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50 giovani da seguire nel 2021 - Terza parte
06 gen 2021
Mason Greenwood, Kaio Jorge, Amad Diallo e altri giovani da tenere d’occhio nel nuovo anno.
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16 min
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Mai come in questo inizio di 2021 vogliamo buttare via il passato e guardare il futuro. E poche cose ci parlano di futuro come i giovani talenti dello sport. Come da tradizione, nei primissimi giorni dell’anno, su l’Ultimo Uomo stiliamo il menù dei giovani più interessanti seguire nella propria stagione. Dopo la prima e la seconda parte pubblicate nei giorni scorsi, eccovi la terza parte con altri dieci nomi.

Mason Greenwood, 2001, Manchester United (Inghilterra)

La scorsa stagione Greenwood ha messo insieme 51 presenze e 19 gol, numeri assurdi per un diciottenne, ancora di più se indossa la maglia del Manchester United. La sua freschezza è esplosa nella squadra di Solskjaer, spingendo l’allenatore a farne l’esterno titolare del suo attacco soprattutto dopo la ripresa del campionato in estate. Greenwood si è dimostrato un finalizzatore eccezionale, in grado di usare naturalmente destro e sinistro, di trovare angoli di tiro insidiosi, prendere in controtempo portieri, calciare tra le gambe dei difensori.

Tuttavia in questa stagione l’impiego di Greenwood è stato alterno. Solskjaer continua a schierarlo prevalentemente come esterno destro, nonostante il suo ruolo naturale sembra quello di punta centrale, come se non volesse bruciarlo ma farlo arrivare preparato al momento in cui a Greenwood verrà chiesto di mettere le sue abilità di finalizzazione al servizio del Manchester United. In estate è arrivato anche Cavani in quel ruolo, da cui Greenwood dice di stare rubando con gli occhi - non una cattiva idea. Ad appena 19 anni far parte delle rotazioni di una squadra ambiziosa come lo United non è comunque cosa da tutti, inoltre la squadra inglese nei prossimi mesi sarà impegnata anche in Europa League, dove l’anno scorso Greenwood si è messo particolarmente in luce. Il 2021 sarà quindi l’anno della conferma per uno dei più interessanti prospetti d’Inghilterra, un paese che negli ultimi anni sembra produrre giovani talenti con una continuità spaventosa.


Kaio Jorge, 2002, Santos (Brasile)

C’è sempre qualcosa di eccitante quando compare sulla scena un numero 9 brasiliano in grado di far stropicciare gli occhi a tutti. Ad appena 18 anni, Kaio Jorge gioca stabilmente nel Santos e si è messo in mostra soprattutto nella Libertadores, dove ha segnato cinque gol in nove presenze, gli ultimi due decisivi per superare il Gremio nei quarti di finale.

Figlio di un ex calciatore, Kaio Jorge ha iniziato con il futsal come tanti in Brasile, prima di firmare con il Santos e scalare rapidamente le gerarchie fino alla prima squadra, dove è stato il sesto esordiente più giovane di sempre. Jorge è un centravanti mobile e leggero, si muove su tutto il fronte offensivo evidenziandosi come un giocatore “di manovra”, usa bene la suola quando deve difendere il pallone spalle alla porta e ha un buon dribbling nello stretto. Ma è in campo aperto che diventa letale, con la sua velocità e grazie a naturale predisposizione nell’attaccare la profondità. Il suo arrivo in Europa sembra solo questione di tempo: il Santos l’ha blindato con una clausola da 50 milioni di euro, vediamo per quanto basterà.


Ander Barrenetxea, 2001, Real Sociedad (Spagna)

Oltre ad avergli rubato tutte le consonanti del cognome, Ander Barrenetxea ha sottratto a Joseba Etxeberria anche il titolo di marcatore più giovane della storia della Real Sociedad in Liga. Era maggio 2019, un gol su ribattuta contro il Real Madrid. Oggi il ragazzo di San Sebastián – stessa città di Xabi Alonso e Arteta - è quasi un titolare della squadra più interessante del campionato spagnolo.

Al momento, Barrenetxea è un’ala da gioco di posizione: può ricevere in zone intermedie, ma il suo compito principale è rimanere aperto sulla fascia per allargare la difesa. Nonostante il contesto, il basco ha doti da calciatore autosufficiente e gioca per saltare l’uomo: tra i calciatori con almeno 500 minuti in Liga è quinto per dribbling riusciti ogni 90 minuti (3,2). Il picco lo ha toccato nella partita contro il Levante, dove ne ha completati ben 8. Alguacil, il suo allenatore, lo ha schierato su entrambe le corsie, pur essendo un destro naturale. Barrenetxea infatti riesce a muoversi sia a destra che a sinistra perché è un giocatore abbastanza esplosivo e tecnico da dribblare sia verso l’interno – opzione preferita - che verso il fondo. È intenso, rapido, ma sa alternare velocità per disorientare il diretto avversario, anche sul corto. Se gli spazi si chiudono non teme il contatto fisico, vista l’ottima forza di bacino e spalle. La Real Sociedad è una squadra di grandi palleggiatori, ma Barrenetxea, insieme a Januzaj, è l’unico in grado di creare superiorità numerica dal nulla. Per questo motivo, il suo minutaggio dovrebbe crescere per aiutare la Real Sociedad nella corsa per un posto in Champions League: non male per un giocatore nato a fine dicembre 2001.


Amad Diallo, 2002, Manchester United (Costa d’Avorio/Italia)

Dopo neanche mezz’ora di gioco con la prima squadra dell’Atalanta (ma dopo aver già segnato il suo primo gol, il primo di un 2002 in Serie A) Amad Diallo è stato acquistato dal Manchester United per circa 25 milioni di euro (si potrebbe arrivare a 40 con i vari bonus). Si è parlato soprattutto di un’operazione geniale dal punto di vista economico-finanziario per l’Atalanta, ma difficilmente anche in Premier si spendono così tanti soldi per un giovane di diciotto anni praticamente senza esperienza. Cosa ci hanno visto allo United (e alla Juventus, che pare fosse in corsa per prenderlo, oltre a chissà quali altre squadre)? È solo hype?

Alto poco più di un metro e settanta, si tratta di un esterno destro di piede mancino, molto tecnico e con un grande controllo del pallone, anche sotto pressione. Diallo può giocare largo e ricevere in isolamento, e quindi puntare l’avversario per dribblare verso l’interno e tirare o crossare, o per andarsene lungolinea e arrivare fin dentro l’area sulla riga di fondo, da dove può mettere dentro una palla bassa col destro, che usa bene anche se non come il sinistro. Ma è a suo agio anche venendo incontro nel mezzo spazio di destra, girandosi poi verso l’interno e lasciando libero il corridoio per una sovrapposizione esterna.

Insomma è adatto sia un gioco di transizioni che a un attacco posizionale, in cui gli venga chiesto di giocare da classico numero 10. La sua predilezione per l’ultimo passaggio, un filtrante basso per il taglio della punta, o un cross a rientrare che gli piova in testa, fa sì che sia fondamentale accoppiarlo a un centravanti che non vuole la palla sui piedi.

Fisicamente dovrà lavorare, soprattutto per adattarsi al livello del campionato inglese - non gli manca la velocità né la forza ma forse la resistenza agli urti e alla pressione di uomini con venti centimetri e qualche decina di chili in più di lui - ma il suo talento tecnico si sposa bene a un calcio in cui gli spazi sulla trequarti sono meno intasati rispetto a quello italiano. Avendo completato le procedure burocratiche necessarie per la cessione, Diallo dovrebbe andare in Inghilterra già a gennaio. Solskjaer ha detto che sono entusiasti di averlo a disposizione presto ma che servirà un periodo di formazione e adattamento.


Sebastiano Esposito, 2002, SPAL (Italia)

Dopo gli sprazzi di talento mostrati all’Inter, doveva essere il 2020 dell’affermazione per Sebastiano Esposito, passato alla SPAL in prestito alla fine dell’ultima sessione estiva di mercato. E invece, in Serie B, la sua carriera si è arenata. L’attaccante campano, dopo un inizio di stagione promettente dove sembrava inamovibile nel ruolo di prima punta nel 3-4-2-1, è iniziato gradualmente a scendere nelle gerarchie di Pasquale Marino, che da metà novembre ha iniziato a preferirgli il più esperto Paloschi. Solo un gol per adesso con la maglia biancazzurra, contro il Pescara, in una partita in cui era entrato a mezz’ora dalla fine a sostituire proprio l’ex centravanti di Milan e Chievo. Un gol non particolarmente difficile, per via dell’uscita avventata del portiere avversario che ha lasciato la porta libera per andare sui piedi di Valoti, che gli ha servito l’assist, ma che comunque ha messo in luce il suo talento nella costruzione dell’azione, con uno stop di petto avvitato in area e un tentativo di tiro di controbalzo ribattuto. Interrogato sul suo scarso utilizzo, Pasquale Marino qualche giorno fa è apparso quasi stizzito di essere costretto a parlare di lui, e infatti non lo ha fatto eludendo la domanda. Non sembra esserci un grande rapporto tra i due, insomma - non il massimo per un giocatore che avrebbe bisogno di giocare per definire e raffinare il proprio gioco. Per questa ragione, il 2021 potrebbe essere difficile quanto lo è stato il 2020 per Sebastiano Esposito, che sta provando sulla propria pelle quanto sia difficile superare l’hype iniziale e trasformare il proprio talento in qualcosa di solido e reale.


Nuno Mendes, 2002, Sporting Clube (Portogallo)

Anche in Portogallo, dove il talento viene coltivato metodicamente come una rara coltura in una serra, trovare un diciottenne titolare in una squadra di vertice è piuttosto raro. Nuno Mendes - 18 anni compiuti lo scorso 19 giugno - è una delle poche eccezioni e da quando è cominciata la nuova stagione di partite ne ha saltata solo una (contro il Famalicão, per via di una botta a un piede). Com’è facile immaginare, quindi, ciò che più impressiona del suo gioco è la solidità. Solidità mentale, innanzitutto, perché trovare un giocatore - un difensore per di più - di 18 anni che inciampi così raramente nel suo percorso di crescita è già di per sé una notizia. E questo nonostante Nuno Mendes, con le sue gambe possenti e lo scatto bruciante sui primi passi, adotti uno stile molto aggressivo, tentando spesso l’anticipo, nonostante venga impiegato principalmente da esterno sinistro basso a tutta fascia. La sua solidità, però, è anche e soprattutto solidità fisica: abbiamo già detto che Nuno Mendes è un giocatore veloce, molto veloce nel lungo - dobbiamo ancora dire della sua capacità di trasformarsi in roccia quando punta i piedi e difende palla con il corpo. Un talento fisico e atletico che Nuno Mendes applica anche a una discreta solidità tecnica perché, nonostante non sia un giocatore particolarmente creativo e utilizzi la sua visione di gioco soprattutto quando c’è da lanciare, è raro vederlo sbagliare un passaggio, anche sotto pressione. Questo mix di caratteristiche rende il terzino portoghese un giocatore non particolarmente appariscente (se si escludono le molte volte in cui riesce a portare palla in verticale in progressione, come un rugbista che rompe le linee avversarie) ma già discretamente sicuro: sia nella gestione del pallone sotto pressione che nell’utilizzo del corpo nell’uno contro uno quando c’è da difendere.

L’unico gol segnato da Nuno Mendes quest’anno è un gran gol, tra l’altro.

Trovare un difensore così giovane con queste caratteristiche è persino più raro che trovare uno di quei talenti che ti fanno sobbalzare sulla sedia e quindi non stupisce che poche settimane fa lo Sporting gli abbia rinnovato il contratto (inserendoci, a quanto pare, una clausola rescissoria da 70 milioni di euro) per difendersi dalle molte pretendenti in giro per l’Europa. Nuno Mendes, come ha scritto Tuttojuve.com, piace a tutti - e vedendolo giocare è facile capire perché. Chissà, quindi, se già nel 2021 non dovremo commentare un suo approdo in una grande squadra. In ogni caso, sarà interessante seguire un giocatore così quest’anno.


Kang-in Lee, 2001, Valencia (Corea del Sud)

Minuto 37 della partita tra Getafe e Valencia, giocata il primo novembre. Daniel Wass, centrocampista danese, effettua un passaggio in verticale che taglia la linea di centrocampo quasi perfettamente a metà strada tra Kang-in Lee, suo compagno, e due giocatori del Getafe. Lee ci arriva per primo e se l’allunga per evitare il primo avversario, ma da dietro arriva con grande aggressività il secondo. A quel punto Lee ha un colpo di genio: effettua una ruleta, il gesto iconico di Zidane, non per cambiare direzione, cosa che non gli avrebbe permesso di evitare il contatto, bensì per fermarsi sul posto, con un piede sulla palla la ferma, mentre ruotando con il corpo si mette il difensore del Getafe alle spalle.

È un gesto che testimonia la creatività e la sensibilità di uno dei migliori piedi mancini nati dopo il 2000, un giocatore con una sensibilità (nel corto come nel lungo, nei filtranti come nei tiri) che gli permette di giocare in ogni zona della trequarti, e che in ogni presenza fa almeno una o due cose incredibili, di quelli da slogarsi la mascella. Non ha ancora un controllo o una protezione tali da poter ambire all’undici di partenza di una grandissima squadra, ma quando ha spazio per smarcarsi e per effettuare la giocata può fare la differenza in qualsiasi contesto. Ad esempio, una settimana dopo il Getafe, stavolta contro il Real Madrid in una delle sue ultime partite da titolare, a inizio secondo tempo riceve una palla tra le linee. Su di lui esce in modo aggressivo Ramos, che però viene evitato con un controllo orientato di sinistro. Poi, in una frazione di secondo, Lee lascia partire un rasoterra sinistro violentissimo che Curtois a malapena devia sul palo (e comunque il tiro era così forte che la palla è tornata da sola oltre il limite dell’area).

Sono ormai almeno un paio d’anni che si attende la definitiva esplosione di Lee. Tecnicamente e fisicamente sembra pronto, ma qualcosa sembra bloccarlo. O è il contesto tattico del Valencia, che gioca con un baricentro basso e in transizione, mentre Lee sembrerebbe più adatto a una squadra tecnica che tiene la palla nella trequarti offensiva; o magari è il suo carattere, come qualcuno dice in Spagna. Prima che si ammalasse di Covid-19 (ora è tornato disponibile) sono iniziati i discorsi sul suo rinnovo contrattuale, che a quanto pare si è fatto difficile. L’attuale contratto scade a giugno 2022 e la dirigenza del Valencia teme un nuovo caso Ferran Torres, quello cioè di un altro giovane venduto a meno del suo potenziale valore di mercato un anno prima della scadenza. Il 2021, quindi, potrebbe essere l’anno del grande salto, quello in cui Kang-in Lee va a giocare in una squadra con maggiori ambizioni del Valencia. Ma da lui ci si aspetta anche qualcosa di più di qualche bella giocata ogni tanto.


Gianluca Busio, 2002, Sporting Kansas City (Stati Uniti)

Gianluca Busio ha firmato il suo primo contratto pro nel 2017, a 15 anni, come homegrown player per lo Sporting Kansas City: in quel momento solo un calciatore aveva fatto meglio, Freddy Adu, fatto che di per sé suona già come una specie di anatema, perché la carriera di Adu è stata un vero inferno, a memento del fatto che passare per giovani prodigi è sempre un’arma a doppio taglio.

Oggi Busio, figlio di un italiano e di una statunitense, coi capelli afro e i basettoni, cresciuto costantemente e senza grandi proclami, può vantare già 73 partite tra i professionisti, di cui 3 in una competizione internazionale, la CONCACAF Champions League, ed è uno dei trequartisti più promettenti del panorama calcistico statunitense insieme a Ledezma del PSV, Mendez dell’Ajax e ovviamente Gio Reyna.

Nello Sporting Kansas City di Peter Vermes gioca da interno destro in un 4-3-3 in cui alle mezzali viene richiesto un grosso impegno nelle due fasi. Busio, nonostante il fisico ancora gracile, longilineo, ha sviluppato una certa maturità nel giocare box-to-box, nel recupero del pallone ma anche e soprattutto nell’ultimo passaggio, per il quale ha un talento innato: questo assist spalle alla porta, in posizione di dieci puro, risale alla sua prima partita da titolare, nel 2018. Magari il 2021 non sarà l’anno della sua esplosione, ma di certo l’ennesimo passo di consolidamento di un professionista che, almeno in termini di mentalità, sembra già pronto per l’Europa.


Yusuf Demir, 2003, Rapid Vienna (Austria)

Austriaco nato a Vienna da genitori emigrati da Trebisonda, in Turchia, Demir è il grande talento sfuggito alla Red Bull, che da anni domina il campionato e accentra il talento locale attraverso la sua squadra di Salisburgo. Demir è passato invece per la trafila classica della sua città, iniziando con la squadra più antica della città, prima nel First Vienna e poi a 10 anni passando a quella più importante nel Rapid. A 15 anni ha firmato il primo contratto professionistico, a 17 anni è già parte integrante della prima squadra, in stagione ha 4 gol e 2 assist in 17 partite tra campionato e Europa League, dov’è anche partito titolare contro l’Arsenal senza sembrare fuori posto. In stagione ha giocato partendo dalla fascia destra, da quella sinistra, sulla trequarti e anche come falso 9.

Ovviamente è già spuntato il paragone con Messi per la piccola statura, le gambe tozze, il naso pronunciato, le orecchie a sventola e il sinistro fatato. Certo non è il primo “Messi austriaco”, ma è sicuramente quello a cui meno sembra ironico come soprannome finora. Demir ha una velocità nel breve, un controllo orientato e una facilità di calcio con il sinistro per cui da qualunque zona gli basta ricevere nei pressi dell’area per rendersi pericoloso. Anche perché sembra uno di quei giocatori che grazie alla tecnica e alla velocità di esecuzione riescono a muovere il pallone prima dell’intervento avversario. Controlla il pallone con ogni parte del piede sinistro, lo manipola a piacimento anche in mezzo al traffico. Il controllo del pallone nello stretto, lo fa uscire palla al piede anche dal raddoppio. Al momento la sua rapidità di gambe e di pensiero non è difendibile in Austria.

Insomma è quel tipo di talento tecnico talmente evidente da bruciare le tappe naturalmente, che può giocare ovunque sulla trequarti e che non avrebbe senso veder giocare con i coetanei. A Demir sembra già stargli troppo stretta l’Austria. Quando escono talenti così raggianti, ai quali il calcio sembra più semplice che agli altri in campo, è anche difficile convincerli a rimanere e maturare in casa. Da mesi si parla di osservatori di praticamente tutte le grandi squadre d’Europa sulle sue tracce, il 2021 potrebbe già essere l’anno del suo trasferimento in un campionato più competitivo.


Florian Wirtz, 2003, Bayer Leverkusen (Germania)

Prima che comparisse Moukoko, Florian Wirtz era diventato il più giovane marcatore della storia della Bundesliga. Il talento del Bayer Leverkusen aveva segnato un bel gol nella sconfitta per 4-2 di giugno contro il Bayern Monaco: un mancino liftato verso il secondo palo dal lato destro dell’area. Per la verità quel tiro, scoccato col piede debole, era stato una delle poche giocate utili della partita di Wirtz, che da ala destra non era mai riuscito a impensierire Alphonso Davies: troppo poco atletico e senza esplosività sul corto per incidere nell’uno contro uno frontale. Wirtz fino a quel momento, nei pochi minuti giocati, aveva dato il meglio nei corridoi intermedi e non è un caso che in questa stagione, dove è già un titolare, Bosz lo abbia reimpostato da mezzala destra.

Da posizione più centrale, Wirtz può dispiegare tutta la sua intelligenza: «La parte più bella del gioco di Wirtz sono i movimenti senza palla. Wirtz ha una capacità di lettura del gioco superiore a qualsiasi suo coetaneo», aveva scritto Alfredo Giacobbe. Per una fase di possesso sofisticata come quella di Bosz, il cervello del tedesco è una benedizione: i suoi movimenti servono sia a portare fuori posizione gli avversari, sia a compensare gli spostamenti dei compagni.

Il calcio di Wirtz, però, non è solo letture senza palla. Ha una tecnica composta ma notevole, con cui conserva il pallone tra le linee e sviluppa l’azione nonostante il marcatore dietro. Spalle alla porta può girarsi grazie alla pulizia del primo controllo, che gli permette di sfilarsi dall’avversario. Fronte alla porta, esprime la sua visione di gioco attraverso i filtranti dietro la difesa. A Wirtz piace servire i compagni sulla corsa, soprattutto con traccianti corti dal limite dell’area. I rasoterra più lunghi li azzarda soprattutto in transizione. Per i giocatori tecnici e cerebrali come lui ci si chiede sempre fino a che livelli di intensità possano sopravvivere. Wirtz ha giocato ottime partite in un campionato d’avanguardia come la Bundes e anche di fronte a sistemi di pressing come quello del Borussia Mönchengladbach la sua testa e i suoi piedi non hanno smesso di funzionare: indizi piuttosto attendibili sulla solidità del suo talento.


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