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50 giovani da seguire nel 2023 - Quarta parte
05 gen 2023
Yamal, Wanner e altri giovani da tenere d'occhio nel nuovo anno.
(articolo)
15 min
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Il nostro viaggio nei talenti più interessanti da seguire nell’anno che si è appena aperto continua con la quarta decina di nomi. La prima la trovate qui, mentre la seconda qui, la terza qui.

Andreas Schjelderup, 2004, Nordsjælland (Norvegia)

Mentre le italiane e le altre grandi europee ci pensano, il Benfica sembra vicinissimo a prendere Schjelderup, che quindi potremmo vedere presto in Champions League. Di lui si parla da tempo, anche se ha compiuto 18 anni appena lo scorso giugno, come il nuovo gioiello della wave calcistica scandinava, e infatti è stato paragonato praticamente a tutti i giocatori creativi danesi e norvegesi. Ai tempi delle giovanili del Bodo, dove è cresciuto, Schjelderup ha fatto provini con Ajax, PSV, Liverpool, Juventus, Bayern e Tottenham, poi però ha scelto di restare vicino casa, in Danimarca al Nordsjælland, dove ha esordito in prima squadra prima di compiere 17 anni.

Schjelderup è un giocatore creativo, tecnico, abile nel dribbling e nella conclusione, ma la cui forse più grande qualità è quella di essere così completo da poter giocare in tutti i ruoli di centrocampo e attacco (compreso il centravanti, in cui un pochino è stato provato nelle passate stagioni). Lui ha detto che ama “controllare il gioco” a centrocampo ma ha anche ammesso di migliorare mano a mano che si avvicina alla porta. In questa stagione, partendo dall’esterno sinistro con la 7 sulla schiena (anche qui i paragoni potrebbero essere molti e tutti esagerati), sta segnando più di un gol ogni due partite nel campionato norvegese (per la precisione 10 in 17 partite, di cui 3 su rigore).

L’unico limite è l’altezza (poco oltre il metro e settanta), che però compensa con la velocità e la rapidità di gambe. Ma fa anche la differenza quella di pensiero, di rapidità, che gli permette di bruciare i difensori che punta o sorprendere i portieri con le conclusioni sul secondo palo, anche con angoli piuttosto stretti. Di sicuro a Schjelderup va stretto ormai il campionato norvegese e sarà necessario aggiungere strati al proprio talento. Il nucleo, la base, c’è. Ed è anche di grande qualità, va solo fatto crescere.

Lamine Yamal, 2007, Barcellona (Spagna)

Il nome Lamine Yamal gira ormai da tempo tra chi segue i fatti della Masia. I filmati delle sue partite vengono consumati con devozione e la sua fama è tanto crescente che i giornali catalani si sono affrettati a sottolineare la sua presenza in alcuni allenamenti della prima squadra a settembre. Nato a Mataró, nella provincia di Barcellona, da padre marocchino e madre guineana, a 15 anni ha già giocato con la Nazionale spagnola u19 ed è ormai chiaro che per lui è previsto la stessa corsia preferenziale degli ultimi due ragazzi prodigio della Masia (Ansu e Gavi). Il 2023 sarà l’anno in cui molto probabilmente arriverà la sua prima apparizione nella prima squadra, Xavi ne ha già parlato bene in conferenza stampa.

Con le gambe lunghe e magre e una faccia dalle guance paffute, com’è normale che sia, Yamal sembra ancora lontano dalla piena maturazione fisica, ma questo non sembra spaventarlo, col pallone può fare quello che vuole e nel dribbling non ha paura di provare ad imbarazzare l’avversario. Nella Masia è stato fatto giocare ovunque sul fronte offensivo ed è ancora presto per capire quale sarà il suo ruolo tra i grandi, ma forse quello dove lo vedremo più spesso all’inizio è partendo dall’ala da destra, così da avere sia la possibilità di saltare l’uomo che venire a dettare i tempi dentro il campo.

Mancino, ipertecnico, creativo, sgusciante, è ovviamente già stato paragonato a Messi, una cosa meno frequente di quanto si possa pensare per un giocatore nelle giovanili del Barcellona, almeno dopo i primi anni di sbornia da Bojan Krkic a Gai Assulin. L’ultimo in ordine di tempo è stato Rafinha Alcantara. Al di là delle questioni di somiglianza, Yamal sembra il talento tecnico più puro nella Masia dai tempi di Thiago Alcantara, uno di quei talenti che se dovesse manifestarsi pienamente risolverebbe tanti problemi al Barcellona futuro.

Cher Ndour, 2004, Benfica (Italia)

Cher Ndour ha iniziato ad attirare l’attenzione su di sé durante la scorsa primavera, quando ad aprile si è aggiudicato la Youth League con la maglia numero dieci del Benfica. La società portoghese rappresenta un’eccellenza assoluta a livello giovanile, e questo è il più grande certificato di qualità sul classe 2004 di Brescia. Ndour non solo ha vinto da protagonista la Youth League, ma alla fine della stagione 2020/21 era già il più giovane di sempre ad aver esordito nella seconda divisione portoghese, a 16 anni e 312 giorni. Scuola Atalanta, è al Benfica dal 2020. Dato il suo percorso, sembrerebbe destinato a imporsi a breve anche in prima squadra, l’ennesimo grande talento lanciato dagli encarnados. Invece, negli ultimi mesi Ndour sembra volersi allontanare dal Portogallo. A fine stagione andrà in scadenza di contratto e non sembra intenzionato a rinnovare: un vero peccato, perché nessuno meglio del Benfica avrebbe saputo indirizzarne la carriera.

Ndour, di certo, non faticherà a trovare una nuova squadra. Si parla per lui di un interesse della Juventus, la squadra del suo cuore e del suo idolo Pogba. Con il francese, il centrocampista del Benfica condivide la combinazione di tecnica e leve lunghe. Ndour ha giocato anche da trequartista, ma per il modo in cui interpreta il calcio la sua posizione ideale sembrerebbe quella di mezzala. Ha degli ottimi tempi di inserimento, e quando attacca l’area dalle retrovie sa farsi valere anche nel gioco aereo. Diventa particolarmente pericoloso se può raggiungere il limite dell’area, grazie ad un destro secco e preciso dalla media distanza. Ndour vede bene la porta, e anche di spalle sa trovare il modo per girarsi e liberare il tiro. Come detto, però, il meglio del suo repertorio è il modo in cui abbina la tecnica ad un fisico scultoreo (un metro e novanta d’altezza e una muscolatura già pienamente sviluppata). Ha un buon controllo nello stretto, sa sfruttare il contatto fisico e se può gli piace tentare giocate elaborate per saltare l’uomo. Nonostante l’attitudine offensiva, comunque, Ndour si dà parecchio da fare anche senza palla. Grazie alle gambe lunghe può coprire molto campo e si spende spesso in rientri difensivi.

Anche qui, la combinazione di muscoli e tecnica gli permette di trasformare un recupero palla in un virtuosismo – magari, dopo il tackle, un tacco o un dribbling stretto con cui ripulire il pallone in maniera definitiva. Ndour sembra un predestinato, soprattutto nel contesto del calcio italiano, ma non ha ancora esordito in un campionato di prima divisione. C’è tanta curiosità di vedere come si incastreranno le sue caratteristiche tra i grandi. Il Benfica sarebbe stato il contesto perfetto in cui crescere. Vedremo se rimarrà in Portogallo o se, eventualmente, troverà una squadra altrettanto adatta ad un giovane come lui.

Roony Bardghji, 2005, Copenaghen (Svezia)

È ormai da qualche anno che il campionato danese è diventato uno dei più interessanti per lo scouting dei giovani. Non solo danesi, ma di tutto il nord Europa, talenti spesso sotto i 18 anni che in Danimarca trovano ottime strutture e possibilità di confrontarsi con i professionisti fin da subito. Roony Bardghji è uno di loro. Nato in Kuwait da genitori siriani, si è trasferito in Svezia da piccolo e qui ha iniziato a giocare a pallone. Dopo un rapido passaggio in vari settori giovanili del Paese, a 15 anni viene notato dal Copenaghen che gli fa firmare il primo contratto da professionista. Neanche un anno dopo esordisce in campionato da titolare e alla seconda partita segna il suo primo gol, diventando il più giovane a riuscirci con la maglia del Copenaghen.

Roony Bardghji è un’ala dal fisico compatto e il passo esplosivo. Come si vede da questo gol, ama partire da destra per accentrarsi e calciare in porta. Nonostante sia giovanissimo, non è certo timido: dribblare e tirare sono il suo pane, qualcosa che può riprodurre all'infinito. Ha un gusto molto barocco per le giocate che lo porta a provare veroniche, rabone, stop di tacco, passaggi di esterno, tutte cose che fa con grande sensibilità ma che insomma deve imparare a limitare per costruire un gioco più efficace. Il talento, però, sembra essere dalla sua parte.

Un infortunio lo ha limitato in questa prima parte di stagione, ma nelle nove presenze accumulate fin qui, spesso entrando dalla panchina, ha già segnato 3 gol. Di lui si parla già come una possibile plusvalenza, il Nantes lo vorrebbe prendere già ora, ma il suo allenatore Jess Thorup ha detto che dovrebbe «preferibilmente rimanere qui per alcuni anni e aiutare il Copenhagen a ottenere buoni risultati».

Kuryu Matsuki, 2003, FC Tokyo (Giappone)

Le buone prestazioni dei centrocampisti del Giappone al Mondiale (Morita, Endo, Tanaka, Kamada, Doan) suggeriscono come la scuola calcistica giapponese sia riuscita a trovare il modo per sviluppare giocatori con tecnica e capacità atletiche per funzionare nel calcio contemporaneo anche in quella zona di campo. Il mercato giapponese resta vantaggioso per le squadre europee, con prezzi stracciati anche per i migliori giocatori della J.League: Kamada è costato 1,6 milioni all’Eintracht Francoforte, Tanaka 1,1 milioni al Fortuna Düsseldorf e Doan 1,7 milioni al Groningen. Anche il giocatore rivelazione della J.League nel 2022 è un centrocampista, che quindi potrebbe essere il prossimo affare di mercato per chi avrà la scaltrezza di prenderlo.

Matsuki è nato a Hokkaido, la fredda isola a nord del Giappone ed è diventato famoso prima ancora di esordire tra i professionisti quando ha trascinato la squadra del suo liceo, l’Aomori Yamada, a vincere il Zenkoku 2021 (il seguitissimo torneo nazionale liceale reso celebre da Holly e Benji). Avendo già ricevuto offerte dall’Europa ha scelto invece di diventare prima professionista in Giappone accettando l’offerta del Tokyo, con cui è diventato titolare inamovibile già dalla prima partita e superato le 30 presenze stagionali.

Giocando come mezzala in un 4-3-3 si è mostrato un centrocampista versatile, con tendenze da box to box, già prontissimo per il calcio dei grandi dal punto di vista fisico, visto il metro e ottanta e le gambe potenti. Tecnico e dinamico, riesce a trovare il modo di rendersi utile lungo tutta la fascia centrale del campo, dal recupero del pallone, all’ultimo passaggio con il suo preciso piede sinistro. Con tratti da centrocampista dominante nel campionato giapponese, quasi fosse cresciuto guardando i video di Steven Gerrard, le sue passioni sembrano essere il tiro da fuori e le incursioni in area dalla seconda linea per arrivare alla conclusione.

Luca Netz, 2003, Borussia M‘gladbach (Germania)

Se date grande valore alla precocità e provate nostalgia per i terzini vecchio stile allora Luca Netz è il prospetto che fa per voi. A 19 anni ha già 42 presenze in Bundesliga (la scorsa stagione ha raccolto quasi 1500 minuti tra campionato e coppa nazionale), due infortuni gravi e un passaggio di mercato tra due squadre della classe media tedesca. Di lui si iniziò a parlare quasi due anni fa, quando con un gol allo Stoccarda è diventato il più giovane marcatore di sempre dell’Hertha Berlino in Bundesliga.

Quest’anno, con l’arrivo sulla panchina di Daniel Farke, la sua crescita sembra aver subito una frenata: l’unica partita giocata dall’inizio alla fine risale ad agosto, in un inusuale pareggio fuori casa contro il Bayern Monaco, poi ha dovuto accontentarsi delle briciole delle partite e pare abbia chiesto di essere ceduto in prestito a gennaio per tornare a giocare. Luca Netz, certo, non è un terzino che fa volare con la fantasia: la sua sensibilità tecnica nel gioco a volte è ruvida e le sue corse avanti e indietro unicamente sul binario di fascia. Sui calci piazzati può però già considerarsi uno specialista: tutti i suoi assist in Bundesliga (3) sono arrivati su calcio d’angolo, dove il suo sinistro sembra assumere un’intelligenza tutta sua. Insomma, al momento sembra difficile possa diventare il “nuovo Lahm”, come qualcuno l’ha chiamato, ma è vero che trovare un difensore della sua età con la sua esperienza è quasi impossibile. Dovrebbe bastare per trovare una squadra a gennaio, ma immagino che dal 2023 Luca Netz si aspetti molto di più.

Iker Bravo, 2005, Real Madrid (Spagna)

La scuola spagnola fatica a tirare fuori campioni nel ruolo di centravanti. L’ultimo è stato Fernando Torres, e parliamo di un giocatore nato nel 1984. Álvaro Morata e Gerard Moreno sono due centravanti di alto livello ma hanno scavallato i 30 anni senza aver mai toccato le vette del Niño. Al momento la scommessa migliore che ha la Spagna per tornare ad avere un centravanti di primo livello è quella di Iker Bravo. Non a caso già paragonato per caratteristiche a Fernando Torres, è un centravanti che ama svariare su tutto il fronte offensivo, alternando movimenti incontro in cui può sfruttare la grande pulizia tecnica per ripulire la giocata, a quelli in profondità per ricevere in corsa dietro la linea difensiva mettendo in mostra le doti atletiche. Iker Bravo è quel tipo di punta a cui piace toccare tanti palloni, essere protagonista nella manovra della squadra, ma che non si lascia sfuggire l’occasione di arrivare lui alla conclusione poi in area viste le doti nella finalizzazione. Sembra essere animato proprio da quel tipo di determinazione in area che è mancata alle punte della Nazionale spagnola negli ultimi anni.

Nato a Sant Cugat del Vallès, ricca cittadina nella provincia di Barcellona, è entrato nella Masia a 5 anni e a 16, ansioso di saltare di saltare le tappe delle giovanili, decide di lasciarla per andare in Germania e passare direttamente alla seconda squadra del Bayer Leverkusen. In Germania esordisce anche con la prima squadra, a 16 anni e 287 giorni, ma nell’estate del 2022 decide nella sorpresa generale di forzare la mano per un trasferimento al Real Madrid. Ottiene di arrivarci in prestito con diritto di riscatto, il CEO del Bayer definisce la sua scelta un errore.

Iker Bravo sembra aver voglia di emergere subito, forse sente che lui può già colmare il vuoto nel ruolo nel calcio spagnolo. Lasciato dal Real Madrid a giocare nella seconda squadra allenata dalla leggenda Raúl, c’è già stato qualche borbottio tra i tifosi quando il suo nome non è apparso tra i convocati post Mondiale della prima squadra, in un momento in cui il Real Madrid ha Benzema fuori per infortunio e anche la riserva Mariano Diaz. Visto l’acquisto record di Endrick è possibile che il suo tanto agognato spazio in prima squadra non sia così sicuro anche nel post Benzema e che quindi possa arrivare un ulteriore trasferimento per iniziare la sua carriera tra i professionisti giocando con continuità. D’altra parte a 17 anni Fernando Torres era già titolare nell’Atlético Madrid.

Paul Wanner, 2005, Bayern Monaco (Austria/Germania)

Voi quante Bundesliga avevate vinto a 16 anni? Paul Wanner una, non da protagonista, ma guadagnandosi la foto con il Meisterschale grazie a 4 brevi presenze con il Bayern Monaco nella scorsa stagione. Il 7 gennaio 2022 è stato il più giovane esordiente nella storia del più grande club di Germania, un privilegio che racconta bene il livello di attesa che c’è nei suoi confronti in Baviera. Nato in Austria, ma cresciuto in Germania, per il Bayern Monaco sul lungo periodo dovrebbe essere il sostituto di Thomas Muller, una leggenda del club.

Mancino, è dotato di una tecnica individuale abbacinante che lo rende fortissimo nello stretto e di un fisico già da atleta che gli permette di dominare contro i pari età. Vedere i suoi video a livello giovanile è lisergico, sembra di avere davanti un autentico fenomeno, a cui basta spostarsi il pallone dal sinistro al destro - il dribbling famoso come la croqueta - per saltare gli avversari. Tuttavia non è neanche questo l’aspetto più intrigante del suo gioco, quanto piuttosto la visione di gioco, la sua capacità di mettere in porta i compagni con un filtrante. Insomma, la combinazione di fisico e tocco di palla è davvero intrigante, per un calciatore non ancora maggiorenne. Il Bayern Monaco non ha fretta di metterlo in campo, ma non è neanche una squadra che ha paura di far giocare i giovani. Il suo problema, forse, è proprio questo: nel suo ruolo, quello di trequartista, è ormai inamovibile Musiala, che di anni ne ha appena 2 in più. Anche per questo al Bayern Monaco lo stanno provando in altre zone di campo, addirittura terzino sinistro in una partita col Viktoria Plzen in Champions. Se non sarà quest’anno, comunque, il suo arrivo in pianta stabile nel calcio dei grandi è solo questione di tempo.

Giorgio Scalvini, 2003, Atalanta (Italia)

È difficile trovare un’intervista in cui Gian Piero Gasperini perlomeno non citi Giorgio Scalvini. L’allenatore dell’Atalanta sembra farci affidamento nonostante debba compiere ancora 20 anni e la sua collocazione in campo sia ancora in parte in mistero. Da quando ha esordito in Serie A, nell’ottobre del 2021, Scalvini ha ricoperto soprattutto il ruolo di terzo centrale di difesa ma «la sua evoluzione è a centrocampo», come dice lo stesso Gasperini. L’impressione è che Scalvini sappia fare più o meno tutto abbastanza bene, che alla sua età è sinonimo se non di talento di sicuro di un’intelligenza che gli può permettere di crescere anche molto oltre i suoi limiti. In una squadra che si sta rinnovando dopo i successi degli ultimi anni, si sta ritagliando uno spazio sempre più grande dentro l’Atalanta e i rumor che girano intorno al suo nome diventano sempre più difficili da ignorare. Il 2023 per lui sarà un anno interessante.

Angelo Gabriel, 2004, Santos (Brasile)

La nuova leva di talenti brasiliano è così florida che Angelo Gabriel è quasi passato sottotraccia, ovvero non è ancora stato cannibalizzato dal calcio inglese o dal Real Madrid. Di lui se ne sta parlando in questi giorni come possibile investimento del Milan, un club storicamente interessato a mettere le mani sui migliori brasiliani sul mercato. Di Angelo Gabriel a sorprendere è la precocità: ha esordito nel Santos a soli 15 anni, diventando il secondo più giovane di sempre per il club, più giovane addirittura di Pelé e Neymar.

Angelo Gabriel è un’ala destra che unisce tecnica e potenza. In patria lo paragonano a Rodrygo, ed effettivamente ha lo stesso tipo di capacità elettrica di creare scompiglio con il dribbling, una tecnica in velocità che è difficile insegnare, soprattutto fuori dal Brasile. Ad appena 18 anni ha già quasi cento presenze in prima squadra, un’esperienza che banalmente è rarissima da trovare nei pari età. C’è da dire, però, che se vuole affermarsi in Europa deve migliorare per quanto riguarda la finalizzazione. I gol, infatti, finora sono solo 3, un bottino piuttosto misero che mostra come ancora debba maturare per quanto riguarda le scelte e la capacità di muoversi senza palla, come attaccare l’area di rigore. L’interesse del Milan, comunque, sembra la miglior certificazione del suo talento, vista la capacità dell’attuale dirigenza di trovare giocatori di livello a costi contenuti.

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