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40 giovani da seguire nel 2022 – Terza parte
05 gen 2022
Yeremi Pino, Yan Couto, Ricardo Pepi e altri giovani da seguire con attenzione.
(articolo)
20 min
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Il nostro viaggio nei talenti più interessanti da seguire nell’anno che si è appena aperto continua con la terza decina di nomi. La prima la trovate qui, mentre la seconda qui.

Yéremi Pino, 2002, Villarreal (Spagna)

Prima della stagione 20/21 Yéremi Pino non aveva mai giocato una partita in Liga. Certo, già si parlava di lui da diverso tempo: prima quando nel giugno del 2017 aveva rifiutato un’offerta del Barcellona per accasarsi al Villarreal; poi quando alla sua prima stagione tra i professionisti, con la squadra C del “sottomarino giallo”, aveva segnato 20 gol in Tercera Division. Ma per noi che non guardiamo tra le viscere del calcio e di certo non facciamo gli scout la sua apparizione è stata simile a un’epifania: nel 2021, dal nulla, è comparso in alcune delle partite più importanti del calcio europeo. Prima la finale di Europa League contro il Manchester United (diventando prima il più giovane calciatore spagnolo a partecipare a una finale europea e poi il più giovane in assoluto a vincere la competizione), poi la semifinale di Nations League contro l’Italia, in cui è stato uno dei giocatori che più ha rivelato quanto fossero fragili le nostre sicurezze dopo la vittoria dell’Europeo. Entrato al 49esimo, Yéremi Pino ha fatto il suo esordio assoluto con la maglia della Spagna maggiore con un grande senso per la scena: prima mettendo letteralmente in ginocchio Emerson Palmieri con una finta simile a un passo di tip-tap e crossando per Oyarzabal solo al limite dell’area piccola; poi lasciando sul posto Bastoni, facendosi mezzo campo palla al piede e trovando con un filtrante geniale Marcos Alonso solo in mezzo all’area. Nonostante nessuna di queste due occasioni si sia trasformata in gol, Yéremi Pino ha fatto il suo ingresso tra i sogni di tutti un attimo dopo averlo conosciuto.

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La partita contro l’Italia è stata una finestra su cosa potrebbe diventare il suo talento inserito in un contesto associativo che ne esalta le qualità migliori, ma in realtà non è molto fedele della sua evoluzione oggi. Yéremi Pino non è un dribblatore barocco né un accentratore di gioco, e si inserisce alla perfezione nella grande tradizione tecnica delle Isole Canarie (dov’è nato e cresciuto) - quella, per intenderci, che ha formato un giocatore come David Silva. L’ala del Villarreal fiorisce con il controllo del pallone e riesce a manipolare gli avversari meglio in spazi piccoli - tanto più perché non ha qualità atletiche eccezionali e quando si allunga il pallone non può fare il vuoto tra sé e gli avversari. La sua affermazione in una squadra reattiva come quella di Emery, in questo senso, è piuttosto sorprendente ma in parte spiega anche i numeri realizzativi non certo da cavarsi gli occhi (l’anno scorso 7 gol e un assist in tutte le competizioni; quest’anno siamo a 3 gol e 3 assist nonostante i circa 1500 minuti di gioco). Il 2022 potrebbe già riservare per lui il salto in una grande squadra, speriamo in un contesto che gli permetta di farci di nuovo stropicciare gli occhi come in quella sera di ottobre a San Siro.




Josko Gvardiol, RB Lipsia, 2002 (Croazia)

Non esiste che Josko Gvardiol abbia solo 19 anni (tra poco 20, a dir la verità). Guardandolo giocare - e guardandolo in faccia - sembra un controsenso. Troppo composto, troppo sicuro nelle scelte difficili, troppo versatile. Parliamo di un difensore mancino di un metro e ottantacinque che può giocare sia da centrale che da terzino e che nel suo club attuale, il RB Lipsia (che lo ha pagato poco più di 18 milioni), gioca a sinistra in una difesa a tre. Gvardiol è forte di testa, forte in recupero correndo indietro, forte in anticipo, forte con la palla tra i piedi. Anzi, cominciamo proprio dalla fine: Gvardiol, a dispetto del fisico da carrarmato e del fatto che, per quanto tecnico, non è uno di quei terzini funamboli che in realtà da piccoli volevano essere Neymar, ha un gioco di passaggi e in particolare una tecnica nei taglia-linee in diagonale straordinaria. Qui sotto un esempio dalla partita con il Borussia Dortmund di poco tempo fa, in cui manda in porta Nkunku con la facilità con cui un difensore comune passa la palla in orizzontale a un compagno di reparto:

E Gvardiol di palle in avanti, difficili, ne gioca moltissime. Le sue statistiche, se confrontate a quelle degli altri centrali di difesa, sono semplicemente ridicole. Eccelle praticamente in tutti gli aspetti offensivi e difensivi, e un po’ è dovuto al fatto che con la Croazia (con cui ha giocato titolare lo scorso Europeo) e con la Dinamo Zagabria, in cui è cresciuto, giocava terzino, un po’ al fatto che sa fare tutto. Nella difesa del Lipsia, nonostante sia un anno difficile (con un cambio di allenatore appena avvenuto) sembra aver trovato il suo posto ideale, appunto come terzo a sinistra di una difesa a tre, mettendo in mostra non solo le sue qualità in fase di palleggio già elevatissime, ma anche un talento difensivo importante. Un esempio: dopo tre minuti, nella partita di Champions League contro il Manchester City, Phil Foden scappa alle spalle della difesa tedesca, Gvardiol è solo in mezzo a Foden e Grealish e mentre accorcia in direzione della palla indica con una mano Grealish, chiedendo ai compagni di dargli copertura alle spalle. Non ce n’è bisogno perché la sua scelta di tempo è perfetta e finisce con l’intercettare il passaggio e uscire palla al piede da una situazione potenzialmente tremenda.

Gvardiol sembra nato per giocare a calcio in quest’epoca in cui i difensori devono essere anche centrocampisti, al tempo stesso sembra poter crescere moltissimo ancora dal punto di vista puramente difensivo. Se l’elasticità muscolare resterà la stessa, unita alla forza, alla scelta di tempo e alla tecnica sulla palla, nel giro di poco tempo potremmo parlare di lui come di uno dei migliori difensori europei in assoluto.




Arsen Zakharyan, Dinamo Mosca, 2003 (Russia)

Nato a Samara da genitori armeni emigrati in Russia dopo la guerra del Nagorno Karabakh, a 14 anni Arsen Zakharyan si trasferisce a Mosca per giocare per la Dinamo e entrare a far parte delle varie nazionali russe di categoria. Se tra gli scout il suo nome è ben conosciuto, è solo nell’ultimo anno che la sua traiettoria ha preso un'impennata. Fino al 2020 giocava infatti nella seconda squadra, prima che l’allenatore Sandro Schwartz decise di promuoverlo. In primavera è uno dei pochi della Russia a salvarsi all’Europeo U21 (segnando anche un gol all’esordio). Intanto la Dinamo gli ha fatto firmare il suo primo contratto professionistico. Per capire il suo impatto: pur avendo giocato solo 13 partite, a fine stagione è stato votato dai tifosi come il miglior calciatore della Dinamo della stagione 2020-21.

Da questa stagione è diventato titolare inamovibile, chiudendo il girone d’andata con 4 gol e 6 assist (al momento miglior assistman del campionato). Non era nella squadra della Russia allo scorso Europeo solo perché fermato all’ultimo da una tonsillite. Già alle successive qualificazioni Mondiali lo si è visto però in campo titolare come attaccante a sinistra del tridente nella prima partita contro la Croazia. A dicembre è stato eletto dal campionato russo miglior giovane del 2021.

Zakharyan è un talento unico nel deperito panorama russo contemporaneo, ha qualcosa che lo fa sembrare figlio di un’altra scuola calcistica, tanto che è stato accostato a tanti talenti diversi, da Mkhitaryan a Griezmann. Ma forse lo stile di gioco che più gli somiglia è quello di Kakà. Capelli sempre curatissimi, faccia da bravo ragazzo, fisico longilineo ma con le spalle larghe, una naturalezza nei gesti tecnici che fanno sembrare tutto facile e inserimenti in area con tempismo perfetto. Proprio la conduzione palla al piede, anche nello stretto, è ciò che fa scattare reminiscenze del brasiliano. Come lo ha descritto il suo allenatore nelle giovanili Vladimir Korolyov: «Ha uno stile interessante, perché ti dà l'illusione che la palla sia troppo lontana da lui quando corre. In realtà, è in pieno controllo grazie alla sua lunga falcata».

Zakharyan può giocare ovunque sulla trequarti, da ala a trequartista e lo si è visto anche come mezzala. La qualità tecnica in velocità e nel calcio e le letture offensive sono tali da poterlo mettere dove serve e troverà sempre il modo di farsi notare. Anche all’interno della stessa partita può essere spostato al centro o sulla fascia a seconda delle esigenze. Ovviamente si adatta di conseguenza: al centro è più presente nella trama di gioco, mentre dalla fascia è più presente in area di rigore. Un altro segno di una maturità calcistica già evidente. Qualsiasi cosa sia che fa apparire un giocatore con un’aura speciale, che lo fa sembrare sempre al posto giusto al momento giusto, quella cosa che va oltre il talento tecnico è ben presente in Zakharyan. Cercato prima dal Barcellona e poi dal Real Madrid, il suo destino sembra in una grande d’Europa senza bisogno di ulteriori tappe intermedie. Con la Dinamo in piena lotta per un posto in Europa e il Mondiale in arrivo, il 2022 dovrebbe essere l'anno della rivelazione al grande pubblico anche fuori dalla Russia.




Devyne Rensch, Ajax, 2003 (Olanda)

I talenti dell’Ajax, si sa, sono modelli di creta ancora freschi, malleabili, pronti a prendere la forma che i loro tecnici vorranno, quando il passaggio dal calcio giovanile a quello professionistico sarà compiuto. Devyne Rensch è un terzino destro che può giocare a sinistra con la stessa qualità, che ha fatto anche il difensore centrale e persino il mediano con la prima squadra. Nel 2020 è stato premiato come miglior giocatore del settore giovanile e un anno prima, con l’under 17 olandese, ha vinto l’Europeo di categoria. Gioca poco per ora con la prima squadra, si alterna ancora con la seconda, ma si è già guadagnato già l’esordio con la Nazionale maggiore di van Gaal, nel 6-1 dell’Olanda contro la Turchia. Insomma la strada di Rensch sembra lastricata di buone intenzioni e non è escluso che possa rientrare presto nei titolari (se, ad esempio, l’Ajax cedesse Mazraoui) o nei piani di mercato di qualche squadra altrettanto importante.

Per evitare fraintendimenti: ci vorrebbe però una squadra di quelle che fanno arrivare i terzini nell’area di rigore avversaria, e che controllano la palla, non una che vuole difendere al limite della propria area e ripartire. Una squadra tipo l’Ajax, cioè. Potete dare per scontata una qualità nel controllo della palla fuori dal comune, così come l’intelligenza tattica, posizionale, e la tecnica nel controllo e nei passaggi. A questo va aggiunto il fatto che è praticamente ambidestro e, anche se fisicamente è ancora acerbo e quindi non riesce ad essere esplosivo sui primi passi o forte sulle gambe nei contrasti, ha uno stile difensivo molto tecnico. Dove non arriva con i muscoli ci arriva in scivolata o allungandosi con il tempo giusto. Insomma, non si tratta di un giocatore fatto e finito ma proprio considerando le grandi potenzialità ancora da sviluppare è persino meglio così.




Youssoufa Moukoko, Dortmund, 2004 (Germania-Camerun)

La prima citazione di Moukoko su L'Ultimo Uomo risale al 2017, 5 anni fa. Era appena un paragrafo in cui si parlava di questo dodicenne che stava distruggendo i campionati U17 tedeschi con la maglia del Borussia Dortmund, una cosa mai vista a livello numerico che è continuata fino a quando non è stato evidente che Moukoko era pronto per il calcio dei grandi. La squadra tedesca ha dovuto aspettare che compisse 16 anni per farlo esordire in Bundesliga, da regolamento, altrimenti forse avrebbe infranto tutti i record di precocità. Una volta arrivato, per segnare il primo gol tra i professionisti ci ha messo appena qualche spezzone di partita. Nella scorsa stagione, a 16 anni, ha segnato 3 gol in 410 minuti di gioco, e sarebbero stati di più se non si fosse infortunato a inizio aprile.

Moukoko è uno di quegli attaccanti potenti e rapidi, caparbi e precisi. La capacità che ha di costruirsi un’occasione da gol a questa età è sorprendente. Contro l’Herta Berlino ha raccolto un pallone vagante al limite dell’area di rigore, è rientrato sul destro, fintato il tiro, saltato un avversario, ha accelerato per evitare il secondo e poi con un angolo strettissimo ha calciato forte di sinistro sotto le gambe del portiere. È difficile trovare un attaccante con tutta questa varietà offensiva così giovane, talmente avanti nel suo percorso di crescita che è difficile anche prevedere dove possa arrivare.

In questa stagione doveva essere la riserva di Haaland - non un compito facile - ma i continui infortuni lo stanno limitando molto. Secondo la Bild dovrebbe tornare a disposizione del Borussia Dortmund a metà gennaio. Intanto il Camerun ha provato a convincerlo a partecipare alla Coppa d’Africa senza successo (Moukoko finora ha giocato per le nazionali giovanili tedesche, ma ha la doppia cittadinanza). La speranza è che nel 2022 riesca ad avere una stagione piena, senza problemi fisici, magari per convincere il Borussia Dortmund che il post Haaland può essere lui.




Felix Afena-Gyan, Roma, 2003 (Ghana)

Il primo calciatore nato nel 2003 a segnare in Serie A lo ha fatto realizzando una doppietta. Abbiamo ancora negli occhi quei momenti eccezionali: Mourinho che lo butta nella mischia nel secondo tempo di una partita difficile ancora bloccata sullo 0-0, al Marassi contro il Genoa, e Felix che prima segna con un piatto destro in diagonale da dentro l’area (gol meno facile di quello che sembra) e poi si inventa il secondo con un tiro a giro improvviso, bellissimo, da molto fuori area, che finisce preciso e violento sotto al sette.

Mourinho sembra avere un debole per Felix che fa entrare nei secondi tempi di partite difficili come fosse un amuleto, e Felix a sua volta sembra aver trovato una figura di riferimento nel portoghese, al punto che i due hanno passato Capodanno insieme. Difficile dire come si adatterà, sul lungo periodo, alla massima serie un attaccante che fino a poco tempo fa aveva giocato solo in Primavera, dove il vantaggio atletico e tecnico era eccessivo. Le sue doti tecniche e tattiche, la velocità, la precisione in fase di finalizzazione (i suoi gol in Primavera spesso avevano angoli difficili, che richiedevano compostezza davanti al portiere e precisione) insieme all’entusiasmo che lo porta giocare come se dovesse convincere ogni volta Mourinho di meritarsi un posto in campo, fanno di Afena-Gyan uno dei giovani più interessanti e divertenti del campionato. Non c’è fretta, ma Felix sembra voler perdere il minor tempo possibile.




Ricardo Pepi, Augsburg, 2003 (Stati Uniti/Messico)

Treni dell’hype, negli Stati Uniti, negli ultimi tempi ne partono piuttosto spesso. Quello di Ricardo Pepi, però, sembra avere qualcosa di diverso, di unico, che trascende la narrativa del wunderkind. Pepi è, innanzitutto, una bella storia da raccontare, un’edificante personificazione dell’American Dream, degli attriti ma anche delle connessioni tra Messico e States: nato a El Paso, nel profondo sud del Texas, da genitori messicani di Ciudad Juárez, Ricardo ha gli affetti letteralmente attraversati dal Rio Grande. Cresciuto nelle giovanili del Dallas FC, che negli ultimi due anni ha visto affermarsi altri giovani promettenti come Reggie Cannon e Bryan Reynolds, Pepi ha esordito in MLS appena sedicenne. Nel frattempo ha partecipato a clinics tanto delle giovanili statunitensi quanto di quella messicana, in un limbo in cui la decisione finale veniva costantemente rimandata, in bilico tra affetti e reali prospettive.

La prima rete è arrivata appena un anno dopo l’esordio e nella MLS 2021, iniziata ad aprile, è infine definitivamente esploso. Nel corso della stagione ha timbrato il cartellino 13 volte, sfoggiando l’intero campionario del classico centravanti d’area di rigore.

A Luglio è anche diventato il più giovane triplettista nella storia della MLS.

Il fatto è che se agli States, ultimamente, non mancano ottimi giocatori, un fenomeno così, invece: sì. Un 9 così classico, così archetipico, non si vedeva dai tempi di Eric Wynalda, al massimo di McBride, o di Jozy Altidore, forse, ma senza l’istinto letale da killer che ha, invece, Pepi. Oltre a quello che si dice, con una metafora un po’ banale, fiuto per il gol, che è qualcosa di più raffinato della fame di gol, Ricardo Pepi sa fare altre cose da centravanti completo. Si muove bene senza palla, è molto associativo, spesso gioca con le spalle alla porta. Protegge il pallone in maniera un po’ acerba, con piedi non sempre educatissimi, ma con lunghe scoordinate leve che gli conferiscono la dominanza goffamente elegante della gru coronata. Il corpo non ha ancora raggiunto la maturità che invece sembra avere il suo cervello.

A settembre ha esordito in Nazionale, in Honduras, ovviamente segnando. Per una strana coincidenza, anche un altro diciottenne aveva esordito andando a rete contro Honduras, e si chiamava Landon Donovan. Una settimana più tardi, poi, a Austin, quindi pressoché a casa, ha segnato una doppietta contro la Giamaica. Due reti che più esemplificative del suo stile di gioco - una meglio dell’altra - non poteva trovarle. Come Donovan, Ricardo Pepi ha scelto di trasferirsi, diciottenne, in Bundesliga. Si era parlato a lungo di un interesse da parte di Real Madrid, Liverpool, Manchester United. O Bayern Monaco, che è legato al Dallas FC da una partnership molto forte, grazie alla quale Chris Richards è arrivato in Baviera.

Pepi, invece, ha scelto Augusta - forse allettato da un'offerta economica più ricca, favorita dal nuovo ricchissimo investitore di minoranza della squadra, David Blitzer, che possiede il 45% del club e si dice abbia finanziato l'affare. In ogni caso, l'Augusta rimane una squadra modesta, in lotta per la retrocessione, nella quale presumibilmente troverà subito spazio e responsabilità. Alla fine della fiera, il contesto giusto che potrebbe servirgli: una scelta umile, e intelligente, come il suo gioco, come il suo atteggiamento.




Yan Couto, Braga, 2002 (Brasile)

In una lista di giocatori da seguire non può mancare il terzino brasiliano ipertecnico, che come il basilico sulla Margherita non è obbligatorio, ma quando c’è tutto sembra veramente al suo posto. Ormai siamo abituati al ruolo di terzino come quello più flessibile, il pezzo della scacchiera che gli allenatori muovono di più per far quadrare i conti in campo. Quando si ha a disposizione un terzino dalla grande tecnica poi, attaccare diventa più facile e da sempre il Brasile è il posto dove trovare questo profilo. Tra i giovani brasiliani Yan Couto è quello che sembra avere un futuro ad alto livello più pronosticabile, non fosse altro che prima ancora di fare l’esordio tra i professionisti era seguito sia dal Barcellona, che da Juventus e Manchester City. Nel 2019 si è messo in luce vincendo da protagonista il Mondiale U17 con il Brasile.

In patria gli hanno subito affibbiato il ruolo di erede di Dani Alves per lo stile di gioco tecnico e creativo visto al Mondiale, e non è un caso che a spuntarla per il suo cartellino sia stata la squadra di Guardiola, che lo ha acquistato per 6 milioni (più altri 6 di bonus) quando non era ancora maggiorenne, con appena 2 partite giocate con il Coritiba. Il City però non lo ha lasciato crescere in Brasile: appena compiuti i 18 anni, età minima per i trasferimenti, lo ha portato subito in Europa. Forse consapevole che per caratteristiche Couto è un terzino da calcio spagnolo, il City l’ha prima mandato in prestito al Girona (la loro filiale in Spagna) in Segunda e poi, in questa stagione, l’ha spostato un gradino più in alto nel Braga in Portogallo, dove può anche iniziare a prendere confidenza con il calcio delle coppe Europee. Proprio in Europa League, dove ha giocato 4 partite da titolare nel girone, si è visto come la sua qualità tecnica e la velocità di esecuzione è già di alto livello.

La scelta di non provarlo subito in Inghilterra, visto un fisico ancora acerbo e un gioco difensivo tutto da costruire è stata intelligente. Couto è uno di quei terzini che sale in attacco appena possibile e lì agisce praticamente da ala dribblomane, puntando l’uomo e rientrando nel campo per ultimo passaggio o provando ad arrivare sul fondo per far arrivare il pallone in area con una tecnica di cross già pulitissima. Nel Braga gioca come terzino destro in una difesa a 4 ed esterno a tutta fascia con la difesa a 3. Altro elemento che ne sta aiutando un eventuale futuro al Manchester City, visto che con Guardiola dovrà essere abituato a scalare lungo la fascia a seconda del modulo scelto. Gli inglesi al momento non hanno bisogno di un terzino destro, possono quindi essere pazienti e seguirne lo sviluppo, ma se può esserci nel lungo periodo un erede possibile di Cancelo per qualità tecnica e stile di gioco quello è Couto.




Kaiky, Santos, 2004 (Brasile)

Da non confondere con Kayky, l’ala brasiliana diciottenne già del Manchester City, anche se è difficile farlo visto che Kaiky gioca come difensore centrale e sarà almeno 10 centimetri più alto. E se Kayky è nella lunga lista dei pretendenti al trono di Neymar, per Kaiky invece la vita è molto più semplice perché nel suo ruolo la concorrenza, almeno in patria, è minore. In Brasile ci sono pochi difensori centrali così completi alla sua età. Dallo scorso anno, neanche diciottenne, è titolare al centro della difesa del Santos, la squadra della città in cui è nato, promosso direttamente dall’U17 col compito di ereditare il posto del capitano Lucas Veríssimo partito per Benfica.

Da subito ha stupito per la maturità mostrata, in un ruolo in cui l’esperienza ancora conta tanto. Cresciuto giocando futsal, si spiega anche così la sua tranquillità col pallone tra i piedi. Già è totalmente a suo agio nel gestire l’uscita del pallone del Santos e le sue letture col pallone sono già raffinate: alternando passaggi corti, taglialinee rasoterra e lanci lunghi, sa dove posizionarsi rispetto agli avversari, come mettere il corpo quando si tratta di ricevere e il tipo di passaggio giusto da effettuare anche sotto pressione, così come quand’è il momento di partire in conduzione per sfruttare lo spazio davanti prima di liberarsi del pallone.

Veloce e deciso negli interventi sia in anticipo che in copertura, è da capire se anche con giocatori più complicati da marcare in Europa riuscirà a reggere botta fin da subito, intanto si sta dimostrando particolarmente abile nei duelli aerei, per tempismo e tecnica. Paragonato anche per questo a Marquinhos, il giocatore del PSG è un riferimento per Kaiky stesso: «Il giocatore a cui mi ispiro in campo, e che ha il mio stesso profilo, è Marquinhos. Molte persone paragonano il mio stile di gioco a lui, e per questo sono molto onorato». Anche se in passato ha fatto anche altri nomi come riferimenti, tra cui uno insospettabile come Cannavaro: «Ho visto molti video di Cannavaro. Non l'ho visto giocare, ma ammiro molto il suo calcio. E attualmente sto guardando a Sergio Ramos, Thiago Silva e Marquinhos per l'ispirazione».

Come successo con Marquinhos sembra destinato a lasciare presto il Brasile. Per caratteristiche sembra più adatto ad una squadra che vuole gestire il pallone partendo dal basso e non è un caso infatti se negli ultimi mesi l’Arsenal di Arteta è la principale squadra a cui è stato accostato. La clausola per liberarlo dal Santos è di 70 milioni ma il contratto è in scadenza nel 2023 quindi verosimilmente andrebbe via a molto meno.




Alan Velasco, Independente, 2002 (Argentina)

In un’intervista rilasciata quando aveva quindici anni a un programma dal nome bellissimo, De la cuna al infierno, cioè dalla culla all’inferno - l’inferno sarebbe quello abitato da los Diablos Rojos di Avellaneda - Alan Velasco aveva detto di ispirarsi a Eden Hazard. Oltre che a Maximiliano Meza, all’epoca enfant prodige dell’Independiente.

Oggi che è arrivato in prima squadra - esordio da diciassettenne, deflagrazione in questa stagione - i paragoni sono tutti con “el Kun” Agüero: entrambi lanciati da Julio César Falcioni, entrambi bassini, col baricentro a terra, entrambi con la maglia numero dieci sulle spalle. Un accostamento del genere, però, oltre che pericoloso soprattutto per Velasco, è innanzitutto fuorviante.

Alan non ha la vera vocazione del cecchino che Agüero mostrava già in nuce: è molto tecnico, spesso funambolico, con il vizio della gambeta, amante del gioco sullo stretto, del trick mai fine a se stesso ma sempre funzionale a lasciare spiazzati gli avversari.

Come il Kun, questo sì, è esplosivo nelle ripartenze, nelle progressioni. Reattivo, resistente agli scontri con gli avversari nonostante un corpo ancora leggermente in divenire, svaria su tutto il fronte d’attacco prediligendo la fascia sinistra, dove ha la possibilità di accentrarsi e andare al tiro, un tiro secco e potente, anche dalla distanza.

Forse l’accostamento più sensato l’ha fatto Lucas Pusineri, che lo ha fatto esordire, quando ha detto che il giocatore che più gli ricorda Alan Velasco è Arjen Robben.

Difficilmente l’Independiente riuscirà a trattenerlo ancora a lungo. E difficilmente smetteremo di paragonarlo ad Agüero, almeno fin quando non atterrerà in Europa, brucerà le fasce dei campi al di qua dell’Atlantico, e in quel morphing tra Kun e Robben Velasco non troverà la sua vera identità, così pibe de potrero, eppure così elegante.




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