Da quando ha iniziato a combattere in UFC, la vita di Alessio Di Chirico è cambiata molto o molto poco, a seconda dei punti di vista. Ha lasciato la palestra in cui è cresciuto come fighter (l'Hung Mun), si è allenato per un periodo negli USA (all'American Top Team) e poi ha fondato la sua di palestra (il Gloria Fight Center, insieme a Riccardo Carfagna). Si allena però con l'allenatore aveva anche prima, Lorenzo Borgomeo, con gli stessi compagni di prima, Micol di Segni, Carlo Pedersoli Jr, e vive ancora con la madre e il fratello. Ha ricominciato ad andare allo stadio, in Curva Sud - prima diceva di essersi disamorato del calcio - e metà di questa intervista la facciamo nei momenti morti della partita della Roma con la Spal, nel salotto di casa sua. Quando la Roma segna (la partita è finita 3-0) ci alziamo in piedi e Alessio esulta dandomi un pugnetto sul petto, io appoggio un timido palmo della mano sulla sua schiena enorme.
È più di un anno che non lo intervisto e poche ore prima che ci incontrassimo l’UFC aveva ufficializzato il suo prossimo incontro: affronterà Julian Marquez, il 6 luglio, a Las Vegas. Di Chirico in UFC ha alternato sconfitte e vittorie, con un record di 2-2. Gli ultimi suoi incontri sono durati poco entrambi. Contro Eric Spiceley è finito in un triangolo dopo un paio di minuti di incontro ed è stato costretto a battere. Poi si è infortunato, ha fatto fisioterapia e quando è tornato a combattere, quasi un anno dopo, contro Oluwale Bamgbose, ha vinto per KO con una ginocchiata dal clinch che gli è valsa il bonus Performance of The Night equivalente a 50.000 dollari.
Dopo la vittoria ha improvvisato un’imitazione di Peter Griffin che è piaciuta molto alla promotion americana e che gli ha offerto una popolarità che Di Chirico non ha mai fatto nessuno sforzo per cercare.
«Io penso solo a essere me stesso, non voglio avere un profitto da questo. Se piaccio bene, se all’UFC piace bene. Ma io voglio solo fare questo sport. Mi piace stare là sopra». Là sopra, ovviamente significa nell’ottagono, in gabbia, a combattere. «Adesso tutti vogliono arrivare subito in alto, ed è giusto perché se non hai fame non fai questo sport. Ma è una cosa diversa avere fame là sopra».
Di Chirico dice che l’idea gli è venuta scherzando con il fighter americano Johnny Eblen, perché «gli americani pensano davvero che noi parliamo così».
Cominciamo dalla fine, dall’esultanza dopo la vittoria con Bamgbose, quando hai gridato in camera: «Avete capito chi cazzo siamo». Con chi ce l’avevi?
Tutti dicevano che avevo sbagliato ad allenarmi in Italia, che sarei dovuto andare all’estero per fare esperienza. A me all’estero non piace. Ce l’avevo con quelli che fanno gli esperti e non hanno mai fatto un incontro. È importante andare all’estero in realtà, aggiornarsi.
Ti sei allenato in America con Luke Rockhold (ex campione UFC Middleweight ndr) e ad Amsterdam con Gegard Mousasi (un altro tra i migliori Middleweight al mondo, sotto contratto con la seconda promotion americana più importante, Bellator ndr). Perché dici che non ti piace l’estero?
Perché sono un po’ un pantofolaio, preferisco allenarmi a casa. Ma quelle sono cose che vanno fatte.
Quindi ce l’avevi con i commenti sui social, quando hai esultato?
Io sto cercando di restare fuori il più possibile dai social. Se vai sull’app di Instagram c’è scritto “adolescenti” sopra: è una cosa che si fa da giovani.
Però poi esulti rispondendo alle critiche che ti fanno sui social...
Eh, hai ragione. Ci provo a non guardarli, ma è impossibile. Le persone mi tirano sempre fuori i commenti negativi.
Ti aspettavi che Bamgbose avesse un atteggiamento così conservativo durante l’incontro? (Riguardiamo insieme l’incontro con Bamgbose mentre parliamo, ndr)
No. Ma io sono pronto a tutto, nell’ottagono entri sempre con delle incognite. Io penso solo a fare il mio match. Il game-plan era di lavorare sul clinch, fare pressione, perché lui era veloce e quindi non volevo farlo partire prima. Dovevo stare attento alle sue sfuriate e quando cambiava guardia pressarlo. In realtà non pensavo al suo atteggiamento. Dopo un po’ ho visto che scappava sempre…
Sembravi scocciato a un certo punto.
No, quella è la faccia che ho quando combatto.
Ma oggi come la spieghi questa cosa?
Secondo me lui mi sottovalutava. Anche all’inizio pensava a fare lo show, a guardare le telecamere, ma era tutto finto. Lui ha fatto match con gente forte, ha anche proiettato Borracinha, ma ha un modo di combattere che consuma molto, spreca molto. Secondo me aveva paura di finire il cardio alla terza ripresa e quindi aveva un game-plan per gestirsi. In realtà non ha proprio combattuto, non so cosa sia successo.
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(Una delle poche successe nella prima ripresa è stata una bella proiezione di Alessio). Qui avevi letto il calcio girato?
Sono stato fortunato, devo essere sincero. Pensavo di mettergli un destro e mi sono ritrovato la gamba lì e gli ho fatto la proiezione. Era leggero quando l’ho proiettato, ma era veloce, hai visto com è scattato in piedi? Forse è il fighter più veloce con cui io ho combattuto.
Alla fine della prima ripresa che ti ha detto Lorenzo?
Non era contento del primo round. Mi diceva: più velocità, più pressione.
Ma forse non vi stavate rendendo conto della sua passività.
No, infatti.
Il pubblico che fischiava lo sentivi?
Sì, bruttissimo.
Tu hai sentito subito che era finito l’incontro dopo la ginocchiata? Cioè, mi chiedo anche quanta sensibilità può avere un ginocchio.
Lì per lì pensavo stesse provando un takedown, ma poi mi ha fatto male il ginocchio per due settimane. Tutto questo Lorenzo lo aveva predetto.
Prima hai sottolineato un tuo calcio sull’avambraccio di Bamgbose dicendo che quello lo aveva sentito. Ma a me non sembrava uno di quei colpi che vengono considerati come effettivi.
No. Ma ci sono moltissime cose di questo tipo. Infatti guardare un incontro del vivo è come guardare una partita di calcio dal vivo, è proprio tutta un’altra cosa, c’è poco da fare. A parte se stai in Sud all’Olimpico che non vedi niente…
Ho l’impressione che in molti per aggiudicare i round guardino solo i colpi effettivi.
Sono quelli che chiamo nerd. Secondo me c’è sempre una componente soggettiva… e un fighter si vede comunque fidare dei giudici.
Mentre combatti riesci a capire se un colpo, anche non pulitissimo, lo ha sentito il tuo avversario?
Sì, sì, lo capisci. Oddio, i fighter bravi non te lo fanno capire. Io ad esempio con Velikovic (il suo primo avversario in UFC, ha perso ai punti ndr) ricordo che qualche volta l’ho preso bene ma lui è rimasto impassibile.
Quali sono i momenti più duri, al di là dei colpi da KO o delle leve?
Quando senti che stai perdendo e non ti devi arrendere, che magari hai fatto un errore. Quando non ci stai con la testa, quando sei in ritardo con tutto… a me è capitato con Spiceley. Mi sentivo in ritardo, rallentato.
Che informazioni puoi prendere da una sconfitta come quella, comunque dopo pochi minuti, e un incontro strano come quello con Bamgbose?
Al di là dell’incontro, che comunque è sempre la prova finale, me le da il mio team, l’allenamento. Io so bene le mie lacune, su cosa devo lavorare… anche se alcuni difetti uno se li porta sempre. Se sei umile, perché se non lo sei pensi sempre e solo a quanto sei forte. La kimura che ho preso (nell’incontro con Velikovic ndr) ad esempio è un errore che se mi distraggo tendo a rifare. Ho avuto la fortuna di allenarmi con Luca Anacoreta, uno specialista del triangolo, per lavorare sulla finalizzazione di Spiceley, però anche lì io so che mi può ricapitare. Ho fatto l’errore di accettare la sua presa con le mani, aveva una presa molto forte, ma le prese dei lottatori jiu jitsu non le devi accettare, devi sempre strappare.
Com’è influenzata la tua vita, i tuoi rapporti personali, dal fatto che per vivere fai il fighter?
Tantissimo. Da un lato in positivo, perché io comunque ho un obiettivo nella vita. Bisogna sempre avere un obiettivo, una strada da percorrere. E questo ti dà forza, però dall’altra parte è anche una vita impegnativa: devi sempre dire di no agli amici, che ti dicono “oh non esci mai, te la tiri”, però in realtà stai sempre a casa.
Perché quando non combatti non esci con gli amici?
Perché comunque non hai le energie. Perché se hai un incontro devi parlare dell’incontro, e non ti va di parlarne. Poi sono uno che esce, però il più delle volte preferisco stare a casa. Da poco ho riscoperto la Roma, che mi fa staccare. A 16 anni andavo sempre allo stadio, poi facendo altri sport un po’ ti arriva la rabbia per il pallone, perché hanno troppi più benefici: prendono troppi più soldi…
Tu sei sempre allenato, anche lontano dai match?
Sì, cambia il tipo di allenamento.
Quant’è il tempo minimo di preavviso per stare al 100%?
Minimo minimo un mese. L’ideale però sarebbe dieci settimane.
Quindi più di due mesi. Ma per la forma fisica o per l’avversario?
Per la forma fisica. Prima dell’incontro c’è un lavoro grosso.
Dici per fare il peso…?
Tutto quanto. Devi predisporre il tuo corpo per fare un match che non è semplice. Poi a volte sei già in forma, e ho accettato incontri con poco preavviso.
Si discute molto oggi se sia giusto permettere tagli del peso pericolosi.
È una cosa che si fa nella lotta da molto tempo, da sempre, fa parte dello sport. Penso però che tagliare troppo si una cattiva abitudine. Adesso c’è chi dice: “Oh devo tagliare 15kg”. E penso sia una forma di insicurezza. Io taglio il giusto. Ma c’è anche un problema della distribuzione delle categorie di peso nelle MMA. Perché va di 10 libbre in 10 libbre fino alla lightweight, e invece sale di 15 libbre di per passare alla welter, che è la categoria più piena di tutte; poi ci sono altre 15 libbre per i middleweight. Per me bisognerebbe togliere la welterweight e continuare a salire di 10 libbre in 10 libbre. Per me l’ideale sarebbe combattere a 195 libbre, 89kg. Comunque se tagli troppo perdi anche di mascella, succede qualcosa con la disidratazione che aumenta la possibilità di andare KO.
Ci si può allenare a incassare colpi, a soffrire? Si può testare la mascella?
Quella è solo testa. Non si può testare la mascella, con il guantino piccolo non lo puoi sapere mai secondo me.
Tempo fa mi dicevi che non volevi vedere le foto di McLellan (il suo secondo incontro in UFC, ndr) con la sua famiglia su Instagram, prima di combatterci. La tua emotività è cambiata da quel giorno?
No, il modo in cui affronto il combattimento è sempre lo stesso. Mi piace pensare che l’avversario non sia nessuno. Che io non sono nessuno là sopra. Che stiamo facendo qualcosa che ci piace, che molti non capiscono. Si è amici dopo l’incontro, prima no.
Però non è un nemico.
No, perché pure se è un nemico è qualcuno, capisci?
Vuoi essere freddo allora. Anche per questo non fai mai trash-talking allora.
Il trash-talking è vantaggioso se intimidisci l’avversario, se lo deconcentri. In quel caso è un’arma utile... se mi diranno di utilizzarla magari potrò pure farlo. Se dovrò affrontare un avversario che magari potrebbe soffrire il trash talking… Non mi fa impazzire però.
Come hai vissuto il periodo successivo alla sconfitta con Spiceley?
Me la sono vista brutta anche perché subito dopo è arrivato un infortunio al collo. Dovevo incontrare Natal, ma non ho potuto. Poi ho conosciuto un fisioterapista che mi ha fatto recuperare a pieno. Però stavo a terra, mi ero anche lasciato con la mia ragazza e quello era l’ultimo incontro da contratto, quindi ero al massimo dello stress, dell’ansia.
La morsa di Spiceley.
È vero che si impara dalle sconfitte?
Quando vai a combattere non vai a imparare, vai a vincere. Adesso va di moda win or learn. A me non piace. Vincere un incontro è la cosa più bella del mondo, più bello dei soldi, del sesso. Ma perdere è la cosa più brutta.
Dopo quanto ti ha ricontattato l’UFC?
Un mese dopo poi abbiamo fatto subito il rinnovo. E poi è andato tutto bene. Sono anche stato fortunato ad aver preso il bonus con l’incontro con Bamgbose, perché doveva prenderlo Josh Emmett che aveva messo KO Ricardo Lamas, un KO molto bello, ma non aveva fatto il peso quindi non poteva prendere il bonus.
L’incontro con Bamgbose lo avevano presentato come un incontro a eliminazione, chi vince resta in UFC, chi perde...
Sì, Bamgbose poi è uscito dall’UFC. Io lo temevo molto fisicamente, è un avversario molto forte. Sapevo a cosa andavo incontro, però come sempre mi ripromettevo che comunque fosse andata a finire avrei continuato a fare questo sport. Non mi importava di nient’altro, mi sono disinteressato di tutto il resto: dello show, delle telecamere, dei commenti su Facebook, dei like… Poi abbiamo azzeccato tutto quanto, ci è andata bene.
Tu sei un fighter molto tecnico, in controllo, con un’idea delle MMA epurata dalla rabbia, dalla brutalità. Però quanto è possibile controllare la corrente durante un incontro? Nei tuoi incontri ti sei sempre sentito sotto controllo? Pensi di poter perde la testa?
È difficile come domanda. Se penso al momento in cui entro nella gabbia dll’UFC la penso come a un posto estremamente freddo, asettico, tipo una sala operatoria. È un posto che ti porta in cielo oppure ti può portare per terra. Però succede che perdi la testa. Sicuramente non sono uno di quei fighter che impazzisce. Mi piace resettarmi del tutto, annullarmi.
Julian Marquez ha combattuto nel tuo stesso evento lo scorso dicembre (e ha vinto il bonus come Fight Of The Night ndr). Lo hai visto lottare quella sera? Che hai pensato?
Ho pensato ammazza quanto è grosso. Ci siamo scaldati nella stessa change room. È più grosso di me, è molto forte fisicamente, ha una bella mascella e combatte fino alla fine. Infatti mi aspetto che sarà un incontro in piedi fino all’ultimo colpo, un po’ tipo quello con McLellan, anche se spero di essere meno generoso, di lasciargli meno cose.
Gianluca Faelutti su Mma Talks ha scritto che Marquez ha le mani pesanti, sia in piedi che in ground and pound, unite a una grande forza fisica. Ma anche che può soffrire i wrestler.
Sono d’accordo, ma penso che per come sono fatto ci scambierò in piedi.
In che senso per come sei fatto?
Per quello che è il mio stile di combattimento. A inizio carriera cercavo più proiezioni, oggi mi sento più striker. Penso di essermi evoluto. Dall’infortunio al collo ho avuto più spazio per allenarmi nello stand-up e penso di essermi migliorato molto. Anche nella lotta a terra allenandomi con Luca (Anacoreta ndr).
Tu visualizzi come potrà finire un incontro?
Certo, è un obiettivo che ti porti avanti due mesi, tre mesi. Ci fai affidamento fino a un certo punto però, poi devi stare là sopra e adattarti. Con Bangboose tutto è andato come programamto ma… guarda si dice “Train hard, fight easy”. Ti deve venire da solo quello che fai. Con Marquez mi immagino un incontro in piedi che spero non vada sulla lunghezza, ma alla fine potrà darsi di sì.
Hai visto l’incontro di Marvin (Vettori, l’altro solo italiano al momento in UFC) con Adesanya?
Secondo me non era un buon match per Marvin. Aveva tutto da perdere. Anche se non so chi gli avrebbero offerto se avesse rifiutato... L’unica cosa che mi viene da dire è che forse ha perso delle occasioni buone per portarlo a terra, ci ha scambiato molto in piedi, magari perché non voleva stancarsi. Nel primo round, quando aveva la proiezione, non l’ha tirata. Marvin in top-position è fortissimo, e anche quando l’ha portato giù Adesanya si è rialzato troppo facilmente. Comunque Marvin è stato il primo ad arrivare ai punti con Adesanya, ha fatto un gran match. Io ci combatterei con Adesanya.
Dopo Marquez?
Adesso non voglio sfidare Adesanya, però a ottobre ci combatterei molto volentieri.
Pensi che Marvin ne abbia esposto i limiti a terra di cui potresti approfittare?
Guarda che Marvin a terra è più forte di me. A terra è fortissimo.
Pensi che il movimento italiano continuerà a crescere, che le MMA possano attirare un pubblico ancora più grande?
Allenarsi in questa disciplina è una droga, è davvero fico, è questo che vorrei che passasse come messaggio. Il match magari non è da tutti, però tutti si possono allenare, capisci? Ti dico, se vieni nella mia palestra ti faccio allenare e non ti faccio fare male, ti diverti e scopri com’è questo sport. Però palestre così, di MMA, a Roma non ce ne sono molte.
Cosa pensi che possa ostacolare la crescita?
Una cosa che mi preoccupa molto è che per molti incontri non si fanno i dovuti controlli medici. Ho saputo che uno è andato a fare un incontro col certificato medico… capito? È una cosa che non può succedere. Io vorrei avere tempo per preoccuparmi di questo, ma non ce l’ho. Ho paura che se ci fosse un incidente il movimento potrebbe crollare.
Molti fighter invece hanno anche problemi di salute mentale.
Dipende anche dal tipo di vita che fai. Vale per gli sportivi in generale, certi livelli di aspettative non sono facili da affrontare tutti i giorni…
Ci sono molti fighter depressi?
Secondo me molti.
È un problema che c’è anche nel calcio ma che è tabù, non se ne parla.
Negli sport di squadra se ti mostri fragile magari perdi il posto. Negli sport individuali puoi essere più te stesso. Io ho un amico che ha sofferto di depressione, è molto comune tra i fighter. È un male brutto, non l’ho conosciuto in prima persona ma… non bisogna sottovalutarlo.
Un’ultima cosa. Quanto investe un fighter su se stesso, dico economicamente? Quant’è il guadagno netto? (Le paghe degli eventi UFC sono pubbliche, per la vittoria con Bamgbose, Alessio ha guadaganto 12k più 12k per la vittoria più i 50k del bonus. Bamgbose ha preso solo i 12k da contratto.)
In tutto, tra tasse manager ecc perdo il 50%. Non ho un contratto molto redditizio quindi non è che faccia molti soldi. Più che altro mi servirebbe uno sponsor, che spero di avere presto… ma non sto male, arrotondo con gli stage e non voglio sembrare uno che piange.
Ok ma non sempre neanche conveniente.
No, non è molto conveniente. Non è una cosa che fai per i soldi.
Da quando sei in UFC ti sei fatto un regalo? Ti sei concesso un lusso?
…
Ad esempio c’è a chi piacciono le auto.
Eh, non vedo l’ora di combattere di nuovo per cambiare macchina.