Venerdì, poche ore dopo la notte di aggressioni vissuta da alcuni ultras del Maccabi Tel Aviv ad Amsterdam, le autorità israeliane hanno condannato l’accaduto rievocando alcune delle pagine più nere della storia europea. Il presidente di Israele, Isaac Herzog, su X ha scritto che “dopo il 7 ottobre speravamo di non vedere mai più le immagini e i video con cui ci siamo svegliati stamattina: le immagini di un pogrom antisemita”.
Il termine "pogrom" è stato utilizzato anche dall’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon, che su X ha pubblicato la testimonianza video di una delle aggressioni subite dai tifosi del Maccabi. “Queste sono le facce di chi supporta il terrorismo radicale che stiamo combattendo”, ha scritto nella caption sopra al video. «Sono sconvolta dalle aggressioni di stanotte ad Amsterdam, che ricordano terribilmente un classico pogrom», ha dichiarato l'Inviata Speciale degli Stati Uniti per il Monitoraggio e la Lotta all’Antisemitismo, Deborah Lipstadt. «Per una terribile ironia della storia, sta succedendo due giorni prima dell’anniversario della “notte dei cristalli” nel 1938, quando i pogrom contro gli ebrei supportati o condotti dai nazisti avvennero per tutta la Germania».
L’idea che quelli di Amsterdam non siano casi isolati ma il frutto di un sentimento di ostilità generalizzata in tutto il continente, sovrapponibile a quella che attraversò l’Europa prima della Seconda Guerra Mondiale, è stata ribadita nelle ore successive dal governo israeliano, che attraverso il Consiglio di Sicurezza Nazionale ha consigliato ai suoi cittadini di “evitare completamente gli eventi culturali e sportivi in cui partecipano degli israeliani per tutta la prossima settimana”.
Tra questi c’è anche la partita tra Francia e Israele di Nations League che si terrà giovedì a Parigi, per cui sugli spalti sarà presente anche il presidente francese Emmanuel Macron. Nello stesso comunicato, il Consiglio di Sicurezza Nazionale consiglia a chi viaggia in Europa di informarsi sui possibili rischi delle proprie destinazioni, in particolare quelle “dove vive una grande popolazione migrante dai Paesi che si oppongono allo stato di Israele”.
Gli eventi sono stati già raccontati e commentati molto per tutto il weekend, anche qui su Ultimo Uomo, dove nella nostra consueta rubrica dedicata alle coppe del giovedì abbiamo provato a dare un resoconto dei fatti per quello che si sapeva. A quello che è stato scritto lì, vorrei aggiungere una serie di informazioni e dettagli usciti nel weekend sulla stampa olandese e israeliana, che mi sembrano utili per contestualizzare ulteriormente ciò che è successo.
Dalla ricostruzione degli eventi fatta dall’emittente nazionale olandese NOS, per esempio, si viene a sapere che sia la sindaca di Amsterdam, Femke Halsema, sia il coordinatore nazionale per l’anti-terrorismo e la sicurezza dell’Olanda, avevano concluso che né la tifoseria organizzata del Maccabi Tel Aviv né la partita di Europa League contro l’Ajax potevano essere considerati una minaccia alla sicurezza della città. E che, contemporaneamente, le stesse autorità avevano vietato una manifestazione a sostegno della causa palestinese che si sarebbe dovuta tenere proprio al di fuori dello stadio, spostandola un chilometro più lontano.
Sappiamo che questa valutazione è stata clamorosamente smentita già mercoledì, quando erano già stati registrati diversi incidenti tra gli ultras del Maccabi e i tassisti di Amsterdam, molti di origine araba, e tra gli ultras del Maccabi e quelli di Ajax e Fenerbahce, che erano in Olanda per la partita di Europa League contro l'AZ Alkmaar. Gli ultras della squadra israeliana, com’è stato già raccontato, hanno tirato giù dai palazzi alcune bandiere palestinesi, e a una hanno dato fuoco a Piazza Dam, la piazza principale della capitale olandese, oltre a vandalizzare uno dei taxi.
Per provare a vendicarsi, alcuni tassisti si erano già organizzati online per aggredire i tifosi israeliani, ma la polizia mercoledì era riuscita a evitare le conseguenze peggiori. Come sappiamo, però, il peggio è arrivato la sera successiva, dopo una giornata in cui alcuni ultras del Maccabi avevano sfilato per la città cantando cori razzisti nei confronti dei palestinesi.
Dopo la partita sono iniziate le aggressioni. Alcuni gruppi isolati di persone (non è ancora chiaro se tifosi di altre squadre o meno) si sono lanciati quindi contro i tifosi del Maccabi, a volte gridando “Free Palestine” o “Fuck Israel”, altre volte costringendo chi veniva aggredito a mostrare il passaporto per controllare che fosse davvero israeliano. La stessa NOS racconta di un caso in cui gli assalitori hanno sparato dei fuochi d’artificio contro i tifosi del Maccabi urlandogli: «Adesso sapete cosa si prova», in riferimento ai pesanti bombardamenti condotti dall’esercito israeliano sulla striscia di Gaza.
Al di là dei dettagli più grotteschi, parliamo comunque di eventi meno vasti di quello che si pensava all'inizio. Secondo NOS, gli scontri hanno costretto cinque tifosi del Maccabi alle cure ospedaliere - numeri molto lontani dal clima da guerra che si respirava proprio giovedì notte, quando si parlava addirittura di rapimenti e il governo di Israele aveva pensato di mandare in Olanda degli aerei dell’esercito con dei medici a bordo, per prelevare e curare chi era stato aggredito.
Proprio la reazione dello stato di Israele e il modo in cui sta cercando di raccontare questi eventi, inserendoli cioè in una cornice che dia ad essi un senso, mi sembra il dato politico più significativo uscito fuori questo weekend. Non lo dico per negare a priori la possibilità che gli aggressori dei tifosi del Maccabi siano stati spinti anche da un odio antisemita che va oltre la tensione del momento e la rabbia per le provocazioni, con tutta la gravità che ne consegue, ma perché la reazione di Israele tira in ballo direttamente la responsabilità delle società europee, di cui alla fine facciamo parte anche noi come cittadini. Insomma, è un discorso che ci riguarda di più degli eventi in sé, che non sono troppo lontani dai frequenti casi di razzismo e violenza ultras in giro per l’Europa in occasione delle partite di Europa e Conference League.
È significativo in questo senso ciò che è avvenuto venerdì, quando il re olandese Willem-Alexander ha chiamato il presidente di Israele Herzog per esprimere la propria solidarietà per quanto avvenuto. Secondo il comunicato scritto dalla presidenza israeliana, il re olandese durante questa chiamata avrebbe fatto un paragone diretto tra quanto avvenuto giovedì notte e la persecuzione degli ebrei avvenuta in Olanda durante la Seconda Guerra Mondiale, ma questo paragone nel comunicato scritto dall’ufficio stampa della Casa Reale olandese non compare e si può leggere semplicemente che “gli ebrei devono potersi sentire sicuri nei Paesi Bassi, ovunque e in qualsiasi momento”.
Non è certo la prima volta che lo stato di Israele cerca di utilizzare il grande trauma ebraico dell’Olocausto per contestualizzare il presente. In un articolo comparso sul Guardian poche settimane fa, per esempio, la scrittrice Naomi Klein ha raccontato di come l’abbia fatto anche per le commemorazioni del primo anniversario del 7 ottobre, talmente esplicite e agghiaccianti che in alcuni casi sono state boicottate dalle stesse famiglie delle vittime. “È una storia in cui l’identità nazionale di Israele si fonde per sempre con il terrore del 7 ottobre, un evento che, nella narrazione di Netanyahu, s’intreccia con l’Olocausto nazista e con la battaglia per la salvezza della civiltà occidentale”, scrive Klein, che accusa Israele di usare “il suo trauma come un’arma di guerra”.
Il fatto che Israele voglia far uso di questa retorica è già di per sé impressionante, ma lo è ancora di più quando lo fa, come venerdì scorso, contro Paesi come l’Olanda, che ha radici ebraiche antichissime e che sopravvivono ancora oggi nel calcio. Come aveva già ricordato Emanuele Atturo venerdì, lo stesso Ajax contro cui il Maccabi ha giocato in Europa League, ha una lunga tradizione ebraica (che è stata raccontata in profondità anche dall’Atlantic). I tifosi dell’Ajax si fanno chiamare “super ebrei” e spesso sventolano bandiere dello stato di Israele, e all'inizio di novembre del 2023 era scoppiata una rissa in curva proprio perché un piccolo gruppo voleva esibire delle bandiere della Palestina.
Giovedì, prima della partita, NOS aveva ricordato come le ultime immagini in vita di Johann Cruyff siano state girate in Israele, dove suo figlio Jordi si era trasferito proprio per allenare il Maccabi Tel Aviv, convinto dal proprietario canadese Mitchell Goldhar, ebreo e grande appassionato di calcio olandese. «L’Ajax è una delle squadre che il Maccabi vorrebbe emulare, anche per via del suo background ebraico», ha dichiarato Patrick van Leeuwen, ex allenatore olandese del Maccabi. «Il Maccabi e l’Ajax mantengono una relazione amichevole per via di questo background. E allo stesso modo fanno tifosi, che nei precedenti tra le due squadre si sono seduti gli uni accanto agli altri nel settore ospiti».
L’utilizzo violento dell’Olocausto per contestualizzare il presente non solo è discutibile da un punto di vista puramente teorico ma produce anche effetti paradossali. La coincidenza tra le aggressioni di Amsterdam agli ultras del Maccabi e l’anniversario della “notte dei cristalli”, urlata anche da parte della politica e della stampa italiana, per esempio ha messo in ombra le commemorazioni per la vera “notte dei cristalli”. Nessuno, per dire, ha parlato di quella che si è tenuta giovedì, poche ore prima della partita tra Ajax e Maccabi Tel Aviv, alla sinagoga portoghese di Amsterdam, in cui era presente anche un sopravvissuto all’Olocausto e il Ministro della Giustizia olandese, Van Weel.
All’evento si sono presentate circa 700 persone e il presidente della principale comunità ebraica del Paese, la Central Jewish Consultation, si è meravigliato della partecipazione all’evento. «Ci sono molte più persone rispetto agli anni precedenti al 7 ottobre», ha detto. «Molte hanno iniziato a venire perché vogliono mostrarsi vicine alla comunità ebraica».
La realtà contro cui si muove l’aggressività del governo israeliano è, insomma, molto diversa da quella che si vorrebbe dipingere accostandole l’Olocausto, e facendo leva sul senso di colpa dei governi europei finisce per cancellare dal discorso politico le persone che ne sono più coinvolte. Non mi riferisco solo alla nicchia sempre più piccola di europei che si interessano alla questione palestinese, ma soprattutto alla larga fetta di popolazione di origine araba per cui a volte quella palestinese è anche un affare di famiglia, in cui cioè sono coinvolti direttamente cugini o zii, o anche solo amici lontani.
È soprattutto su questo segmento - che in Olanda rappresenta circa il 5% della popolazione - che per esempio peserà la decisione delle autorità olandesi, a seguito degli scontri di giovedì notte, di vietare tutte le manifestazioni per un’intera settimana (decisione che ha già portato all’arresto di oltre 50 persone ieri ad Amsterdam per una manifestazione non autorizzata a sostegno della causa palestinese). Come ha riportato il Post, Amsterdam è una delle capitali europee con la più alta percentuale di persone di religione musulmana (circa il 15% della popolazione) e da quando Israele ha invaso la Striscia di Gaza ci sono state circa 2.700 manifestazioni a sostegno della causa palestinese.
Lo stesso si può dire della decisione della Francia di vietare le bandiere palestinesi dentro lo Stade de France per la partita che si giocherà giovedì contro Israele, che la popolazione di origine araba utilizza anche per contestare i propri governi d'origine. Per queste persone, originariamente fuggite da governi autoritari inefficienti nati dai disastri del colonialismo europeo e oggi olandesi e francesi a tutti gli effetti, la vita dopo giovedì è già diventata un po' più difficile, e probabilmente lo diventerà ancora di più nel prossimo futuro.
Lo storico politico di estrema destra olandese, Geert Wilders, oggi nella coalizione di governo, ha chiesto per esempio che gli aggressori di giovedì vengano espulsi dal Paese e in un tweet su X ha collegato esplicitamente ciò che è successo “all’attuale immigrazione di massa e all’islamizzazione” dell’Olanda, che ha definito la “Gaza d'Europa”. Se questa definizione vi farà venire una vertigine pensando a quello che è successo nella striscia di Gaza negli ultimi mesi, pensate a chi è stato appena paragonato a un terrorista per la sola ragione di provenire dal posto sbagliato.