
È molto complicato celebrare un anniversario. Ogni volta si prova a non esser patetici senza essere aridi, rimanendo in equilibrio su quel filo sottile che separa l’epica dalla retorica.
Come disse Paolo Mantovani durante la sua presidenza, la Samp «non è una squadra, ma uno stile di vita». In occasione dei 70 anni della società blucerchiata, ho scelto altrettanti momenti che potessero identificarla.
La nascita: 12 agosto 1946

A spingere l’Andrea Doria e la Sampierdarenese alla fusione è stato più che altro l’istinto di sopravvivenza. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale, le attività delle due sezioni calcistiche vanno a rilento a causa di problemi economici che avrebbero potuto portare entrambe al fallimento.
La società avrebbe dovuto avere un nome diverso. L’Andrea Doria disponeva grandi risorse economiche, mentre la Sampierdarenese poteva vantare un posto nella massima serie. L’Andrea Doria preme per la denominazione “Doria-Samp”, ma i sampierdarenesi alla fine fanno valere il loro maggiore prestigio e alla fine il club si chiamerà Sampdoria.
Piero Sanguineti ha la tessera numero uno ed è il primo presidente del club, mentre Galluzzi è il primo allenatore: l’esordio arriva in un Roma-Samp 3-1 del 22 settembre 1946, match disputato al Flaminio.
Una maglia unica

Il “Bacciccia” con barba e pipa sul logo del club, quelle strisce che da sempre definiscono la maglia della Samp. Lo scudo di San Giorgio viene ereditato dall’Andrea Doria e rappresenta Genova. La maglia della Samp ha attraversato tante diverse epoche storiche e sponsor che l’hanno esaltata o maltrattata. Dai picchi di indie raggiunti dalla maglia rosso-cerchiata o da quella sponsorizzata Dreamcast di inizio 2000, fino ai momenti pacchiani toccati negli ultimi anni, con i loghi dei film di Ferrero appiccicati sul petto.
L’unicità della maglia del Doria rimane un vanto.
Stracittadina

Il suggestivo nome di “Derby della Lanterna” deriva dal faro che svetta sul porto di Genova, la città che può vantare un soprannome come “La Superba”. Il bilancio storico è a favore del Doria sia nelle singole partite che nei piazzamenti finali in A, ma gli ultimi anni sembrano aver messo in discussione la superiorità “blucerchiata" guadagnata negli anni ’80 e ’90.
Insieme a Roma-Lazio, è il derby più sentito, e a testimoniarlo non solo l’atmosfera folle che lo circonda, e che trasforma Marassi in un catino di lava e fuoco, ma anche il fatto che pochi giocatori hanno azzardato di rompere il tabù di giocare su entrambe le sponde. Difficile scegliere il momento più bello a tinte blucerchiate in un derby. Se dovessimo fare un tentativo, la scelta ricadrebbe forse sul 2-0 del 19 aprile 2003: quell’anno si sono disputati tre derby, tutti vinti dalla Samp tra Coppa Italia e Serie B. Il tris di successi – firmato Zivkovic e Conte – avvicina la Samp al ritorno in A e il Genoa alla retrocessione in C (evitata poi dal caso Catania).
Adriano Bassetto
Il primo blucerchiato a segno in una partita ufficiale, nonché la prima di diverse bandiere transitate per Genova. Nane soffre talmente tanto la tensione della competizione da vomitare prima delle partite. Ancora oggi ha segnato in Serie A (149) più gol di attaccanti del calibro di Vieri, Pulici, Montella, Pruzzo e Vialli.
I gemelli del gol

L’attacco della storia della Samp nell’immaginario è associato a coppie di punte che riuscivano a instaurare un’intesa a livelli alchemici, perfetta complementarità tecnica e umana. Sebbene siano stati soprattutto Vialli e Mancini a sedimentare questa idea, i primi furono Bassetto e Baldini (quest’ultimo si macchiò anche di passare al Genoa, salvo tornare). Un appellativo guadagnato poi anche da Flachi-Bazzani e Cassano-Pazzini.
Alberto Ravano
I presidenti della Samp sono stati 17: il primo di un certo rilievo è stato l’uomo a cui oggi è dedicato un torneo giovanile che riceve sempre molte attenzioni a Genova.
Ernesto Cucchiaroni
“Tito” è stato un’ala mancina rimasto cinque anni alla Samp, dove è arrivato già 31enne. La vita gli ha tolto il piacere di invecchiare – è morto per incidente stradale a 44 anni – ma con lui i tifosi blucerchiati hanno potuto divertirsi. Uno dei maggiori gruppi di ultras blucerchiati porti il suo nome in omaggio a quegli anni.
La stagione 1960-61
Se escludiamo l’età d’oro a cavallo tra anni ’80 e ’90, il miglior piazzamento della Samp è un quarto posto ottenuto due volte. La prima arriva nel 1960-61: il trio offensivo è composto da Skoglund, Cucchiaroni e Brighenti, in regia il grande centrocampista austriaco Ernst Ocwirk. In panchina Eraldo Monzeglio, uno degli eroi dell’Italia bi-campione del Mondo nel ’34 e nel ’38.
Vujadin Boskov

Giocatore blucerchiato per due stagioni a inizio anni ’60, il serbo diventa poi l’allenatore della Samp per sei anni, quelli della Sampd’oro. Torna per una parentesi nel 1997-98, ma rappresenterà una guida eterna per tutti i tifosi doriani.
Fra i diversi aforismi famosissimi di Boskov, a definirlo più di tutte una frase meno iconica e ricordata. Quando lo accusarono di far decidere la formazione a Vialli e Mancini: «Questi discorsi non mi facevano né caldo né freddo. L'unica cosa che mi dà fastidio è la sconfitta». Una durezza senza la quale non avrebbe vinto in Italia e in Europa.
La Serie B
Il Doria ha giocato 11 stagioni in cadetteria. Le retrocessioni dalla A sono state quattro: la prima nel ’66 dopo una gara contestata. La palma per la più dolorosa delle discese in B, però, forse è da dividere in due altre annate.
Palloni d’Oro
Pochi club hanno potuto vantare nei loro ranghi un Pallone d’Oro. La Samp ne ha avuti addirittura due, sebbene entrambi a fine carriera. Luisito Suarez, che a Genova ha chiuso una lunga e vincente carriera, e Ruud Gullit, che ha ritrovato al Ferraris smalto dopo un periodo d’appannamento al Milan.
3 luglio 1979
Questa data a tanti non dice nulla, ma è l’inizio del sogno blucerchiato: Paolo Mantovani acquista la Sampdoria. Lui era già stato in società in qualità di addetto stampa negli anni ’70, ma la pessima gestione targata Lolli Ghetti gli aveva tolto la passione per quel mondo.
Il sogno del nuovo presidente sembra campato in aria: vincere uno scudetto dopo aver riportato il Doria in A. «Alla Sampdoria non c'è limite al meglio, perciò non c'è apprezzamento per i risultati intermedi».
Giorgio Ajazzone
Nato nel 1954, è entrato nella Samp a 24 anni come impiegato. Oggi è un simbolo del Doria: diventato team manager nel 1997, è vicino ai quarant’anni di militanza.
Formazione di dirigenti
Dalla Samp sono passati diversi dirigenti che hanno potuto farsi un nome grazie a quanto fatto nella Genova blucerchiata: Nassi, Borea, Marotta, Paratici. L’ultimo della nidiata è Riccardo Pecini, che però a oggi è il direttore sportivo del settore giovanile: si attende la promozione.
Estate del 1980: ossatura
Nell’estate del 1980 arrivano i primi pezzi di quella che sarà la “Sampd’oro”: Pellegrini, Salsano, Bistazzoni.
Lo Zar

“Ha i muscoli anche sulle orecchie” Maradona su Wierchowod.
Il più importante di quegli arrivi è Pietro Vierchowod. Roccioso, arcigno, scontroso anche nelle espressioni del viso. Anche se acquistato nell’estate del 1980, Mantovani lo gira prima alla Fiorentina, poi alla Roma in prestito. Quando gioca la sua prima gara con la Samp, ha già vinto uno scudetto e un Mondiale.
Lo chiamano “lo Zar” perché il padre era un ex soldato dell’Armata Rossa, ormai trasferitosi in Italia dopo esser rimasto prigioniero nella Seconda Guerra Mondiale. Dopo 12 stagioni con la Samp, ha vinto anche la tanto sospirata Champions con la Juve e continuato a giocare fino ai 40. A oggi, è secondo per presenze con la maglia del Doria.
Dal Regno Unito
Una cosa che si è persa col tempo è stata la relazione tra la Sampdoria e la Gran Bretagna. Negli anni ’80, a Genova arrivano Trevor Francis (decisivo in una finale di Coppa dei Campioni), Greame Souness e Liam Brady; nel decennio successivo, transitano sotto la Lanterna David Platt e lo sfortunato Lee Sharpe.
Roberto Mancini
Nonostante i suoi trascorsi blucerchiati, Mancini non è mai stato lontanamente vicino ad allenare la Samp. Mentre da giocatore ha lasciato un’eredità incredibile: 566 presenze, 171 gol.
Il suo addio nell’estate del 1997 ha diviso per sempre la tifoseria tra chi lo ama e chi lo detesta: pur avendo un contratto da rispettare, Mancini ha lasciato Genova a zero, si dice in base a una promessa strappata a Paolo Mantovani negli anni d’oro. In ogni caso, per molti anni, si può dire che a livello tecnico Mancini è stato la Sampdoria.
Sampd’oro
L’appellativo che la Samp ha ricevuto per i suoi risultati storici. La Coppa Italia apre e chiude un ciclo straordinario: dal 1984 al 1994, arrivano sette trofei su 15 finali giocate. La consacrazione in Italia, i viaggi europei. A ripensarci oggi c’è quasi da non crederci.
Gianluca Vialli
Otto anni di quel decennio straordinario vedono in squadra uno degli attaccanti più forti nella storia del calcio italiano. Uno dei dieci nella storia a vincere le tre competizioni UEFA, delegittimato solo dallo scarso successo in Nazionale. Vialli è stato la colonna della Samp dal 1984 al 1992.
Per averlo, la Juventus arriva a offrire quattro miliardi di lire e ben quattro giocatori (Serena, Corini, Zanini e Bertarelli): Vialli ha continuato a vincere anche a Torino e Londra (sponda Chelsea), ma il 9 nel suo prime si è visto sotto la Lanterna.
Toninho Cerezo

Una leggenda che ha trascorso sei anni al Doria, che sembrano pochi se non li rapportiamo al fatto che era arrivato a 37 anni in condizioni tecnico-fisiche ottimali, una cosa che forse oggi sarebbe impensabile per un centrocampista. Lasciata la Samp nel ’92 Cerezo è tornato in Brasile con il San Paolo riuscendo a vincere una Copa Libertadores e due Coppe Intercontinentali.
La magia del Ferraris

Il Ferraris, nei suoi 115 anni di vita, ha sempre viaggiato sul doppio binario tra bellezza e arretratezza. Amato per il suo fascino di stadio all’inglese, è stato spesso fonte di problemi. Per la gestione, per il rinnovamento in vista di Italia ’90 (che lasciò la Samp con il pubblico dimezzato), per la sua antichità.
La Coppa delle Coppe del 1990
Dopo un tentativo andato a vuoto solo un anno prima, la Samp alza il suo primo (e unico) trofeo europeo. Lo fa a Goteborg nel maggio 1990: il cammino in Coppa delle Coppe è stato trionfale (Vialli è già capo-cannoniere prima della finale) e all’ultimo atto di Goteborg c’è l’Anderlecht allenato da de Mos, che aveva vinto la competizione nel 1988 con il Mechelen.
La gara si risolve in un assedio dei blucerchiati, ma l’Anderlecht – che ha in squadra Keshi e diversi nazionali belga – resiste in una qualche maniera. L’ingresso di Salsano ai supplementari cambia l’inerzia della partita: una doppietta di Vialli (un gol per tempo) chiude la pratica, suggellando l’unica affermazione europea del Doria in uno stadio vuoto (per qualche ragione, la tranquilla Goteborg riempirà solo 20mila dei 40mila posti disponibili).
19 maggio 1991
Lombardo con i capelli (e non solo). La capovolta di Vialli. La corsa di Cerezo. Il bolide di Mannini. Mantovani che non riesce a parlare. In 12 anni, il presidente ha realizzato quanto promesso. E forse non ci crede nemmeno lui, anche se in passato era stato profetico: «I nostri nemici non stanno a Genova: stanno a Firenze, a Milano, a Torino. Sono quelli che hanno paura che noi poi si finisca per scalzarli in classifica. Perché sanno che li scalzeremo».
Quel 19 maggio è solo il capitolo finale di un lungo viaggio, iniziato dall’acquisizione della Samp da parte di Mantovani e passato da un campionato strano. Ci sono prestazioni maiuscole (quattro vittorie tra andata e ritorno con le due milanesi, il doppio 4-1 al Napoli campione d’Italia) e cadute inspiegabili (il 2-1 per il Genoa nel derby d’andata, la caduta a Lecce, la sconfitta in casa contro il Torino), forse dovute alla pressione di giocarsi il titolo, stavolta per davvero e non solo sulla carta. La Samp vede sfuggire il titolo d’inverno sul finale del girone d’andata, ma dalla 25° giornata non mollerà più la vetta.
Vialli sintetizza per tutti: «Questo scudetto non è una rivincita: sono sette anni che siamo innamorati di questa bella ragazza chiamata Sampdoria e finalmente siamo riusciti a farle partorire lo scudetto. Sembrava dovessimo smobilitare visti i nostri cronici difetti, ma chi è rimasto ha meritato questo traguardo. Ci avete trattati come degli adorabili discoli, incorreggibili e senza spina dorsale: oggi tutto questo si cancella».
Lettera da Amsterdam
Per celebrare lo scudetto del 1991 i fratelli De Scalzi hanno creato un cd con diverse tracce. Tra queste la canzone che è ancora oggi un simbolo della tifoseria blucerchiata, la “Lettera da Amsterdam” che viene intonata ogni pre-gara al Ferraris.
Lezione ai campioni d’Europa
Se in campionato non arriva la conferma del titolo, la Samp vola in Coppa dei Campioni. Si comincia a credere nella vittoria della coppa il 1° aprile ’92, la sera in cui i blucerchiati volano a Belgrado: 3-1 sul campo della Stella Rossa campione d’Europa. La stessa squadra che ha in campo Mihajlovic, Savicevic, Darko Pancev.
La maledizione blaugrana
La Samp ha disputato tre finali europee, vincendone una. Le altre due le ha perse contro lo stesso avversario, a distanza di quattro anni l’una dall’altra: il Barcellona. Se fu la conseguenza di molte assenze, l’atto finale di Wembley del 20 maggio 1992 è la perdita dell’innocenza.
La Samp ha diverse occasioni – tra cui soprattutto un pallonetto di Vialli che sibila di qualche centimetro dal palo – ma la partita non si sblocca. Finché Ronald Koeman non trova un jolly dalla distanza e regala la prima Coppa dei Campioni ai blaugrana. È la fine di un’era: partono Vialli, Pari e Cerezo, mentre Boskov lascia la panchina.
I tre impegni onorati da Mantovani
L’era Mantovani senior non si chiude per una decisione autonoma ma per una malattia che lo uccide il 14 ottobre ’93: gli subentra il figlio Enrico, ma non sarà la stessa cosa. «Quando ho preso la Sampdoria ho assunto anche tre impegni. Uno di carattere personale; il secondo non sentire più i tifosi urlare "serie A"; il terzo riempire lo stadio. Credo di averli onorati tutti e tre».
Fine di un ciclo
Nonostante la sua morte, Paolo Mantovani lascia in eredità un’ultima stagione da favola. Un Oscar postumo, certificato dal terzo posto della squadra guidata da Sven-Goran Eriksson e dall’ultimo trofeo, la Coppa Italia vinta in finale contro l’Ancona.
Miglior attacco

La gestione di Mantovani jr. regala comunque qualche sprazzo di luce. La stagione 1996-97 viene ricordata per l’attacco atomico di cui la Samp ha potuto fregiarsi: Mancini-Montella davanti (37 gol insieme), Veron alle loro spalle. I blucerchiati realizzeranno più gol di tutti (60, nove in più della Juve campione d’Italia).
Fausto Coppi
Fausto Coppi, vincitore di cinque Giri d’Italia e due Tour de France, è stato spesso immortalato con la maglia blucerchiata. Da qui l’abitudine dei tifosi del Genoa di chiamare i sampdoriani “ciclisti”, anche per una maglia che richiama quella iridata.
Mantovani II
Enrico Mantovani non ha mai avuto la stessa passione del padre per la Sampdoria. Ereditata dopo la morte di Paolo, Enrico ha per un po’ mantenuto la linea della precedente gestione.
Poi la decisione di ridimensionare gli investimenti (accusando gli altri club di “doping amministrativo”), il palazzo contro di lui e la retrocessione del ‘99. Allo scoppio di Calciopoli, Mantovani non ha esitato a ricordare che quella discesa in B è stata secondo lui “pilotata” da Moggi. Finito il periodo da presidente nel 2000, Mantovani rimane proprietario fino a che non subentra Riccardo Garrone.
Angel “Matute” Morales
Il 10 è una maglia difficile da portare. Ancora di più se chi l’ha appena lasciata è il simbolo della storia di quel club. Voluto da Luis César Menotti (il tecnico dell’Argentina Mondiale nel ’78), Morales lascerà poco o nulla a Genova, se non tanti rimpianti e un gol alla Juventus.
Bologna amara
Il 16 maggio 1999: la Samp si gioca la salvezza al Dall’Ara e deve vincere per sperare ancora. Una doppietta di Montella apre la porta della salvezza, ma un rigore concesso al Bologna e trasformato da Ingesson spedisce la Samp in B. Sia lo svedese che l’arbitro Trentalange ammetteranno poi che il penalty fosse inesistente.
Quattro mesi più tardi, in una gara di Coppa Italia a Genova, la Gradinata Sud lancia arance e rubinetti sul campo. Nella porta di fronte c’è Gianluca Pagliuca, ex blucerchiato allora portiere degli emiliani. L’ultimo episodio significativo è la giornata finale del campionato 2004-05: il Bologna deve salvarsi, la Samp andare in Champions. Finirà 0-0 con tre legni dei blucerchiati e tanti rimpianti.
Moreno Mannini
L’altra partenza eccellente di quell’estate è quella di Mannini. Arrivato quasi per caso dal Como nell’estate dell’84 (Mantovani era presente a un’amichevole Como-Samp per visionare Galia, che poi sarà comunque in blucerchiato), giocherà 15 anni a Genova e sarà il secondo per presenze nella storia doriana. Le liti con Spalletti – allenatore nell’anno della retrocessione del ’99 – lo spingeranno lontano da Genova.
Un anno al Forest e poi una presenza simbolica con l’Imola, squadra della sua città-natale. Quella da cui tutto era iniziato, perché la Sampdoria fa venire in mente Vialli, Mancini e tanti altri grandi giocatori, ma se volete un simbolo incontrastato della “sampdorianità”, Moreno Mannini è il vostro uomo.
Francesco Flachi
Nell’estate della discesa in B, arriva un giocatore che diventerà decisivo nella storia della Samp. Nella classifica all-time dei marcatori della Samp, è terzo con 111 reti: davanti solo Mancini e Vialli. Ancora oggi Francesco Flachi ricorda l’esperienza doriana come la migliore della sua vita, tanto che lo portò a rifiutare il trasferimento nel Monaco di Deschamps.
Presidenti mancati
Dopo due anni in B, Mantovani si è già disimpegnato, almeno come presidente. Si parla di tanti possibili nuovi padroni: Del Vecchio della Luxottica, Diego Della Valle e addirittura Enrico Preziosi, all’epoca presidente del Como. Non arriverà nessuno e i debiti rischieranno di travolgere la Samp.
Le lacrime di Bellotto
La situazione di difficoltà vissuta in quella stagione 2001-02 è rappresentata dal volto di Gianfranco Bellotto. Ex giocatore doriano proprio nell’era Mantovani sr. e poi allenatore durante quella terribile annata, legge una lettera al termine di Samp-Messina, conclusasi 2-1.
«La vittoria è dedicata a tutti quelli che ci hanno sostenuto e di quelli che ci hanno consegnato al mattino il loro messaggio d'amore. Leggo quelle parole e capisco che avere tifosi così è davvero il massimo per una squadra di calcio». I tre punti eviteranno la retrocessione. Non è un’esagerazione affermare che la Sampdoria è stata vicina alla scomparsa.
Garrone I
Riccardo Garrone non è mai stato un grande amante del calcio, ma in quanto proprietario dello storico sponsor blucerchiato – la ERG – ha sentito il dovere di salvare la squadra. Marotta e Novellino faranno il resto, con la risalita immediata in Serie A.
Un capitano
Angelo Palombo è arrivato alla Sampdoria nel silenzio generale, dopo il fallimento della Fiorentina: una trattativa-lampo condotta da Marotta all’aeroporto di Malpensa. A parte sei mesi in prestito all’Inter, il legame dura da 14 anni.
Mediano spigoloso e difensore centrale in situazioni d’emergenza, verrà usato da Mazzarri come playmaker nel suo 3-5-2. Oggi non è più lo stesso degli anni d’oro, ma è ancora alla Samp. Il suo contratto scadrà l’estate prossima e il rinnovo potrebbe non arrivare, anche perché la sua importanza in squadra dalla retrocessione del 2011 è diminuita e il rapporto non è più idilliaco come prima. Anzi, forse l’esser stato schierato anche quando non era più il caso (vedi Samp-Vojvodina dell’anno scorso) lo sta bruciando agli occhi dei tifosi.
La stagione delle sorprese
Una delle migliori stagioni nella storia blucerchiata parte con i presupposti peggiori. Il 2004-05 vede pochi investimenti di Garrone, per lo più a parametro zero: Pisano dal Brescia, Tonetto dal Lecce, il ritorno di Marcello Castellini da Parma, il prestito di Fausto Rossini e la metà di Kutuzov dal Milan.
La Serie A impazzisce – andate a riguardarvi la classifica finale – e la quadrata Samp di Novellino ne approfitta. Calciopoli ce l’avrebbe restituita sostanzialmente terza, ma il quinto posto effettivo non ne ha sminuito la portata.
La rimonta (subita)
Proprio in quella stagione la Samp si trova dal lato sbagliato della storia. Può capitare se vieni rimontato di tre gol negli ultimi cinque minuti.
Dalla mia testa non è mai andata via l’intervista post-gara a Mancini su Rai Sport. Domanda: «Potete ancora competere per lo scudetto?».
Il non fu Vieri

Christian Vieri ha giocato per 13 squadre nella sua ventennale carriera. Nella lista ci sarebbe dovuta essere anche la Samp, lo stesso club che ha accolto il padre negli anni ’60. E di cui Vieri si è detto tifoso (anche se è difficile associare Vieri a una fede o a qualcosa di romantico).
Invece, a contratto firmato, salta tutto per i problemi al ginocchio di Bobo, che ha paura di non riprendersi ed è distratto da altri pensieri. Tornerà poi con l’Atalanta, ma quel 32 blucerchiato in campo non si è mai visto.
Mr. Dreamgoal
Con gli anni poi ci ha abituato a certe cose, ma Fabio Quagliarella nell’estate del 2006 ha tre gol all’attivo in A con l’Ascoli. Poco o niente. Anzi, arriva in uno scambio sconveniente per il Doria: metà del suo cartellino e Mirko Pieri (idolo) in cambio della metà del promettente Foti (ritiratosi qualche mese fa a 28 anni per i troppi infortuni).
La realtà ha poi mostrato altre valutazioni: il suo addio alle buste peggiorerà l’astio dei tifosi blucerchiati nei confronti dell’Udinese. Ma soprattutto è stato uno dei giocatori dal miglior rapporto – inversamente proporzionale – tra tempo trascorso al Doria e ricordi positivi lasciati a Genova: è tornato lo scorso inverno dal Torino.
Legami libici
Dopo due presenze in A (una con il Perugia nel 2004, l’altra con l’Udinese nel 2006), Saadi Al-Gheddafi veste la maglia della Sampdoria. Non scenderà mai in campo, ma tanto basta per scatenare mille domande.
Il 99
Credo che non ci sia frase migliore per fotografare il personaggio di Antonio Cassano di quella pronunciata da Beppe Marotta nell’estate del 2008. Dopo un anno straordinario e la convocazione agli Europei di quell’anno, la Samp cerca il riscatto del giocatore dal Real Madrid.
Per convincere i Blancos ad abbassare il prezzo, l’allora a.d. blucerchiato se ne esce con la famosa frase: «Se l’affare non va in porto, Cassano sclera…». Questo perché Cassano ha sempre visto in Genova e nella Samp un porto sicuro, quanto meno il migliore per contenere una psiche chiaramente da aggiustare.
Il riscatto dal Real avviene a costo zero. Cassano ha poi litigato con Garrone e con chiunque abbia incontrato sulla sua strada, tornando al Doria nell’estate 2015. Ormai ha 34 anni e atleticamente non è più quello di due anni fa (cioè quello che ha portato il Parma in Europa League). Neanche il suo talento riesce più a fargli da garanzia e si sta consumando un secondo divorzio, più triste e silenzioso del primo.
L’Aeroplanino

In quel 2007-08, c’è spazio anche per il ritorno di Vincenzo Montella: in prestito dalla Roma, acciaccato, ma l’amore è troppo grande.
Il problema è che ogni addio di Montella alla Samp ha sfilacciato quel sentimento: il primo del ’99 è stato finanziariamente necessario, il secondo del 2008 è stato strano (con Montella all’ultimo anno di carriera a fare la navetta panchina-tribuna alla Roma), il terzo – quello che l’ha portato al Milan – è stato il colpo definitivo alla sua immagine in blucerchiato, già ridimensionata da otto mesi difficili da profeta mancato in patria.
Triplete primavera
La gioia nel 2007-08 non è solo nei risultati della prima squadra, ma anche in quelli delle giovanili. La Primavera di Fulvio Pea vince Coppa Italia, Scudetto e Supercoppa Italiana. Un tris di successi che però ha visto pochi di quei protagonisti imporsi nel mondo dei professionisti. I migliori di quella nidiata sono Andrea Poli e Vincenzo Fiorillo, che vedremo nella prossima Serie A con Milan e Pescara.
Giampaolo Pazzini
A proposito di giocatori che hanno lasciato il segno in poco tempo, il “Pazzo” entra per forza di cose in questa categoria. Basta la media-gol in blucerchiato: 48 gol in 87 partite, che hanno fruttato un anno e mezzo ad alto livello. Compresa una finale di Coppa Italia e una qualificazione al preliminare di Champions League.
Ultimo atto amaro
Negli ultimi vent’anni, l’occasione migliore capitata alla Samp per rivincere un trofeo è stata la finale della Coppa Italia 2009. Una chance quasi casuale, dato che Mazzarri non ha mai amato troppo gli impegni di coppa, nonostante in curriculum abbia una Coppa Italia. La Samp supera l’Empoli, l’Udinese ai rigori e soprattutto l’Inter di Mourinho con un 3-1 complessivo.
A Roma, nonostante lo stadio sia a maggioranza biancoceleste, la Samp lotta contro la Lazio, rimontando lo svantaggio firmato Zarate con la spizzata di Pazzini. La partita è una sofferenza, con le squadre contratte e incapaci di creare l’occasione vincente. Solo ai rigori, un’affranta curva blucerchiata assisterà agli errori di Cassano e Campagnaro, nonché al rigore decisivo di Dabo.
Nella mia mente di tifoso presente all’Olimpico, rimarrà sempre il frame del post-rigori, con i tifosi blucerchiati bloccati a forza nella Sud a cercare di smaltire (inutilmente) l’amarezza della sconfitta.
Il baffo

Ha scritto le sue pagine più importanti a Verona, ma il quarto posto ottenuto da Gigi Delneri con la Samp è stato un risultato di poco inferiore come importanza e assurdità a quello ottenuto con il Chievo. Nel pre-stagione, le sensazioni sulla squadra sono buone, ma nessuno si aspetta di centrare la qualificazione al preliminare di Champions.
Quella Samp ha due-tre sprint notevoli: la striscia iniziale di quattro vittorie consecutive, un’altra serie da quattro successi senza Cassano (in quel momento messo da parte dal tecnico), i 19 punti nelle ultime sette gare. Uno dei più bei Doria di sempre.
Il giorno della Liberazione
Molti legano la sconfitta della Roma in casa contro la Samp al mancato scudetto 2009-10, e vivendo a Roma da tifoso doriano molti dei miei amici non smettono di rinfacciarmela. In realtà la sconfitta della Roma è molto meno assurda di come spesso viene presentata (nonostante Storari fu effettivamente costretto a superarsi in varie occasioni).
Quello che si dimentica è che la Samp arrivava a Roma molto in forma: aveva ottenuto sei vittorie e un pareggio a Palermo nelle ultime sette gare. Il tutto per centrare la qualificazione ai preliminari di Champions, non per “trollare” altri club. C’era poi anche un ricorso storico, che vedeva la Samp vittoriosa a Roma per ben 37 volte: a quel 25 aprile 2010, la vittoria all’Olimpico giallorosso mancava da 14 anni.
Sliding doors
25 agosto 2010, minuto 92. Uno svedese con la maglia del Werder Brema cambia probabilmente per sempre il destino della Sampdoria.
Chissà se c’è stato un tifoso blucerchiato ancora composto e razionale al 3-0 di Cassano. E la consapevolezza che sia tutto finito agli applausi del pubblico di casa dopo il 3-2 di Pizarro.
La ballerina ferita e la corda
Quell’anno diventa un’agonia. Ciò nonostante, la Samp è ancora quinta alla fine del girone d’andata: il gioco di Di Carlo non sarà spettacolare, ma finché la squadra è la stessa dell’anno passato si regge. Poi comincia un primo disastro, quello sul mercato.
Via Cassano (per una lite con Garrone), via Pazzini. Dentro un Maccarone emotivamente scarico, un Macheda mai capace di mantenere le premesse di sette anni fa e un Biabiany tatticamente fuori posto. Il gruppo non rende come l’anno prima e si dimostra psicologicamente fragile.
A peggiorare il tutto, le frasi di Riccardo Garrone, che aveva definito la Samp «una ballerina bellissima e bravissima, poi ammalatasi gravemente»: «La corda è molto tesa. Questa non è una minaccia, ma se la corda si rompesse, la cosa sarà nota solo dopo la rottura e non ci sarà più nulla da fare. Se i tifosi vogliono l'azionariato popolare, la porta è aperta».
«Non sono un fenomeno, di più»
Quando la gestione Di Carlo non basta più, la Samp lo esonera e mette al suo posto Alberto Cavasin, che da quattro anni non allena una squadra di Serie A. Sembra una mossa al risparmio e in fondo lo è. Tuttavia, si spera in un’iniezione di motivazione da un sergente di ferro.
Il problema è che il ferro si è sciolto e di Cavasin non è rimasto che un involucro vuoto. Cinque punti in dieci partite, scontri con i tifosi, ma soprattutto una conferenza stampa surreale dopo la sconfitta contro il Lecce, mentre la Samp è lanciata verso la B: «All’esordio [i giornali] avevano già preso quello per l’anno prossimo. Alla seconda partita mi avevate già mandato via, ma sono alla quarta… figa! Non sono un fenomeno, di più… ad avere il gruppo dalla mia».
Passione e tranquillità
Se i tifosi della Samp possono essere considerati tra i più affezionati alla propria squadra, un motivo c’è: il record di abbonati in una stagione di B appartiene ai blucerchiati (17.044 nel 2011-12). Per molti anni (soprattutto negli anni ’80 e ’90), il Doria è stato considerato una sorta di seconda squadra per i suoi colori o per la simpatia emanata nella presidenza Mantovani.
Per i tifosi blucerchiati, dovrebbe sempre la lezione di Gloriano Mugnaini: «La nostra tifoseria è quieta. Non ama né gli spaccamenti né i personaggi. Noi abbiamo la “forza dei nervi distesi”, anche se alla lunga questo non sfogarci mai, ci fa diventare magari più velenosi degli stessi genoani». E gli abbonamenti anche la media-spettatori nell’ultima Serie A (21.974) dice che la Samp è settima in graduatoria, riempiendo il 60,1% del Ferraris.
Generazioni portieri
Qualche nome sparso che ha difeso la porta della Samp in 70 anni di storia: Battara, Antonioli, Bistazzoni, Castellazzi, Storari, Romero, Zenga, Pagliuca. Gli ultimi due sono probabilmente i più forti che il Doria abbia mai avuto, ma col senno di poi sono altri quelli che sono maggiormente rimasti nel cuore dei tifosi.
Il duo Castellazzi-Storari della stagione della Champions è stato molto apprezzato, così come gli storici Battara e Bistazzoni. Se parliamo di pure emozioni, Emiliano Viviano ha guadagnato diverse posizioni durante l’ultima annata: qualcuno ha chiesto che diventi il capitano della Samp, mentre i suoi figlioli cantavano “Lettera da Amsterdam” nell’ultima estate.
La sconfitta contro la Nocerina nel novembre 2012
La Samp ha attraversato diversi momenti complicati. Ma se guardiamo le difficoltà da un punto di vista meramente tecnico, forse la sconfitta per 4-2 sul campo della Nocerina nel novembre 2012 è il punto più basso della storia blucerchiata sui campi di calcio.
La promozione del 2012 con Pellè ed Eder in coppia

Quattro anni prima che diventassero la coppia d’attacco più discussa, chiaccherata e poi lodata della nazionale, Éder e Graziano Pellè hanno giocato a Genova. Sei mesi assieme per riportare la Samp in A: entrambi sono arrivati nel gennaio 2012.
Quattro reti per l’italo-brasiliano, altrettante per il pugliese. Il secondo andrà al Feyenoord, il primo è rimasto a Genova fino allo scorso inverno.
Campioni del Mondo
Non solo due Palloni d’Oro, ma altrettanti campioni del Mondo sono transitati nell’universo Samp. Il primo è stato Alain Boghossian, presente nella squadra Mondiale della Francia nel 1998. Il secondo è arrivato a sorpresa.
Nel gennaio 2012, il direttore sportivo Pasquale Sensibile decide di prelevare su suggerimento dei suoi scout un ragazzo che non gioca mai all’Everton. Gioca appena una gara insignificante a Varese, con la Samp già ai play-off.
Due anni più tardi, Shkodran Mustafi ha alzato la Coppa del Mondo al Maracanà di Rio de Janeiro. Una storia folle, sviluppatasi con le presenze in blucerchiato e l’infortunio di Marco Reus prima del Mondiale che ne ha permesso la convocazione.
La spalla di Rispoli

Attualmente la Samp rimane la squadra con il posizionamento peggior in regular season ad aver vinto i play-off di B.
Non c’è simbolo più adatto di quest’episodio per descrivere il 2011-12 della Samp, un’annata sofferta che porta in una qualche maniera al ritorno in A. Il salvataggio del difensore a Reggio Emilia contro il Sassuolo è la sintesi ultima di quella sofferenza.
La rivincita velleitaria
Qualche anno fa la Sampdoria vince il Trofeo Gamper al Camp Nou. Gol di Soriano in apertura contro un Barcellona piena di riserve. È l’unica effimera e triste rivincita della Samp sul Barcellona.
Un’altra dipartita
Nonostante qualche scivolone (anche tematico), l’era di Riccardo Garrone si può dire complessivamente soddisfacente: la Samp è riuscita a tornare in A per due volte al primo tentativo (i tre anni in B dal ’99 al 2002 sono stati sotto un’altra gestione). Ci sono stati diversi viaggi europei grazie alle partecipazioni in Coppa UEFA. Inoltre, la gestione Garrone ha evitato un fallimento che sembrava quasi segnato.
Quando il 21 gennaio 2013 Garrone sr. muore dopo una lunga malattia, lasciando tutto in mano al figlio, la sensazione è che la Samp definisca qualcosa di incompleto: la gestione Garrone è stata soddisfacente, ma è mancato un ultimo passo per renderla paragonabile a quella Mantovani, quel salto di qualità. In un calcio diverso e con un presidente non così appassionato, normale che sia stato così.
Garrone II
È strano come le migliori gestioni della storia blucerchiata abbiano avuto una linea dinastica e che i figli abbiano fatto peggio dei padri. Già attivo da un anno e mezzo, Edoardo Garrone prende ufficialmente le redini dopo la morte di Riccardo: sedici mesi da presidente effettivo, che finiranno con un botto a sorpresa.
L’affaire Mati
Una vicenda secondaria del calciomercato spiega bene le difficoltà della Samp a essere intuitiva sul mercato negli ultimi anni. Nel gennaio 2013, il Doria ha appena cambiato allenatore e direttore sportivo: via il duo Ferrara-Sensibile, dentro Delio Rossi e Carlo Osti.
La Samp tenta di far sognare i tifosi con il colpo Mati Rodriguez, chiamato “Maticrack” in Cile, dov’è stato uno dei bracci armati dell’Universidad de Chile di Sampaoli. Qualcuno lo paragona a Dani Alves, lui conferma che l’ispirazione è il brasiliano del Barcellona.
Nonostante l’hype e i tre milioni di euro spesi, Maticrack non avrà spazio alla Samp. Delio Rossi non lo vede adatto al 3-5-2, tanto da farlo esordire in un Lazio-Samp di quattro mesi più tardi. Neanche Mihajlovic lo segue: cinque presenze e va in prestito al Gremio. Non va bene neanche lì ed è tornato recentemente in Cile.
La sua vicenda, simile a quella di Bruno Fornaroli, arrivato anche lui a Genova come “nuovo Inzaghi” e poi bruciato in poco tempo, dimostra come certi acquisti in casa Samp andrebbero gestiti in maniera differente. Inutile cercare di seguire modelli come quelli dell’Udinese senza possederne la stessa pazienza.
Il citazionista
Siniša Mihajlović è stato un pezzo importante di Samp sia in campo che in panchina, ma non si è fatto notare solo per quello: le citazioni sono uno dei suoi pezzi forti. Sarebbero molteplici i casi da citare (spaziando da Kennedy a Che Guevara), ma ne lascio una più lunga, che fa da sintesi al Sinisa-pensiero e che inquadra molto bene il sentimento di far parte dell’ambiente Sampdoria.
«Giocare nella Sampdoria deve essere per tutti un onore. Questo è un club prestigioso, con 67 anni di storia. E se qualcuno dei miei giocatori questa storia non la conosce gliela ricorderò io. Ricorderò ai miei giocatori, che la maglia che indossano è stata vestita in passato da grandi giocatori e grandi uomini. [...] Qui solo vent'anni fa si vinceva una Coppa delle Coppe, uno scudetto e si è persa ai supplementari una Coppa dei Campioni. [...] Perché nella sua storia la Samp è anche caduta ma si è sempre rialzata».
All’improvviso un uragano
Nel giugno 2014, all’improvviso spunta una news nelle timeline sportive: Garrone ha venduto la Sampdoria. Ma quand’è successo? Altro che trattative messe su tutti i giornali: Garrone ha fatto tutto in silenzio per sei mesi, ufficializzando il tutto il giorno stesso della cessione.

Thug Life.
A succedergli è un istrionico ex attore – è il massimo dei complimenti che mi sono venuti in mente – diventato poi produttore cinematografico. Un romano sempre su di giri, a volte scontroso, che ricorda Luciano Gaucci. Qualcuno storce il naso (non solo in Italia: FourFourTwo farà su di lui una copertina simile a quella dell’Economist nel 2001 su Berlusconi), ma Massimo Ferrero non si è mai curato delle critiche altrui.
Se questo è un complimento o un pregio, lascio a voi l’annoso giudizio finale.
68. Gemellaggi
I gemellaggi della Samp sono stati diversi negli anni, ma quelli storici si collegano al Parma e all’Hellas Verona: spesso le partite sono diventate occasioni per festeggiare questi rapporti di amicizia. Sarebbe stata un’occasione buona per i media italiani, mostrando che il tifo può regalare anche momenti di festa, ma niente da fare.
All’estero, invece, il rapporto più stretto è quello con l’Olympique Marsiglia, iniziato nel gennaio 1987, quando alcuni tifosi dell’OM si ritrovano a Genova per sostenere la Samp contro la Roma. Il legame è talmente forte che l’OM ha persino prodotto una maglia-omaggio due anni fa e l’unica edizione del Trofeo Riccardo Garrone – disputata nel 2013 con un’amichevole tra le due squadre, finita 4-3 in favore della Samp – è stata una bella serata di sport.
Persino il canale ufficiale dell’OM su YouTube celebra l’unione.
La formazione del cuore
Ognuno ha la propria in base all’affetto provato per determinati giocatori e alla storia vissuta. Ecco la mia formazione del cuore: con Storari in porta; linea difensiva composta da Campagnaro, Mustafi, Vierchowod e Mihajlovic; a centrocampo Volpi, Veron, Franceschetti; davanti Flachi, Pozzi, Chiesa.
Festeggiare il passato, sperare nel futuro
Settant’anni di storia sono tanti. Se ci aggiungessimo anche la storia dell’antenata Sampierdarenese, arriveremmo a 117 anni di vita. Eppure il futuro della Samp è nebuloso: un presidente molto mediatico e molto ambiguo, che lavora insieme a una dirigenza con poche idee, con a disposizione un patrimonio tecnico in vendita o in svalutazione. Dal ritorno in A, l’unica stagione veramente positiva è stata il 2014-15, chiusa con la qualificazione europea sub-judice.
Cosa può sperare la Sampdoria per il suo futuro?
Nella classifica di tutti i tempi della Serie A, la Samp è decima per stagioni disputate e punti accumulati. Si sta parlando di un club che ha imparato ad amare gli sporadici momenti di gloria annegati in ampi intervalli di stagioni anonime. Eppure quella dalla Samp è una delle piazze più affezionate alla propria squadra dell'intero panorama italiano. Può suonare vuoto, anche se quando si parla del Doria un po’ meno.
Valgono le parole di Paolo Mantovani, pronunciate nel 1992, appena dopo la finale di Coppa dei Campioni persa a Wembley: «I tifosi della Sampdoria hanno perso a Wembley e hanno cantato, hanno visto andare via Vialli e hanno cantato. Finché i tifosi della Sampdoria canteranno non ci saranno problemi per il futuro».