Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
Allegri non smette di ricordarci che «le partite le vincono i giocatori», e anche se questo assunto non dice tutta la verità, anche se non svela per intero la qualità del suo lavoro alla Juventus, riesce sicuramente a rimarcare la differenza tra la Juventus e il resto del campionato, e ad alimentare quel circolo virtuoso di sicurezza, serenità, tenuta mentale, che poi, alla fine, permette alla Juventus di esprimere davvero la propria superiorità.
La naturalezza con cui Higuain si permette di sparire per larghi tratti dalla partita, far sembrare Rossettini un mostro di fisicità, toccare solo 14 palloni, e convertire inesorabilmente 2 di questi in diamanti, è la stessa con cui Allegri si concede quel gusto, molto “à la Allegri”, di tenersi il meglio per il finale. A distanza di quattro giorni da un impegno europeo comunque molto agevole, in casa contro la Dinamo Zagabria, Allegri ha scelto di lasciare Pjanic e Dybala fuori dalla partita, esaltando ulteriormente un ambiente già molto carico come quello torinista.
Mihajlovic aveva pochi conti da fare, la formazione titolare interamente a disposizione, nessun impegno settimanale e uno schema rodato, a dispetto della recente sconfitta contro la Sampdoria. Quindi 4-3-3 da recitare a memoria, a centrocampo Valdifiori-Benassi-Baselli, in attacco Iago Falque-Belotti-Ljajic. Dall’altra parte del campo, Allegri ha proposto un camaleontico 4-4-2, che vedeva Rugani e Chiellini al centro della difesa, Lichtsteiner e Alex Sandro terzini, e una linea a quattro composta da Cuadrado, Khedira, Marchisio e Sturaro alle spalle di Mandzukic e Higuain.
Equilibrio instabile
Non è stata una partita ricca di occasioni da gol, ma è stata una partita piacevole, accesa, con qualche momento di pausa, qualche interruzione di troppo (23 falli per il Torino, 19 per la Juventus, sostanzialmente tutti tattici, e soltanto 3 ammonizioni) e una bilancia delle occasioni che alla fine pende dalla parte della Juventus, in grado di creare 2,4 xG contro gli 0,4 xG creati dal Torino.
Va detto che all’occhio dei dati sfuggono alcune occasioni in cui il Torino ha creato i presupposti per tirare, ma se li è visti vanificare a causa di scelte sbagliate, esecuzioni imprecise, maestose scivolate di Chiellini, o una somma di queste cose. D’altra parte, per la quantità e la qualità delle conclusioni prodotte, tutte nella zona centrale del campo, tutte a ridosso se non all’interno dell’area di rigore, l’attacco della Juventus si è dimostrato insostenibile nell’arco degli ottanta minuti per una difesa, quella del Torino, che per qualità delle conclusioni concesse figurava già tra le peggiori del campionato.
Lo schema di Allegri, tutto sommato, ha funzionato. La Juventus ha concesso una leggera superiorità nel possesso palla al Torino, 51,8% contro 48,2%, e ha lasciato libertà di azione a Valdifiori, preferendo abbassare 8/9 uomini davanti al regista del Torino. Di conseguenza, Valdifiori ha visto occupate costantemente le linee di passaggio e ha completato il 78% dei 74 passaggi tentati, un dato al di sotto della sua media stagionale. Con la palla tra i piedi, ha invece sfruttato la libertà che Mihajlovic ha lasciato ai suoi centrali di difesa, Rugani e Chiellini, entrambi autori di una grande prestazione, per innescare Cuadrado e Alex Sandro, i playmaker de facto della Juventus in questa versione. La solita prestazione qualitativa di Claudio Marchisio ha contribuito a rendere più fluida e precisa la circolazione del pallone, a volte bloccata per assenza di movimenti senza palla.
Il Torino non ha snaturato il proprio stile di gioco, e ha fatto riferimento ai due protagonisti dell’asse centrale, Valdifiori e Belotti. Quando è possibile, Valdifiori sonda il campo alla ricerca di spazi in verticale, altrimenti è sempre percorribile l’opzione “lancio lungo su Belotti”, che ha ingaggiato una battaglia epica con Rugani, e più in generale con qualunque giocatore della Juventus provasse ad affiancarlo.
Le altrui debolezze
I gol che hanno indirizzato la partita riflettono precisamente alcune scelte specifiche dei tecnici su come e quando sviluppare l’azione. Il Torino, ad esempio, ha occupato principalmente la fascia destra del campo, lungo la quale ha costruito il 49% delle azioni. Sulla mappa di passaggio si nota subito l’assenza di un collegamento tra Valdifiori e Baselli, così come tra lo stesso Valdifiori e Barreca, e le connessioni sulla parte destra del campo appaiono generalmente molto più solide.
Ljajic, una sorta di trequartista a tutto campo, combina con chiunque.
Il Torino ha provato a far emergere una debolezza nell’assetto difensivo della Juventus che le ultime settimane di campionato avevano a tratti messo in evidenza, ovvero la solidità delle catene laterali, specie con il 4-4-2. Era in effetti una buona idea, per di più congeniale alle caratteristiche dei propri attaccanti, puntare continuamente Alex Sandro, un po’ come aveva fatto il Genoa con Lazovic, per poi attaccare nello spazio Lichtsteiner, un po’ come aveva fatto il Napoli con Callejón.
Una delle poche imperfezioni nell’androide Alex Sandro.
Nell’azione del gol del vantaggio, si può apprezzare il movimento combinato di Iago Falque e Baselli. Iago taglia rapidamente verso l’interno per strappare Alex Sandro alla sua fascia di competenza, Baselli supera alle spalle Marchisio (che nel frattempo deve controllare anche la linea di passaggio centrale per Ljajic) e arriva sul fondo a crossare. Un vantaggio generato attraverso l’impiego di molti uomini, movimenti sincronizzati, duelli individuali favorevoli e precisione nell’esecuzione, tutti fattori che devono incastrarsi per attaccare la difesa della Juve.
A quel punto Belotti deve solo tenere il corpo a corpo con Lichtsteiner per segnare ancora, 11 gol con 21 tiri in porta, contro le probabilità, 10 gol su azione a dispetto di 4,47 xG, e in tutti i modi: 4 di testa, il quarto ieri, 4 con il piede destro, 3 con il piede sinistro. Baselli, invece, anche in questa occasione ha inserito una grande giocata in una prestazione opaca (0 tiri, 1 contrasto, 1 intercetto, 38 tocchi, meno soltanto di Belotti) con la macchia della gestione del contropiede nel secondo tempo, quando ha sprecato una situazione di 3 contro 2 con un passaggio piatto, intercettato da una grande scivolata di Chiellini.
La propria superiorità
La Juventus, invece, si è affidata principalmente a due situazioni di gioco: il playmaking di Chiellini, per quanto assurdo possa suonare, e i duelli individuali nella trequarti offensiva, attraverso i dribbling di Cuadrado e Alex Sandro o i duelli corpo a corpo di Higuain e Mandzukic contro Rossettini e Castan.
La partita di Chiellini e Rugani è indicativa di quanto sia difficile creare delle difficoltà tattiche alla Juventus. Mihajlovic, come sempre contro le difese a 4, ha affidato al solo Belotti il compito di pressare i due centrali, e alle ali quello di stringere in supporto. Ha lasciato la palla alla difesa per bloccare il centrocampo, così come Allegri. Chiellini non sarà mai ricordato per le doti da passatore, ma alle condizioni di tempo e di spazio che gli ha lasciato il Torino può influenzare positivamente il contesto di gioco, esattamente come ha fatto.
Una situazione ricercata fin dai primi minuti: lancio lungo di Chiellini, incertezza di Barreca, occasione da gol.
In occasione del gol del pareggio, riesce addirittura a scavalcare il centrocampo del Torino per due volte nel giro di pochi secondi, usando soltanto la testa. Prova inizialmente a cercare Higuain, poi sulla successiva respinta di Castan si accorge della possibilità di servire Cuadrado. Barreca, come spesso gli è capitato, è in ritardo nella scelta del tempo, e per Mandzukic e Higuain si apre la strada verso la porta.
Una dinamica simile conduce al gol che porta in vantaggio la Juventus e nello stesso momento chiude la partita, congela la fiducia del Torino e anticipa il fischio di inizio. In quest’occasione sono fondamentali i movimenti spalle alla porta di Pjanic e Dybala che per ovvie ragioni attirano le attenzioni dei due centrali del Torino, isolando Higuain con Barreca. Chiellini ha tutto il tempo e lo spazio di alzare la testa, lanciare lungo e trovare il Pipita. L’esito è facilmente prevedibile.
Pjanic, Dybala, Higuain, troppo difficile contenerli tutti.
I 73 passaggi tentati, più di ogni altro compagno di squadra, e la percentuale di completamento del 79%, mostrano come Chiellini si sia preso tutte le responsabilità in fase di impostazione che il Torino ha scelto di lasciargli, e i 2 passaggi-chiave (meno del solo Marchisio) sottolineano come la sicurezza nei propri mezzi sia una dote fondamentale, anche se la tua fama ti precede, e non è certo quella del fine passatore.
La differenza c’è
I cambi hanno sicuramente spezzato l’equilibrio della partita. Non tanto perché il gol del 2-1 di Higuain sia arrivato venti secondi dopo la sorprendente tripla sostituzione di Mihajlovic (Boyé, Martinez e Acquah dentro per Baselli, Benassi e Iago Falque), quanto perché dall’altra panchina sono entrati Dybala e Pjanic. Il primo ci ha regalato un’azione alla Messi con cui ha creato i presupposti per il gol del secondo, quello del definitivo 3 a 1.
La Juventus esce nel migliore dei modi da una settimana in cui ha soffocato le ambizioni dell’Atalanta di Gasperini, ha confermato il proprio posto d’onore nelle gerarchie del calcio europeo, e ha aggiunto un altro mattone sul muro della rivalità cittadina. Il Torino ha giocato abbastanza bene da meritare gli applausi, ma non abbastanza da strappare un punto a questa partita. Mihajlovic ha detto, riferendosi ai rivali cittadini, «puntano a vincere campionato e Champions, ma non ho visto tutta questa differenza con noi», invece la differenza si è vista.
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