Ringraziamo Opta per i dati statistici usati in questa analisi.
Uno dei cavalli di battaglia di Massimiliano Allegri, nel corso della sua lunga esperienza sulla panchina della Juventus, è stato il mantra della “matrioska”: si giocano diverse partite all’interno della stessa, e dunque l’abilità complessiva di una squadra si misura anche dal modo in cui sa adattarsi ai diversi momenti, attraverso la gestione dei ritmi e delle scelte, più o meno offensive, se non addirittura dalla capacità di prevedere le tendenze tattiche, tecniche e fisiche.
La Juventus di Allegri in questi anni ha sublimato questo concetto attraverso rimonte insperate, basate su una tenuta mentale fuori dal comune, ma anche attraverso una gestione dei momenti che è stata spesso cruciale in una competizione che si gioca sui dettagli come la Champions League. Un altro esempio di questa concezione del calcio di Allegri è la gestione dei cambi: giocatori che normalmente sarebbero partiti dal primo minuto vengono tenuti freschi per gli ultimi 30 minuti.
Sembra dunque uno strano scherzo del destino, o per i più maliziosi forse una punizione del karma, che l’eliminazione della Juventus più forte del ciclo Agnelli sia arrivata proprio nella partita in cui è venuta a mancare proprio la capacità di gestire i cambiamenti interni alla partita. L’Ajax era una squadra meno esperta ma si è rivelata paradossalmente più smaliziata, e nella partita di ritorno ha fatto perdere il controllo alla Juve dopo i primi 45 minuti.
Rispetto alla gara di andata, Emre Can ha preso il posto di Bentancur come mezzala di destra, De Sciglio quello di Cancelo e Dybala quello dell’infortunato Mandzukic. Bonucci e Rugani si sono invertiti le zone di competenza, con il più giovane spostato sul centro-sinistra della difesa per lasciare a Bonucci la possibilità di impostare dal suo lato naturale - nella gara d’andata la posizione dei due era stato un fattore negativo. L’Ajax invece ha confermato interamente il blocco titolare, sostituendo lo squalificato Tagliafico con il rientrante Mazraoui sulla sinistra e inserendo ancora una volta Veltman sulla destra.
Il primo tempo in mano alla Juve
Fin dai primi minuti la Juventus ha subito assunto un atteggiamento abbastanza aggressivo: per molti aspetti sembrava la squadra proattiva e ambiziosa della partita di ritorno contro l’Atletico, con un’enfasi nel pressing nella metà campo avversaria capace di soffocare le possibili ripartenze dell’Ajax. Anche in questo caso, come nel ritorno dei quarti di finale, è stata centrale la prestazione di Emre Can: con il suo dinamismo, in moto perpetuo, ha consentito a Pjanic di sganciarsi in avanti già dalle prime fasi della manovra, successivamente è stato anche efficace quando ha insistito nelle pressioni individuali sulla trequarti, coprendo larghi tratti di campo con grande intensità.
Sulla stessa catena di destra, De Sciglio e Bernardeschi hanno faticato di più, con qualche imperfezione di troppo col pallone tra i piedi ma anche senza. Il gol del pareggio dell’Ajax, ad esempio, segnato da Van de Beek, è arrivato poi a causa di un fuorigioco saltato proprio per il disallineamento di entrambi, con Bernardeschi che era anche in ritardo nella risalita.
Come si vede dal passmatrix dei primi 51 minuti, la Juve ha sfruttato principalmente la catena di sinistra per sviluppare il possesso.
Questo uso più prudente della fascia destra ha portato la Juventus a spingere sulla sinistra, sfruttando la densità data da Alex Sandro, Matuidi, Ronaldo e talvolta Dybala, abile come al solito nel connettere il gioco a tutto campo. L’argentino ha giocato un primo tempo di grande applicazione, abbassandosi sotto la linea del pallone in fase di non possesso per poter controllare de Jong - con un’attenzione difensiva degna di un mediano - e costringerlo a ricezioni più defilate. Oltre a questo, Dybala ha eseguito anche ripiegamenti profondi preziosi per raddoppiare sulle catene laterali.
Va sottolineata la strategia difensiva della Juventus perché nella prima fase di partita l’intensità dei bianconeri ha messo in difficoltà l’Ajax, che faticava a risalire il campo, finendo spesso per rinviare lungo dal portiere Onana e senza riuscire a consolidare il possesso. Il portiere camerunense, forse turbato da un errore su pressione di Emre Can a inizio partita, non è stato precisissimo, e spesso ha rinviato lateralmente per rischiare il meno possibile. Le poche volte che l’Ajax ha cercato di risalire il campo attraverso i movimenti incontro di Tadic, Rugani è stato bravo a rompere la linea e seguirlo in maniera aggressiva, anche a costo di fare fallo.
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Il contesto, cioè, era ideale, e permetteva alla Juventus di controllare i novanta minuti di una partita in cui, oltretutto, non era lei la squadra a dover fare qualcosa “in più” - ma, come detto, i 90 minuti di una partita non sono tutti uguali.
Anche sulle fasce il sistema di marcature della Juventus ha inizialmente funzionato, con Neres e Ziyech che sono stati costretti a scambiarsi più volte di posizione per provare a far perdere i riferimenti ai bianconeri. La fase difensiva della Juventus era aiutata anche dai ripiegamenti profondi di Bernardeschi e Dybala, ma anche Alex Sandro è stato solidissimo, chiudendo la partita con 4 palloni recuperati e 4 contrasti vinti, senza perdere lucidità sulle proiezioni offensive, in cui era spesso chiamato a controllare cambi campo o lanci lunghi dall’alto coefficiente di difficoltà - Sandro è stato anche il giocatore con più palloni toccati della partita (90; seguito da Pjanic con 76 e Veltman con 75).
Anche l’infortunio di Mazraoui, terzino sinistro dell’Ajax che ha sostituito lo squalificato Tagliafico, arrivato nel primo tempo, ha complicato il gioco col pallone dell’Ajax. Al suo posto è entrato Sinkgraven, tornato a dicembre dopo un anno e mezzo di stop e mai impiegato dal primo minuto, e con due terzini poco propositivi a dare ampiezza il possesso degli olandesi ha faticato.
Eppure, nonostante il contesto favorevole, la Juventus non ha creato occasioni pulite, e il suo approccio ha portato benefici soprattutto dal punto di vista difensivo. Ma neanche l’Ajax, che ha avuto una superiorità nel possesso palla (53,2% nel primo tempo) è riuscito a ricavare grandi occasioni.
I primi due gol della partita sono arrivati in situazioni abbastanza fortuite: quello di Ronaldo (1-0) grazie a una spinta casuale di De Ligt su Veltman, che impedisce al compagno quantomeno di disturbare la conclusione al portoghese; mentre quello di Van de Beek (1-1) che pareggia momentaneamente il conto tra andata e ritorno è dovuto, oltre alla errata lettura del fuorigioco di cui sopra, a un tiro poco pretenzioso di Ziyech, finito proprio sui piedi del numero 6.
Il primo tempo si è chiuso con la nota dolente dell’infortunio di Dybala, preziosissimo fino a quel momento per compattare la squadra in entrambe le fasi, anche se poco attivo col pallone tra i piedi, soprattutto nell’ultima porzione di campo, dove ci aspetta sempre che dia qualcosa in più.
La ripresa eccezionale dell’Ajax
Tocca a Kean, in grande stato di forma, rimpiazzare Dybala, e inevitabilmente la natura della Juventus cambia: con i movimenti a cercare la profondità del nuovo centravanti la squadra si allunga di più.
Contestualmente, il palleggio dell’Ajax inizia pian piano a respirare - la precisione nei passaggi passa dal 72,3% del primo tempo a 76,1% nel secondo - e il pressing sistematico dei bianconeri perde mordente, si disunisce. Emre Can continua a fare il “cannibale” con le sue uscite in tutte le direzioni, ma la sensazione è che sia rimasto l’unico sintonizzato sulle frequenze del primo tempo. I compagni di reparto, Pjanic e Matuidi, iniziano a venire sopraffatti dai ritmi, specie con la palla.
Se non sorprende che Matuidi vada in difficoltà quando c’è poco tempo, è emblematico invece vedere il bosniaco sbagliare un passaggio orizzontale al cinquantunesimo, generando una ripartenza sventata poi solo da una prodigiosa parata di Szczesny (anche questa sera tra i migliori). Nel secondo tempo aumenta anche la convinzione dell’Ajax nel pressing (che a fine partita recupererà 65 palloni, contro i 58 della Juve) e se non si può parlare di un cambio radicale di contesto di sicuro il momento della partita non è lo stesso della prima frazione di gara.
Pjanic, sotto pressione, tenta un cambio di lato sulla fascia per aggirare la densità dell’Ajax, ma il lancio è mal calibrato e viene intercettato da Neres, che darà il via a una ripartenza pericolosa, sventata dalla super parata di Szczesny. Emergono i limiti della Juventus nell’assorbimento del pressing, sia relativamente alle scelte del portatore, sia per i movimenti a supporto dei compagni.
L’Ajax ha ritrovato la fiducia e la lucidità della gara di andata, mentre la Juventus ha abbassato il proprio raggio di azione, trovandosi schiacciata sulla propria metà campo per gran parte del secondo tempo. Così, la partita è scivolata nel contesto ideale per l’esplosione delle qualità della squadra di Ten Hag: riducendo le distanze tra i suoi giocatori offensivi, finalmente l’Ajax può sfruttare la loro capacità di associarsi: una volta abbassato il blocco difensivo della Juventus, hanno mosso da un lato all’altro con grande velocità e tantissimi tocchi corti e rapidi, per poi infilarlo in profondità.
L’Ajax ha ritrovato anche efficacia sulle transizioni positive, mettendo in crisi le certezze juventine nella propria circolazione bassa, grazie al solito pressing asfissiante. Gli scambi di prima dei giocatori ajacidi, oltre ad essere un piacere per gli occhi degli spettatori, sembravano avere anche un effetto propulsore sulla qualità delle giocate e delle azioni, autoalimentando il livello di confidenza generale.
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Col passare dei minuti, per la Juventus diventa sempre più difficile limitare l’accesso alla propria trequarti, e la difesa è chiamata a un lavoro asfissiante di copertura orizzontale e verticale, spesso bypassata proprio dalla fludità del gioco degli olandesi.
Dopo qualche azione sventata grazie a delle letture individuali di Emre Can e Matuidi, oltre ad una seconda bella parata di Szczesny, Allegri decide di correre ai ripari modificando l’assetto della squadra, inserendo Cancelo e passando al 5-3-2, con Emre Can di fianco a Bonucci e Rugani. Nelle intenzioni del tecnico la Juventus dovrebbe coprire meglio l’ampiezza e cercare di controllare con più tranquillità gli spazi intermedi, per poi liberare Sandro e Cancelo in maniera simile a quanto visto con l’Atletico.
Ma la confusione ha regnato sovrana per qualche minuto e gli stessi giocatori non sembravano aver recepito le nuove indicazioni, finendo per adottare un sistema ibrido che lascia ulteriormente tempo e spazio, ai giocatori dell’Ajax, di convincersi che l’impresa sia possibile.
Il vantaggio di de Ligt su corner è arrivato come il coronamento più naturale a un periodo prolungato di predominio della squadra di ten Hag, e l’accennata reazione di orgoglio della Juventus non è stata sufficiente a creare pericoli concreti. Anzi, l’Ajax ha continuato a controllare il gioco fino all’ultimo istante e solo Szcezsny, particolarmente reattivo, e forse una mancanza di cinismo da parte degli ospiti negli ultimi metri, hanno consentito alla Juve di uscire dalla partita con un risultato meno pesante.
L’impressionante progressione della produzione offensiva dell’Ajax.
Contro l’Ajax, tra andata e ritorno, sono emerse tutte le difficoltà strutturali della Juventus di Allegri, in particolare i problemi nell’uscire dal pressing avversario. A conti fatti, su 180 minuti, la Juventus è riuscita a dare l’idea di essere in totale controllo solo per la prima metà della gara di ritorno. Senza giocatori offensivi in grado di cambiare “passo” a metà partita (senza Douglas Costa, cioè), Allegri ha scelto di sacrificare Cancelo dal primo minuto per poterlo utilizzare più avanti, magari riflettendo anche sull’eventualità supplementari.
Tuttavia, la Juventus non è riuscita a capitalizzare la prima parte di gare aggressiva e intensa, ad eccezione del gol su calcio piazzato. A posteriori possiamo riflettere su quanto sarebbe stato prezioso il lavoro di cucitura e rifinitura che il portoghese sa fare, nonostante il suo ingresso non sia stato particolarmente incisivo (oltre a un bel cross per Kean). De Sciglio ha giocato una buona partita difensiva, ma come prevedibile è stato meno presente in fase propositiva, su una fascia che oltretutto per l’Ajax era stata amputata delle proiezioni offensive di Mazraoui, con un Sinkgraven mai realmente messo in difficoltà.
A questo punto della competizione è chiaro come il sole che l’Ajax è - e sarà - un cliente scomodo per chiunque: arrivare in semifinale senza aver mai perso una trasferta, in un torneo in cui si è affrontato Bayern Monaco, Real Madrid e Juventus è il giusto premio per una squadra dalla forte identità tattica e dotata di una personalità sorprendente nell’imporla. La squadra di Ten Hag ha rimontato la Juventus avvelenandola con il suo stesso veleno: resistendo strenuamente all’impatto aggressivo iniziale e attendendo il momento propizio per venire fuori, col gioco, sfruttando le migliori doti a disposizione.
Il gioco posizionale dell’Ajax, fatto di rotazioni e riaggressioni da manuale, è la confezione perfetta per i cioccolatini tecnici a disposizione, che sembrano nati per questo tipo di filosofia (sicuramente alcuni sono stati scelti per questo, almeno Neres, Ziyech e Tadic, tutti pagati poco più di una decina di milioni quando il loro talento non era più un segreto per nessuno), e riescono a portarla a livelli interpretativi offensivi toccati da pochissime altre squadre negli ultimi anni.
Insomma, Allegri ha perso la gara sul suo terreno preferito, la gestione dei momenti, e con le sostituzioni non è riuscito a raddrizzare la situazione. Forse è simbolico che una sconfitta del genere sia arrivata contro una squadra che rappresenta, ideologicamente, l’antitesi di molte posizioni a tema tattico prese dallo stesso allenatore della Juventus nel corso degli ultimi anni, proprio quando ha potuto contare su una rosa più competitiva che mai e su Cristiano Ronaldo (che ha trovato comunque il modo di segnare due gol tra andata e ritorno, timbrando il cartellino) che non giocherà la semifinale di Champions League per la prima volta negli ultimi 9 anni.
Con il campionato in chiusura e di fatto già vinto è arrivato il momento di riflessioni in casa Juventus, per programmare il futuro e correggere quelle piccole grandi imperfezioni emerse quest’anno. Soprattutto se, come garantito dallo stesso Allegri, non è previsto un cambio in panchina. Dall’altra parte, dobbiamo ormai inserire l’Ajax tra i favoriti per la vittoria finale. Nessuno poteva prevederlo, e il bello della Champions League è proprio questo.