Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Adelaide catalana
08 mag 2016
L'Adelaide United ha vinto il campionato in Australia e lo ha fatto ispirandosi ai princìpi del Barcellona.
(articolo)
11 min
Dark mode
(ON)

Nel calcio moderno il Barcellona non è più qualcosa di esclusivamente calcistico. La società blaugrana, oltre ad essere uno dei club più titolati (e blasonati) al mondo è un brand. Un brand che funziona, come dimostrano le cifre che girano attorno alla società spagnola ad ogni chiusura di bilancio. Centinaia di addetti ai lavori ogni anno si recano in Catalogna per studiare il fenomeno nel suo complesso, con un occhio di riguardo alla celebre Masìa de Can Planes, il settore giovanile - a detta di molti – “migliore del mondo”. I risultati in effetti sembrerebbero confermarlo, vista l'incetta di trofei fatta dal Barcellona dal 1979 (anno in venne aperto il centro tecnico) fino ad oggi.

Tra i più fortunati “talenti” sfornati dal settore giovanile del Barcellona c’è Guillermo Amor Martinez, che nell'immediato presente ha una sola missione: portare un po' di Barcellona in Australia.

Adelaide catalana

Amor ormai da un anno e mezzo si è trasferito ad Adelaide firmando un contratto con la franchigia di soccer locale, gli Adelaide United del chairman Craig Griffin. Il visionario patron del club, in carica da quasi un lustro, ha deciso di costruire nel South Australia un nuovo Barcellona. Ovviamente non in senso stretto, visto che in Australia giocatori di un certo calibro non potrebbero mai arrivare, ma copiando più puntualmente possibile l'assetto e la filosofia della società catalana.

Questo processo inizia nel 2012, quando Griffin chiama Josep Gombau alla guida dei suoi Adelaide United; Gombau, catalano di nascita, ha lavorato per anni alla Masia prima di trasferirsi ad Hong Kong, dove con il Kitchee vince un campionato ed una coppa di Lega. Gombau, classe 1976, cresciuto calcisticamente nell'Amposta (club della sua città natale, Tarragona), nel 2003 inizia ad allenare nel settore giovanile del Barcellona, assorbendone filosofia e metodologia. Il culmine dei suoi cinque anni è rappresentato dall’esperienza a Dubai, dove allena una scuola calcio aperta sotto la gestione Laporta. Il compito del nuovo manager di Adelaide è quello di rifondare il settore giovanile locale, visto che l'Australia ha regole rigide riguardo stipendi (c'è il salary cap) e transazioni di calciomercato (si possono ingaggiare giocatori esclusivamente a parametro zero). Il lavoro inizia a dare i suoi frutti un anno dopo, ma nel 2014 Gombau ha un'intuizione: chiamare Guillermo Amor per consegnargli le chiavi dell'Accademy.

Nativo di Benidorm, piccolo paese situato nella provincia di Alicante, Amor entra a far parte del settore giovanile del Barcellona nel 1980, quando si trasferisce in Catalogna per iniziare ufficialmente la sua carriera in “blaugrana”. Una carriera che poi durerà la bellezza di diciotto anni, durante i quali Amor Martinez (pronunciato per intero, come ci tiene a sottolineare spesso, perché unisce i cognomi di padre e madre) non solo percorre tutta la trafila giovanile nel Barcellona, ma col tempo diventa uno dei pilastri della prima squadra dopo averci esordito nel 1988. Nel 1999 a sorpresa lascia la Spagna per venire nel nostro campionato, dove gioca un biennio nella Fiorentina ricco di infortuni (in due stagioni saranno solo 24 le presenze in maglia viola), per poi chiudere la carriera al Villarreal. L'ultima tappa porta in Scozia, a Livingston, dove però i problemi fisici hanno preso il sopravvento e lo costringono – suo malgrado – al ritiro. Ovviamente non sono mancate nemmeno le soddisfazioni in nazionale, con la quale Amor gioca il mondiale francese del '98. Una volta ritiratosi si mette subito in gioco per costruirsi un futuro nel mondo del calcio; a fine anni '90 matura la prima esperienza alla Masìa, venendo poi ingaggiato nuovamente nel 2003 al momento dell'insediamento di Laporta come presidente. Sotto la regia di Amor, il settore giovanile del Barça si porta a casa quarantasette titoli, ma soprattutto promuove in prima squadra moltissimi giocatori che poi si riveleranno importanti per le vittorie future del club (tra gli altri, Thiago Motta, Gerard Piqué, Sergio Busquets, Lionel Messi, Giovani dos Santos fino alle nuove leve Adama Traore e Munir).

Leggenda “blaugrana”.

Nel 2007 un brutto incidente in macchina stava per costargli la vita, poco dopo aver firmato un contratto di collaborazione con il Valencia. Le sue condizioni furono subito dichiarate critiche, ma una volta portato d'urgenza in ospedale la prognosi si è ridotta a due settimane di ricovero. Il presente si chiama Australia, paese in cui Amor si insedia e sin da subito lavora come capo del settore giovanile dell’Adelaide United, portando in dote tutta l'organizzazione appresa nella sua lunga militanza europea.

Adelaide, città che conta poco più di un milione di abitanti, è un melting pot di etnie ma soprattutto un'importante snodo commerciale tra le varie zone del paese. Sulla cima del municipio campeggia una scritta in latino: “Ut Prosint Omnibus Conjuncti”, ovvero “uniti per il bene comune”. Con questo spirito i media ed il pubblico locale hanno affrontato la sfida della società: fare fronte comune per poi tirare le somme alla fine del percorso. La promozione in panchina di Amor in Australia ovviamente ha destato parecchia curiosità, tanto che – in questa stagione dominata da Adelaide – sulle tribune del “Coopers Stadium” sono stati avvistati parecchi addetti ai lavori, impegnati a capire quali contromisure adottare contro una squadra così “diversa”. Un capitolo a parte lo merita proprio lo stadio, un piccolo gioiellino da 16500 spettatori in cui il calcio si alterna con rugby e football australiano. Piccola curiosità: a far registrare il record di presenze fu la nostra Nazionale durante le Olimpiadi del 2000, nel match che gli Azzurrini giocarono contro la Nigeria.

Il primo passo di Amor è passare al setaccio le zone limitrofe. I suoi assistenti hanno il compito di "schedare" tutti i ragazzi che giocano a calcio nella zona. Lo step successivo è una specie di stage interno, dove Amor spiega per filo e per segno cosa dovrà cambiare nell'immediato futuro. Il che significa squadre di ogni categoria con lo stesso modulo, rapporti settimanali su tutti i ragazzi del vivaio con relativi appunti con un occhio al comportamento extra campo, e - soprattutto - un aggiornamento periodico ma obbligatorio per i tecnici di tutte le categorie. Sotto la supervisione di Amor anche la prima squadra, mai veramente in lotta per il titolo, alza l'asticella qualificandosi per due volte di fila alla Champions League asiatica.

I risultati quindi iniziano ad arrivare. Per questi ha contato anche la fiducia reciproca tra Amor e Gombau, nata qualche anno prima quando quest'ultimo ha collaborato con l'ex centrocampista nelle giovanili “culé”.

Direzione tecnica in panchina

Ad agosto del 2015 però Gombau comunica inaspettatamente le dimissioni, e la società decide di promuovere Amor a tecnico della prima squadra, di fatto da lui costruita. La mossa spiazza l'allora direttore tecnico, come lui stesso dirà in un'intervista a FourFourTwo: «Ho scelto l'Australia perché volevo fare una nuova esperienza. Parlandone con Josep, mi disse che per capire se questa era la strada professionale da percorrere, avrei dovuto lavorare lontano da casa, dove sarebbe mancato il supporto dei miei cari e l'aria familiare».

Josep Gombau, nascita catalana ma fenotipo australiano.

L'inizio di A-League non è dei più incoraggianti: la squadra fa solo tre punti nelle prime otto uscite, facendo peraltro una grande fatica a segnare. La panchina di Amor comincia a traballare: «Era normale che all'inizio avremmo fatto fatica. Il mio è un calcio offensivo ma allo stesso tempo attento e organizzato. Cerco di trasmettere alla squadra tutti gli insegnamenti che negli anni sono stati inculcati a me», ha detto il manager nella stessa intervista. Alla nona giornata arriva la svolta; ad Adelaide arrivano i Perth Glory, battuti da una rete di Pablo Sanchez in una partita a senso unico, che finirà con 17 tiri verso la porta avversaria e il 72% di possesso palla. «Quella partita fu la svolta» ricorda Amor, che da lì in poi infilerà un filotto di risultati positivi che creeranno i presupposti per il titolo. In mezzo però c'è la delusione dell'eliminazione dalla Champions League al turno preliminare, contro i cinesi dello Shandong Luneng.

4-3-3 marchio di fabbrica

Ma come gioca l’Adelaide? Amor ha tenuto l'ossatura e l'abito tattico del biennio targato Gombau, con un 4-3-3 di forte impronta associativa - quindi una squadra che predilige giocare il pallone - molto brava in palleggio e poco incline alla giocata comune da queste parti: il lancio lungo di tradizione britannica. È proprio questa particolarità che rende Adelaide una franchigia imprevedibile: «La mentalità fa la differenza» - spiega Amor - «se la palla l'abbiamo noi non prendiamo gol. Mi piace il concetto del possesso palla proprio perché trasmette sicurezza ai ragazzi». La difesa è composta da giocatori tecnici, bravi a far partire l'azione tutti in egual misura, ma senza trascurare il loro principale lavoro: nonostante l'impronta offensiva , oggi l’Adelaide è la miglior difesa della regular season con soli 28 gol subiti.

Gli highlights della partita che ha regalato il titolo all’Adelaide United.

A sorreggere la retroguardia c'è l'esperto numero uno Eugeni Galekovic, portiere nato in Croazia ma naturalizzato australiano, tra i migliori interpreti del campionato. Reattivo tra i pali, Galekovic è anche il portiere ad aver neutralizzato più calci di rigore in stagione (ben cinque). Particolare non da poco, vista l'imminente fase playoff. Sulla fascia destra si disimpegna bene l'italo-australiano Michael Marrone, terzino bravo ad interpretare entrambe le fasi di gioco, mentre sull'out opposto il classe '91 Craig Goodwin (in odore di nazionale) si è fatto apprezzare per il mancino particolarmente educato. Interessante anche la coppia di centrali difensivi, composta dal colosso Dylan McGowan e dal “nostro” Iacopo La Rocca.

La storia di La Rocca è da raccontare. Romano classe 1984, fino a quattro anni fa ha militato nelle serie inferiori italiane dividendosi tra Treviso, Pro Vercelli, Fermana e Chieti, prima dell'esperienza in Svizzera – durata pochi mesi – con il Grassoppher. Nel settembre 2012 arriva la chiamata dall'altro capo del mondo, dove i Western Sydney lo ingaggiano per la loro prima stagione in A-League. Un anno dopo La Rocca festeggerà da protagonista la Champions League asiatica, conquistata dalla franchigia con sede a Parramatta. Quest'anno è arrivato il trasferimento ad Adelaide, dove da centrocampista centrale si è riciclato come difensore, con ottimi risultati.

Un video caricato dallo stesso Iacopo La Rocca.

In mezzo al campo abbondano invece i piedi buoni. Davanti alla difesa agisce Isaias, giocatore su cui Amor ha svolto un lavoro straordinario. Arrivato ad Adelaide nel 2013 come difensore centrale, è stato impostato come centrocampista difensivo con compiti di interdizione, ma alla lunga è venuta fuori anche un'invidiabile capacità a gestire i palloni che lo ha trasformato in elemento imprescindibile. Per fare un paragone, Isaias è, con le dovute proporzioni, il Busquets della squadra: appoggi, raddoppi, intelligenza tattica. A fianco a lui agiscono Stefan Mauk, un '95 molto bravo negli inserimenti senza palla, e soprattutto Marcelo Carrusca, argentino che Amor ha impostato come mezzala libera di svariare, affidandogli compiti di costruzione. I suoi assist sono oro per il reparto offensivo, dove Bruce Djitè agisce da centravanti e “calamita” per la maggior parte dei palloni da finalizzare. Il ventinovenne di origine ivoriana possiede tecnica e fisico, ma soprattutto calcia con entrambi i piedi e quest'anno ha segnato tre gol di testa, fondamentale che in passato gli era mancato. Ai suo lati agiscono Pablo Sanchez e Sergio Cirio; entrambi spagnoli, come Isaias, sono cresciuti nella Masìa ai tempi in cui Amor ci lavorava, ed è lo stesso tecnico che li ha suggeriti alla società.

L’ossatura della squadra, come si diceva prima, è di provenienza latina e coinvolge tutti giocatori scelti in prima persona proprio dalla guida tecnica. La trasformazione è comunque completata, e Adelaide si appresta a diventare la mina vagante della fase finale di A-League, dove Brisbane e Melbourne Victory partono come favorite, assieme alla sorpresa Melbourne City del bomber uruguagio ex Samp Fornaroli.

«Venendo qui» - chiude Amor - «volevo dimostrare che con l'organizzazione si possono ottenere risultati pur non avendo campioni da far giocare. Anzi, semmai è proprio dall'organizzazione che possono nascere certi giocatori». Se è vero che il modello Barcellona è unico nel suo genere, la metodologia nel fare calcio può essere applicata a realtà più disparate. «Crediamo nel duro lavoro e nello spirito di sacrificio, come il nostro mister» dice a The Advertiser Sergio Cirio, bomber di una squadra che ormai pare in rampa di lancio. Amor ad oggi viaggia con la media del 48% di vittorie, primo posto in A-League davanti a santoni locali come Graham Arnold e Tony Popovic.

In futuro potrebbero arrivare in Australia altri allenatori spagnoli, per sfruttare un movimento in ascesa e un potenziale umano che, ad oggi, pare non avere limiti.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura