Il quarto di finale tra Manchester City e Paris Saint-Germain ha messo a confronto due squadre costruite secondo un progetto d’investimento molto simile, il cui obiettivo a lungo termine è senza dubbio quello della vittoria della Champions League. Dal momento del cambio di proprietà ad oggi, i denari dello sceicco Mansour e dell’emiro al-Thani hanno garantito diversi titoli nazionali ad entrambe le squadre, tra cui spiccano le due Premier conquistate dai Citizens e le quattro Ligue1 consecutive dei parigini, ma ben poche soddisfazioni in campo europeo. Dal 2012/2013 ad oggi il PSG è sempre stato eliminato ai quarti di Champions League, mentre il City li ha raggiunti per la prima volta proprio in questa stagione.
Pertanto chiunque fosse riuscito a passare il turno avrebbe raggiunto il miglior risultato a livello internazionale da quando le ricchezze del Golfo Arabo hanno iniziato a fluire nel calcio europeo. Il 2-2 in trasferta dell’andata favoriva il Manchester City, ma nell’ambiente del PSG c’era una discreta fiducia riguardo alle possibilità di qualificazione della squadra. Un senso di superiorità non di certo giustificato dalle numerose assenze con cui Laurent Blanc ha dovuto fare i conti.
Pellegrini, da parte sua, ha recuperato Touré, ma ha preferito mantenere l’equilibrio e non rischiarlo, affidandosi agli stessi uomini e allo stesso sistema di gioco dell’andata, il 4-2-3-1: Hart in porta; difesa a quattro con Sagna, Otamendi, Mangala e Clichy; Fernando e Fernandinho a far coppia a centrocampo; Navas, De Bruyne e Silva nel trio di trequartisti alle spalle dell’unica punta Agüero.
Senza Verratti, a suo dire non pronto prima di una settimana, e i due squalificati David Luiz e Matuidi, Blanc ha deciso di lasciare in panchina le alternative Stambouli e Pastore, abbandonando il tipico 4-3-3 in favore di un inedito 3-4-1-2. Davanti a Trapp, Aurier, Thiago Silva e Marquinhos hanno costituito la linea difensiva. A centrocampo van der Wiel e Maxwell hanno agito da fluidificanti rispettivamente a destra e a sinistra, mentre Rabiot e Motta hanno formato il duo di centrali. Di Maria ha galleggiato in un ruolo molto libero (a seconda dei suoi movimenti il modulo poteva diventare 3-5-2) dietro i due attaccanti Ibrahimović e Cavani.
L’esordio del 3-4-1-2
Più che la soluzione, il sistema di gioco schierato da Blanc ha rappresentato un ulteriore problema. Già all’andata il PSG aveva avuto problemi a creare occasioni, ma il 4-3-3 si era rivelato il modulo vincente nella contrapposizione tattica contro il 4-4-1-1/4-4-2 proposto dal Manchester City in fase difensiva. Con tre centrocampisti centrali contro i soli due del City, a cui si aggiungevano Cavani, Ibrahimović e Di Maria, spesso posizionati tra le linee, il PSG aveva creato un buon numero di situazioni di superiorità numerica e dominato le zone centrali del campo.
Con il 3-4-1-2 però, Blanc si è privato di un uomo a centrocampo, in favore di un difensore centrale in più. In linea di principio avere tre centrali contro il pressing blando di Agüero e De Bruyne poteva far sì che la superiorità numerica fosse semplicemente delocalizzata, ma di fatto, in quelle zone, il PSG non ha tratto vantaggio dall’uomo in più. Nessuno dei tre centrali, di cui uno era un terzino (Aurier), si è mostrato particolarmente a proprio agio in questo assetto durante la fase di costruzione, nonostante i francesi impostino abitualmente il gioco basso con tre uomini in seguito all’attuazione della salida lavolpiana da parte di Thiago Motta.
La difesa a tre del PSG è parsa abbastanza improvvisata ed era evidente come i giocatori in campo non avessero avuto la possibilità di acquisirne i meccanismi. Nell’immagine si nota bene la marcatura di De Bruyne su Motta, che avrebbe dovuto responsabilizzare i centrali in fase di impostazione e la compattezza orizzontale della linea a quattro di centrocampo del City che invitava gli ospiti a dirottare il gioco verso le corsie.
Anche quando gli si è presentata l’occasione, Thiago Silva non ha mai condotto il gioco palla al piede in zone più avanzate, preferendo smistare lateralmente sui due compagni. A loro volta Aurier e Marquinhos (più volte invertiti da Blanc) hanno evitato di giocare passaggi rischiosi verso i centrocampisti, e il francese in particolare pareva sotto pressione ogniqualvolta riceveva la palla. Il suo pensiero sembrava quello di liberarsene il prima possibile piuttosto che cercare l’opzione adatta a far progredire l’azione. Paradossalmente però, questo atteggiamento si è rivelato controproducente anche dal punto di vista della minimizzazione del rischio, considerato che molto spesso Aurier ha giocato passaggi frettolosi (sbagliandone circa il 20%) e involontariamente ha innescato i contrattacchi del City, come nel caso del rigore guadagnato ma poi fallito da Agüero.
Il passaggio sbagliato da Aurier spiana la strada all’azione del rigore del City.
PSG disconnesso
La marcatura di De Bruyne su Thiago Motta privava spesso i centrali dell’appoggio più logico e semplice a loro disposizione e il PSG del principale elemento in grado di verticalizzare il gioco. In questo scenario Ibrahimovic (ma non solo) ha iniziato ad abbassarsi con impazienza, creando un circolo vizioso: se da una parte lo svedese assumeva in prima persona l’onere di accelerare la manovra, dall’altra diminuiva il già esiguo numero di opzioni alle spalle del blocco avversario, visto che Di Maria in questo senso era tutto meno che uno stabile punto di riferimento.
Con Motta disturbato da De Bruyne, Ibra si abbassa in posizione di regista puro. Dal linguaggio del corpo, più che sollevati, i centrali sembrano rassegnati all’invadenza del compagno.
Con un PSG così disconnesso, tra l’altro invitato a giocare verso i terzini fluidificanti dal pressing a centrocampo del City, è stato Rabiot a prendersi qualche responsabilità in più rispetto ai compagni, cercando di avanzare la manovra in maniera meno convenzionale, ovvero tentando di penetrare le linee avversarie in dribbling (6 quelli positivi per il francese).
City accorto ed aggressivo
Pellegrini avrebbe passato il turno anche con uno 0-0 e aveva quindi preparato la partita di conseguenza, organizzando il City in un blocco medio. La maglie della linea di centrocampo degli “Sky Blues” si sono mantenute particolarmente strette, consentendo ai padroni di casa di presidiare al meglio il centro e rendendo molto efficiente il pressing, visto le brevi distanze tra i giocatori: in questo scenario tattico il Manchester City ha recuperato ben 22 palloni nella metà campo avversaria, contro gli 11 del Paris.
La linea difensiva era sempre fuori inquadratura, suggerendo la disponibilità di spazi tra le linee di cui il PSG non ha approfittato (ed evidenziando la scarsa intensità del contributo difensivo di De Bruyne e Agüero): ma l’aggressività e l’accortezza dei centrocampisti ha permesso al City di difendere il risultato con relativa facilità.
Jesús Navas aveva un particolare compito difensivo, in quanto nel sistema a zona con riferimento all’uomo adottato dall’ultima linea del City, era il centrocampista chiamato ad abbassarsi praticamente sulla linea difensiva quando il PSG portava cinque uomini in attacco.
Il PSG ha creato superiorità numerica sulla fascia sinistra e Navas si abbassa per supportare i difensori, visto che con Otamendi e Mangala su Ibra e Cavani, Di Maria e Maxwell godono di troppa libertà: se uno dei due ricevesse palla, Mangala sarebbe costretto ad abbandonare la marcatura sullo svedese, causando uno scompenso nella difesa dei Citizens. In contemporanea De Bruyne si abbassa mantenendo il centrocampo a 4.
Il ritorno al 4-3-3
Complice l’infortunio di Motta allo scadere del primo tempo, Blanc ha inserito Lucas passando al 4-3-3. Il brasiliano si è posizionato in attacco, mentre Di Maria è scalato a centrocampo accanto a Rabiot, con Marquinhos davanti alla difesa e Aurier e Thiago Silva rimasti a fare i centrali. Il cambio di modulo con il brasiliano da pivote adattato non ha aumentato la pericolosità offensiva dei francesi, tanto che ad un quarto d’ora dalla ripresa del gioco Blanc ha schierato anche Pastore, togliendo Aurier e restituendo Marquinhos al suo ruolo naturale. L’argentino si è prodigato in un ruolo da regista a tutto campo, ma gli spazi si sono ridotti sempre di più con il City che ha progressivamente abbassato il suo baricentro (il dato medio finale è stato di 50,3 m).
Con il PSG sempre più sbilanciato è stato il City a colpire con De Bruyne (il migliore della serata con 4 occasioni create) che ha prima ricamato liberando Navas al cross e poi si è proposto al tiro dopo che Fernando aveva recuperato il pallone vagante.
Nell’occasione rivedibile il posizionamento di Trapp, fin troppo lesto nell’allontanarsi dai pali: avanzando in quel modo si è precluso la possibilità di intervenire sul tiro con traiettoria a rientrare del trequartista belga.
Rosa troppo corta?
Il City festeggia l’accesso alla prima semifinale di Champions della sua storia, mentre Pellegrini, già con la valigia in mano, alza ulteriormente l’asticella per il suo successore Guardiola e dimostra per l’ennesima volta che il possesso fine a sé stesso non porta da nessuna parte: nonostante abbiano fatto registrare un possesso del 35,6%, i Citizens, pur con altrettanti problemi strutturali, hanno avuto un vantaggio territoriale del 62%.
Un esempio della “struttura” del City durante la partita.
Come suggeriscono anche gli expected goals della gara, il PSG non ha creato grossi pericoli al City, che anche avendo prodotto meno in termini di xG, ha creato più occasioni, 7 contro le 3 dei francesi.
https://twitter.com/MC_of_A/status/720011600636342272
Dal 2011 ad oggi il PSG ha investito più di 500 milioni di euro sul calciomercato, eppure nel momento cruciale della sua stagione, ha dimostrato di non aver allestito una rosa abbastanza ampia e ricca di alternative. Oltre a Motta, Verratti e Matuidi, a centrocampo Blanc può contare su Rabiot e su Stambouli, di cui evidentemente non si fida, visto che nella gara più importante dell’anno ha preferito sperimentare un modulo finora inedito, piuttosto che inserire l’ex Tottenham (e non lo ha mandato in campo nemmeno dopo l’infortunio di Motta). Sembra un paradosso visti i mezzi a disposizione, ma il PSG potrebbe aver pagato con l’eliminazione una costruzione della rosa un po’ troppo superficiale, oltre ad un piano gara davvero improvvisato.