Javier Pastore non gioca una partita da più di un anno. Era il 9 maggio del 2023 e “el Flaco” scendeva in campo per 45 minuti con la maglia del Qatar SC, in un dimenticabile e dimenticato 0-0 contro l’Umm Salal. Nonostante gli ultimi anni di decadenza, contraddistinti più da parole malinconiche e infortuni, Pastore però non si è ancora ufficialmente ritirato. Soprattutto, continua ad esercitare su di noi un fascino malinconico, la nostalgia per un mondo perduto.
Ho conosciuto “el Flaco” circa un mese fa durante l’inaugurazione del nuovo centro sportivo del Palermo, a cui io ero stato invitato come giornalista, e lui come leggenda del club. Per una serie di coincidenze sono riuscito a rincontrarlo qualche giorno fa a Milano. Questa è la trascrizione della chiacchierata sulla sua carriera che ci siamo fatti.
L’anca come va?
Ti manca la tua routine di sempre?
Ritiro imminente, quindi?
Sembri molto sereno, parlandone.
Come immagini la tua vita dopo il ritiro?
Quanto pensi che ti aiuterà l’esperienza da calciatore?
Guardando invece al percorso che hai già fatto nel calcio, in cui hai fatto veramente esperienze di ogni tipo: fino a che punto hai rispettato le tue aspettative, e da che momento la tua carriera è andata oltre?
Non sempre piano piano in realtà.
Una scelta “paziente”.
A quel punto, ti sentivi pronto per un top club.
Prima dicevi: «Felice del mio percorso, anche se non è stato tutto perfetto».
Anche per come è finita.
La scelta di scaricarti è firmata più Friedkin che Mourinho, quindi. Come l’hai presa?
Ti aspettavi un trattamento diverso da Mourinho?
A Roma i problemi fisici non ti hanno dato tregua, hai giocato solo 36 partite in tre anni: quanto era frustrante per te, in tutto ciò, leggere anche le tante critiche che hai ricevuto?
È arrivato un momento in cui hai detto “basta”?
Non ne volevi sapere, eh?
Da lì in Spagna. Che scelta è stata per te l’Elche?
Un po’ all’improvviso, poi, l’ultima fermata in Qatar.
Hai mancato di pochi anni il ritorno dell’Argentina sul tetto del Sudamerica prima (2021) e del mondo poi (2022), proprio in Qatar. È un pensiero che hai, e come ci convivi?
A proposito: il mese scorso a Palermo ti ho incontrato all’evento per l’inaugurazione del centro sportivo, e sono rimasto colpito – anche se me lo aspettavo – dall’affetto con cui sei stato accolto. Anche dai più giovani, ragazzi che magari non erano neanche nati quando giocavi lì.
Me lo avevano detto, e oggi l’ho visto con i miei occhi: se fai qualcosa di speciale con questa maglia, resti nei cuori dei palermitani per sempre.@Palermofficial@Sms_Ita pic.twitter.com/TrNHZcB5Hy
— Andrea Lamperti (@a__lampe) April 7, 2024
Un discorso che non vale solo per Palermo, vero?
E Parigi, dove hai passato sette anni?
D’altronde Ángel Cappa [allenatore dell’Huracan quando ci giocava Javier Pastore, nda] ci aveva avvertito quindici anni fa, dicendo che «Pastore è il giocatore che si fa amare dai tifosi e che li trascina allo stadio». In Italia hai ricevuto standing ovation anche in trasferta, per dire.
Ma è una scelta diventare così belli da vedere, o con la tua eleganza si nasce?
Ah sì?
C’è un rovescio della medaglia?
In molti avranno provato a “normalizzarti”.
Sono curioso di sapere che effetto ti fa sentire oggi queste parole, che ho letto sul Guardian, in un articolo del 2009: “Javier è il figlio che ogni madre desidera e il fidanzato che ogni ragazza vorrebbe”.
Cosa ricordi dei tuoi primi contatti con il Palermo?
E del tuo primo giorno in Italia, cosa ricordi?
Poi?
Eh?
Nei primi mesi hai fatto fatica, però.
Uno step di crescita necessario?
Come hai accolto questa “formazione”?
Sei arrivato troppo “Flaco”?
Che ruolo ha avuto Sabatini in questo processo?
Primo nome che ti viene in mente, se ti chiedo chi ha inciso di più sul tuo percorso di crescita personale, a parte Sabatini?
Con Ancelotti hai giocato in posizioni per te inedite, tra l’altro.
Il tuo periodo migliore invece è stato dopo Ancelotti, giusto?
Ti piaceva di più giocare con Ibra o con Cavani?
Uno in particolare?
Anche a Palermo sei stato parte di terzetti/quartetti offensivi belli da vedere.
Quel Pastore nel calcio di oggi come si troverebbe?
Senti che la direzione del gioco ti ha penalizzato, a un certo punto?
Chi è che ti potrebbe convincere?
Indovino: Riquelme.
Nostalgia?
Guardi meno calcio di un tempo?
D’altronde sei un “maleducato del calcio”, come diceva Maradona. Un maleducato che gli piaceva molto quando era CT dell’Argentina, ti ha portato in Nazionale che eri ancora giovanissimo.
Aveva paura che perdessi la rotta?
Com’è essere allenati da una leggenda?
A proposito di allenatori: tu hai giocato con un po’ di futuri allenatori, due in particolare di grande attualità in questi giorni, Thiago Motta e Daniele De Rossi.
Thiago Motta è l’oggetto dei desideri di tante grandi squadre.
E De Rossi?