Il nostro viaggio nei talenti più interessanti da seguire nell’anno che si è appena aperto continua con la terza decina di nomi. La prima la trovate qui, mentre la seconda qui.
Wilfried Gnonto, 2003, Leeds (Italia)
Quando alla fine del mercato estivo è passato al Leeds, complici anche le prestazioni deprimenti della Nazionale, diverse nubi minacciose si sono addensate sopra al futuro di Wilfried Gnonto: sarebbe riuscito a sopravvivere nel campionato più competitivo del mondo questo piccolo giocatore che tra i professionisti ha giocato solo in Svizzera? Le sue prime settimane in Premier League sembravano confermare i nostri timori più cupi sul futuro di Gnonto, che non ha giocato nemmeno un minuto fino alla fine di ottobre. Le cose sono davvero cambiate solo pochi giorni fa, al ritorno della Premier League dopo il Mondiale. Gnonto è partito titolare da ala sinistra prima contro il Manchester City e poi contro il Newcastle, due partite in cui il Leeds ha raccolto solo un punto ma in cui l’attaccante italiano ha messo in mostra due buone prestazioni. Soprattutto contro la squadra di Guardiola, Gnonto ha messo in mostra una capacità sorprendente nel resistere alla pressione spalle alla porta e una grande conduzione in spazi stretti: è stato una minaccia costante dal suo lato e non sono mancati momenti in cui la difesa del City ha sparato via il pallone in fallo laterale in preda al panico, qualcosa che non si vede spesso da quelle parti.
Ovviamente è ancora presto per trarre conclusioni ma perlomeno adesso ha senso chiederselo: è stato solo un fuoco di paglia o il 2023 sarà l’anno di Gnonto?
Antonio Silva, 2003, Benfica (Portogallo)
Che il sistema di formazione del talento in Portogallo funzioni davvero bene lo si capisce dal fatto che una scuola tecnica conosciuta per i trequartisti mingherlini con l’eleganza da direttori d’orchestra abbia iniziato a produrre centrali di difesa rocciosi e attenti. Parliamo di Ruben Dias già come un veterano nonostante abbia appena 25 anni, e dietro a lui si sono già affermati due centrali ancora più giovani che ne vogliono ripercorrere le orme, e cioè Gonçalo Inacio dello Sporting (che però è del 2001 e quindi non poteva rientrare in questa lista) e per l’appunto Antonio Silva del Benfica, ancora più giovane. Il centrale di Viseu, vicino Coimbra, ha esordito con la prima squadra all’inizio di questa stagione prima ancora di compiere 20 anni e immediatamente, come se fosse il suo ruolo da sempre, è diventato titolare della squadra di Roger Schmidt, che nonostante i recenti inciampi (sconfitta per 3-0 il 30 dicembre contro il Braga) è stata una delle squadre più in forma d’Europa nella prima metà di stagione. Titolare in campionato, ma anche in Champions League, dove il Benfica ha affrontato per due volte il PSG subendo solo due gol, e incredibilmente anche al Mondiale, almeno nella partita contro la Corea del Sud che ha rappresentato il suo esordio assoluto in Nazionale maggiore in una partita ufficiale.
È facile intuire che la precocità sia il punto di forza di Antonio Silva, cosa non da poco per un difensore centrale, un ruolo in cui sono richiesti meno errori possibili. Il giovane centrale portoghese sembra saperlo e infatti gioca con grande prudenza: non è il tipo di difensore che esce in avanti sull’avversario come se dovesse rapirlo (e questo nonostante metta tra i suoi difensori di riferimento Antonio Rudiger), ma quello che cerca di prevedere i movimenti del pallone e degli avversari, preparando la posizione migliore prima di intervenire come un coccodrillo che si nasconde sotto il pelo dell’acqua. Questo forse spiega anche la sua relativa debolezza nei duelli aerei (appena nel 44esimo percentile per duelli aerei vinti secondo Fbref), un fondamentale in cui per sovrastare bisogna anticipare l’avversario. Antonio Silva ha anche una buona distribuzione da dietro con il suo destro, anche se per come gioca il Benfica con Schmidt per adesso non ha avuto bisogno di letture troppo raffinate con il pallone.
Su di lui la squadra portoghese si è affrettata a mettere una clausola da 100 milioni di euro sul nuovo contratto. Il 2023 ci dirà qualcosa in più su questa cifra, in primo luogo se Antonio Silva sarà così precoce da riuscire a convincere qualcuno a spenderla già quest’anno.
Mohamed-Ali Cho, 2004, Real Sociedad (Francia)
Alcune notizie biografiche su Mohamed-Ali Cho. Anzitutto, a quel che dice lui, il suo nome non è un omaggio al più celebre pugile della storia dell’umanità. Al padre piaceva Mohamed, alla madre Ali e li hanno messi insieme, così, come se non fosse mai esistito un altro Mohamed Ali. Deve aver avuto dei genitori particolari, Momo. Lo hanno fatto nascere alla periferia di Parigi, si sono trasferiti presto a Londra ma dopo qualche anno sono tornati a Parigi. Ha iniziato a giocare nelle giovanili PSG ma poi i genitori sono tornati di nuovo a Londra e lui si è allenato con l’Everton. Alla fine ha scelto Angers, dove è diventato professionista ad appena 16 anni.
Con l’Angers e con la Sociedad che l'ha preso in estate (solo otto presenze per ora, anche a causa di un infortunio) gioca in una coppia di attaccanti. Anche con l’Under 19 francese - ha anche la nazionalità inglese e quella marocchina, quindi in caso potrà anche cambiare - spesso gioca al centro dell’attacco dove la sua velocità, la forza nelle gambe e la tecnica nello stretto brillano soprattutto nelle transizioni. Anche se la scorsa stagione ha segnato solo 4 gol in Ligue 1 - aveva comunque diciassette/diciotto anni - era comunque, principalmente, una minaccia offensiva e spiccava per gli xG generati (0.32 in media per 90 minuti, secondo Statsbomb, nel 7% dei migliori attaccanti); in questa invece sembra più portato a creare pericoli per i compagni (con 0.28 xA ogni 90 minuti è addirittura nel 3% dell’élite).
Cho può giocare anche sull’esterno, dove in ogni caso crea la maggior parte dei pericoli grazie alla tecnica e alla velocità e magari specializzarsi nei cross (usa bene sia il destro che il sinistro). Di certo per giocare attaccante dovrà alzare la propria media gol ed è un bene che sia capitato in un contesto tecnico come quello della Sociedad, dove può imparare la lingua calcistica di gente come David Silva e lasciare a Sorloth il compito di spingere dentro la palla. A diciotto anni Cho è sulla buona strada ma ci vorrà anche molta pazienza (speriamo insomma che non abbia preso del tutto dai genitori e che non cambi una squadra all’anno).
Harvey Elliott, 2003, Liverpool (Inghilterra)
L’Inghilterra è così prolifica nello sfornare talenti che quasi passa inosservato Harvey Elliott, che ancora prima di compiere vent’anni è - praticamente - un titolare nel Liverpool di Klopp, una delle migliori squadre al mondo. Di lui si parlava di più quattro anni fa, quando il Liverpool lo prese dal Fulham facendolo esordire subito appena sedicenne, facendone di fatto il più giovane esordiente ad Anfield della sua storia. Dopo un passaggio al Blackburn, Elliott era tornato al Liverpool per far parte della rosa, ma un bruttissimo infortunio alla caviglia ne aveva messo a repentaglio la carriera, rallentandone l’ascesa.
Elliott nasce come ala destra a piede invertito, dallo spunto bruciante e dal dribbling elettrico. Per quel ruolo, però, gli mancava un po’ di consistenza per la Premier League, soprattutto a livello realizzativo. Klopp allora lo ha trasformato con profitto in una mezzala, mettendolo nella stesso lato del campo di Salah e Trent-Alexander Arnold, per sfruttare la sua capacità tattica e creativa di associarsi con i compagni e di spostarsi in fascia quando il terzino entra dentro il campo. In questa stagione i suoi numeri offensivi tra passaggi chiave e creazione di occasioni da gol lo mettono nell’élite tra i centrocampisti, anche se poi fin qui ha segnato un gol e servito un assist, molto meno di quanto atteso. Meglio sta facendo in Champions, dove ha segnato due gol nei gironi.
Il Liverpool sta vivendo una stagione difficile e di Elliott è più facile notare gli errori che le cose che fa bene. Deve crescere tanto a livello di letture senza palla, soprattutto a livello di posizionamento difensivo, ma non bisogna dimenticare che è appena diventato un centrocampista. Elliott si inserisce nel tentativo del Liverpool di rinnovare una squadra fortissima senza affidarsi unicamente al mercato, ma puntando anche su giovani a costi più contenuti. Se avrà le qualità per giocare con continuità in una squadra che lotta tutti gli anni per vincere Premier League e Champions lo scopriremo probabilmente in questo 2023.
Noah Mbamba, 2005, Club Brugge (Belgio)
Se Nusa è il gioiello più visibile della corona del Club Brugge, Noah Mbamba non è da meno. A 17 anni, diventerà maggiorenne tra un giorno, ha già 25 presenze tra i professionisti, tra cui l’onere e l’onore di una ventina di minuti in campo sia contro il Manchester City che il PSG. La decisione di non prolungare il suo contratto con il club belga che scade a giugno lo ha fatto mettere un po’ in disparte, ma il futuro è dalla sua parte. Mbamba potrebbe partire già a gennaio o firmare con un nuovo club in estate: City, Barcellona e Chelsea sono sulle sue tracce.
Al Club Brugge si divide tra il ruolo di difensore e quello di centrocampista difensivo, che sembra più adatto a lui. Mbamba infatti impressiona già per la forza fisica, la capacità di portare il pallone in conduzione con una falcata lunga e incisiva che gli permette anche di essere efficace nel saltare l’uomo in campo aperto, ma è a suo agio anche quando deve spostarsi per ricevere spalle alla porta, smistare il gioco. Si vede che deve maturare nelle scelte e fisicamente (è molto magro), ma il materiale su cui lavorare c’è. Alto quasi un metro e novanta, ha delle gambe lunghissime che lo rendono quasi insuperabile nella zona centrale del campo. Forse non sarà quest’anno, ma a breve diventerà un incubo per tutti i centrocampisti di uno dei primi cinque campionati europei.
Désiré Doué, 2005, Rennes (Francia)
Il Rennes non ha ancora finito di salutare Mathys Tel che già si prepara ad accogliere il suo nuovo talento-generazionale-wonderboy-dribblomane-su-cui-tutti-i-top-club-europei-hanno-già-messo-gli-occhi. Sto parlando di Désiré Doué, stessa età di Tel, ma una propensione più spiccata a volare per il campo in transizione verticale, con una leggerezza sui primi passi che ricorda il primo Ousmane Dembélé (un altro con un sacco di accenti aperti sul proprio nome). Doué ha esordito in questa stagione ma già ha giocato molto considerando l’età e il brutto infortunio alla caviglia che si è procurato a metà novembre: oltre 600 minuti tra Ligue 1 ed Europa League in cui ha già segnato tre gol e messo in mostra dribbling in conduzione che fanno saltare sulla sedia. Secondo i dati fbref, Doué è nel 99esimo percentile tra i pari ruolo dei cinque principali campionati europei per dribbling riusciti (3.11 per 90 minuti) e tiri totali (2.65), due cose che tenta con un’ostentazione di fiducia nei propri mezzi talmente esasperata da indurlo spesso in scelte forzate ed errori banali. Nulla di strano alla sua età e alla luce della sua tecnica di calcio, che sembra di alto livello e ci ha già regalato gol come questo contro il Nantes.
Vederlo giocare è divertentissimo, speriamo di non perderlo di vista nel 2023.
Tommaso Baldanzi, 2003, Empoli (Italia)
Una volta l’Italia era la patria dei Baggio, dei Totti, Del Piero, ma anche dei Morfeo, Fiore, Zauli, insomma dei trequartisti. Poi, un po’ il calcio ha messo da parte i numeri 10, un po’ nel nostro movimento è sfiorita la capacità di creare talenti creativi di livello assoluto e siamo rimasti quasi senza. L’avvento di Baldanzi, come quello di Pafundi, è - speriamo - il segno che qualcosa sta cambiando.
Baldanzi è il fiore all’occhiello di una società, l’Empoli, che da sempre lavora benissimo con i giovani. È entrato nel settore giovanile nel 2011, nel 2019 ha guidato la Primavera allo Scudetto e la scorsa stagione, a 19 anni, ha debuttato in Serie A. Quest’anno Zanetti sembrava intenzionato a inserirlo nelle rotazioni, ma alla seconda presenza, dopo aver segnato uno splendido gol, si è infortunato, perdendo un po’ di posizioni nelle gerarchie. Baldanzi è comunque riuscito a segnare il suo secondo gol col Sassuolo, appena prima della pausa.
In ogni caso il 4-3-1-2 con cui storicamente gioca l’Empoli, e a cui neanche Zanetti ha rinunciato, si adatta bene al suo inserimento. Baldanzi è infatti come l'ha definito il suo allenatore «l’unico trequartista puro che abbiamo», quindi non uno di quei giocatori offensivi che possono essere adattati sull'esterno o come mezzali. Baldanzi ha infatti un fisico minuto che lo rende abilissimo nello stretto, nel dribbling bruciante, ma molto meno nell’allungo o nei duelli fisici lungo tutto il campo. Il meglio lo dà quando può ricevere il pallone nei mezzi spazi, collegare la difesa con l’attacco, cercare il passaggio verticale, anche quello risolutivo. La sua creatività si è ancora vista poco al piano di sopra, ma a livello giovanile andava con facilità in doppia cifra negli assist. L’altro aspetto davvero interessante del suo gioco è la capacità di calciare benissimo in porta, anche da lontano. Dotato di un sinistro esplosivo non ha paura di usarlo e, addirittura, può calciare con il destro, che per un mancino è molto raro. Come tutti i giocatori molto tecnici, Baldanzi deve provare molto (e sbagliare molto) per crescere, trovare il modo di far funzionare il suo talento anche in contesti fisicamente molto più impegnativi. Da questo punto di vista l’Empoli sembra il posto perfetto. Il 2023 potrebbe essere l’anno di Baldanzi e noi siamo qui che aspettiamo.
Martin Baturina, 2003, Dinamo Zagabria (Croazia)
Luka Modric non sembra volerne sapere di ritirarsi. Il centrocampista del Real Madrid continua a regalare esibizioni partita dopo partita, ma la sua carta d’identità, purtroppo, ci dice che il momento dell’addio si sta avvicinando. Chissà, forse è anche per paura di un evento così doloroso che Martin Baturina sta attirando l’attenzione su di sé. Come Modric, anche Baturina indossa la maglia numero dieci della Dinamo Zagabria e, come Modric, da centrocampo incanta con una capacità stupefacente di fendere le linee avversarie palla al piede. Purtroppo, a differenza del capitano della nazionale, Baturina non sembra molto interessato a usare l’esterno, preferisce affidarsi al piede debole, il sinistro, che usa quasi con la stessa confidenza del destro, sia per calciare che per passare.
Ovviamente va tutto messo in proporzione, ma, dopo Modric e Kovacic, la scuola croata sembra aver prodotto un’altra mezzala specializzata nelle conduzioni. Baturina ha la palla incollata al piede e sa alternare le velocità con cui la guida, sempre con grande eleganza. Può giocare sia da trequartista che da interno di centrocampo. Da mezzala può passare più tempo fronte alla porta. Da quella posizione, gli piace partecipare alla manovra già nella sua fase germinale. Baturina, infatti, ha un’eccellente gestione della palla anche sotto pressione: è sempre preciso nei controlli orientali ed è agile nelle virate di bacino, con cui manda fuori strada gli avversari che lo aggrediscono. Non ha ancora un’influenza da regista, ma in compenso dimostra ambizioni da rifinitore, con una buona capacità di far filtrare il pallone alle spalle della difesa anche con passaggi lunghi. Da trequartista, invece, può concentrarsi di più sull’area di rigore. Arrivato nell’ultimo terzo di campo, infatti, Baturina ha un ottimo tiro. In più, legge abbastanza bene gli spazi da occupare.
La Dinamo Zagabria sta dominando il campionato croato. Baturina non sempre parte dall’inizio, ma si può considerare un titolare. In Champions League, però, il suo minutaggio è stato scarso: chissà, forse per la necessità di coprirsi, o forse per timore verso il livello degli avversari. Non abbiamo ancora avuto, quindi, una prova del suo talento fuori dal campionato croato. A giugno, però, arriveranno gli Europei Under 21. Baturina avrà la maglia numero dieci della Croazia. È di certo uno dei nomi da tenere d’occhio della competizione: lì, per la prima volta, avrà l’occasione di impressionare anche il grande pubblico.
Zidan Sertdemir, 2005, Bayer Leverkusen (Danimarca)
Giusto per non mettergli troppa pressione, a Sertdemir, appena arrivato al Bayer Leverkusen, gli hanno dato la maglia numero 29. Una maglia qualsiasi, in un posto qualsiasi, ma non al Bayer Leverkusen, dove rimanda direttamente a Kai Havertz. «Pensano che io possa ripercorrere le stesse tappe» dice con una punta di perplessità Sertdemir, che anche lui è alto, snello e incredibilmente coordinato. Gioca a centrocampo e col piede mancino ha uno stile di gioco molto offensivo, che scende a ben pochi compromessi. Sertdemir è un creatore di gioco: vuole giocare sempre in verticale, ha una grande visione e col sinistro può eseguire ogni tipo di passaggio. Dai cambi di gioco panoramici di quaranta metri, allungati un po’ con l’esterno del piede, a filtranti fatti con l’interno che sembrano accompagnati con un guanto di velluto. Pur giocando a centrocampo, dribbla molto, e i suoi non sono solo dribbling difensivi. Sertdemir ama puntare direttamente l’uomo palla al piede anche quando deve impostare il gioco. Uno stile che fa immaginare un’evoluzione in zone più avanzate del campo, oppure un suo rallentamento dei tempi di gioco - magari diminuirà i tocchi col tempo. Sì, se ve lo steste chiedendo, suo padre lo ha chiamato Zidan in onorare di Zinedine Zidane.
Nel frattempo ha già esordito tra i professionisti, il più giovane a farlo con la maglia del Bayer Leverkusen, che lo ha preso dalle giovanili dell’Odense (dove era considerato il miglior giovane talento del calcio danese ed era cercato da Arsenal e Ajax).
Malo Gusto, 2003, Olympique Lione (Francia)
Malo Gusto è l’ennesimo talento lanciato dalle giovanili dell’OL. Cresciuto a Villefontaine, a mezz’ora da Lione, è uno dei terzini più promettenti al mondo e lo scorso anno ha disputato la sua prima stagione tra i professionisti. Per il Lione le ultime due stagioni sono state davvero difficili. Nonostante il cattivo rendimento della squadra, però, Malo Gusto ha sempre brillato. Il francese, infatti, è un giocatore autosufficiente, che non ha bisogno di particolare supporto da parte dei compagni per fare la differenza. Il terzino, oggi, è un ruolo sempre più sofisticato, con tante responsabilità anche nella costruzione della manovra. Malo Gusto, però, rappresenta un’interpretazione un po’ più tradizionale. Anche lui ha un ottimo piede, tuttavia dà il meglio se può giocare su un binario. Per inquadrare le caratteristiche del laterale del Lione, basti sapere che da bambino, prima di dedicarsi completamente al calcio, ha praticato atletica e rugby. Alto un metro e ottanta, è dotato di un ottimo fisico e di una gran corsa, sia negli scatti che in allungo. Non è un caso che Bosz lo abbia schierato sia da terzino di una difesa a quattro che da esterno a tutta fascia.
La qualità migliore di Malo Gusto sono i suoi cross. Non sarà creativo come Alexander Arnold, ma il francese è davvero efficiente nell’indirizzare la palla in area. Le sue traiettorie sono sempre potenti e precise, il suo destro è una fionda, con la palla che si alza e poi scende all’improvviso a grande velocità nel cuore dell’area di rigore. Peraltro, non ha bisogno di condizioni particolarmente favorevoli per calibrare il cross. Anche con l’avversario davanti, infatti, gli basta uno scatto per scoprire per un attimo la palla e colpirla: non si tratta, quindi, di uno di quei terzini che hanno bisogno per forza di ricevere in corsa per essere pericolosi. Ovviamente, le qualità atletiche diventano utili anche in conduzione e in fase difensiva. Se la difesa è posizionata male e gli avversari partono in transizione, Malo Gusto è veloce abbastanza da coprire il campo all’indietro e correggere gli errori dei compagni. Qualità del genere sono preziosissime nel calcio di oggi, e infatti su di lui pare ci sia già l’interesse di Newcastle e Manchester United. Se il Lione dovesse rimanere fuori dall’Europa, vedremo quale sarà lo step successivo per la sua carriera.