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3 note da Juventus-Fiorentina
13 feb 2023
Cosa ci ha detto la sfida tra due deluse della Serie A.
(articolo)
8 min
(copertina)
Marco Canoniero / IMAGO
(copertina) Marco Canoniero / IMAGO
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Juventus e Fiorentina si ritrovano a soli 3 punti di distanza nell’anonimato della mezza classifica un po’ per caso. Due amici che d’estate rimangono da soli in città, infelici, mentre gli altri sono partiti per le vacanze. La natura di questa infelicità è molto diversa, però. La Juventus, come sappiamo, è in quella posizione dopo la penalizzazione di 15 punti inflittagli dal giudice sportivo; e che per la Fiorentina sia una stagione tremenda lo si capisce che nemmeno quella penalizzazione è bastata finora a stare sopra la Juventus in classifica.

Nel giro di qualche mese il gioco di Italiano pare essersi svuotato di tutte le sue premesse interessanti. Il pressing, vero brand della squadra, è rimasto, pur scolorito, l’unico strumento che rende la Fiorentina viva. Ogni aggressione e riaggressione, una scarica di pace-maker a una squadra altrimenti priva di energia. E allora contiene una malignità tutta allegriana, il fatto che la Juventus nel primo tempo abbia costruito la sua vittoria proprio attraverso le armi del nemico, con due riconquiste alte che hanno prodotto le due migliori occasioni della partita della Juve.

Di questa partita abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast dedicato ai nostri abbonati in cui commentiamo a caldo le partite più interessanti della settimana. Se non siete ancora abbonati potete farlo cliccando qui.

L’azione (e la fascia) che ha deciso la partita

All’11’ Milenkovic ha il pallone tra i piedi e non sa cosa farci. La Fiorentina ruota molto quando costruisce dal basso, ha movimenti coordinati e solitamente efficaci. In quel caso Amrabat si era abbassato tra i centrali, il suo posto era stato preso da Dodò, mentre Bonaventura si era alzato sulla trequarti. Milenkovic allora è costretto a una di quelle palle rischiose perché costringono l’esterno, Gonzalez, a giocare con l’avversario incollato addosso a tutta velocità. A dire il vero stavolta Gonzalez ha tutto il tempo che vuole, e comunque sbaglia l’appoggio in modo incredibile, innescando Vlahovic. Come sempre ieri sera, la Juve lascia a Di Maria il compito di rifinire ed è sempre una buona idea. Il suo cross va su Kostic, sul secondo palo, che non riesce a superare Terracciano.

Si capisce, però, che da quel lato la Fiorentina è un po’ incartata. La Juventus forse annusa l’odore del sangue, come nelle giornate migliori, e pressa in alto in controtendenza con le proprie abitudini. Di Maria scherma Amrabat; Vlahovic balla tra i due centrali, Chiesa si sposta per schermare le tracce interne, mentre Rabiot e Locatelli vanno a uomo su Bonaventura e Duncan.

Al 33’ un’altra situazione uguale alla precedente. Milenkovic alza la testa e non vede nessuno. Amrabat si è di nuovo abbassato fra i difensori, il suo posto è stato preso da Bonaventura, seguito a uomo da Rabiot. Nico Gonzalez, forse intimidito dall’errore precedente, non si è abbassato per giocare con i compagni. Milenkovic sembra rimproverarlo, mentre scarica palla su Dodò. A quel punto però la Juve alza l’intensità, Kostic piomba sui piedi di Dodò, che ora deve dare palla a Gonzalez in una situazione più scomoda della precedente. Alex Sandro lo pressa da dietro e gli sporca il controllo. L’azione prosegue con un dribbling di Rabiot sul precipitoso Milenkovic, un cross in mezzo, un contro-cross di De Sciglio; poi Di Maria mette in mezzo, deviazione, colpo di testa di Rabiot che Terracciano riesce a respingere solo un centimetro dopo essere entrato oltre la riga di porta.

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Senza Saponara, la Fiorentina ha provato a costruire soprattutto a destra, come mostra anche la passmap di Statsbomb. La catena Dodò-Bonaventura-Gonzalez, però, ha funzionato peggio della società che di solito si crea a sinistra fra Biraghi e Saponara. Lì si è annidato l’incontro tra i limiti della Fiorentina e l’aggressività della Juventus. Kostic è stato il giocatore che ha portato più azioni di pressione (17), ma anche Rabiot (15) e Alex Sandro (12) sono stati fra i migliori. Anche nel secondo tempo la migliore occasione della Juventus nasce da una riconquista alta di Kostic su Dodò, e il rimpallo che manda Moise Kean a concludere davanti a Terracciano.

La Juventus non è una squadra che vuole riconquistare in alto il pallone, anche se curiosamente le migliori prestazioni stagionali hanno coinciso con un atteggiamento senza palla più spregiudicato, e le peggiori con un’attitudine passiva. Contro il Napoli, per esempio, la Juventus ha scelto di compattarsi dietro cercando una partita puramente distruttiva, quando sia l’Inter che la Roma hanno mostrato quanto sia più redditizio provare a pressare in alto la squadra di Spalletti. La Juve è una squadra eclettica, ma nei momenti più tesi è come se Allegri volesse rifugiarsi in una specie di identità eterna - conservativa, prudente - che però i suoi giocatori non sono più abituati a fare. Da dopo la penalizzazione la Juve è meno tesa, meno spaventata di perdere. Sembra una squadra che ha mollato gli ormeggi, e che sta finendo per giocare meglio. Contro la Fiorentina la Juve ha portato 127 azioni di pressione, circa venti in più rispetto alla propria media.

La vocazione al martirio della Fiorentina

Se Allegri è stato così coraggioso contro la Fiorentina è anche perché conosce i limiti dei suoi avversari. È difficile trovare una squadra più in crisi offensiva della Fiorentina, che con 23 gol segnati ne ha fatti meno di squadre come Salernitana, Bologna, Monza, Sassuolo. Durante la telecronaca Pierluigi Pardo ha definito quella di Italiano una squadra “poco concreta”, che a livello statistico ha ottimi dati ma che è poco fredda sotto porta. Non è proprio così. In realtà anche se guardiamo le statistiche la Fiorentina è messa male. È ottava in Serie A per xG ogni 90 minuti ma è quintultima per xG per tiro. La squadra non riesce a portare attacchi di qualità. È molto organizzata nel portare il pallone sulla trequarti, ma lo sforzo che fa per arrivarci pregiudica poi la qualità nella definizione dell’azione. I due esterni offensivi devono abbassarsi molto per giocare incontro, svuotando l’area di rigore, e se un tempo Vlahovic poteva bastare, da solo, come pericolo in area, oggi la Fiorentina non ha un finalizzatore abbastanza pericoloso.

Cabral e Jovic, i due giocatori che dovevano sostituire Vlahovic ieri sedevano in panchina, mentre in campo c’era Kouamé, che però è un altro di quegli attaccanti con la mentalità da mediano, che svuota l’area di rigore per aiutare la squadra con duelli a tutto campo. Forse non c’è giocatore che rappresenti meglio le velleità della squadra di Italiano. Un attaccante che è rimasto in rosa solo perché senza mercato, ritrovatosi a giocare titolare per carenze altrui. Un attaccante però più votato al lato sporco del gioco che a quello creativo, un lavoratore, un maratoneta, un duellante.

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Un agevole risalita del campo della Fiorentina sulla catena Biraghi-Ikoné-Kouamé, ma a quel punto cosa fare?

La Fiorentina ha anche creato le sue occasioni ieri, ma nessuna davvero pulita. Ci sono delle ragioni tattiche, visto che la Fiorentina sembra sempre troppo rigida nel modo in cui occupa la trequarti, ma anche individuali. Arrivati negli ultimi metri, i giocatori di Italiano sbagliano molto spesso la scelta. In quest’occasione per esempio Duncan vanifica una promettente superiorità numerica con un tiro.

La migliore occasione, se escludiamo il gol annullato a Castrovilli, è stato un tiro di Ikoné nel primo tempo su cui Locatelli si è prodigato in uno strano intervento da terra che ha probabilmente evitato il gol. Per il resto cross: moltissimi cross. Come ormai saprete, se siete dei cultori delle statistiche negative della Serie A, la Fiorentina è la squadra che manda più cross in area di rigore. Anche ieri sono stati 29. Il cross è lo sfiatatoio degli attacchi della Fiorentina, che non riesce ad arrivare a rifinire in modo più qualitativo, e la situazione in cui sono più visibili i limiti dell’assenza di un centravanti forte in area. Messa così, sembra una squadra naturalmente portata al martirio, che pare fare di tutto per esaltare i propri difetti.

La raffinata partita di Angel Di Maria

L’assenza di giocatori creativi, capaci di rifinire, dare l’ultimo passaggio, di impacchettare il lavoro della squadra, è bruciante nella Fiorentina, ma sembra un problema più generale della Serie A - dove mancano dribblatori, rifinitori, più in generale creatori di gioco. Quelli che ci sono, diventano spesso il centro gravitazionale tecnico della propria squadra: Leao, Kvaratskhelia, Dybala, Milinkovic-Savic, Lookman. La Juventus ha trovato questo giocatore in Di Maria, rientrato dai campionati del mondo forse meglio di quanto immaginavamo - avete presente tutti quei discorsi sulle motivazioni che avrebbe avuto una volta tornato dal Qatar?

Da quando è rientrato Di Maria ha dato un altro spessore alla Juventus, 2 gol e 2 assist nel 2023, ma soprattutto una grande tranquillità nel gioco. Quando si appoggia a Di Maria, per qualche protezione spalle alla porta, qualche cucitura sulla trequarti, la Juventus sembra più leggera, più consapevole della propria forza. All’inizio del secondo tempo Di Maria ha portato palla in transizione nella zona centrale del campo. Aveva Amrabat di fronte, mentre aspettava il taglio di Vlahovic dietro la difesa. Il centravanti però non ha tagliato di fronte a Di Maria (forse perché poi avrebbe dovuto concludere col destro), e allora l’argentino ha rallentato, ha dribblato Amrabat con la suola, per poi attaccare in un secondo momento. Un’azione significativa della capacità di Di Maria di ordinare la squadra attraverso la tecnica, anche sopperendo o aggirando i limiti dei compagni.

Juventus-Fiorentina, la sfida fra due deluse del nostro campionato. In uno Stadium spesso silenzioso, in un campionato raccontato spesso per il suo impoverimento tecnico, viene da chiedersi perché stiamo guardando questa partita. A qualcuno sembrerà poco ma Angel Di Maria, anche in questa versione minore di fine carriera, resta un ottimo motivo.

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