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A che punto è il Sassuolo di De Zerbi
19 mar 2020
Come procede una delle esperienze più interessanti della Serie A
(articolo)
14 min
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Il Sassuolo di De Zerbi è una delle squadre più studiate e discusse della Serie A. Nell’anno e mezzo in mano all’allenatore bresciano, i neroverdi hanno mostrato meccanismi di gioco gradevoli e peculiari, oltre ad offrire al pubblico diverse grandi prestazioni individuali, a cui hanno però fatto da contraltare vantaggi dilapidati sul più bello e, in generale, una preoccupante discontinuità, che non ha mancato di generare critiche.

Con il tempo ci siamo abituati a chiedere al Sassuolo prestazioni sempre migliori di quelle che vediamo, un po’ perché attirati dalla bellezza del picco del loro calcio, un po’ perché influenzati dalla narrazione degli ultimi tempi sulla divisione tra risultatismo e giochismo. De Zerbi è uno dei pochi allenatori in Serie A a mostrare un approccio metodologico diverso, che possiamo facilmente assimilare a quello delle “nuove correnti” che stanno avendo successo all’estero. Forse anche per questo gli chiediamo sempre di dimostrare un po’ più degli altri.

Possiamo però provare ad uscire dall’equivoco ideologico intorno a De Zerbi e al suo Sassuolo per concederci una riflessione più approfondita sul percorso di uno degli allenatori emergenti più dibattuti d’Italia, per tracciare un bilancio sulla prima esperienza in Serie A in cui gli è stato dato tempo di costruire un progetto, dopo le parentesi che potremmo definire precarie a Palermo e Benevento, e magari farci anche un’idea sui margini e l’applicabilità della sua proposta in termini futuri.

Il Sassuolo gioca il calcio di De Zerbi

Roberto De Zerbi ha iniziato ad attirare attenzioni su di sé dopo una grandissima stagione alla guida del Foggia nella Serie C 2015/16, grazie a un calcio propositivo e ambizioso nonostante il contesto, ma soprattutto per l’approdo in semifinale playoff (persa contro il Pisa di Gattuso) e la vittoria della Coppa Italia di categoria. Da quel momento è diventato uno di quegli allenatori che, più di altri, sembrano dare l’idea di portare con loro un modello di gioco “di rottura”. De Zerbi è presto diventato un allenatore ideologico, deciso a trasferire il suo credo anche in contesti in cui si accetta abbastanza facilmente un calcio più conservatore, come in Serie C.

In realtà, i principi di gioco di De Zerbi sono ormai comuni a moltissimi allenatori italiani: la costruzione dal basso con grande coinvolgimento del portiere, l’occupazione simmetrica e ordinata degli spazi offensivi tra le linee e in ampiezza, il fraseggio più rapido possibile per trovare il compagno libero nella zona più conveniente, l’utilizzo del terzo uomo per la progressione, le rotazioni posizionali, il pressing alto, la riaggressione e così via.

Alcune situazioni di gioco tipiche del Sassuolo e di De Zerbi: le rotazioni su rimessa del portiere, l’uso del terzo uomo, il pressing offensivo.

In definitiva, a inizio 2020, c’è molto poco di anticonformista nel suo modello. Si tratta però senza dubbio di un personaggio peculiare, forse perché è arrivato alla ribalta in maniera relativamente precoce per il sistema italiano (oggi ha 40 anni e tendiamo, come in ogni altro ambito, a considerarlo giovane) e lo ha fatto proponendo questa tipologia di gioco in una categoria che tipicamente, nell’immaginario collettivo, non cattura l’attenzione per ragioni tattiche.

In maniera meno appariscente avevamo già intravisto qualcosa delle sue idee nelle esperienze precedenti (più a Benevento che a Palermo), ma oggi sicuramente possiamo dire di essere di fronte a una squadra su cui ha potuto lavorare al meglio delle sue possibilità per un periodo medio-lungo. Anche nelle partite peggiori, il Sassuolo rimane coerente nell’interpretazione dei principi del suo allenatore, dimostrando un’introiezione massima delle idee di De Zerbi, in una simbiosi imprescindibile tra squadra e guida tecnica senza la quale, del resto, non sarebbe stata possibile la continuità di progetto per due stagioni.

De Zerbi ha mostrato una certa capacità di insegnamento dei suoi concetti a un gruppo eterogeneo di giocatori, nonostante il mercato sempre in attivo tra entrate e uscite e una serie di infortuni abbastanza lunga. Lo ha fatto dimostrando anche una certa flessibilità nella scelta del sistema: dal 4-3-3 al 3-4-1-2 passando per il 4-2-3-1 e per il 3-4-3, De Zerbi si è dimostrato più legato all’ottimizzazione delle proprie idee che non a quella dell’interpretazione di un modulo, scegliendo l’assetto tattico migliore di volta in volta, in base allo stato di forma della squadra, agli uomini a disposizione e agli avversari.

Dal punto di vista statistico il Sassuolo ha dei numeri offensivi che restituiscono abbastanza fedelmente i principi del tecnico: è la squadra di Serie A con il miglior rapporto percentuale di conversione in gol dei tiri prodotti (13.7, alla pari con l’Atalanta e sopra Lazio e Parma), è la sesta per passaggi completati nella trequarti offensiva (dietro Juventus, Napoli, Atalanta, Milan e Lazio), la sesta anche per passaggi progressivi (1.196,8 a partita), la quarta per corse progressive (278,30) e la settima per tiri nello specchio a partita (4,7).

In questa interessante grafica di StatsBomb possiamo notare che il Sassuolo occupa una posizione intermedia a livello europeo incrociando il numero di tiri da dentro l’area e il numero medio di giocatori in area al momento del tiro. Trattandosi di una squadra che crossa relativamente poco (16 a partita, ultimo valore del campionato con Parma e Brescia) non è sorprendente, ma mostra comunque una buona propensione al riempimento dell’area di rigore.

Da questi numeri, insomma, si può capire quali siano le richieste di De Zerbi alla sua squadra, ma anche la qualità con cui questi vengono eseguiti.

La valorizzazione dei singoli

Nell’ambito della trattativa che ha portato Sensi all’Inter, il Direttore Sportivo del Sassuolo Giovanni Carnevali dichiarò in maniera abbastanza perentoria «Noi dobbiamo dare la possibilità a giocatori giovani di approdare nei grandi club», certificando la dimensione ideale degli emiliani, ossia accettare il player trading come risorsa cardinale per poter rimanere a certi livelli.

Vendere bene, però, non è un merito da attribuire solo a chi conduce la trattativa, ma il risultato di una serie di decisioni, iniziate dalla scelta di acquistare o lanciare un determinato giocatore (più facile se è giovane) e soprattutto dalla capacità di farne salire il valore di mercato attraverso il suo sviluppo tecnico. In questo il Sassuolo è diventato uno dei club più capaci, con i suoi giocatori molto ricercati in Italia e all’estero. Da una parte questa è certamente una gratificazione per il lavoro del club e dello staff tecnico, dall’altra genera una situazione in qualche modo precaria, che richiede molta professionalità e creatività a tutto l’ambiente per poter mantenere intatta la struttura della squadra a prescindere dal ricambio dei giocatori.

In tutte le sessioni di mercato che ha dovuto affrontare da allenatore del Sassuolo, De Zerbi si è ritrovato a dove fare rinunce pesanti nell’economia tattica della sua squadra. Una parte fondamentale del suo lavoro è stata quindi di valorizzare ancora di più chi rimaneva e allo stesso tempo integrare i nuovi arrivi. Alle cessioni di Boateng, Duncan, Lirola, Sensi – solo i nomi più importanti - il Sassuolo ha risposto con gli acquisti di Demiral (poi ceduto), Traoré, Caputo, Toljan, Boga e Obiang, tutti giocatori diventati poi stabilmente titolari e che hanno accresciuto il proprio livello di rendimento in maniera funzionale all’idea collettiva di gioco.

Della specializzazione tattica di De Zerbi hanno usufruito calciatori che sembravano avere pochi margini di miglioramento, su tutti Berardi e Locatelli, che sono diventati i perni del Sassuolo e di cui si è tornato a parlare in chiave Nazionale; ma anche un giocatore a fine carriera come Boateng, per esempio, è stato rivitalizzato dall’allenatore come finto centravanti dopo anni di esperienze altalenanti in giro per l’Europa, tanto da essere acquistato dal Barcellona lo scorso gennaio.

De Zerbi sembra aver raggiunto un punto di equilibrio tra la valorizzazione del talento individuale e l’irrinunciabile sacrificio del singolo in favore del collettivo. Berardi è messo nelle condizioni di esprimere le sue letture di gioco e gestire i tempi dell’azione offensiva (oltre a essere il terzo giocatore per progressive runs dietro a Dybala e Gomez, con 56,20m p90), ma ha acquisito continuità anche nell’applicazione difensiva.

Berardi è un fattore nell’ultimo terzo di campo sia grazie alla sua gestione dei tempi e la qualità delle sue rifiniture, sia per le sue conduzioni profonde. Un giocatore ormai perfettamente consapevole dei tempi di gioco e sempre attento ai movimenti dei compagni.

Boga, invece, sotto il punto di vista difensivo mostra ancora ampi margini di crescita, ma dall’altra parte si è affermato come uno dei giocatori più temibili in uno contro uno di tutto il campionato (il migliore per dribbling riusciti, 4.9 p90), grazie ai palloni puliti che gli vengono forniti dai compagni sia quando si isola sulla fascia sinistra, sia in zone di campo più trafficate. Rispetto a Berardi è forse più individualista, ma il Sassuolo riesce a sfruttare questa sua dote utilizzandolo in molti modi: per forzare le marcature preventive degli avversari che iniziano a temere la sua capacità di saltare l’uomo, per risalire il campo dal basso con la sua velocità esplosiva e per isolarlo nell’uno contro uno dove può creare superiorità praticamente sempre.

La giocata tipica di Boga, partendo da sinistra e rientrando verso l’interno per tirare o rifinire, è ormai temuta da diversi difensori. Questo genera spesso degli spazi golosi per i compagni.

Forse il giocatore ad aver più beneficiato del lavoro di De Zerbi è però Manuel Locatelli, che in questi mesi al Sassuolo sembra aver raggiunto una forse inaspettata completezza: il centrocampista è perfettamente a suo agio nel ruolo di doble pivote, presente e preciso in fase di costruzione e cospicuo nel contributo difensivo. I suoi numeri lo dimostrano chiaramente: sesto giocatore del campionato per Progressive Passes & Runs (258,1 p90) – ottavo nei soli Progressive Passes (213,60) – e decimo per recuperi palla nella metà campo avversaria (parametrati in base al possesso), ben 3.1 p90.

Meno appariscenti, ma comunque ragguardevoli, sono anche i contributi degli esterni difensivi, Lirola e Rogerio l’anno scorso e Toljan e Kyriakopoulos quest’anno, utilizzati come pedine per dare ampiezza fino alla metà campo avversaria ma anche chiamati a compensare movimenti più “liberi” dei laterali di attacco.

Il gioco di De Zerbi si regge su equilibri molto precisi. Gli scambi posizionali devono essere puntuali e gli smarcamenti funzionali, per attirare fuori posizione i difensori avversari e consentire a chi porta palla di trovare con facilità un uomo libero dietro le linee di pressing, così da verticalizzare in modo sicuro e arrivare rapidamente nella metà campo avversaria. Un ruolo determinante in questa ricerca della profondità è affidato ai giocatori che occupano i corridoi centrali, come Boateng, Caputo e Djuricic, che hanno interpretato il ruolo con caratteristiche differenti, ma sempre garantendo un riferimento costante e un buon grado di associatività con i compagni a rimorchio. La vittoria contro la Roma di quest’anno è stata esemplificativa di quanto detto.

Djuricic e Caputo sono preziosi per la qualità dei loro movimenti incontro e in profondità.

Nell’intervista pubblicata sulla Gazzetta dello Sport del 17 marzo De Zerbi ha approfondito le ragioni che lo hanno portato a scegliere un 4-2-3-1 come assetto base di questa stagione: «L’idea guida era: i giocatori al posto giusto, cercando di tenere dentro la maggiore qualità possibile. Caputo ha sempre avuto un attaccante vicino, non è una boa. Berardi e Boga si esprimono bene in ampiezza. In estate è arrivato Defrel che poteva giocare sotto Caputo. Non era fantascienza immaginare insieme Berardi, Defrel, Boga, Caputo. Solo Magnanelli è un play vero, vertice basso. Obiang ama coprire tanto spazio e fa filtro. Locatelli da mediano costruisce, si butta dentro, ha più libertà che da play. Con la nuova disposizione sono riuscito a legare bene le caratteristiche di ciascuno».

Insomma, un’ulteriore prova del fatto che credere fortemente in un’idea di gioco non significa ignorare le caratteristiche dei singoli, sebbene poi sugli stessi vada fatto un lavoro capillare di specializzazione e integrazione nel sistema.

Difficoltà difensive e partite sprecate

Nonostante questi aspetti positivi, il Sassuolo con De Zerbi non è riuscito ad andare oltre quel cuscinetto tra credibili contendenti all’Europa League e le squadre a forte rischio retrocessione. Non sono mai arrivate più di due vittorie consecutive, e si è perso il conto delle partite pareggiate o perse per un gol subito negli ultimissimi minuti.

Il Sassuolo sembra avere problemi di costanza e consistenza, sia sul medio periodo che nelle singole partite, in cui è richiesto uno sforzo mentale non indifferente per non vanificare nel finale quanto di buono costruito. Questo limite è certamente dovuto all’età media della rosa, tra le più giovani del campionato sia lo scorso anno (quarta, 24.7) sia questo (quinta, 26.1), ma evidentemente anche – e soprattutto - al dispendio di energie mentali richieste agli interpreti per far funzionare il sistema di De Zerbi.

Ci sono dunque anche delle ragioni tattiche nelle difficoltà incontrate dal Sassuolo nei finali di partita. Sono infatti questi i momenti in cui le difficoltà difensive della squadra emergono con più chiarezza: negli ultimi minuti le fasi di transizione negativa, sempre complicate per chi sceglie di giocare tenendo molto il possesso e portando tanti uomini sulla linea del pallone, diventano più difficili a causa della stanchezza accumulata, ma il Sassuolo mostra anche diversi limiti nella difesa posizionale bassa, che quando protratta per diversi minuti sembra mandare in sofferenza parecchi dei difensori a disposizione di De Zerbi.

Per queste ragioni il Sassuolo è al momento la settima squadra che concede più xG in open play (1.34 a partita), offrendo in media anche occasioni importanti (0.12 xG per tiro concesso), il quarto valore in questa classifica. Il PPDA è poco superiore alla media del campionato, 14.7, nono a pari merito con la Roma, ma per una squadra che cerca sempre di difendere aggredendo alto è chiaro come evidenzi ancora una palese mancanza di continuità nel pressing, certificata dal basso numero di recuperi palla nella metà campo avversaria (12,6, dodicesimo in Serie A).

Quello di De Zerbi è un gioco che richiede davvero molto ai suoi interpreti in fase difensiva, ragion per cui possono emergere più facilmente difficoltà ed errori dei singoli, soprattutto se limitati a livello di concentrazione. Basti pensare all’impatto clamoroso avuto da Demiral nella scorsa stagione, un difensore che ha dimostrato di essere di alto livello. I tanti infortuni hanno avuto il loro peso, in particolar modo la lunga assenza di Chiriches, acquisto principale per il reparto difensivo della scorsa estate, che avrebbe coniugato ottime capacità in fase di costruzione all’esperienza necessaria per guidare un reparto spesso in difficoltà.

Il Sassuolo difende meglio quando riesce ad aggredire in avanti a palla persa, ma non può permettersi di andare a vuoto sulla prima pressione o di lasciare scoperta la palla per troppo tempo, perché la sua difesa va spesso in difficoltà quando puntata in campo aperto. Per le sue caratteristiche non è una squadra che può difendere rincorrendo l’avversario.

Giocare con tanti uomini sopra la linea della palla genera dei rischi se la transizione negativa arriva in maniera inattesa, come nella prima slide. Nella seconda, invece, possiamo notare come un pressing portato male abbia causato un’occasione in campo aperto per l’avversario.

Per assistere ad un salto di qualità, il Sassuolo dovrebbe inserire nella propria rosa difensori più versatili e forti, ma non è detto che questo sia possibile. Nel frattempo De Zerbi dovrebbe migliorare la capacità della sua squadra di difendere basso per lunghi periodi e allo stesso tempo chiedere ancora più lavoro ai centrocampisti e alle punte in fase di copertura del pallone, per ritardare l’avanzata dell’avversario.

In questa stagione, finché si è giocato, a mostrato un buon consolidamento delle basi del progetto che Sassuolo e De Zerbi hanno sposato. Un progetto che sembra funzionare e restituire un’identità ad una squadra che ha sempre faticato a trovarne una, almeno da quando è in Serie A. Le esigenze di valorizzare la rosa sono rispettate, così come una certa tranquillità di classifica nonostante i molti ricambi nella rosa, nella speranza di arrivare un giorno a poter rinunciare alle cessioni più importanti, per poter costruire qualcosa di più ambizioso.

Per quanto riguarda De Zerbi, questa esperienza ci sta restituendo un’immagine più completa del suo calcio ideale. Si possono concretamente apprezzare le sue capacità nel trasferire le proprie idee ai giocatori e nella coltivazione del talento. Anche lui, così come i migliori giocatori del Sassuolo, è ancora agli inizi della carriera ad alti livelli, con tutti i problemi che comporta. Potendo lavorare in un ambiente che gli dà fiducia avrà modo di arricchire il suo bagaglio di competenze e migliorare ulteriormente. Continuare su questa strada, in un contesto in cui può raggiungere gli obiettivi minimi senza affanno e fare bene anche alle casse della società, può essere il compromesso migliore per completare il proprio percorso di crescita in un campionato competitivo come la Serie A e magari ambire a una grande occasione, non troppo in là nel futuro.

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