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50 giovani da seguire nel 2023 - Seconda parte
03 gen 2023
Romero, Xavi Simons, Nusa e altri giovani da tenere d'occhio quest'anno.
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Il nostro viaggio nei talenti più interessanti da seguire nell'anno che si è appena aperto continua con la seconda decina di nomi. La prima è già uscita ieri e la trovate qua.

Simone Pafundi, 2006, Udinese (Italia)

Dopo la convocazione e l’esordio in Nazionale ad appena 16 anni è difficile contenere le aspettative su Simone Pafundi. Vogliamo vederlo subito in campo in tutte le partite per tutti i minuti disponibili. Non ci bastano i video dei suoi calci di punizione magistrali con la Primavera, le sue conduzioni palla fra gli indifesi difensori avversari. Vogliamo capire chi abbiamo di fronte, un fuoco di paglia o un talento generazionale. Com’è giusto che sia, l’Udinese sta cercando di gestire questo giocatore con la massima cura. Del resto gli mancano ancora DUE anni alla maggiore età. Ma, ripeto, è difficile non entusiasmarsi vedendolo toccare il pallone. Da quanto non si vede un giocatore italiano con questo rapporto naturalissimo con la palla? Uno di quei giocatori che sembrano vagare per il campo con una gravità diversa, quasi spagnolo per lo stile tecnico e associativo. Il 2023 non può essere ancora il suo anno, è davvero troppo presto, ma probabilmente lo conosceremo meglio.

Maurits Kjaergaard, 2003, RB Salisburgo (Danimarca)

Forse i milanisti lo ricorderanno sgambettare a San Siro in una partita di Champions League di ormai due mesi fa, vinta dal Milan per 4-0 contro un Salisburgo più vivo di quanto il risultato non dica. Da quel giorno Maurits Kjaergaard, per via del Mondiale a cui non è stato convocato, non ha giocato molto: appena un paio di partite di campionato e un paio con l’Under 21. Nel 2023 sarà interessante tornare a vederlo, dopo che le aspettative su di lui nel 2022 sono velocemente arrivate a molti dei migliori club d’Europa. Oggi per lui si parla dell’interesse di squadre come Milan e Roma, solo per citare la Serie A, e fa strano pensare che il suo esordio in prima squadra in Austria sia arrivato meno di due anni fa, il primo gol appena l’8 marzo dell’anno scorso, in una disastrosa sconfitta per 7-1 contro il Bayern Monaco in Champions League. Rubare l’occhio senza essere appariscente sembra essere una delle qualità principali di Kjaergaard, una mezzala che fa dei movimenti senza palla offensivi il suo punto di forza e che in un'intervista a Goal.com ha detto di ispirarsi a Kakà. «Il modo in cui controllava la palla. Non aveva molti trucchi, ma correva con velocità e visione».

Kjaergaard non ha lo stile irrefrenabile di Kakà, e forse non lo avrà mai con il baricentro così alto che quando corre lo fa assomigliare a un’antilope, ma insomma non serve puntare così in alto per avere una buona carriera in Europa. Il centrocampista danese sembra avere l’intelligenza per capirlo, almeno da come gioca in campo, dove sembra imparare in fretta e saper colmare i limiti del suo estro con il cervello. Da come si racconta, anche il suo passaggio al Red Bull Salisburgo aveva questa intenzione. «Le cose che dovevo imparare erano le cose su cui il Salisburgo si stava concentrando: vincere tutti i duelli, fare corse ad alta velocità contro gli avversari, abituarsi a questo ritmo alto ogni giorno e cercare di migliorare passo dopo passo. I punti di forza del Salisburgo erano i miei punti deboli». Kjaergaard ha ancora l’aura del trequartista troppo leggero per sopravvivere tra le linee avversarie, ma oggi è anche una mezzala estremamente dinamica, sia con il pallone che senza, un giocatore con le idee chiare che sa sempre dove ricevere e quando. Kjaergaard quest’anno ha segnato 2 gol e 4 assist nel campionato austriaco in 16 presenze: non i numeri bulimici con cui ormai si misura il talento dei calciatori, ma comunque un buon punto d’inizio per un giocatore che sembra avere grossi margini di crescita. Vedremo quanti verranno colmati già da quest’anno.

Eliesse Ben Seghir, 2005, Monaco (Francia)

Eliesse Ben Seghir è una delle sorprese in Ligue1. Classe 2005, nativo di Saint-Tropez, è entrato nelle giovanili del Monaco a quindici anni. Era stato aggregato alla prima squadra già da quest’estate e Philippe Clement, allenatore dei monegaschi, aveva approfittato della pausa per i Mondiali per concedergli dei minuti in amichevole. Tornati alle partite ufficiali, Ben Seghir ha trovato subito il suo posto tra i grandi. All’inizio del secondo tempo tra Auxerre e Monaco, col punteggio di 1-1, Clement lo manda in campo al posto di Ben Yedder. La partita cambia completamente, Ben Seghir segna una doppietta e il Monaco vince per 4-2. Il secondo gol, un destro a rientrare sul secondo palo dopo una serie di doppi passi, è la prova più tangibile del suo talento. Il ragazzo di origine marocchina, però, non si è limitato a finalizzare. Il suo gioco si sviluppa lungo tutta l’ampiezza della trequarti. Contro l’Auxerre è partito sulla destra, a piede naturale, per poi spostarsi sulla sinistra, dove poteva convergere sul piede forte. A Ben Seghir, però, non piace stare incollato alla fascia. Sa trovare la posizione anche nei corridoi intermedi, dove grazie alla sua tecnica riesce a sfilarsi dalle marcature. A prescindere dalla zona, Ben Seghir prova a fare la differenza ogni volta che riceve. I suoi dribbling sono difficili da arginare, si muove in maniera sinuosa ed è estremamente creativo nel modo di toccare la palla. Adora aggiustarsela con la suola, la sua parte del piede preferita, sia per ingannare gli avversari che per preparare i passaggi.

Contro il Brest, Clement lo ha lanciato dal primo minuto. Ben Seghir ha offerto la solita intraprendenza. Stavolta non ha segnato, ma si è inventato una giocata che è una piccola rivelazione su quello che potrebbe regalarci nei prossimi tempi. Su una respinta in area del portiere del Brest la palla è arrivata da lui. Il difensore più vicino si è lanciato in scivolata per chiudergli il tiro. Ben Seghir, allora, come primo controllo ha scelto di usare una Veronica, con cui ha eluso l’intervento dell’avversario. A quel punto, però, gli si era parato davanti un altro difensore, ma Ben Seghir ha evitato anche lui con un altro tocco. Dopo i due dribbling, lo specchio della porta era completamente libero, ma, in uno slancio di hybris, ha provato a spedire la palla sotto l’incrocio del secondo palo, per segnare il gol più bello e difficile possibile. Il tiro è finito alto, ma se avesse segnato sui social network probabilmente non si parlerebbe di altro che di questo gol. L’hype su di lui sarebbe esploso di certo in maniera definitiva. Invece potrà continuare a crescere con più tranquillità, col proposito di diventare titolare e bruciare le tappe già nel 2023.

Jobe Bellingham, 2005, Birmingham (Inghilterra)

No, non è un errore di battitura. Jobe Bellingham è il fratello di Jude, centrocampista del Borussia Dortmund e della Nazionale inglese in rampa di lancio per diventare una delle stelle del futuro. È più giovane di due anni e, senza essere precoce come il fratello, è già diventato un giocatore di rotazione per il Birmingham in Championship.

A vederlo giocare è impossibile non pensare a Jude, visto che i due sono praticamente identici. Stesso taglio di capelli, stessa espressione, stesso fisico slanciato. Secondo internet Jobe sarebbe qualche centimetro più basso, ma a vedere le loro foto insieme non si direbbe. Anche in campo le similitudini ci sono, ed è impossibile non pensare che Jobe abbia cercato di imitare il fratello crescendo. Il modo in cui usa le anche per orientare i controlli, difendere il pallone; il modo in cui corre. Nei video con i pari età lo si vede giocare anche centravanti, ma il suo ruolo al Birmingham è quello di trequartista, così da sfruttarne la visione di gioco per i filtranti e magari ripararlo un po’ dalla lotta di centrocampo, visto che fisicamente è molto acerbo e la Championship è un campionato molto impegnativo da quel punto di vista. Il suo sviluppo, però, potrebbe essere quello da mezzala viste le qualità atletiche e la capacità di gestire il pallone, fare tutto bene.

Qualcuno, in Inghilterra sostiene che è più forte del fratello e che tra qualche anno saranno insieme il perno della Nazionale. Certo, l’idea che due fratelli, nati a due anni di distanza, possano essere in un futuro non troppo distante i due centrocampisti titolari di una squadra forte come l’Inghilterra è così assurda che è difficile possa essere una previsione corretta. Ma ci sarà tempo: nel 2023 Jobe dovrà creare il suo percorso, smarcarsi dal fratello la cui carriera è già avviata verso la gloria, e cercare di imporsi nel Birmingham. Per la quasi totalità dei calciatori si va avanti un passo alla volta.

Gabriel Slonina, 2004, Chicago Fire (Stati Uniti)

Quando ha firmato il suo primo contratto da professionista come homegrown player per i Chicago Fire, nel 2019, Gaga Slonina aveva 14 anni. Quattordici. Ciò ne ha fatto il più giovane homegrown player di tutti i tempi per la MLS, un campionato abituato a scendere a patti con la precocità, di contro a un tasso di conversione in professionisti veri, con una carriera solida, piuttosto deludente.

"Gaga" Slonina, però, solo tre anni più tardi ha strappato un contratto con il Chelsea, anche grazie all’intercessione di Petr Cech, che in lui deve aver visto qualcosa in comune alla sua maniera di stare in campo, o anche soltanto un buon investimento (la carriera di un portiere è molto longeva, quella di un portiere che riesce a essere fenomenale anche a diciassette anni ovviamente di più). Slonina, di origini polacche, è alto 1 metro e 93 centimetri, e a guardarlo attentamente sembra molto più grande della sua età. Ha un fisico già formato, una presenza scenica imponente, e la sua fisicità è probabilmente la migliore delle sue abilità. Ha imparato infatti a usare il corpo come ostacolo da frapporre tra i tentativi degli avversari e la rete. Non è un amante della spettacolarità, anzi al contrario è molto pragmatico: dà però l’impressione di essere uno di quei portieri della scuola polacca, tipo Szceszny, che se sono in stato di grazia puoi anche incendiare la rete, perché tanto non ti lasceranno passare mai, bisogna farsene una ragione.

Nell’ultimo anno ha dovuto attraversare situazioni complicate, come scegliere quale Nazionale rappresentare: momenti che nella formazione di un diciottenne sono snodi potenzialmente decisivi. Ha optato per gli Stati Uniti, ma soprattutto dimostrato una certa solidità mentale: non si è fatto distrarre e ha collezionato 12 clean sheet, la terza miglior prestazione del campionato. Difficilmente troverà subito spazio nel Chelsea: sarà divertente vedere come saprà ambientarsi in Europa, magari in un campionato minore. Nel frattempo, a Chicago, si consoleranno con Chris Brady, un altro diciottenne, del quale magari scriveremo l’anno prossimo, chissà.

Rico Lewis, 2004, Manchester City (Inghilterra)

Ora, non so quale sia il vostro rapporto con gli elogi di Pep Guardiola. Se siete tra quelli che ci leggono un’irrefrenabile e sincera passione per il calcio, oppure un sintomo della sua ipocrisia, un trucchetto di comunicazione che ha ormai perso qualunque credibilità. Fatto sta che Guardiola ha detto che con l’arrivo di Rico Lewis il Manchester City ha risolto il problema del terzino per i prossimi decenni. Giusto per non mettergli pressione. Infilato titolare nella sfida di Carabao Cup contro il Liverpool, è sembrato un veterano non solo del calcio, ma del gioco di posizione professato da Guardiola. Nominalmente giocava terzino, ma si è mosso da falso terzino tutto il tempo, per offrire linee di passaggio in costruzione bassa e per fare densità centrale una volta perso il pallone. Non è un giocatore che ruba l’occhio. Ha uno stile asciutto, a pochi tocchi, ma fatti sempre con grande intelligenza. È già forte nei duelli fisici, grazie soprattutto a gambe massicce da vero terzino, ma si esalta soprattutto nell’abbinamento tra letture senza palla e un dinamismo davvero di alto livello. Per duttilità e intelligenza è facile immaginare un inserimento rapido.

Luka Romero, 2004, Lazio (Argentina)

Sembra una vita che Luka Romero è un giocatore della Lazio, e a furia di aspettarlo ci siamo quasi dimenticati che un paio d’anni fa si parlava di lui come del Nuovo Messi. Abbiamo imparato a farli scorrere come l’acqua sotto ai ponti, di Nuovi Messi, ma Romero proprio alla fine del 2022 ha cominciato a mostrare qualcosa di speciale. Sarri lo ha iniziato a usare nelle sue rotazioni offensive e, facilitato da un sistema che mette a proprio agio chi gioca corto e in spazi stretti, si sta facendo vedere, nel bene e nel male. Ha rimediato un’espulsione stupida in Europa League contro il Feyenoord, pare sempre un filo scomposto e rude nei suoi interventi. Ma sembra il risvolto negativo di una certa intensità mentale che ha dimostrato nelle sue partite. Imparerà la misura. Nel frattempo ha segnato il suo primo gol in Serie A. Un gol sporco, niente di che, ma che ha festeggiato con una carica commovente. Romero, se frequentate questo tipo di pezzi, ormai dovresti conoscerlo. È un’ala destra mancina che gioca a piede invertito. Ha il baricentro basso, un tocco del pallone davvero sensibile. Raramente sbaglia un controllo orientato e quando gli spazi si stringono la sua qualità fa già oggi la differenza in una squadra del livello della Lazio. Molto rapido nel breve, si spegne un po’ quando il campo si allunga. Questo, e un gioco che per idee a volte sembra un tantino meccanico, sembrano oggi i suoi difetti principali. Quest’anno, se Sarri prosegue a usarlo con questa fiducia, ne sapremo di più.

Xavi Simons, 2003, PSV (Olanda)

Il Mondiale a cui era stato convocato a sorpresa non è stato d’annunciazione come forse lui stesso sperava (appena sette minuti contro gli Stati Uniti per quello che è stato il suo esordio in Nazionale maggiore), ma Xavi Simons rimane uno dei talenti più attesi di tutto il panorama europeo. Nel PSV esplosivo di Ruud van Nistelrooy, che pochi giorni fa ha rifilato tre gol al Milan in amichevole, ha già segnato 10 reti stagionali, la prima contro l’Ajax in una Supercoppa d’Olanda che forse avrebbe dovuto farci subito capire che sarebbe stato finalmente il suo anno. “Finalmente” nonostante non abbia nemmeno 20 anni perché di Xavi Simons si parla più o meno da un decennio, da quando cioè si è aggregato alle giovanili del Barcellona con quel nome un po' così e dei capelli buffi. In Olanda sta giocando praticamente ovunque sul fronte d’attacco: sulla fascia destra, da trequartista, da mezzala, a volte anche da cosiddetto falso nove. Lui ha dimostrato di essere un giocatore più completo di quanto forse non ci aspettavamo: non solo un’inevitabile attrazione per l’uno contro uno (3.3 dribbling tentati per 90 minuti in Eredivisie, 1.3 riusciti), ma anche una buona vena creativa e un’intelligenza non comune nel muoversi senza palla per attaccare l’area, cosa che insieme a una finalizzazione di alto livello sta ingrossando il suo numero di gol.

L’ultima doppietta realizzata contro l’Utrecht mostra bene che tipo di giocatore Xavi Simons sia oggi.

Il 2023 per lui ha già portato una novità importante, e cioè la cessione del leader tecnico del PSV, Cody Gakpo, al Liverpool, per cui sarà interessante fin da subito capire se e come cercherà di colmare questo vuoto, se per questo motivo il suo livello si alzerà ancora. Il PSG a ottobre ha già fatto sapere di avere una clausola per riportarlo a Parigi per una cifra che già sembra bassa (intorno ai 10 milioni di euro), chissà però che Xavi Simons non decida di rimandare questo momento ancora. Alla fine, nonostante il suo arrivo su questi palcoscenici sia atteso da anni, fino a pochi mesi fa non sapevamo ancora bene cosa aspettarci da lui in campo.

Antonio Nusa, 2005, Club Brugge (Norvegia)

Antonio Nusa è il secondo più giovane marcatore della storia della Champions League. Questo vi dovrebbe bastare per voler sapere tutto di lui. Se però non vi basta vi dico anche che è stato soprannominato “Il nuovo Neymar”.

Nei primi minuti del suo esordio contro il Porto c’è stata un’azione, una delle sue prime azioni, che ci ha fatto pensare “oh, chi è questo”. Avete presente la sensazione. È un’azione in cui il Porto pressa in alto e Nusa riceve una palla scomoda col giocatore in pressione alle spalle. Se ne libera facilmente con un controllo orientato con l’esterno del piede. Porta palla verso l’esterno, e sembra chiuso da due avversari, allora con l’esterno tocca la palla a lato del difensore che ha davanti e la va a riprendere con la corsa leggera dei grandi attaccanti. La riprende senza affanno, continua a convergere verso il centro. Forse la tiene troppo, sbaglia il tempo dello scarico, ma imparerà. Segna con uno scatto profondo dietro la difesa portoghese. Il modo in cui porta palla, però, quello non ha niente di normale. La tecnica della sua corsa, degli appoggi quando finta di andare da una parte e va dall’altra. La delicatezza dei suoi primi controlli, la facilità con cui prende in velocità i suoi avversari. Si vede che ha qualcosa di davvero speciale. Si parla per lui di un interessamento dell’Inter: sarebbe oro.

Romeo Lavia, 2004, Southampton (Belgio)

Il Belgio è alle prese con un cambio generazionale difficile, come dimostrato dal Mondiale in Qatar, eppure Romeo Lavia, pur essendo ancora giovane, troppo giovane, sembra una sicurezza per il centrocampo del futuro dei Diavoli rossi. Non è uno di quei giovani che esplode, che si prende le copertine segnando gol geniali, dando adito a paragoni con i più grandi di sempre. Romeo Lavia, per dire, è chiamato "il nuovo Fernandinho", che messa così non è che faccia saltare sulla sedia, ma - a pensarci - ogni squadra avrebbe bisogno di un Fernandinho. Non è un caso allora che Lavia sia stato adocchiato e voluto al Manchester City proprio da Guardiola, mentre nel 2018 partecipava alla KDB Cup, un torneo per under 15 organizzato da Kevin De Bruyne nella sua città natale.

Lavia è un centrocampista centrale di quelli che organizzano il gioco, che quando ricevono sanno già tutto quello che accade intorno. Sa resistere alla pressione con una tranquillità poco da “ragazzo”, smistare il gioco già in maniera concreta, ma anche fungere da equilibratore, brillare in tutti i compiti difensivi, grazie a un fisico imponente e a una buona velocità. Insomma, Lavia è il classico numero 6, il fulcro del gioco, un ruolo che nelle squadre di Guardiola è di primaria importanza. Eppure, in estate, il City lo ha ceduto a titolo definitivo al Southampton per oltre 12 milioni di sterline (una cifra che comunque fa capire la considerazione per il giocatore).

In questo primo scorcio di Premier, Lavia si è guadagnato quasi 600’ in campo ad appena 18 anni, segnando anche un gol contro il Chelsea. Il suo contributo offensivo, in realtà, è piuttosto misero, ma in una squadra che non domina il possesso stanno uscendo fuori tutte le sue qualità difensive: tra i centrocampisti della Premier Lavia è nel 95esimo percentile per intercetti e nel 99esimo per tiri bloccati.

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