
L'eredità di Federer, Nadal e Djokovic nel tennis ha deformato lo sguardo degli appassionati di tennis. Il loro immenso conto Slam ha messo uno standard quasi impossibile da raggiungere per ogni epoca, la loro longevità e le loro battaglie hanno creato una barra per cui ogni rivalità o partita viene vivisezionata. Ne sono un esempio certi giudizi sulla stagione di Carlos Alcaraz, tra tifosi dello spagnolo stesso e alcuni commentatori definita “in chiaroscuro”; il chiaro sarebbero i due Slam e lo scuro nove sconfitte su cinquantotto partite.
La sconfitta subita ieri proprio contro Alcaraz nella finale dell’ATP500 di Pechino ha un riflesso di questo anche su Jannik Sinner. L’italiano ha vinto due Slam e raggiunto il numero uno, e quasi sicuramente sarà anche il numero uno di fine anno. Questo non lo ha protetto dalle critiche, tralasciando la vicenda Clostebol, specialmente per la parte centrale di stagione tra Roland Garros e i Giochi di Parigi. Taciuti (parzialmente) dopo lo US Open, dopo la sconfitta di ieri sono tornati anche i “cori” di chi lo reputa un falso numero uno. L’usurpatore del trono che spetterebbe ad Alcaraz di diritto.
Una mentalità che poco ha a che vedere col tennis, in cui una partita è, appunto, una partita, non un verdetto definitivo sul valore di un tennista. Quindici anni di scontri diretti tra tre esseri perfetti del tennis, e quasi sempre in situazioni decisive nei tornei più importanti, hanno portato all’assolutizzazione di ogni confronto diretto. Una cosa che in quel contesto era anche normale considerati i sottili margini tra quei tre tennisti. Un po’ meno se applicata a tutti gli altri, specialmente se ogni sconfitta poi diventa la fine del mondo.
L’unica cosa che si può affermare con certezza è che al momento nel tennis vige un duopolio Sinner - Alcaraz. Una sensazione nata ad inizio stagione e confermata dal resto della stagione 2024, finale di Pechino inclusa. Esistono tennisti in questo momento in grado di pareggiare l’intensità e la qualità richiesta per sfidare Carlos Alcaraz e Jannik Sinner?
Sicuramente ci sono giocatori come Medvedev o Zverev che pongono problemi ad entrambi, per diversi motivi. Zverev ha eliminato Alcaraz in Australia, Medvedev ha battuto Sinner al quinto set a Wimbledon, entrambi nei quarti di finale.
Di fatto, però, quando la palla scotta nessuno dei due è stato in grado di contendere un big title a nessuno dei due: Zverev ha ceduto di schianto avanti due set a uno al Roland Garros, Medvedev addirittura con un vantaggio di due set in Australia. L’unico in grado di farlo è stato Novak Djokovic a Parigi contro Carlitos, ma non ha più il livello fisico per poterlo fare con continuità nell’arco di una stagione.
Quel che ci resta è quindi una finale sulla carta da “solo” 500 punti, che per intensità e qualità ci ha dato uno spettacolo superiore ad almeno due finali Slam di quest’anno. Una finale con vibes molto simili a quella di Cincinnati dello scorso anno, forse quella di livello ancora superiore, vinta da Djokovic proprio contro Alcaraz. Lo spagnolo ha piegato la resistenza di Sinner dopo tre ore e ventiquattro di battaglia e due tie-break. Ancora una volta in rimonta, come già successo a Indian Wells e al Roland Garros. Una vittoria però molto diversa dalle precedenti, in positivo sia per lui che per Sinner.
Nel catino di Indian Wells, probabilmente la superficie in tutto il circuito che più si addice al suo tennis, Alcaraz aveva mischiato le carte dopo un primo set negativo e completamente dominato da un Sinner fenomenale. Accettando scambi più lunghi e provando a cambiare ritmo ad ogni occasione possibile, tra sortite a rete e palle corte. Ieri Alcaraz è andato abbastanza rapidamente sul 5-2 nel primo set, complice un Sinner piuttosto falloso e con poche prime a disposizione. Lo spagnolo però sembrava preoccupato dalla possibilità di andare a fare braccio di ferro da fondocampo con Sinner.
Sembra un po’ assurdo, specialmente ripensando al giovane Sinner, ma ad oggi da fondocampo l'italiano riesce a coniugare una velocità strangolante come quella di Alcaraz a una solidità ferrea. Se fino all’anno scorso Alcaraz poteva accettare di buon grado un braccio di ferro con Sinner, anche a chi tira più forte, ora non può più permetterselo. Tra l’altro su un cemento piuttosto lento come quello di Pechino, che in teoria avrebbe favorito una partita impostata come dal secondo set di Indian Wells in poi. Alcaraz ha iniziato benissimo, provando a soffocare qualsiasi tentativo di manovra di Sinner con grande aggressività nei colpi di inizio gioco.
Il problema di questa forma di tennis è anche l’equivoco di base che si porta dietro Alcaraz dalla sua esplosione. Il tennis di Alcaraz è l’esatto opposto del tennis “percentuale” dilagante soprattutto a metà anni ‘10. Un tennis estremamente impulsivo che comporta una fiducia nei propri mezzi totale e incrollabile, alla ricerca costante del colpo che ti possa portare a chiudere il punto il prima possibile. Un tennis che a livello più basso non è nemmeno così poco comune, vengono in mente esempi come Karatsev o Bergs, ma che in mano ad Alcaraz diventa una delle più grandi manifestazioni di tennis offensivo della storia. Considerando che Alcaraz sa virtualmente fare ogni colpo possibile in questo gioco, il suo tennis diventa un assolo jazz virtuoso, in cui si prova ogni cosa possibile.
E qui torna il fantasma dei Big3. Se Djokovic e Nadal sono diventati delle macchine al servizio, quando a inizio carriera facevano una rimessa in gioco, o in generale migliorati nei loro punti deboli allora tutti potranno farlo. E così via, con un pensiero applicato come magnifiche sorti umane e progressive ad ogni possibile giovane fenomeno. Ma il tennis non è un gioco lineare, vivendo perennemente sul filo degli stati di forma di chi ha la racchetta in mano. Senza contare che il miglioramento di un colpo per un professionista che gioca da quando è bambino è cosa difficile, specialmente se non è il tuo colpo più naturale.
Torniamo ad Alcaraz. Più di qualcuno preconizza un destino in cui lo spagnolo vincerà 50 Slam qualora diventasse più solido. L’equivoco però sta proprio lì: il tennis di Alcaraz è inscindibile dalla quantità di errori che fa. Il 5-2 iniziale del primo set ha comportato anche una fase di down del 4 volte campione Slam, che chiaramente contro un altro campione Slam come Sinner difficilmente ti puoi permettere. Stessa sorte nel tie-break, in cui Alcaraz parte bene, subisce una risposta vincente su set point e da lì infila errori a ripetizione, provando a riequilibrare la situazione di forza bruta.
Quanto è giusto nei confronti di Alcaraz pretendere che diventi un tennista più solido da fondocampo? È già migliorato da quel punto di vista. Per paradosso sono proprio gli errori che rendono Alcaraz il tennista fenomenale che è. La componente di rischio insita nel suo gioco è anche la stessa che gli permette di generare vincenti a ripetizione e praticare un tennis completo e a tutto campo che nessuno al mondo è in grado di replicare in questo momento.
Anche a livello mentale Alcaraz si trova a suo agio nella lotta, ma sembra patire molto quando il suo tennis si incarta e la partita diventa sporca, sofferente. Se lo spagnolo non si “diverte” il suo tennis ne risente al livello massimo, come se una nuvola grigia coprisse tutto il suo lato del campo. Potrebbe sicuramente migliorare dal punto di vista del decision-making e in generale della consistenza. Ma quanto questo pregiudicherebbe la sua capacità di giocare il suo tennis? Trovare un equilibrio senza snaturarsi o compromettere le proprie certezze è molto più difficile di quello che sembri.
Nel terzo set c’è un’altra dimostrazione evidente, con Alcaraz che sale di nuovo sopra al suo avversario e ha due palle per il doppio break. Poco dopo ed è Alcaraz che deve servire per restare nel match, complice un game a dir poco horror in cui ha consegnato di nuovo le chiavi del match. Allo stesso modo nel tie-break va sotto 0-3 e doppio minibreak, vince due punti senza senso e sulle ali del gasamento infila altri cinque punti consecutivi di pura onnipotenza tennistica. È in grado di fare e disfare nello stesso punto, ad esempio quando nel terzo set fa una palla corta senza senso tattico e anche mal eseguita ma se la cava ugualmente con un riflesso felino e una splendida volée.
L’Alcaraz che è in grado di vincere sette punti di fila e un tie-break contro un tennista che quest’anno ne aveva perso uno su diciannove è lo stesso che è uscito, sottotono e dominato, da Botic Van de Zandschulp allo US Open. Il tennis di Alcaraz nella sua magnificenza e impossibilità è anche molto umano nella sua fragilità intrinseca. Non si può scindere la regalità di Alcaraz dall’umanità di chi ha bisogno di credere ciecamente nella sua mano, pena l’abisso. È anche questo il motivo per cui il ranking non sta premiando lo spagnolo, molto più vulnerabile durante la lunga stagione, anche negli Slam, e molto incostante anche all’interno della stessa partita.
Da Pechino esce fuori però con un 6-4, 7-4 se contiamo i Challenger, negli incontri diretti con Jannik Sinner, e uno 0-3 nella stagione in corso. Per Jannik però la sconfitta è un'ulteriore dimostrazione di come ormai sia a un livello tale per cui può rischiare di vincere una partita contro un buon Alcaraz pur senza essere al meglio. Difficilmente si può sperare di battere un tennista come lo spagnolo continuando a litigare con la prima di servizio. Appena il 51% nel set decisivo.
Sicuramente lo 0-3 parziale del 2024 non è bello, ma va anche considerato il come. Sinner e Alcaraz sono - per un motivo o per un altro - due tennisti alla pari. In una rivalità così vicina sono i margini a spostare i destini delle partite, come la condizione psicofisica e le condizioni di gioco. Le prime due sconfitte del 2024 sono arrivate su superfici molto favorevoli ad Alcaraz, il cemento “fangoso” di Indian Wells e la terra battuta del Roland Garros, due contesti lenti e meno congeniali a Sinner rispetto ad Alcaraz. Il cemento di Pechino è molto lento, per Tennis Abstract tra i più lenti del circuito alla pari di Indian Wells. Nonostante questo tutte e tre le sconfitte sono arrivate alla fine di partite durissime, due al terzo set e una al quinto set, tutte con elementi di grosso rimpianto. Forse è questa capacità di vincere ai dettagli, quando si arriva in fondo, che più ha fatto la differenza. Un talento che Sinner ha sviluppato, ma che ha anche Alcaraz in abbondanza.
I confronti diretti tra i tennisti sono anche molto soggetti ai periodi, basti pensare proprio a Sinner che ha cominciato a dominare la rivalità con Medvedev all’improvviso, dopo essere stato sotto 6-0 e dando l’impressione che il russo fosse per lui un rebus irrisolvibile. Tra i Big3 ci sono esempi eloquenti, con Federer sotto 23-10 con Nadal fino al 2014 e poi vincitore degli ultimi sei incontri su sette, o Djokovic che fino al 2009 era sotto 4-14 nei confronti diretti con Nadal per poi terminare 31-29.
Ora per Sinner si apre una parte di stagione che sulla carta lo vede favorito, tra Bercy e le ATP Finals di Torino, dove difende la finale dello scorso anno. L’anno scorso per Alcaraz fu questo il momento della flessione, e sta allo spagnolo dimostrare che i suoi miglioramenti sono traslabili anche sul cemento indoor, in cui al momento l’italiano parte avanti ed è il favorito principale per Torino. Con vista su un altro possibile atto decisivo alle Davis Cup Finals di Malaga, con Italia e Spagna agli estremi opposti del tabellone e che potrebbero incontrarsi in finale.