli avversari non si esaurisce certo in mezzo al campo.
C'è da dire innanzitutto che i sistemi difensivi "a zona" puri sono quasi scomparsi. In difesa l'attenzione per la rigidità della linea difensiva in funzione della posizione del pallone è ormai abbandonata da buona parte delle squadre a favore di un atteggiamento molto più aggressivo sull’uomo, anche a costo di destrutturarla. La tendenza è talmente chiara che ha cambiato anche le caratteristiche le squadre cercano in buon difensore, che ora dovrà essere in primo luogo forte, veloce, dotato di grande capacità di anticipo e di pressione sull’attaccante, capace, visto il grado sempre inferiore di copertura fornito dagli altri componenti della linea, di gestire frequenti uno contro uno anche su spazi ampi. La volontà di difendere aggressivamente sugli attaccanti avversari è uno dei motivi della diffusione in Italia della difesa a 3, capace nelle intenzioni degli allenatori di mitigare con un’adeguata copertura i rischi connessi all’aggressività sull’uomo.
Anche nei sistemi meno estremi di difesa orientata sull’uomo è ormai frequente, pur mantenendo ampi concetti di controllo degli spazi, vedere squadre mutare la propria struttura per disporsi “a specchio” con le squadre avversarie, al fine di tenere i propri difendenti vicino agli avversari. Lo si vede già nella disposizione degli uomini in pressing, con una prima linea di pressione messa “a specchio” rispetto agli avversari in possesso di palla.
Il controllo dello spazio in fase difensiva non è comunque un concetto passato. Basti, ad esempio, guardare ai recenti Mondiali e a squadre come i Paesi Bassi di van Gaal, che hanno messo in mostra un sistema difensivo basato sul controllo individuale degli avversari, di contro a un Marocco di Regragui che, nel suo blocco basso, privilegiava il controllo degli spazi e l’ostruzione delle linee di passaggio, per indirizzare la manovra avversaria in sacche limacciose di campo dove recuperare più agevolmente il pallone.
L’Olanda di Van Gaal e il Marocco di Regragui. Si osserva bene come l’Olanda marchi da vicino gli avversari, lasciando una certa dose di libertà solo ai due terzini argentini, che occupano le posizioni ritenute meno pericolose. Aké rompe la linea difensiva per seguire Messi a cavallo della linea di centrocampo. Di contro, la perfetta simmetria della struttura difensiva del Marocco, volta a controllare lo spazio.
Al di là di questi esempi, però, sono sempre di più le squadre ad abbandonare difese a zona più o meno ortodossi – che comportano quindi una struttura posizionale più stabile, coperture più prudenti sulle marcature dei compagni, un’organizzazione maggiormente autosufficiente – a favore di sistemi a uomo, con tutte le sue sfumature. Da quelli che vanno dalla semplice “marcatura a uomo” nella propria zona di competenza, alla variazione della propria struttura posizionale per disporsi a specchio con quella avversaria, fino ad arrivare alla assegnazione di marcature più o meno fisse - sebbene mitigate da fattori come la zona di campo, la distanza dal pallone – a discapito anche della struttura posizionale della squadra e al disfacimento del concetto di “linea” di difesa. Ci sono ulteriori adattamenti che si possono fare a un sistema difensivo a uomo. Ci sono squadre che ad esempio in fase di pressing scelgono un approccio prevalentemente orientato sull’uomo, ma che sono pronte, qualora la squadra avversaria riesca a consolidare il possesso palla nella metà campo offensiva, a creare un blocco medio o basso volto a proteggere gli spazi, con particolare attenzione alla difesa della zona centrale. Altre ancora aggiungono adattamenti specifici in situazioni particolari come, ad esempio, le rimesse dal fondo del portiere avversario. Anche in questo caso la fluidità posizionale è la regola, con la squadra che può ricomporre un blocco basso con uno schieramento diverso da quello adottato in fase di pressing.
Contro la Lazio, la Juventus in fase di pressing attua marcature a uomo sui centrocampisti avversari. Partendo dal 4-3-3 Fagioli - la mezzala destra - marca il mediano Cataldi, Locatelli – il mediano – marca la mezzala sinistra Basic e Rabiot – la mezzala sinistra – marca la mezzala destra Milinkovic-Savic. La Lazio ruota il proprio centrocampo, alzando SMS e affiancando Cataldi e Basic. La Juventus segue coi propri marcatori i giocatori laziali anche a costo di stravolgere le posizioni dei propri centrocampisti. Quando la Lazio consolida il possesso, però, la Juve ripiega nel suo 5-3-2 e i centrocampisti ritornano nelle loro posizioni classiche.
I riflessi sulla fase offensiva
Torniamo alla domanda iniziale, quindi: come giocare tra le linee avversarie se le linee, ormai fratturate dalle marcature a uomo, non esistono più? Come provocare il dubbio tra terzino e centrale avversario ricevendo in un mezzo spazio se la posizione di terzino e centrale non è quella che ci si aspetta in uno schieramento in linea, ma invece segue da vicino quella degli attaccanti? Come ha detto Spalletti, la soluzione è trovare gli spazi che si creano tra gli avversari ricordando che ci sarà sempre spazio alle spalle dell'ultimo difensore.
La natura prevalentemente reattiva di un sistema difensivo centrato sul controllo individuale offre alla fase offensiva la possibilità di spostare gli avversari con i propri movimenti. Per questo è necessario creare spazi liberi “tra gli avversari” muovendoli per sfruttare a proprio vantaggio la minore attenzione riservata dai sistemi prevalentemente a uomo per la struttura complessiva della squadra. A funzionare bene sono quindi movimenti coordinati che prevedono lo spostamento di un difendente per mezzo di un movimento senza palla e il contestuale attacco dello spazio precedentemente occupato da parte di un secondo giocatore. In quest’ottica, le rotazioni delle posizioni di centrocampo sono uno strumento ampiamente utilizzato – proprio dal Napoli di Spalletti, ad esempio – e, sempre all’interno dello stesso principio, gli inserimenti offensivi sugli spazi liberati dai movimenti degli attaccanti sono un’arma che può essere particolarmente efficace contro difensori aggressivi sull’uomo. Importanti sono anche gli scambi rapidi tra due giocatori e i movimenti individuali – finte, contromovimenti – prima della ricezione.
Spesso inoltre i sistemi centrati su un attento controllo individuale degli avversari possono lasciare, specie in fase di pressing e nelle loro interpretazioni più aggressive, i difensori sull’ultima linea in situazioni di uno contro uno senza alcuna copertura. In quest’ultimo caso è evidente come la maniera di difendere influenzi le interpretazioni delle fasi d’attacco, che in risposta a fasi difensive aggressive sull’uomo sembrano muoversi verso sviluppi più diretti e verticali per sfruttare gli spazi creati dai movimenti senza palla.
Al Napoli basta un semplice “uno-due” tra Anguissa e Politano per prevalere contro le marcature a uomo di Juric e segnare un gol. Anguissa serve Politano e attacca lo spazio. Politano chiude il triangolo e Anguissa trova un enorme spazio da attaccare arrivando al tiro.
Sono cambiate in questo modo anche le caratteristiche ricercate dalla squadre nei centrocampisti. È diventata sempre più preziosa la capacità di gestire il pallone sotto pressione, di riceverlo e giocarlo con un difensore addosso, provando così a prevalere nei duelli individuali che la marcatura a uomo si propone di vincere e sfruttando a proprio vantaggio l’aggressività della marcatura. Allo stesso modo, un po' per costrizione e un po' per scelta, gli attacchi hanno cominciato sempre con maggiore frequenza a cercare l’accesso all’ultimo terzo di campo e alla rifinitura dall’esterno, sviluppando sistemi che consentono di creare superiorità numerica, posizionale e tecnica sulle fasce, utilizzando i cosiddetti cut-back come un importante tipologia di passaggio chiave. Anche questo ha portato a variazioni nelle qualità richieste agli uomini offensivi: sono sempre più richiesti esterni offensivi forti nell’uno contro uno in grado di generare sull’esterno situazioni di superiorità tecnica.
Alla fine il calcio continua a essere questo: in un continuo gioco di azione e reazione, le difese provano a trovare soluzioni per arginare gli attacchi e in risposta le fasi offensive si ristrutturano e cercano di sfruttare a proprio vantaggio le scelte delle fasi difensive. La tendenza vista nel 2022 di una maggiore attenzione al controllo dell’avversario rispetto alla gestione degli spazi in fase di difesa è l’ennesimo tentativo di trovare una soluzione a un’esigenza di ogni fase di difesa: togliere tempo e spazio all’avversario in possesso palla. Come evidenziato da Spalletti, le fasi offensive sono però già pronte ad adattarsi e a trovare le contromisure.