Dopo essersi messo in luce col Barça B e aver vinto la UEFA Youth League nella stagione 2013/14, l’arrivo di Adama Traoré in Premier League nell’estate del 2015 aveva generato grandi aspettative attorno all’Aston Villa. Le cose, però, andarono malissimo: la squadra di Birmingham venne retrocessa a fine anno e Traoré collezionò solo 10 presenze in campionato (oltre a una serie di sanzioni disciplinari da parte del club).
Anche la stagione successiva, stavolta al Middlesbrough, si concluse con una retrocessione in Championship; l’anno dopo, grazie a Garry Monk e Tony Pulis, Traoré riuscì a trovare un po’ di serenità e continuità nelle prestazioni: i 5 gol e 10 assist messi a referto in 34 presenze nella seconda divisione inglese gli valsero alcuni riconoscimenti individuali e l’interesse del Wolverhampton, che due estati fa sborsò circa 20 milioni di euro per aggiudicarselo.
Col ritorno in Premier League, però, trovò poco spazio (soprattutto perché i Wolves passarono al 3-5-2) e venne quasi sempre utilizzato a gara in corso; quest’anno, invece, le cose stanno andando decisamente meglio: Traoré ha già collezionato più minuti, gol (2) e assist (5) tra tutte le competizioni rispetto alla scorsa stagione. I tifosi di italiani lo ricorderanno soprattutto per il modo in cui ha distrutto il Torino nei preliminari di Europa League, quando ha servito 2 assist e 7 dribbling tra gara d’andata e di ritorno.
In queste settimane si è parlato di lui soprattutto per la stranissima vicenda della sua convocazione in Nazionale. Traoré ha giocato nelle selezioni giovanili spagnole, ma alla fine aveva deciso di accettare la convocazione per la Nazionale maggiore del Mali, paese di origine dei suoi genitori. Quasi subito dopo la sua scelta, però, la Spagna lo aveva convocato per le ultime partite del girone di qualificazione. Traoré alla fine si è infortunato e non ha risposto a nessuna convocazione, mettendo in sospensione una vicenda assurda.
Mangia, dormi, dribbla, ripeti
Classe 1996, Traoré è uno dei giocatori più strani nel calcio contemporaneo: a prima vista non sembra nemmeno un calciatore, con un corpo semplicemente troppo grosso per i suoi 178 cm di altezza.
A questa esuberanza fisica unisce un’esplosività fuori dal comune: è abbastanza agile in spazi stretti, ma quando riesce a prendere velocità su medio-lunghe distanze diventa veramente incontenibile; la scorsa stagione veniva usato soprattutto nelle fasi finali delle partite, garantendo così un riferimento sicuro ai Wolves in transizioni di 50-60 metri, che erano frequenti visto l’atteggiamento passivo della squadra in fase di non possesso.
Questo strapotere atletico rende Traoré particolarmente efficace nei duelli individuali: rispetto alla stagione 2017/18 quando provava 12.5 (!) dribbling ogni 90 minuti in Championship vincendone il 78%, i suoi tentativi di saltare l’uomo sono scesi a 6.8 p90, mentre l’efficienza in questo fondamentale è rimasto ampiamente sopra la media (ha una percentuale di riuscita del 63.23%).
Una delle tante situazioni in cui ha umiliato Ansaldi nella gara d’andata del preliminare di Europa League contro il Torino: sombrero, dribbling in corsa e cross basso per Diogo Jota.
Non ha un repertorio di skills particolarmente vario in queste situazioni, ma riesce ugualmente a saltare gli avversari sia in situazioni statiche che dinamiche.
Spesso si ha la sensazione che i campi da calcio siano troppo piccoli per lui.
Oltre a questi innegabili pregi, però, Traoré abbina anche difetti piuttosto marcati; non attacca (quasi) mai la profondità, preferendo invece ricevere il pallone sui piedi: non è per nulla a suo agio tra le linee e la maggioranza dei suoi tocchi avvengono vicino alla linea di rimessa laterale. Traoré ha un livello di associatività piuttosto basso e il decision-making nell’ultimo terzo di campo è spesso rivedibile.
Nel complesso, il suo gioco consiste spesso di tanti strappi e pause all’interno della stessa partita: a giudicare da tutte queste lacune offensive, non sembra per nulla un calciatore cresciuto nelle selezioni giovanili del Barça e della Spagna degli ultimi dieci anni.
Il calcio di Adama Traoré è abbastanza monodimensionale e padroneggia a pieno soltanto uno dei tre fondamentali tecnici più importanti (il dribbling ma né il passaggio né il tiro). Nonostante sia riuscito a chiudere una stagione in doppia cifra di assist nella sua breve carriera fin qui, nell’immaginario collettivo Traoré appartiene a quella categoria di ali dribblomani (tra cui anche Saint-Maximin) dotati di notevole pace and power (rapidità e potenza, due degli attributi individuali più importanti su FIFA) e quindi molto popolari nei videogiochi o su YouTube, ma che nel calcio reale sono piuttosto inconsistenti.
Si è quindi creata una narrazione spesso dura nei confronti di Traoré e della sua capacità di essere un valore aggiunto in un contesto tecnico-tattico di alto livello come la Premier League, cosa che invece sta dimostrando di poter essere in questa stagione grazie all’aiuto di Nuno Espírito Santo.
Crescita e convivenza
L’infortunio di Matt Doherty in estate aveva privato il tecnico portoghese di uno dei migliori giocatori dei Wolves nella scorsa stagione, nonché un riferimento affidabile in entrambe le fasi di gioco: per far fronte all’assenza dell’irlandese, Espírito Santo ha deciso di adattare Traoré nel ruolo di laterale destro del 3-5-2.
Dal punto di vista offensivo, questa nuova posizione non ha limitato i punti di forza dello spagnolo, cioè la corsa ed il dribbling; anzi, ne ha aumentato la responsabilità in fase di possesso: tra i giocatori dei Wolves con almeno 500 minuti in campionato finora, Traoré è sesto per palloni complessivamente toccati (519), terzo per passaggi chiave (1.3) e secondo per Expected Assists (0.17) prodotti ogni 90 minuti.
Rimane ancora un giocatore complessivamente poco associativo (tra i suoi compagni di squadra, solo Rui Patrício e Cutrone tentano meno passaggi in confronto ogni 90 minuti), ma dal punto di vista della progressione della palla e nella rifinitura è senza dubbio diventato un elemento prezioso, considerando anche le difficoltà che il Wolverhampton sta riscontrando quest’anno, un po’ per il suo atteggiamento tattico generale che per l’effetto fisiologico dell’Europa League su una rosa piuttosto corta.
Non è un caso che, anche col recupero di Doherty, Espírito Santo non abbia voluto rinunciare alle qualità di Traoré, arrivando a schierare entrambi contemporaneamente titolari.
In queste circostanze si è rivisto il vecchio 3-4-3 utilizzato in Championship, ma con una variazione tattica interessante: a possesso consolidato, invece di venire dentro il campo, Traoré rimane molto largo mentre Doherty si accentra nel mezzo spazio destro; così facendo, i Wolves possono rendersi pericolosi con gli isolamenti offensivi dello spagnolo e gli inserimenti senza palla dell’irlandese in area di rigore.
I due non si pestano affatto i piedi e finora hanno mostrato una buona intesa in campo, con rotazioni posizionali interessanti per arrivare al cross dal fondo (come ad esempio nel secondo tempo contro il Newcastle).
Va detto che, in alcune circostanze, riemerge l’eccessiva staticità del gioco di Traoré senza palla, ma per fortuna ciò non ha provocato conseguenze negative in fase di non possesso: il posizionamento difensivo è sicuramente un aspetto in cui lo spagnolo può migliorare e lo stesso Espírito Santo ha rilasciato dichiarazioni positive sul futuro di Adama.
A 23 anni l’ex-ala del Barcellona si sta dimostrando un giocatore più versatile di quanto si pensava: il nuovo contesto tattico dei Wolves gli sta permettendo di esprimere liberamente il proprio talento individuale senza però trascurare del tutto le interazioni coi compagni di squadra, evidenziando le sue doti in conduzione e mascherando i suoi limiti decisionali in zone più centrali dell’ultimo terzo di campo.
Traoré non sarà mai un giocatore perfetto, ma l’unicità del suo stile di gioco e la natura caotica della Premier League lo rendono uno dei calciatori più divertenti nel panorama europeo.