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Alex Pereira è più spaventoso che mai
06 ott 2025
Battendo Ankalaev a UFC 320, il brasiliano è tornato campione.
(articolo)
7 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Quando Alex Pereira entra - sulle note di Itsari dei Sepultura - nulla fa pensare che ci sia qualcosa di diverso rispetto agli altri re-match della sua carriera. Non è la prima volta, infatti, che il brasiliano si trova ad affrontare per la seconda volta un avversario con cui aveva già combattuto. È successo con Adesanya, ma anche con Prochazka. Alla T-Mobile Arena di Las Vegas, per il main event di UFC 320, è successo con Magomed Ankalaev, che lo aveva già battuto in un match molto equilibrato a UFC 313, lo scorso marzo.

Pereira ha 38 anni, delle qualità che lo pongono sopra praticamente a qualsiasi striker in circolazione in UFC, un carattere ferreo e impassibile, delle ottime doti al microfono nonostante non parli inglese e quella che si definisce “aura”. Il pacchetto completo del fighter contemporaneo. Ecco, forse dal punto di vista della cosiddetta “aura” qualcosa era cambiato in realtà: dopo essere uscito col braccio basso, e la testa ancor più bassa, da UFC 313, più di qualche spettatore gli aveva già intonato il de profundis. In fin dei conti era comprensibile: il brasiliano si era presentato scarico, più lento del solito, meno potente e meno convinto.

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Pereira aveva detto di non essere al 100%, di voler tornare in condizioni atletico-fisiche migliori e riprendersi la cintura, ma in molti avevano pensato si trattasse di un calo fisiologico, dato dal suo avvicinamento ai 40 anni - e quindi al superamento di quella soglia che forse scolasticamente nelle MMA è fissata a 35.

Il teatrino in preparazione del re-match ha regalato momenti surreali: con Pereira e Ankalaev che, dopo essersi incrociati al Performance Institute della UFC, si insultano ognuno nella propria lingua, mediati dal traduttore di uno smartphone.

Prima degli incontri, Alex Pereira accetta molte offese da parte dei suoi avversari senza battere ciglio. Non riesce ad accettare, però, chi minaccia di farlo tornare a lavorare nell’officina da gommista nella quale ha fatto l’operaio da ragazzo. È l’interruttore che accende la sua fiamma. Ankalaev ha fatto l’errore di spingerlo durante una conferenza e Pereira, durante il face-off precedente all’incontro, ci ha tenuto a ricordargli che «non voglio tornare a fare il gommista».

In gabbia non si sono visti fuoco e fiamme, ma 80 secondi di dominio totale, a senso unico e senza risposta. Quando l’arbitro Herb Dean ha dato il via, Pereira ha aggredito verticalmente, accorciando in maniera repentina le distanze e costringendo Ankalaev spalle a parete. Il russo, quasi sorpreso, ha mantenuto la guardia mancina, mentre Pereira ha finto il cambio di livello coi colpi, minacciando il bersaglio grosso per poi passare alla testa.

La fisicità di cui è in possesso Pereira gli ha consentito di adottare una stance a gambe larghe grazie alla quale leggeva le intenzioni di Ankalaev. Anche quando Ankalaev è uscito lateralmente riguadagnando il centro dell’ottagono, Poatan non gli ha permesso di prendere le distanze desiderate, inseguendolo e facendogli subito percepire il pericolo.

Una piccola digressione: chi ha visto il primo match tra i due, ricorderà bene che non ci furono particolari squilli di tromba, che il match era stato equilibrato - per certi versi forse soporifero - e che c’erano state pochissime occasioni di mostrare superiorità coi colpi, e quelle le aveva comunque colte Ankalaev. A posteriori forse si sarebbe dovuto tenere maggiormente conto del fatto che Pereira è stato, fino a quel momento, il campione più impegnato e uno dei fighter - compresi quelli senza cintura - con la più alta frequenza di match a breve termine. Dopo un periodo di riposo, questo Pereira che si è presentato contro Ankalaev per la seconda volta, è sembrato una versione più verticale e più feroce dei match precedenti. L’incertezza del primo incontro ha lasciato spazio a una furia controllata, ad una spietatezza che Pereira non ci aveva ancora mostrato. Non è errato, a mio avviso, definire quest’ultima uscita come la miglior prestazione della carriera di Pereira.

Per quello che si è visto, per come ha reagito, Ankalaev ha capito dal primo istante che il match sarebbe stato differente, ma probabilmente, sicuro dei propri mezzi, ha cercato di alleggerire il carico verticale portato da Pereira affidandosi al suo footwork, cercando di mandare a vuoto l’ex campione.

Ma una delle cose in cui eccelle Pereira è proprio la capacità di percepire le distanze. Oltre ad essere un mietitore implacabile, con delle mani di pietra, è un architetto preciso e lavora instancabilmente per creare le proprie possibilità, per portare il suo avversario nel punto desiderato dell’ottagono. Ripreso il centro, Ankalaev ha visto volgere al suo indirizzo diversi calf kick che lo hanno costretto a cambiare stance.

Il russo ha provato con dei timidi tentativi a colpire con tecniche di pugilato in uscita, ma Pereira, grazie anche a un movimento costante e rapido, non ha mai subito. Anche i tentativi coi calci per ristabilire la distanza da parte del russo sono stati vani, anzi hanno permesso a Poatan di calcolare il tempo e colpire sul rientro.

Costretto di nuovo spalle a parete e in una guardia ortodossa, Ankalaev ha dato un riferimento fisso al brasiliano, che non si è fatto pregare: overhand destro dietro l’orecchio piazzato in maniera eccellente ed ecco il gigante russo sgretolarsi come creta. Ankalaev ha provato a legare, ma uno sprawl perfetto del brasiliano, seguito da spietate gomitate 12-6 tra corpo e testa hanno costretto l’arbitro Herb Dean ad interrompere il match.

Livello estetico: 10; dolore percepibile anche solo guardando l’immagine: 11.

Dopo l’ormai famosa reaction presa in prestito a Khaby Lame - reiterata forse un po’ insistentemente - Pereira si è presentato ai microfoni di Joe Rogan con una riflessione importante: ha detto che i desideri di vendetta possono avvelenare. Ha raccontato di essere stato male a causa di un virus nell’incontro precedente, mentre stavolta stava bene e chiunque poteva notare la differenza, e che aveva preparato un bel discorso da fare, ma che invece avrebbe usato il suo tempo diversamente. Pereira, infatti, ha espresso le sue condoglianze e la sua vicinanza a Jon Jones, che ha perso il fratello Arthur, ex giocatore NFL, da pochi giorni, per cause ancora non rivelate, chiedendo un momento di silenzio al pubblico.

Il campione più eccitante della promotion è tornato sul trono, riconquistando la cintura alla veneranda età di 38 anni, a seguito della prestazione più impressionante della sua carriera. E che carriera, in appena sedici match nelle MMA: Pereira oggi è tra i più grandi di ogni tempo, praticamente certo di essere inserito, in futuro, nella Hall of Fame UFC, e con un posto riservato nel cuore di parecchi fan. Un fighter che sembra non avere età, il villain ben scritto di un fumetto: battibile sì, occasionalmente e a certe condizioni (lo hanno dimostrato Adesanya e poi, appunto, Ankalaev), ma pronto a tornare e riprendersi tutto con gli interessi, passando per prestazioni altisonanti e a tratti spaventose.

Adesso è aperta la porta di una possibile trilogia. Avrebbe senso? Si è trattato di una vittoria a senso unico, arrivata in appena un minuto e venti secondi, senza il minimo cenno di reazione da parte di Ankalaev, segno che forse questo dualismo ha raggiunto la sua fine, almeno per adesso. Il resto della top 5 dei Pesi Leggeri, però, è già stato domato con relativa semplicità da Pereira, ad eccezione di Blachowicz - primo match nei massimi-leggeri per Pereira, che vinse con qualche difficoltà e con un verdetto non unanime.

L’unico che Pereira non ha ancora affrontato è Carlos Ulberg, fresco di vittoria fulminante al primo round contro Dominick Reyes. Neozelandese di trentacinque anni, Ulberg ha un solo match perso in UFC - il primo dopo le Contender’s Series. Tra i suoi scalpi più importanti ci sono Alonzo Menifield, Volkan Oezdemir e Jan Blachowicz, prima di trovare proprio Reyes, messo KO al primo round lo scorso 28 settembre. In questo momento l’unico avversario plausibile per Pereira sembrerebbe proprio Ulberg, un fighter completo, fisicamente importante, dalle mani pesanti, con una buona dose di KO messi a segno in carriera. Se riuscirà a fermare l’ascesa totale di Pereira, però, è tutto da vedere.

Non è questo quello che desidera Pereira, che ha fatto intendere di volere un superfight contro Jon Jones alla Casa Bianca. Proprio per il lutto che ha colpito Jones non è questo il momento di parlarne, ma potete stare certi che se davvero la UFC vuole mettere in scena un evento nella sede del governo americano il prossimo giugno 2026 non passerà molto tempo prima che l’argomento torni di attualità.

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