Dopo non essere mai riuscita a vincere un solo scontro diretto con le prime sei del campionato per tutta la stagione, e dopo essere arrivata al momento decisivo in un momento di netto calo di forma, prima della partita con l’Ajax della Roma di Fonseca si parlava già al passato: il fallimento della stagione era stata responsabilità dell’allenatore o della rosa? Una dicotomia cristallizzata nell’immaginario collettivo dalle voci uscite dopo lo scialbo pareggio a Sassuolo, che volevano una squadra ormai ai ferri corti con l’allenatore. Reali o inventate che siano (nel post-partita Fonseca le ha definite “bugie”) non conta, rappresentano perfettamente la spaccatura che sta attraversando la città nelle ultime settimane. In ogni caso, incurante del dibattito, la realtà è andata avanti. La Roma si è presentata ad Amsterdam, l’allenatore ha preparato un piano gara e i giocatori hanno cercato di applicarlo in campo al meglio che potevano.
La prima notizia è che Fonseca non ha abbandonato i propri principi nemmeno davanti a una delle squadre con il gioco più propositivo e moderno in Europa. L’Ajax sta dominando l’Eredivisie (al momento ha 11 punti di vantaggio su PSV e AZ, seconde a pari merito) e agli ottavi di finale ha superato piuttosto facilmente il Lille, che sta avendo una grandissima stagione in Francia (è primo in Ligue 1 e pochi giorni fa ha battuto in campionato il PSG). Lo ha fatto seguendo i principi ormai codificati di ten Hag, che, seppur con una rosa meno competitiva rispetto a quella che arrivò in semifinale di Champions League un paio d’anni fa, cercano e spesso riescono a dominare l’avversario attraverso il controllo del possesso, una grande densità in zona palla e una fluidità posizionale continua sulla trequarti.
Nonostante tutto questo, la Roma ha difeso come sa: con un 5-4-1 molto stretto sia orizzontalmente che verticalmente, e che, nonostante non cerchi di pressare in avanti il possesso avversario ma si mantenga sulle sue posizioni anche a palla scoperta, rimane piuttosto alto sul campo. È un modo ambizioso di difendere e di conseguenza anche rischioso: l’obiettivo è quello di coprire sia lo spazio tra le linee che di togliere la profondità all’avversario con la linea molto alta del fuorigioco, ma se i difensori non mantengono la concentrazione al massimo per tutta la partita - tra scalate verticali e orizzontali, marcature a uomo e a zona - può diventare molto fragile.
Un esempio dai primi minuti di gioco: l'Ajax gira palla da sinistra a destra e la difesa della Roma rimane al limite del cerchio di centrocampo. Quando la palla arriva al terzino avversario, Ibañez pensa di andare in anticipo su Antony, che però scappa in profondità. Il trequartista brasiliano riuscirà a eludere il suo ritorno e a servire al limite dell'area Gravenberch, che tirerà centralmente.
La seconda notizia è che questo piano difensivo almeno al primo tempo ha funzionato piuttosto bene. L’Ajax in fase di attacco posizionale non è quasi mai riuscita a creare pericoli, se si esclude un’occasione in cui la fluidità offensiva della squadra olandese è riuscita per un attimo ad avere la meglio. L’Ajax ha fatto viaggiare la palla da sinistra a destra, raggiungendo il terzino Rensch. A quel punto Tadic è uscito sull’esterno, portando fuori posizione Ibañez, mentre lo spazio alle sue spalle veniva occupato da Antony, e Klaassen (nominalmente una mezzala) occupava l’area tenendo occupato Mancini.
A quel punto si è attivato il triangolo: Rensch ha scaricato esternamente su Tadic e si è buttato in profondità, tirando fuori per un attimo Ibañez. Il trequartista serbo ha servito Antony prima di buttarsi nello spazio liberato proprio dal centrale brasiliano, che è uscito questa volta in avanti, venendo servito con una grande palla dal compagno. Tadic non inquadrerà la porta, ma l’Ajax è riuscita ad arrivare in porta con quei meccanismi con cui manderà in tilt la difesa della Roma nel secondo tempo.
[gallery columns="4" ids="67859,67860"]
Per paradosso, la Roma ha subito gol in una delle poche volte che ha provato a difendere in avanti, pressando in alto la prima costruzione dell’Ajax. Ovviamente è stato decisivo l’errore condiviso tra Diawara e Mancini sul retropassaggio che servirà a Klaassen la palla dell’1-0, ma tutto nasce da un tentativo di pressione alta della squadra di Fonseca elusa dagli avversari. È stato un caso esemplificativo delle difficoltà della Roma contro le grandi quest’anno. La squadra di Fonseca è riuscita a indirizzare il possesso verso la linea del fallo laterale, costringendo Rensch a un difficile rilancio al volo verso Tadic. La difesa giallorossa è scalata in avanti, ma Cristante non è riuscito ad anticipare il trequartista serbo, che con un’incredibile qualità nella protezione del pallone spalle alla porta è riuscito a servire Klaassen. L’Ajax, però, ha attaccato in inferiorità numerica e la Roma ha facilmente recuperato la situazione. Se non fosse stato per la clamorosa incomprensione tra Diawara e Mancini, di quest’azione sarebbe rimasta solo la buona esecuzione del pressing da parte della squadra di Fonseca e il tentativo di quella di ten Hag di eluderlo.
La Roma nel primo tempo ha dimostrato di aver preparato bene la partita anche offensivamente. Nonostante facesse molta fatica a uscire dal pressing avversario, complice anche una quantità infinita di errori tecnici da parte di Pau Lopez in fase di costruzione dal basso, la squadra di Fonseca ha dimostrato di sapere come fare male all’avversario. I giallorossi avevano in sostanza due armi: la prima erano le transizioni a partire dalle seconde palle distribuite da Dzeko, che ha dominato fisicamente per tutta la partita i due centrali avversari. Soprattutto Veretout e Pedro agivano da pesci pilota con la prima punta bosniaca, recuperando i suoi colpi di testa e cercando di aprire il gioco verso Bruno Peres, che veniva lasciato piuttosto libero da Neres e Tagliafico.
La seconda era l’attacco dell’ampiezza a sinistra con Spinazzola. Una delle debolezze strutturali dell’Ajax è rappresentata dai ruoli molto offensivi assegnati ai terzini, che devono alzarsi nei mezzi spazi sia in fase di possesso sia in quella difensiva, che sia per ricevere palla o per pressare in avanti il possesso avversario. In fase di non possesso, per esempio, a destra Rensch si alzava spesso addirittura su Veretout, lasciando un corridoio gigantesco alle sue spalle, che un giocatore dinamico come Spinazzola non poteva non sfruttare.
Purtroppo per la Roma, a metà primo tempo Spinazzola è stato costretto da un infortunio a lasciare il campo, lasciando il posto a Calafiori, molto più conservativo e inesperto. Da quel momento, la Roma ha avuto solo il petto e la testa di Dzeko come risorsa offensiva e la sua partita è diventata di pura sofferenza.
Senza più lo sbocco in ampiezza garantito dagli esterni, la squadra di Fonseca è stata costretta a scontrarsi con i suoi enormi limiti in fase di costruzione dal basso quando è costretta a passare dal centro. Sull’azione che ha portato al rigore per l’Ajax la squadra di Fonseca è riuscita a favorire i meccanismi di pressing degli avversari: su una rimessa dal fondo giocata dal basso Ibañez ha mal calibrato un primo retropassaggio verso Pau Lopez che, sulla linea di fondo, a quel punto non poteva che restituirgli la palla. Il centrale brasiliano si è così ridotto praticamente da solo a giocare il pallone a pochi metri dalla bandierina dell’angolo, con l’Ajax ben felice di chiuderlo in quell’angolo. Sfavorito anche dal fatto di essere un destro di piede che gioca a sinistra, e quindi non potendo trovare facilmente linee di passaggio centrali verso Cristante, Ibañez si è allungato il pallone verso la linea del fallo laterale e ha poi cercato di servire Pedro con l’esterno, proprio nel momento in cui quest’ultimo si stava staccando dalla posizione. Per Tadic è stato fin troppo facile recuperare palla, aspettare l’avversario e sfruttare la propria incredibile qualità nel nascondere la palla con il corpo per farsi fare fallo dentro l’area.
Proprio nel momento in cui la qualificazione sembrava compromessa, tra il piano tecnico e quello tattico della gara ha fatto irruzione senza preavviso quello mentale, che in questa stagione mai si era inclinato dalla parte della Roma nelle grandi partite. Pau Lopez ha intuito il rigore centrale di Tadic e a quel punto si è rivelato decisivo per le sorti della Roma, riuscendo a non fare entrare il pallone in porta nonostante l’Ajax solo nel secondo tempo abbia creato 2.1 Expected Goals.
L’andamento della partita è stato del tutto paradossale ed è difficile descrivere cosa sia successo con un’analisi che dovrebbe ricondurre il risultato logicamente a delle cause in campo: l’Ajax ha segnato nel momento in cui il suo gioco offensivo è stato meno brillante e la Roma ha difeso meglio, e ha subito la rimonta quando invece i principi di ten Hag sono sembrati al loro apice nell’applicazione tecnica in campo. Ancor più paradossale è il fatto che il pareggio della Roma sia nato da un altro tentativo di pressing alto, ma eseguito collettivamente in maniera meno precisa rispetto a quello che nel primo tempo aveva portato al vantaggio dell’Ajax. I giallorossi erano infatti saliti a uomo sul possesso avversario, forse caricati dal rigore parato da Pau Lopez, ma con un facile giro palla la squadra di ten Hag è riuscita a liberare la linea di passaggio tra Lisandro Martinez e Alvarez. Solo un primo controllo impreciso del centrocampista messicano ha permesso a Pellegrini di recuperare palla e servire Pedro, che riuscirà a guadagnare il fallo al limite dell’area.
Per il resto, solo il momento magico di Pau Lopez ha impedito di segnare all’Ajax, che ha messo in mostra un gioco a tratti esaltante. Ciò che più stupisce della squadra di ten Hag è la capacità apparentemente naturale di sentire le debolezze dell’avversario, muovendo i giocatori in maniera libera ma ordinata con una struttura liquida che si adatta a ogni azione alle nuove circostanze. L’Ajax cambia forma continuamente a seconda di cosa ha bisogno, come un polpo. Oltre a Tadic, due sono i giocatori che danno vita a questo approccio, e cioè Lisandro Martinez e Davy Klaassen. Il primo è il vero regista della squadra olandese, non solo perché come molti centrali moderni ha la qualità tecnica per rompere le linee avversarie con un passaggio ma anche per posizione e funzione che svolge all’interno della squadra.
Un esempio in cui potete vedere anche l’incredibile posizione dei due terzini, Tagliafico e Klaiber, nei mezzi spazi avversari, con Tadic molto largo in fascia. Da questa situazione Tagliafico arriverà al tiro da fuori area.
L’Ajax mette nella teorica posizione di regista Alvarez, ma non per utilizzarlo come un vero regista, cioè un giocatore che gestisce i tempi e i possessi, ma semplicemente per attirare il pressing avversario e liberare lo spazio a Lisandro Martinez. In questo modo, il centrale argentino può salire fino alla trequarti a cercare la linea di passaggio verso i compagni, mentre Alvarez lo sostituisce in difesa e nella gestione delle marcature preventive.
Se Martinez si occupa della costruzione e Tadic della definizione, Klaassen è fondamentale in fase di finalizzazione. Ieri lo si è visto soprattutto dopo l’entrata in campo di Brobbey al posto di Neres, che ha riportato Tadic sull'esterno dopo un primo tempo da falso nove. Klaassen si muove in maniera speculare rispetto a Tadic: se il trequartista serbo si muove quasi sempre in orizzontale in direzione del pallone per creare densità sul lato forte, il centrocampista olandese va quasi sempre in verticale nello spazio liberato proprio dai movimenti del suo compagno. C’è molto di suo, per esempio, nell’incredibile occasione avuta da Brobbey al 69.esimo.
L’Ajax ha creato un lato forte a sinistra, attraverso la conduzione di Tagliafico e la posizione molto ravvicinata di Tadic, Brobbey e Klaassen. I centrali della Roma sono finiti senza accorgersene in inferiorità numerica, dato che Ibañez era attirato esternamente da Gravenberch (che aveva preso il posto sulla fascia proprio di Tagliafico), e Klaassen ha provato ad approfittarne una prima volta tagliando alle spalle di Tadic. Il trequartista serbo ha ricevuto sulla trequarti, si è messo alle spalle Mancini con uno splendido tocco di esterno, e a quel punto ha potuto trovare Brobbey solo in area. Ma questo solo perché Klaassen, con il suo movimento in profondità, aveva precedentemente tirato fuori posizione Cristante.
[gallery columns="4" ids="67866,67867"]
Nel momento più duro della partita, come mai le era successo in stagione, la Roma è però riuscita a rimanere a galla. C’è voluto il grande secondo tempo di Pau Lopez, ma anche le prestazioni di grande sostanza di Dzeko e Bruno Peres, e infine l’incredibile gol di Ibañez che con un grande tiro al volo da dentro l’area ha ribaltato la sua partita negativa, trasformandola in un trionfo.
Nella conferenza pre-partita Fonseca aveva dichiarato che per vincere contro l’Ajax e passare il turno sarebbe stato decisivo fare una «buona partita dal punto di vista difensivo». A guardare il risultato sembrerebbe che la squadra lo abbia accontentato, ma in realtà il suo piano ha funzionato solo a metà e se la Roma ha subito un solo gol lo deve quasi del tutto al suo portiere. La partita di ieri ha ribaltato tutte le nostre convinzioni come solo le partite più indimenticabili sanno fare: un portiere che aveva dichiarato di non saper parare i rigori nemmeno in allenamento ha cambiato la partita parando un rigore, un difensore che aveva procurato un rigore maldestro ha segnato il gol decisivo dopo una brutta partita, una squadra che si diceva non poteva ribaltare i momenti negativi contro le grandi ha vinto in rimonta dopo aver subito l’impossibile.
Una settimana è un periodo di tempo troppo breve per correggere i difetti strutturali della Roma e sperare che al ritorno le cose andranno diversamente. Per arrivare in semifinale servirà quindi la stessa incisività nel portare dalla propria parte i momenti decisivi, la stessa capacità di soffrire senza perdere la testa. Soprattutto, la stessa convinzione di poter vincere la partita anche senza essere la squadra migliore.