Ad agosto del prossimo anno, circa un mese dopo la finale del Mondiale russo, si terrà – è ancora da decidere dove – la cosiddetta FIFA eWorld Cup, il nuovissimo format dei Mondiali di FIFA, che fino a quest’anno venivano chiamati FIFA Interactive World Cup. Al torneo finale parteciperanno solo 32 giocatori, 16 per Xbox e 16 per Play Station 4, ma alle qualificazioni, che hanno preso il via già da inizio novembre, parteciperanno migliaia di persone da tutto il mondo.
I modi per accedervi sono diversi, ma quello più semplice e immediato è attraverso la cosiddetta Fut Champions Weekend League: un torneo online a cui può partecipare chiunque e che si svolge tutto l’anno ma che per un mese dà accesso alla prima fase di qualifiche ai Mondiali. L’obiettivo, per ridurlo ai minimi termini, è vincere più partite possibile delle 40 che si tengono ogni weekend (stiamo parlando, quindi, di 160 partite in un mese di qualifiche).
Le qualifiche per i Mondiali del 2018 si sono concluse il 26 novembre: chi ha ottenuto i punteggi migliori si è qualificato alla Fut Champions Cup di gennaio, che a sua volta darà accesso ai playoff di giugno, che finalmente sputeranno i nomi dei 32 partecipanti del torneo finale, la cosiddetta Grand Final 18.
Il processo è insomma lungo e complesso, si svolge lungo centinaia di partite diverse, e contro i migliori pro player di FIFA di tutto il mondo, ma tutto effettivamente inizia dall’atto di sedersi sul divano, accendere la console e prendere il joystick in mano. Forse vi siete già fatti suggestionare dall’immediatezza del tutto e avete provato ad addentrarvi nella Weekend League, che è iniziata il 3 novembre, o magari siete rimasti solo sull’uscio della competizione perché non vi sentivate all’altezza o semplicemente perché avevate troppo poco tempo.
In ogni caso, se il vostro pensiero è arrivare ai prossimi Mondiali di FIFA, o a una delle prossime edizioni se non siete riusciti a sopravvivere in queste qualifiche, o se volete solo migliorare la vostra tecnica per vantarvi online o con gli amici, di seguito trovate cinque consigli che potrebbero aiutarvi. Vengono da una lunga intervista con Daniele Paolucci, ovvero IcePrinsipe del team Mkers, uno che lo scorso maggio ha vinto il primo torneo internazionale della sua vita battendo in finale l’attuale campione del mondo.
La gestione delle partite e le pause
IcePrinsipe – una crasi tra i soprannomi di due suoi idoli, Raikkonen, “The Iceman”, da cui dice di aver ripreso la freddezza in gara, e Diego Milito, “El Principe” - ha iniziato a giocare a FIFA a livello competitivo solo nel 2015, dopo un passato fallimentare nelle giovanili della Roma, che ha abbandonato poco prima di entrare negli Allievi Nazionali (giocava, tra gli altri, anche con Lorenzo Pellegrini). Dopo nemmeno due anni di tornei semi-amatoriali nei centri commerciali di Roma è riuscito a qualificarsi all’Europeo di Madrid, che ha conquistato vincendo la finale contro quello che lui chiama «il Real Madrid di FIFA», cioè Gorilla, pro player inglese che pochi mesi dopo ha vinto la FIFA Interactive World Cup a Londra.
Il mondo di FIFA, come quelli di tutti gli altri esports d’altra parte, restituisce effettivamente all’esterno una sensazione di immediatezza e semplicità, che però nasconde al suo interno una competizione estrema e logorante, forse già maggiore rispetto a quella degli sport tradizionali.
«A calcio si gioca in 11, a FIFA si gioca da soli», mi dice quando gli chiedo se sia più facile sfondare nel mondo degli esports, lui che ha provato ad emergere anche in quello del calcio «A calcio può succedere che se hai la partita no, la squadra ti aiuta. A FIFA no: o vinci, e quindi sei bravo te, o perdi, e quindi è stato più bravo l’avversario. Non c’è una situazione in cui puoi dire che è colpa di qualcun altro. Migliaia di persone provano ad accedere al Mondiale ma alla fine si qualificano in 32, per farti capire quanto sia difficile arrivare a quel livello».
Le carriere dei pro player sono brevi e sfibranti, e si compongono di migliaia di partite in cui la concentrazione deve essere mantenuta sempre al massimo. La Weekend League, in questo senso, è solo un primo assaggio, anche se è già probante per scremare i veri pro gamer da chi ha solo un buon record con gli amici: «Fare 40 partite in 3 giorni è difficilissimo: è quella la cosa competitiva. È per questo che ne fanno 40, quasi tutti riuscirebbero a fare 20 vittorie su 20». Anche uno come IcePrinsipe ha dovuto concedere 5 delle 160 partite giocate in tutto durante le qualifiche per i Mondiali.
È per questo che, già in tornei embrionali come questo, diventa fondamentale la gestione delle risorse mentali. Come mi dice più volte nell’intervista: «Parte tutto dalla testa».
«Io faccio al massimo 5 partite di fila», mi dice spiegandomi il suo metodo per mantenere la stessa intensità mentale per tutta la Weekend League «Di solito gioco 10 partite venerdì, 10 sabato e 20 domenica. Io gioco la mattina e la sera: quindi inizio venerdì mattina con 5 partite, mi fermo e poi la sera ne faccio altre 5. Invece la domenica, che sono 20, faccio 5 la mattina, mi fermo un paio d’ore e poi ne faccio altre 5; poi rinizio la sera con altre 5 e poi verso le 10-11 di sera mi gioco le ultime».
«La gestione è la cosa più importante: dopo 10-15 partite lo vedi che non sei più pronto. Per qualificarsi è importante fare in modo che giochi al meglio tutte e 40 le partite».
La compravendita
Fut Champions, la modalità all’interno del quale si svolge la Weekend League, ha anche una forte componente manageriale: i giocatori che compongono la rosa della tua squadra si vendono e si comprano attraverso dei crediti che si guadagnano con le vittorie o con soldi reali. I pro player ovviamente non hanno bisogno di perdere troppo tempo per la compravendita per guadagnarsi i crediti, visto il grande numero di vittorie che riescono ad ottenere, ma a voi, che magari state muovendo i primi passi e avete bisogno di una squadra in grado di competere ai massimi livelli, potrebbero tornare utili dei consigli anche da questo punto di vista.
Innanzitutto, se non volete spendere una fortuna per acquistare i crediti, è meglio vendere nelle ore di punta e comprare invece nelle ore serali: «Nelle ore serali c’è meno gente, meno affluenza, puoi comprare a meno. Se tu compri nell’ora di punta c’è più gente che fa l’offerta e quindi il prezzo schizza alle stelle. Alle 9-10 di sera riesci sempre a fare qualche acquisto mirato».
Nell’ottica di una minimizzazione delle spese in crediti, poi, assumono grosso peso anche i giocatori buggati, cioè quelli che costano poco ma hanno un grosso impatto sul gioco. «Nainggolan lo consiglio sempre», mi dice IcePrinsipe quando gli chiedo qualche nome «Un altro è Kanté: un giocatore essenziale perché recupera tantissimi palloni. Poi quest’anno i buggati sono tanti: c’è Antonio, della Premier League, che è molto buggato…».
Il più delle volte i giocatori buggati sono semplicemente molto veloci, un aspetto che, nonostante il realismo del gioco, influisce ancora come i primi Winning Eleven: «I difensori quasi sempre sono più lenti degli attaccanti, no? Quindi se gli attaccanti sono molto veloci poi sono difficili da fermare». Questo fa uscire anche dei nomi sorprendenti come Defrel e Niang, o Romain Alessandrini: «Se tu lo metti in panchina, appena entra è un mostro, sembra Cristiano Ronaldo».
Da quest’anno, poi, anche su Play Station 4 si potranno acquistare le cosiddette icone, cioè grandi giocatori del passato come Ronaldo o Gullit, che sono al livello dei migliori giocatori del gioco ad un prezzo però molto alto. «Tra le icone è meglio comprare un centrocampista e un attaccante, il difensore se ne può fare anche a meno», dice IcePrinsipe «Se tu hai un Boateng o un Ramos alla fine va bene lo stesso, non serve Maldini. Invece a centrocampo un Vieira ti fa la differenza. C’è anche Overmars, che è molto bravo...».
La top XI dei giocatori buggati in Serie A
In Fut ha un grosso peso anche l’intesa tra i giocatori, che aumenta se sono della stessa nazionalità o se giocano nello stesso campionato o nello stesso club. Se non avete troppi crediti e siete talmente pigri da voler nemmeno cercare giocatori fuori dal nostro campionato, questa è la top XI consigliata da IcePrinsipe dei giocatori buggati della Serie A, in modo da avere poter sfruttare anche un’intesa molto alta.
La flessibilità tattica
Se si possono trarre dei vantaggi dalla mancanza di realismo, acquistando dei giocatori con dei valori che non corrispondono alla realtà per risparmiare dei crediti, in FIFA può aiutare però anche la conoscenza del calcio reale, degli strumenti tattici a disposizione e della tecnica individuale dei singoli giocatori. Riguardo questi aspetti si può arrivare ad un livello di dettaglio che ricorda alla lontana la preparazione dei veri allenatori e giocatori sulle singole partite.
«Conoscere i giocatori sicuramente aiuta. Se tu sai se un giocatore è destro o sinistro sai dove marcarlo. Messi, ad esempio, so che va a sinistra al 90% perché è un mancino naturale», afferma IcePrincipe dando per scontato che a FIFA sia effettivamente possibile marcare Messi solo sapendo che è mancino.
Anche alcune conoscenze tattiche di base possono tornare utili. «Ci sono moduli che battono altri moduli», mi dice ricalcando i concetti di ampiezza e lato debole «Per esempio: un 4-3-1-2 a rombo viene battuto da un 4-3-3, o comunque può dare fastidio. Perché quando giochi col 4-3-1-2 stai molto stretto, fai molta fatica a marcare gli esterni larghi del 4-3-3 perché devi girare il campo, fare avanti e indietro. E infatti io Gorilla l’ho battuto col 4-3-3, perché lui gioca sempre col 4-3-1-2 stretto».
FIFA sembra seguire il calcio reali per molti tratti, a partire dall’egemonia europea sul gioco, e uno di questi è l’impreparazione tattica degli inglesi, come Gorilla stesso: «Prima utilizzava solo un modulo. Poi grazie al suo allenatore, Sean Allen, ha cambiato modulo, è passato al 4-4-2, e ci ha vinto il Mondiale. Se non lo cambiava non l’avrebbe mai vinto, per farti capire quanto è importante».
IcePrinsipe, in questo senso, sembra essere molto più consapevole e reattivo: «L’anno scorso avevo tanti moduli: vedevo quale modulo aveva il mio avversario e poi decidevo quale utilizzare. Quest’anno sto utilizzando 2-3 moduli, piano piano che comincio a capire il gioco cerco di migliorare, di continuare a cambiare moduli, magari di conoscerne 5-6». Come nella realtà, se avete una squadra inferiore o affrontate un avversario più forte (o magari tutte e due le cose contemporaneamente) l’unico modo per uscirne vivi è saper utilizzare tutti gli strumenti che la tattica mette a disposizione.
Conoscere la tecnica
Dominare un avversario sul piano del gioco a FIFA è molto difficile, e non solo per la competizione altissima che già contraddistingue il mondo esportivo attuale. FIFA cambia ogni anno e quelle che a noi sembrano variazioni impercettibili, per un gamer significano un cambiamento radicale nella tecnica di base, che va reinterpretata anno dopo anno.
Ad ogni versione ci sono nuovi bug, che vengono corretti gradualmente solo settimane dopo l’uscita del gioco, e quello che poteva essere molto semplice nella versione precedente può diventare complessissimo in quella attuale, e viceversa. È per questo motivo che, soprattutto nelle settimane immediatamente successive all’uscita del gioco molti gamer possono ritrovarsi in difficoltà anche con giocatori amatoriali.
Con FIFA18 all’inizio alcuni pro gamer si sono ritrovati in difficoltà, soprattutto in Fut, per via dell’eccessiva semplicità con cui si potevano effettuare passaggi complessi in qualsiasi zona di campo e con qualsiasi giocatore, un difetto che comunque l’Electronic Arts sta già pensando di risolvere con una patch: «Forse adesso c’è una sorta di “gioco ping-pong”, nel senso che i passaggi sono troppo facili, e quindi molti giocano solo di prima. In questo modo diventa un gioco molto veloce che è difficilissimo da difendere. Anche giocatori non fortissimi riescono a mettere in difficoltà player affermati facendo questo gioco. Si arriva in porta con più facilità».
IcePrinsipe ci ha messo un po’ a capire come difendere in FIFA18, ad esempio, un aspetto del gioco a cui lui tiene molto e che rappresenta uno dei suoi punti di forza (l’Europeo l’ha vinto subendo in media solo un gol a partita): «Difendere è la cosa più difficile perché è tutta una questione di testa, di anticipo dei movimenti. Devi pensare a cosa fa l’avversario prima che lo faccia. Ma secondo me è la cosa più importante perché se non si subisce gol al minimo si pareggia».
«Ogni anno bisogna capire dove sbagli», continua «All’inizio è normale, perché sei abituato all’anno prima, ma poi devi capire cosa migliorare. Piano piano uno si deve abituare al nuovo gameplay, che ogni anno è diverso: bisogna allenarsi, giocare tanto. Quest’anno non bisogna uscire aggressivi con i difensori sugli attaccanti, quando ricevono palla spalle alla porta, perché molto spesso ti superano, è meglio aspettarli». Il pressing alto, insomma, solo nella metà campo avversaria. Se si difende bassi meglio essere reattivi: «Appena sbagli l’intervento sei finito. Meglio aspettare l’uomo con calma, aspettare che faccia il passaggio, il movimento».
In Fut, poi, il gameplay è leggermente più veloce rispetto alla modalità normale, e quindi diventa ancora più necessario controllare il gioco: «Io consiglio di fare tanto possesso palla, soprattutto quest’anno, di fare la verticalizzazione solo al momento giusto».
Più in generale, avere un’identità precisa sembra pagare dividendi molto alti anche in FIFA, dove i giocatori hanno stili più diversi di quanto non possa sembrare in apparenza. Quando gli chiedo chi sono i favoriti per il Mondiale, mi risponde in maniera molto più netta e dettagliata di quanto non mi aspettassi: «RocKy, Manika e Deto. Deto è tedesco, vicecampione del mondo, ha perso in finale con Gorilla. Maniika e RocKy invece sono francesi. Sono tre giocatori che amo particolarmente, hanno un gioco molto di possesso palla: veramente fortissimi. E poi il solito Gorilla: lui c’è sempre, anche quando dicono che non è il suo anno».
«Il mio stile di gioco è metà tra quello di Deto e quello di Maniika», mi dice ancora IcePrinsipe «Quello di Maniika è molto possesso palla, mentre io verticalizzo molto di più. Lui gira, gira, gira… io appena vedo l’imbucata passo la palla. Quindi è un misto, è personale».
Chiudo l’intervista chiedendogli se punta alle Olimpiadi del 2024, dove forse gli esports verranno introdotti per la prima volta come disciplina olimpica. «Avrò 29 anni», mi risponde facendosi i conti a mente «Io ci spero, sarebbe bellissimo». Chissà se dopo aver seguito questi cinque consigli non ci ritroveremo a Parigi anche con uno di voi, cari lettori, che magari aspiravate a partecipare un giorno ad un’Olimpiade ma non sapevate ancora come fare. Il primo passo potrebbe essere proprio la qualificazione a uno dei prossimi Mondiali.