La contaminazione tra calcio e Hip Hop in Europa è sempre più evidente. Una volta l’egemonia era degli sport americani, ma oggi il calcio si sta innestando sempre di più nei codici del rap, specie in paesi dalla cultura hip-hop sviluppata come la Francia e l’Inghilterra. Mentre, prima, nei videoclip spopolavano canotte NBA e divise NFL, ora in mezzo ai palazzoni delle periferie trionfano le tute e le maglie dei club più ricchi d'Europa. D'altra parte, anche le nuove generazioni di calciatori sono chiaramente ispirare ai rapper, nel vestiario e nel lifestyle: basta pensare all'amicizia tra Drake e Pogba, o al profilo Instagram di Benzema chiaramente plasmato sui valori del suo mentore Booba.
In Italia ancora non abbiamo raggiunto questo livello, più che altro ci sono stati contatti sporadici tra i due mondi: lo spot con Luché e Insigne o il pezzo dedicato da Ensi alla Juventus, entrambe le iniziative però su stimolo di un marchio come Adidas. In generale, il calcio italiano sembra riuscire a restare impermeabile nei confronti dell'Hip Hop, che è comunque una cultura sempre più egemone. E a ben vedere, potremmo parlare di un amore non corrisposto, quello dell'hip hop italiano nei confronti del calcio.
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Venivo dal niente. La creatività mi ha fatto diventare quello che sono. @adidasita #HereToCreate
Un post condiviso da Lorenzo Insigne (@lorinsigneofficial) in data: Mag 4, 2018 at 5:03 PDT
«Per un ragazzino ambizioso come me, far parte della nazionale e sfidare i più grandi club europei è stata una rivincita». La carriera di Insigne, come quella di Luché, è una storia di riscatto.
«Questa roba è popolare» diceva Marracash a proposito dell'esigenza del suo rap di mettere in rima il disagio della Barona (quartiere popolare, appunto). In Italia non c'è niente di più popolare del calcio (a parte la polemica sul calcio) ed è quindi naturale che il nostro Hip Hop sia pieno zeppo di riferimenti allo sport più amato.
Ho deciso per questo di rendere giustizia a un filone molto sottovalutato del nostro rap, quello delle rime sul calcio, cercando di raccogliere le barre migliori.
È ovvio che si tratta di una selezione senza alcuna pretesa di esaustività. Parliamo pur sempre di gusti musicali, il territorio della soggettività per definizione, perciò sono partito dai miei rapper preferiti, per arrivare poi a canzoni che non conoscevo ma che mi hanno colpito. La divisione è stata fatta per categorie.
Esercizio di stile
Per citare un calciatore o una squadra non serve essere per forza grandi appassionati. Spesso il rap svuota le parole del loro significato per una pura questione formale, anche solo per chiudere bene una rima o per creare assonanza tra due versi successivi. È il genere che meglio permette di manipolare fonemi, suoni ed espressioni comuni. Per un rapper interessato alla qualità della scrittura, la forma viene prima del contenuto.
I nomi e i termini legati al calcio non fanno eccezione. Esiste dunque una corrente di rime dove l'importanza del legame tra il nome o il concetto citato e il campo semantico del calcio è solo marginale. Tra le varie categorie credo che questa sia la meno importante, proprio perché il rapporto tra rap e calcio resta più superficiale. Per questo ho scelto solo pochi esempi, illustri comunque per qualità del testo: la strofa di MadMan in “Battle Royal”, da Manchete Mixtape III; e la sedici di Marracash in “Modalità Aereo”, dall'ultimo album di Gué Pequeno.
La quartina di MadMan è un perfetto tutorial su come partire dall'assonanza tra le parole per costruire una variazione di metrica ben articolata. Oltre alla struttura della rima però, di questi versi cattura la ricchezza delle citazioni, un particolare che impreziosisce il rap come genere. Senza giudicarne la ricercatezza, le citazioni - specie quelle colte - creano un canale intimo tra il rapper e il suo ascoltatore. È gratificante cogliere in un pezzo il riferimento a una canzone che ci è piaciuta o a uno dei nostri film preferiti. Si percepisce una comunanza di gusti con l’artista, l’appartenenza alla stessa cultura. Qui, MadMan non solo cita un cult come “Blade”, ma nomina anche due dei miei giocatori preferiti.
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«Rap show, cypher, headshot, sniper/ Faccio a fette, Wesley Snipes
M tipo Elvis Presley, live le/ Mette sotto al sette tipo Wesley Sneijder»
E subito dopo:
«Barre da uno scrigno, una penna al curaro
Il ghigno, il tiro maligno, Juninho Pernambucano».
Dettaglio da non trascurare: qualche strofa più tardi, nella stessa canzone, En?gma chiude una rima menzionando James Rodriguez, in quel momento fresco capocannoniere dei mondiali in Brasile («Io non ti piaccio però, ahimè, c'ho stile/ Capocannoniere faccio James Rodriguez»).
Marracash, invece, scrive rime clamorose con la stessa continuità con cui Messi lancia in profondità Jordi Alba. E forse l'argentino è davvero l'unico metro di paragone possibile per il ruolo del rapper di Barona all'interno del contesto rap italiano: Messi in campo assolve una quantità imprecisabile di funzioni, dalla regia a centrocampo alla finalizzazione; allo stesso modo, pochi diversificano il proprio repertorio come Marra, che mescola egotrip, storytelling, introspezione, pezzi d'amore addirittura. Lui e Messi possono permettersi questa varietà di registri perché per entrambi, alla base, c'è una tecnica fuori dal comune: col pallone tra i piedi per Lionel, con la penna per Fabio Rizzo.
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«Tu puoi fare cinque platini, dieci platini, ma in sto gioco resto il tuo CT.
Metto in campo undici Platini, non fai un cazzo come CBD».
Questa rima non fa eccezione. È una punchline in un pezzo in collaborazione con Gué e Luché, altri due punchliner d'élite. La competizione, non solo nei dissing ma anche nei feat, è il sale del rap, il motivo per cui è così importante saper modellare parole, suoni e significati. Marra si dedica a un semplice esercizio di egotrip e decide di attingere al gergo calcistico.
Un buon rapper non si giudica dalle certificazioni, in questo caso i platini. Ci vuole talento, e al di là delle mode passeggere la storia del rap italiano ci insegna che Marracash è una garanzia da quasi vent'anni. Per stabilire le gerarchie trasforma il suo rapporto col resto della scena in quello tra un CT e i suoi giocatori. L'autorità del CT non si discute: è lui a decidere chi vale o meno e, così come nel calcio non basta qualche presenza in Champions per giocare in Nazionale, nell'Hip Hop non basta scrivere qualche hit estiva per fregiarsi del titolo di “King del rap” (titolo di un album di Marra, appunto).
La ripetizione continua della parola ‘platini’, e l'introduzione di un termine calcistico come CT, rendono ovvia per Marracash la citazione di Platini, manipolando i diversi campi semantici di due parole uguali. Non una novità per un rapper da sempre abituato a ricorrere a iterazioni e giochi di parole. E mentre lui, come il fuoriclasse francese, può sfoggiare una discografia e una tecnica da Pallone d'Oro, gli altri rapper si limitano a scrivere rime giusto per riempire la base, innocue e soporifere proprio come il CBD.
Da segnalare infine, il freestyle di Il Tre.
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«Siamo perfetti, il mio extrabeat è come Donnarumma
Esce quando meno te l'aspetti»
Il Tre è uno dei rapper più promettenti d'Italia, vagamente simile a Ciro Immobile. Nelle tre strofe sputate su Real Talk cambia stile e argomenti, sempre con rime valide. Sono le punchline però a restare più impresse. Questa è la mia preferita, quella con più impatto, registrata un mese dopo l'errore di Donnarumma nel derby. Musacchio non si aspettava l'uscita del suo portiere proprio come io non mi aspettavo l'extrabeat che parte subito dopo la fine di questa rima.
Gli anni d'oro
Il filone più prolifico e forse più suggestivo però è quello legato ai giocatori degli anni '90 e in generale a una visione nostalgica del calcio. È sempre bello ricordare i protagonisti e le squadre della propria infanzia o adolescenza, almeno fino a quando non si scade nella retorica spicciola dell'odio verso il calcio moderno. È un conflitto deflagrato negli ultimi anni su Facebook, tra nostalgia e anti-nostalgia, ma che per fortuna non riguarda il rap.
Tra i rapper è pratica diffusa ricordare con le rime la propria gioventù: i pomeriggi al parchetto, le corse sul booster, il writing. La sfera adolescenziale ovviamente racchiude anche il calcio e ha ispirato passaggi davvero preziosi, con citazioni dettagliate e a volte anche ricercate.
Penso subito a “Estate albina” di Jack The Smoker, una delle penne più raffinate d'Italia. È un pezzo in cui il rapper di Pioltello parla del proprio complicato rapporto con le vacanze estive, spesso passate nel caldo e nella desolazione di Milano mentre tutti i suoi coetanei si godevano Calabria e Puglia. Jack ripercorre la propria routine quotidiana e i tentativi di evadere dalla noia.
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«Era sparita già la febbre dei Mondiali
Noi con le figurine di Schillaci e di Skuhravy»
Il senso dei mondiali è quello di scandire il tempo che passa e anche Jack The Smoker lo sa. “Estate albina” è uno storytelling, per questo oltre ai singoli momenti per l'autore è fondamentale tratteggiare il contorno in cui si sviluppa la narrazione. E quale evento può catapultare l'ascoltatore nell'estate del '90 meglio del mondiale in Italia? Il riferimento è tanto preciso quanto angosciante: Schillaci e Skuhravy hanno disputato una sola coppa del mondo, quella delle notti magiche. Purtroppo, però, giugno è passato e non resta neanche la consolazione della partita per far passare il tempo. Di quei momenti rimangono solo le figurine, di due attaccanti di culto come l'italiano e il ceco.
Il riferimento agli anni '90 non è casuale e, soprattutto, non è un unicum. Jack The Smoker è dell'82. La sua generazione, quella dei rapper nati negli anni '80, forse è stata la più tecnica del rap italiano, quella più originale in quanto a scrittura. Ecco perché sono così tante le citazioni di giocatori degli anni '90: banalmente, richiamano l'adolescenza della generazione più avvezza a menzionare film o celebrità.
C'è chi, come Claver Gold, ha dedicato intere canzoni all'argomento. “Nazario” è un altro esempio di storytelling, ordito intorno alle montagne russe della carriera di Ronaldo “il Fenomeno”, dagli esordi col Cruzeiro fino ai mondiali del 2002.
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Claver Gold dà del tu a Nazario - non lo chiama mai Ronaldo - con affetto fraterno. Tutte e tre le strofe sono davvero evocative, ma vale la pena citare soprattutto gli ultimi versi per la quantità di particolari che il rapper riesce a catturare. Ronaldo in quegli anni sembrava avvolto da un'aura mistica, per questo è così calzante l'immagine di Cristo che, attraverso gli infortuni, si riappropria del talento con cui l'aveva benedetto.
«Poi come d'un tratto tu cedi di scatto e il tonfo lascia senza fiato/
Cristo è tornato per riprendersi ciò che ti ha dato
Lacrime fredde dai tuoi occhi stan bagnando il prato/
Sul tuo crociato, ora che il tempo si è fermato
Nessuno crede più nel tuo ritorno gli anni sono/
Rimasti gli unici capaci di fermare un uomo
Non so se sia talento, arte o solamente un dono/
Notte di lampi, di crampi dopo l'abbandono
Poi come un tuono sei tornato dal buio profondo/
Fine di Giugno e Yokohama faceva da sfondo
Per far la storia spesso basta soltanto un secondo/
Nazário viene incoronato nuovo re del mondo».
Il calcio riesce ad avere un impatto sempre sorprendente nella nostra memoria, soprattutto nei piccoli dettagli. Si possono dimenticare compleanni e anniversari, ma è davvero difficile dimenticare un gol o una giocata che ci ha colpito. Per Claver Gold, da interista, è impossibile rimuovere lo strazio e le lacrime di Ronaldo sul prato dell'Olimpico.
All'opposto dello spettro emotivo, c'è lo stupore di Jake La Furia, che da bambino mentre osserva Savicevic che toglie palla a Nadal vicino alla linea laterale e poi supera Zubizarreta con uno dei gol più belli e iconici della storia del calcio.
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«Però io mi ricordo le partite per strada coi miei fratelli/ Su un campo scassato che ai nostri occhi sembrava Wembley
Ricordo il Genio mentre scavalca Zubizarreta/ Con mia madre sul divano a guardare Mazinga Zeta».
“Gli anni d'oro” forse è il singolo più celebre della carriera solita di Jake La Furia. Non il suo pezzo più bello, ma comunque una canzone ben riuscita, che nei migliori karaoke ha soppiantato l'omonimo singolo degli 883. Per l'ex membro dei Dogo, il gol di Savicevic al Barcellona suggella un periodo spensierato della sua vita: quando ancora guardava la tv insieme alla madre e il suo Milan dominava in Italia e in Europa.
Ricordare il passato però può scatenare rabbia nei confronti di un presente oberato da scadenze di lavoro che scavalcano i ponti, per citare Bassi Maestro. È questo il senso di “Peggio di oggi”, brano dei OneMic in cui il trio di Torino mette in rima un confronto impietoso tra il presente del mondo degli adulti e la gioia dell'adolescenza. Anche qui, il calcio cristallizza meglio di qualunque altro concetto la nostalgia verso un passato meno cupo. Così, mentre Ensi e Rayden si passano il microfono, l’età aurea della Serie A diventa sineddoche di un periodo felice della loro vita.
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«Era meglio prima quando nei bar/ Parlavamo di Ronaldo e non di Neymar
La Serie A
Era meglio della Premier/ Ad occhi chiusi
Il Premier stipendiava ancora Gullit e non Ruby»
La citazione è suggestiva, ma è notevole soprattutto la sofisticazione con cui è stata costruita la rima, specie se si considera che Rayden rappa i primi due versi ed Ensi gli ultimi due, senza soluzione di continuità.
Tre menzioni d'onore. Le prime due per MadMan: in “Back on the scene” sfrutta il feat con Ensi per ripercorrere la carriera di Dino Baggio, protagonista - fra le altre - con Juve e Lazio («Ti prendiamo come primo ostaggio in cabina di pilotaggio/ Da Torino a Roma come Dino Baggio»).
Nella stessa canzone, un paio di versi dopo, usa Helder Postiga, emblema della carestia di centravanti del Portogallo di qualche anno fa, come metro di paragone per gli scarsi («Non per nominare Cossiga/ Tu fai il presidente, ma non pesi niente Helder Postiga»).
In “Madtadone” poi non solo si paragona a Riquelme, ma, da vero amante degli enganche argentini, tributa il verso finale della prima strofa ad Andrés D'Alessandro e alla sua signature move («Fotte un cazzo, vado in alta quota a fare il salto/ Resti di sasso se cambio passo, boba, D'Alessandro»).
La terza menzione è per Gemitaiz che, in “Non ci rimango”, addirittura si lancia in un doppio pregevolissimo omaggio a due dei più grandi geni della storia d'Italia: Francesco Totti e Gué Pequeno («Rimo da quando Totti aveva il diciassette»).
Cattivi esempi
Proprio il Guercio ci offre lo spunto per guardare da una nuova prospettiva il rapporto tra Hip Hop e calcio, personalmente la mia preferita. Il rap può spaziare verso qualsiasi argomento e una sua peculiarità è quella di appropriarsi di alcuni personaggi e trasformarli in figure archetipiche, veri e propri modelli di comportamento.
È una prassi che appartiene soprattutto al gangsta rap: quante volte sentiamo citare Tony Montana o il suo amico Sosa come simbolo della vita criminale e delle aspirazioni di chi si sente gangsta? Il procedimento non riguarda solo i personaggi dei film, ma, variamente, assassini, politici, registi e anche cantanti: Mario Merola, Scorsese, Jeffrey Dahmer, Cossiga, Craxi, Andreotti. Sembra strano, ma figure apparentemente lontane dal rap come i politici della prima repubblica stanno diventando sempre più popolari tra gli mc. Probabilmente per la loro capacità di corrompere e di tessere nell'ombra le trame del potere: espedienti da veri gangster.
Le stesse trame del potere e lo stesso amore per il denaro propri di alcune figure del calcio italiano. Gué Pequeno, sostenitore del motto comandare è meglio che fottere, ha saputo applicare meglio di tutti questo topos ad alcuni tra i protagonisti più loschi della Serie A.
Se Berlusconi, già accostato ad Ice Cube, è il nome più banale, si stagliano come giganti dell'occulto le figure di Luciano Moggi e Luciano Gaucci. Gué ha citato l'ex direttore sportivo della Juve in almeno un paio di canzoni. È un personaggio perfetto per gli schemi narrativi del Guercio, come lui ossessionato dalle intercettazioni telefoniche.
La prima rima risale a Fastlife Mixtape I, in un feat con Esa dal titolo “La fetta” («Al cellulare con la scheda polacca/Sporca Moggi style, e pure i soldi del Papa»). La seconda invece è una delle tante gemme di “Dogologia” («E mentre Moggi è in sbattimento con la scheda polacca/ La valletta che smarchetta sa che il Dogo spacca»). Piccola nota filologica: in entrambi i casi Gué sottolinea il particolare delle schede telefoniche polacche ma in realtà le SIM di Moggi erano svizzere.
Gaucci invece si prende la copertina: il suo nome compare infatti nell'entrata di “Puro Bogotà”, l'Albachiara dei Dogo per loro stessa ammissione. («Rimo da quando i fra ti rubavano il Woolrich/ Mi trovi in strada come finte Gucci/ Euro immorale modello Ricucci/ La ganga ti cracka tu scappa Gaucci»). Gué nelle interviste spesso dice di non seguire il calcio, ma è evidente come alcune figure di quel mondo possano interessarlo in maniera collaterale.
Unico appunto: è il rapper che più spesso usa il termine “barella” per indicare la coca, incredibile che ancora non abbia sfruttato la presenza in Serie A di Nicolò Barella per dedicargli una rima.
Parlando di presidenti, invece, è impossibile trascurare il più istrionico tra loro, seppur senza il passato di Moggi e Gaucci. Maurizio Zamparini è un personaggio unico, simbolo in una certa misura delle storture del calcio italiano, vittima del player trading e incapace di sposare un progetto a lungo termine con qualsiasi allenatore. Negli ultimi tempi poi le vicissitudini societarie del Palermo lo hanno allontanato ancora di più dai tifosi rosanero, e chi meglio di Johnny Marsiglia avrebbe potuto esprimere il malcontento della sua città verso l’imprenditore veneto?
In “Rapper”, feat contenuto nell’ultimo album di Ensi, i due mc rivendicano la propria estraneità rispetto agli esponenti più mainstream dell’ultima generazione di rapper, quella per cui l’outfit conta più delle punchline. I più giovani invece di misurarsi con le rime pensano di dimostrare la propria street credibility indossando modelli vintage di Nike e portandosi dietro nei video frotte di amici all’apparenza pericolosi, per qualcuno una squadra, per qualcuno una famiglia. A Johhny Marsiglia non frega niente di tutto ciò, proprio come a Zamparini non è fregato nulla delle sorti del Palermo. Sa che non sono questi i parametri con cui giudicare un rapper. L’inconsistenza di alcune nuove promesse, spuntante dal nulla su YouTube come dal nulla sono spuntati tutti i possibili nuovi acquirenti del suo Palermo, scompare di fronte al talento di JM.
«Sono al poco spessore, facce nuove come Baccaglini. A te non fotte delle rime, a me non fotte della tua fottuta squadra come Zamparini»
Ma al di là di presidenti e vicende societarie, il mondo del calcio da sempre è pieno di personaggi eccentrici, in grado di ispirare il pubblico sia dentro che fuori dal campo. Pensiamo ad esempio a Maradona, un'icona della cultura pop e non solo del pallone. O, ancora, a Paul Gascoigne, con tutte le sue dipendenze. Droghe e alcol da sempre permeano il linguaggio del rap e sono un punto di contatto con il rock. Ma mentre nel rock c’è l’idolatria delle sostanze stupefacenti e dei loro effetti, l’hip hop si occupa soprattutto dello spaccio, a volte unico espediente per sopravvivere alla fame in periferia.
È una differenza, quella nell’approccio a droghe e dipendenze, che aveva riassunto perfettamente Marracash qualche anno fa, in uno dei suoi tanti picchi da fuoriclasse («Il rock glorifica il drogato, il rap lo spaccio, per questo che io rock lo sono e il rap lo faccio»).
Achille Lauro è il rapper che più di tutti negli ultimi tempi sta cercando di conciliare gli stilemi del rap e del rock. A Sanremo si è presentato con “Rolls Royce”, un pezzo con le chitarre, lontano dai suoi vecchi standard per sonorità, in cui Lauro cita diversi esempi di vita sregolata mutuati dal mondo del rock. È un topos della sua scrittura («Ah si, muoio a venti come Curtis»), tanto che su Twitter si chiama ancora Achille Idol (come Billy).
Tra i personaggi del ventesimo secolo citati tra i richiami al Rock ‘n Roll di “Rolls Royce” allora, perché non inserire Paul Gascoigne, simbolo di chi più volte ha rischiato di finire male per via della dipendenza? Il passato hip hop di Lauro, con l’infanzia trascorsa in mezzo agli spacciatori di Corviale, incontra il suo animo rock, sregolato e incline alle dipendenze.
«No, non è vita, è Rock'n'Roll. No, non è musica, è un Mirò. È Axl Rose, Rolling Stones.
No, non è un drink, è Paul Gascoigne. No, non è amore, è un sexy shop»
Musa di molte rime nel mondo dell’hip hop italiano, poi, è Zlatan Ibrahimovic.
Sono pochi nel mondo dello sport i caratteri magnetici e polarizzanti come quello dello svedese. Il carisma di Ibra esonda dagli argini del campo di calcio, fino a trasformarlo nel prototipo di un certo modo di stare al mondo: truce, solitario, quasi maledetto nella sua ossessione per la Champions League. A questo si aggiunge la narrazione del ragazzo cresciuto nel ghetto, incline agli scatti di violenza perché si può «togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal ragazzo». Ibra però è famoso anche per la sua scarsa fedeltà. In carriera ha giocato con nove squadre diverse e per qualcuno simbolizza meglio di chiunque la figura del calciatore-mercenario.
Anche Ensi dev'essere di questo avviso.
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«In ventisette anni di vita
Ho visto gente tagliarsi la testa come l'idra
E ricrescere ancora peggio/ Quelle buone puoi contarle sulle dita
Io ci palleggio frà chi cambia maglie più di Ibra».
Ibra con i suoi mal di pancia prima dell'estate e i suoi tradimenti diventa emblema dell'infamia, sempre pronto a vendersi al miglior offerente: un serpente appunto, come l'idra. Ensi è uno dei rapper più tecnici d'Italia. Sicuramente è il miglior freestyler del paese, e forse questo ogni tanto ci fa dimenticare quanto sia forte anche con la penna. Qui l'immagine di Ibra-traditore viene dipinta in maniera davvero originale, ma è la costruzione della rima a far risplendere tutto il talento di Ensi. Senza la trivialità della rima baciata, l'mc di Torino scrive invece una rima alternata e, non contento, nei due versi finali infila pure una rima in mezzo (peggio-palleggio).
Una rima articolata in maniera simile, e che gioca sempre sulla simbolizzazione di alcune figure del mondo del calcio, è quella di Salmo in “Mic teaser”.
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«Barcollo quando canto tipo festa dei paesi
Maldestro col Mancini, cervello infranto paresi
Mi rubano gli stili, sotto al banco/ Tu puoi essere Maldini
ma con te io sarò Franco, Baresi»
Non so se Salmo fosse a San Siro tra quelli che hanno fischiato Maldini nel giorno del suo addio. Di sicuro, al netto delle preferenze, ha saputo costruire una punchline tagliente proprio a partire da una questione di curva: il pubblico preferisce Salmo agli altri rapper così come una parte dei tifosi del Milan preferisce Baresi a Maldini. La polisemia del nome Franco nell'ultimo verso è il dettaglio d'autore che, come sopra, chiude al meglio una quartina in cui Salmo riesce a creare sia assonanze (festa-maldestro) che rime (banco-Franco) nel mezzo del verso.
Impossibile poi non menzionare la strofa di Fede in “Quando ti siedi”. Fino ad ora abbiamo assistito alla simbolizzazione di giocatori o dirigenti. Episodi singolari all'interno di canzoni che, come argomento, non avevano comunque il calcio. L'ex rapper dei Lyricalz invece incentra totalmente la sua strofa sul mondo del pallone. Fede da lì a poco avrebbe abbandonato il microfono e sceglie il mondo del calcio come metafora del suo disappunto verso la scena.
È il 2003, periodo di stasi per l'Hip Hop italiano, con pochissimi margini di crescita e di guadagno. Nelle radio non c'è spazio per il rap, si preferisce puntare sul solito pop di plastica. Fede allora tratteggia la sua delusione in termini calcistici, fino a trasformare gli ultimi versi in una conferenza stampa d'addio.
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«Dimentichi che noi siamo i veri fantasisti
E se per gli altri sei Van Basten, per noi nemmeno esisti
Cosa ci vuoi fare forse è meglio lasciar stare
Se qui chi gioca male ha il posto fisso in nazionale
Conferenza stampa: signori, io mi ritiro
Me ne torno nei campetti, almeno lì mi divertivo»
Chiudo la rassegna con un verso di Luché tratto da XDVRMX, un feat con Sfera Ebbasta e Marracash.
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«Ho dato il meglio come il Napoli che vende Cavani, ma quest'anno vado al massimo, come Vasco»
Questa non è una vera e propria rima. Il rapper di Marianella nomina il Matador per aprire una delle ultime barre della sua strofa. Il colpo da fuoriclasse è il modo in cui riesce a metaforizzare la cessione di Cavani al PSG. Luché è un rapper bravissimo ad associare immagini appartenenti a campi semantici differenti, legate però da una parola o un concetto comune («Le butto rose ai piedi per tenerla sulle spine», da "Modalità aereo"). Partecipa al rapgame da quindici anni e per ottenere il successo di oggi - due anni fa tutto esaurito al Palapartenope - ha dovuto migliorarsi di anno in anno, anche passando dal dialetto all'italiano.
Insomma, Luché per crescere ha dato il meglio di sé stesso, proprio come il Napoli che ha ceduto il suo miglior giocatore, Cavani, per poter comprare Higuain, Callejon e Mertens e costruire una squadra ormai abituata a giocare in Europa.
Luché probabilmente è stato il miglior rapper dell'ultimo anno in Italia. Oltre al suo quarto album da solista, Potere, ha registrato alcuni versi già diventati culto, come l'entrata di “Casa mia”, nel disco di Noyz, o le strofe con la voce roca di “Al mio fianco”. Tuttavia, è inutile negare come negli ultimi anni nuove generazioni di rapper, quelli che qualcuno associa alla trap, come se il genere Hip Hop potesse dividersi in compartimenti stagni, abbiano monopolizzato il mercato.
Il rap ormai è il genere più popolare tra gli under 30, anche senza passaggi in radio o TV. Un filo conduttore dell'ultima generazione mi sembra il rinnovato attaccamento alla propria città e al proprio quartiere. Un sentimento che parte dalla Napoli di Vale Lambo e arriva alla Varese di Massimo Pericolo. Le squadre di calcio diventano parte del linguaggio, a volte semplificato, di molti rapper nati negli anni 90, il modo migliore per comunicare questo senso di appartenenza. La Love Gang a Trastevere e la vecchia DPG (quella con Side prima di "Twins") a Rione Monti, con continui riferimenti alla Roma, sia quella di Yanga Mbiwa che quella dello scudetto; Enzo Dong che da Secondigliano dissa Higuain dopo il suo trasferimento alla Juventus.
Per fortuna, l'interesse per lo sport più amato d'Italia sembra intatto. Il calcio, seppur secondo forme e codici diversi, continuerà ad essere fonte preziosa di rime per il rap italiano.