Per inaugurare il 2025 abbiamo deciso di riesumare le nostre ucronie, pezzi che fino a qualche tempo fa pubblicavamo all'inizio dell'anno per immaginare eventi più o meno possibili alla luce del contesto che ci presentava il presente (qui, per esempio, una del 2019 in cui immaginavamo che la Serie A imponesse alle squadre di comprare solo giocatori italiani). L'ucronia, come si legge sul vocabolario Treccani, è la "sostituzione di avvenimenti realmente accaduti in un determinato periodo storico con altri, frutto di fantasia ma verosimili". In questo modo, quindi, proviamo a immaginare cosa ci aspetterà in questo 2025 volando con la fantasia e senza pretesa alcuna se non quella di divertirci.
Di seguito pubblichiamo un'immaginaria lettera di Claudio Lotito, alle prese con l'organizzazione di un conclave, al figlio, Enrico. Buona lettura.
Caro Enrico,
spero che questa lettera ti giunga in buona salute e in un momento di gioia come quello che sto vivendo io. In principio, sento il dovere morale di sottolineare come l’essere avulso dall'ufficio e l’impossibilità di mantenere quella comunicazione costante e diretta che ha sempre caratterizzato il mio approccio quotidiano al lavoro siano stati, per me, enormi sacrifici. E a proposito, il tuo instancabile impegno per mantenere salda e sicura la nostra barca a galla, pur navigando in acque tanto agitate dall’incertezza, è stato impagabile e fonte di grande conforto: come sono solito ripeterti con profonda convinzione "Labor omnia vincit". Questo rappresenta non solo il motto della mia esistenza, ma un principio fondamentale che sono immensamente orgoglioso di aver potuto tramandare a mio Figlio come preziosa eredità morale. Al termine di questo periodo che si è rivelato essere indubbiamente il più intenso di una vita che, per scelta consapevole, non ha mai cercato né percorso la via più semplice, è giunto finalmente il momento di raccontarti, per quanto si possa mettere per iscritto, il senso del lavoro di queste settimane.
Il giorno delle dimissioni di Papa Francesco, a un paio di mesi dall’apertura della Porta Santa, ha rappresentato un momento difficile per me come per tutti i Cattolici. Pur non essendo, come sai, un grande estimatore dell’operato di Bergoglio, sono stato colpito dal suo modus operandi. Col senno di poi qualche malalingua qui ha interpretato le mie parole di quei giorni come la prova che io avessi macchinato con la Curia per portarlo alle dimissioni. Sono tutte cazzate! Tra il lavoro al Senato e la Lazio a malapena riuscivo a salutare tua madre alla sera, come sempre. Quando ho detto che le dimissioni sono state il più grande gesto di generosità del Pontefice l’ho detto perché ci credevo. Tante volte anche nel mondo del calcio la gente non capisce quando è il momento di smettere. È una problematica di lungimiranza. Per questo è da quando eri piccolo che ti faccio partecipe del lavoro, perché la famiglia è una piccola polis e quando io non sarò più in grado di gestirla ci dovrai pensare tu. Se uno ragiona alla Cicero pro domo sua, poi quando muore Cicero, o Cicero non gliela fa più, muore la domus e muore pure la polis.
A proposito di polis, veniamo al dunque. Anche prima di entrare in politica ho sempre detto che sono animato da spirito civico. Tutto quello che faccio lo faccio per la polis. Ma questa non è una polis qualsiasi, questa è Roma, dove la polis greca è stata sintetizzata con la religio. La forza di Roma è stata sempre il connubio tra il potere temporale e il potere spirituale, la fede e il governo. Io di questo sono sempre stato convinto, perché vengo da una mentalità papalina. Quando il Cardinale mi ha chiamato per dirmi che stavano in difficoltà per il Conclave, sinceramente ho risposto: «E io che ve devo fa? Già so Presidente, Senatore, fateme pure Papa…». Al Cardinale gli è preso un colpo, si pensava che ero serio. Io detto fra me e te mica lo sapevo che pure un laico poteva diventare Papa. Altri cinque minuti capace che lo convincevo pure, ma non si è mai visto, bisogna restare ancorati ai principi pur nelle più alte ambizioni. Sta di fatto che da Cattolico in primis, mi sono sentito di poter dare una mano. Con tutte le volte che la Divina Provvidenza mi ha messo sulla strada giusta, mo che era la Divina Provvidenza che c’aveva bisogno di essere indirizzata io ho risposto presente. Spirito di servizio. Secondo la mia formazione Cristiana ritengo che anche in questa scelta ci sia un disegno che va interpretato in chiave escatologica: per ogni situazione esiste Dio che vede e provvede, anche in questa.
Quando sono arrivato ai Palazzi Vaticani (senza scorta, l’ho detto solo a te, a tua madre e a Giulio che mi ha accompagnato) ho trovato tutto barricato. D’altra parte conclave deriva dal latino cum clave. Nel ‘200 gli abitanti dell’allora sede papale, Viterbo, esasperati da anni di indecisioni e rinvii da parte dei Cardinali, li chiusero a chiave nella sala del palazzo papale affinché la penuria d'aria e la costrizione fisica potessero accelerare la scelta. Della serie che quando la storia si incastra c’è bisogno di un po’ d’olio come con le porte. Le due anime maggioritarie del Conclave in una delle ultime congregazioni generali si sono accordate con il Decano per far entrare un collaboratore per parte. Dice che è una consuetudine dal 1878, ma è sempre stata portata avanti in segreto. L’altro è un vescovo argentino amico di tale Fernandez, gente di Bergoglio.
Mi hanno dato una stanza nella Domus Sanctae Marthae, vicino alle stanze dei Cardinali africani. Gli ho parlato di Abebe Bikila, abbiamo fatto una grande amicizia con il cardinale etiope che parlava bene l’italiano. Appena siamo entrati in confidenza ho capito che erano persone pragmatiche, con cui si poteva trovare un terreno comune. D’altra parte questi tutto volevano tranne che la continuità con Bergoglio. Kant dice che ci stanno il noumeno e il fenomeno. Il fenomeno è ciò che appare, il noumeno è invece la realtà. Ecco, Bergoglio è stato kantianamente un fenomeno. Ma la Chiesa adesso ha bisogno di gente che sappia fare, che abbia esperienza manageriale.
Ci voleva una scossa, qualcuno con una visione pragmatica, imprenditoriale, da manager, che arriva e ristruttura l’ambiente. Papa Benedetto era uno che ce l’aveva, io l’ho conosciuto. Purtroppo l’ha fregato l’apparato. Il problema è che c’è un governo pletorico nella Chiesa, è pieno di prenditori e magnager come nella società civile. Nei gangli del sistema ci devi mettere la gente tua, di fiducia. La Chiesa va completamente ristrutturata, bisogna che i Vescovi, i Parroci, quelli che davvero stanno sul territorio et cetera contino di più. E però chi può mettere in piedi una riforma così ambiziosa? Qualcuno che conosce l’apparato a fondo, che sta al Vaticano da sempre, che rappresenta un senso d’appartenenza. Se io non fossi stato convinto della bontà della candidatura del Cardinale non avrei mollato tutta la baracca per settimane.
Con grande emozione ho potuto assistere alla Missa pro eligendo Romano Pontifice. Il mio cuore si è riempito di un sentimento che trascende le parole, la mia anima cattolica si è sentita in totale comunione con l’Altissimo. Subito dopo è iniziato il rituale di ingresso alla Cappella Sistina, l’unico luogo a cui non ho avuto accesso. Quando sono iniziate le votazioni ho iniziato a passare le giornate nell'Appartamento Borgia. La cosa migliore di questi palazzi è che c’è una grande attenzione a evitare gli sprechi, mi fa sentire nel posto giusto. Uno si immagina lo sfarzo di questi ambienti ma qua non trovi una luce accesa fuori posto manco se giri tutto il Vaticano. La prossima volta che sento Suor Paola gli chiedo se c’ha qualche suora da mandarmi a Formello. Comunque inizialmente ero molto preoccupato all’idea di non poter fare telefonate e lavorare come al mio solito nell’attesa di sapere i risultati dell’elezione. Man mano che il tempo passava, ho cominciato ad apprezzare sempre di più questo momento catartico. La Sala dei Misteri è diventata il mio studio.
Sigmund Freud diceva che non è facile suonare lo strumento della mente, ma quando suona è una sinfonia. Come sai la mia grande capacità sinestetica è quella che mi permette di portare avanti tutti gli affari contemporaneamente. Senza telefoni, senza le duemila chiamate al giorno, senza possibilità di avere notizie da te e dagli altri, nella penombra di questa sala magnifica, ho potuto per la prima volta dopo decenni concentrarmi su un pensiero soltanto. Ci erano alcuni quadri d’arte moderna, Gauguin, Picasso, Dalì, ma non erano niente in confronto alle decorazioni della sala, dipinte da Pinturicchio in persona. Uno spettacolo. D’altra parte come diceva Verdi: “Torniamo all’antico e sarà un progresso”.
Nel frattempo le elezioni continuavano ad andare a vuoto. Il Cardinale oscillava tra i 20 e i 30 voti come previsto. La vera partita si giocava a cena e qua entravo in campo io. A proposito, le suore servono piatti di minestra, spaghetti, spiedini di carne e verdure bollite. Altro che Chenot, quando mi peserò avrò perso 5 chili, dillo a tua madre: mens sana et anima sana in corpore sano. A cena l’argentino non si è mai visto. Dicevano che pregava tutto il giorno. L’ho incontrato solo una volta, nel bagno dell’Appartamento Borgia, gli ho detto che io amo gli argentini, ma è difficile fare affari con loro. Gli ho chiesto se si ricordava di Lucas Biglia e mi ha detto di sì. Mi è sembrato un tipo simpatico, però ancora adesso non ho capito che è venuto a fare. Ha macchinato così nel segreto che non se n’è accorto nessuno.
Io tutte le sante sere per due settimane ho cenato con gruppi di cardinali diversi. Come sai il mio inglese è discreto ma la grande fortuna è che tutti loro parlano il latino. Non sai che piacere avere finalmente degli interlocutori all’altezza dei miei studi classici, dopo tanti anni con quei burini del mondo del calcio e della politica italiana. Comunque la partita era difficile, perché la grande maggior parte dei Cardinali li aveva nominati (creati, si dice in gergo) Bergoglio, 110 su 139. Considera che per fare il Papa ci volevano 93 voti. La nostra fortuna è che si sono fatti la guerra da soli: dividi et impera. Più i giorni passavano e più andavano in crisi per non riuscire a convergere su un candidato. Erano secoli che non si arrivava a un numero di votazioni così alto, posso solo immaginare che dicevano i giornali. A proposito appena esco da qua dentro me li voglio leggere tutti.
Come sempre la chiave di tutto è studiare le carte. In questo io e il Cardinale siamo sempre stati allineati. Una norma sancita da Giovanni Paolo II prevedeva una riduzione del quorum dai due terzi alla maggioranza assoluta a partire dal trentacinquesimo scrutinio. Ma quel grande Papa di Benedetto XVI, compreso l’errore costituzionale che avrebbe rappresentato tale riforma, con il motu proprio De Aliquibus Mutationibus dell'11 giugno 2007 e con il motu proprio Normas Nonnullas del 22 febbraio 2013, ha sancito che a partire dal trentacinquesimo scrutinio si deve procedere al ballottaggio tra i due nomi che nell'ultimo scrutinio hanno ottenuto la maggioranza dei voti. A quel punto l'elezione avviene sempre con la maggioranza di almeno i due terzi dei cardinali, esclusi i due che sono al ballottaggio. Dopo la prima settimana è stato chiaro che i progressisti avrebbero fatto Papa il diavolo in persona pur di non fare il loro rivale interno alla corrente. Un grande classico delle sinistre. E allora il grande capolavoro l’abbiamo fatto insieme agli americani: dopo un paio di settimane siamo riusciti a tirare fuori un terzo candidato progressista, il maltese. E intanto i voti del Cardinale aumentavano scrutinio dopo scrutinio. A quel punto il ballottaggio è stato inevitabile. Al trentaquattresimo scrutinio: primo Zuppi con 64 voti, secondo il Cardinale con 48. Derby italiano.
La notte prima del primo scrutinio di ballottaggio ho chiesto un appuntamento a Monsiginor Baldassarre Reina. Non ti nego che iniziava a serpeggiare una certa stanchezza. Per prima cosa gli ho detto: «Eminenza lei eccelle nella Chiesa come il suo omonimo portiere fra i pali, ma è più ragionevole». Già lì si era sciolto. Abbiamo parlato tutta la notte, ma non solo di questa questione, proprio a tutto tondo come uomini. Intorno alle tre del mattino in una fase di stallo ho assunto il mio classico atteggiamento di chiusura degli occhi e lui ha iniziato a pregare. A un certo punto sento: «Da virtutis meritum, da salutis exitum, da perenne gaudium. Amen». Apro gli occhi all’improvviso e gli faccio: «Eminenza questo è il Veni Sanctae Spiritus di Papa Innocenzo, complimenti, è una preghiera straordinaria». Pensa te che ancora mi ricordavo una preghiera dell’oratorio di San Barnaba. Lì ci siamo stretti la mano e ho capito che era fatta.
Mentre finisco di scriverti questa lettera sento risuonare le note del Te Deum dalla Cappella Sistina. È il segno che il Conclave è ufficialmente finito. Solo adesso mi rendo conto del fatto che ho chiamato Cardinale quello che oramai, anche grazie ai miei sforzi, è il Papa di Santa Romana Chiesa. Non sono ancora riuscito a parlarci, perché dopo l’elezione inizia un rituale complicatissimo e si è dovuto ritirare nella Stanza delle lacrime. Come ti ho anticipato, prima di entrare qua dentro avevo fatto solo una richiesta in cambio del mio servizio e dato che pacta sunt servanda fra uomini di fede e d’onore, in anteprima su tutto il mondo, annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam! Qui sibi nomen imposuit CLAUDIUM I. Può sembrare un peccato di vanità ma invece è la conclusione di un percorso logico preciso, la summa della nostra visione: da un lato la Chiesa come erede della romanità antica, dall'altro l’omaggio a un Santo sottovalutato della cristianità, un costruttore che lavorava la pietra ed è rimasto fedele a Cristo a costo della vita. Sono sicuro che l’Istituzione e tutta la comunità cristiana saranno entusiasti della scelta.
Mentre ti scrivo queste parole sono commosso. Quando mi leggerai avrai forse già visto il Cardinale affacciarsi al balcone di Piazza San Pietro e sentendo il nome scelto avrai capito che tutto è andato per il meglio. Come ti dicevo ho deciso di mandarti questa lettera per raccontarti nel dettaglio le emozioni di queste settimane, ma è anche un modo per me stesso di chiudere quest’esperienza facendo un sunto che mi aiuti a realizzare la portata di questa che è un’impresa, lasciamelo dire, storica.
So che il mio ritorno in ufficio e al Senato è sempre più urgente, ma avrò ancora bisogno del tuo aiuto perché ho deciso di restare in Vaticano per qualche altro giorno. Ho bisogno di parlare con il Papa per programmare i primi passi, il vero lavoro chiaramente inizia adesso. E poi detto fra noi (guai a dirlo a tua madre) queste settimane di clausura, senza i telefoni e l’urgenza di risolvere mille problemi al giorno, immerso nell’arte e nella fede, sono state un grande dono che Dio mi ha fatto.
Con affetto,
tuo padre, Claudio… Zero (l’originale)
P.S. mi sono perso quattro partite per la prima volta nella storia, non è che niente niente esco da qua dentro che stiamo primi in classifica? Papa laziale, scudetto giubilare…