Quando Alexander Zverev, nel primo set dell'ultimo atto delle ATP Finals, ha raggiunto sul 4-4 Novak Djokovic era fin troppo scontato attendersi che sarebbe stato il più giovane e meno titolato dei due, nel momento in cui saliva la pressione nel match, a concedere qualcosa. Nella loro sfida nel girone era andata così: Zverev aveva approcciato bene alla partita, ma una volta perso per 6-4 in volata il primo set il tedesco si è progressivamente disunito, fino a venire dominato per 6-1 nel secondo parziale.
Nella finale di ieri è successo esattamente l'opposto. Djokovic durante la partita ha smarrito completamente se stesso, prima all'improvviso ha perso il dritto, e da lì tutto il suo gioco è via via franato. All'inizio le sue difficoltà psicologiche sembravano legate a un'eccessiva tensione, ma poi il serbo ha finito per andare in completa confusione, fino a regalare l'ultimo e decisivo game. Un crollo che ci saremmo potuti aspettare per un tennista più fragile mentalmente, non per il Djokovic che negli ultimi mesi sembra rinato, e che ha rimesso insieme tutti i pezzi del proprio gioco. Appena un giorno prima Djokovic aveva giocato contro Kevin Anderson una semifinale di grande spessore, un concentrato di intensità e qualità che ha forse rappresentato l'apice del livello di Djokovic nel 2018. Un contesto che ha reso ancora più inaspettato il suo crollo.
Le difficoltà del serbo non sono però emerse per caso. Per tutta la settimana, e in particolare proprio negli ultimi due match contro Federer e Djokovic, Zverev ha mostrato degli enormi progressi con il dritto che fino a Parigi-Bercy erano stati appena accennati. In parte questo ha condizionato il piano tattico di Djokovic: il serbo ha cercato il cambio con il dritto lungolinea forse troppo presto e non ha insistito in modo più sicuro sulla diagonale destra. Le imprecisioni e la mancanza di sicurezza con il dritto sono state poi fatali a Djokovic, in una partita caratterizzata da un'inaspettata scarsa brillantezza.
Qui potrebbe giocare sul campo scoperto, per di più sul dritto di Zverev, ma Djokovic insiste a giocare verso il rovescio del tedesco e perde precisione con il suo dritto. Concede il break decisivo nel primo set e da lì in poi non ritroverà più il filo della partita.
Le scelte tattiche di Djokovic, tuttavia, sono state condizionate dai miglioramenti effettuati da Zverev con il suo colpo più debole, che hanno permesso al tedesco di aumentare il suo peso psicologico e il suo condizionamento soprattutto nelle fasi cruciali della partita. Come tutti i giocatori più forti, Zverev ha manipolato le scelte del suo avversario, forzandolo a palesarne i punti deboli ed esprimendo anche quella forza invisibile sul campo che da sempre appartiene ai campioni. In questo modo si è aggiudicato il primo "Master" in carriera ed è tornato a imporsi in un torneo di peso, il più importante dopo gli Slam, in uno sport ormai sempre più dominato dai trentenni.
I miglioramenti di Zverev con il dritto
Forse è ancora presto per dire che Zverev finalmente mostrerà certi progressi con continuità, ma in queste ATP finals ha compiuto il salto di qualità con il dritto che ci si aspettava con Lendl alla guida - che sei anni fa aveva aggiustato un altro dritto ballerino, quello di Murray. Fino a Parigi-Bercy si era visto poco, a eccezione di un po' di sicurezza conquistata con il dritto a sventaglio dal centro-sinistra.
Rispetto al passato Zverev riesce ora a distendere e a velocizzare molto di più il braccio destro quando entra con la testa della racchetta per colpire il dritto, e ora tende a puntare la mano sinistra avanti e a preparare il colpo molto prima. Un cambiamento che si traduce in molti vantaggi tecnici e tattici che abbiamo potuto osservare negli ultimi due match contro Federer e Djokovic, nei quali Zverev ha giocato alla pari per lunghe fasi contro delle buone versioni dei due giocatori - finché Djokovic ha retto mentalmente - fino a quel momento più forti sui campi indoor.
Innanzitutto la maggiore velocità nell'apertura e nell'entrata dell'avambraccio sulla palla consente a Zverev di stare più vicino al campo e di andare incontro alla palla, senza scappare invece passivamente indietro come troppo spesso ha fatto finora, il che lo ha reso maggiormente efficace soprattutto sulla terra battuta. In queste grafiche sotto è possibile notare anche statisticamente una parte dei progressi effettuati da Zverev in questa direzione.
Fino alla partita contro Federer, questi erano i punti d'impatto di Zverev con il dritto durante il torneo in entrambe le fasi di gioco - sia nei game di servizio che di risposta. Ne ha impattati il 26% dentro al campo e il 40% piuttosto vicino alla riga di fondo, molti anche sul centro-sinistra, mentre in passato da quella zona non rinunciava quasi mai al suo rovescio che riteneva giustamente molto più sicuro. Sotto, però, la grafica si riferisce a entrambi i colpi nelle prime due partite del torneo di Montecarlo: le statistiche sono piuttosto simili solo quando riferite alle fasi al servizio, dove ovviamente il raggio d'azione avanza, e principalmente perché le palle dentro al campo vengono colpite soprattutto con il rovescio dal lato sinistro. Viceversa, nei turni di risposta, i colpi di Zverev erano più arretrati.
Come più volte sottolineato da Elena Pero in telecronaca, Zverev ha però giustamente tenuto a ribadire che non gli verrà chiesto da Lendl di impattare la palla sempre dentro al campo come il suo ex pupillo, Murray. Da una parte per la maggiore statura; dall'altra per una minore propensione a colpire in anticipo. Un salto in avanti sulla posizione andava però comunque fatto e ora Zverev ha raggiunto un compromesso nettamente migliore, che dovrà essere portato avanti con continuità a partire dal 2019.
Impattare meglio la palla con il dritto, in posizione più avanzata, gli ha anche permesso di essere più efficace in risposta. In passato Zverev era spesso vittima dei servizi verso il suo dritto, soprattutto slice da destra: Federer aveva preparato così la semifinale ma nel momento decisivo del primo set - sul 6-5 Zverev - lo svizzero si è rifugiato in questa soluzione incassando quattro risposte consecutive molto robuste del tedesco. La maggiore rapidità di braccio di Zverev non solo gli consente di tagliare i tempi di esecuzione del colpo e quindi di rispondere più avanti, ma permette anche al colpo di essere più profondo, non solo in risposta ma anche negli scambi più interlocutori. Anche questo era un punto importante del suo gioco al quale Zverev era chiamato a un progresso.
L'errore di Federer, decisivo per perdere il primo set, in parte è anche forzato dalla risposta profonda di Zverev che mette ansia allo svizzero e lo allontana dal campo, impedendogli di attaccare con tranquillità.
La costante profondità dei colpi è stata importante per inchiodare Federer sul lato del rovescio. Non era mai successo che Zverev riuscisse a giocare così tanti scambi agganciando con continuità il rovescio di Federer, soprattutto giocando dritti lungolinea o a sventaglio, impedendo così a sua volta allo svizzero di spostarsi sul suo dritto per attaccare. Proprio lo sventaglio dal centro-sinistra tirato verso destra è stato un altro colpo profondamente migliorato da Zverev, già prima delle ATP Finals, ed è diventato così sicuro e penetrante che il tedesco lo ha seguito praticamente in automatico a rete ogni volta, mostrando anche con i colpi al volo qualche progresso.
Solo qualche settimana fa sarebbe stato impensabile vedere Zverev così aggressivo.
In sostanza Zverev riesce ora anche a controllare le partite con il suo dritto, un colpo con cui in passata invece concedeva errori o palle facilmente attaccabili. Si può già parlare di "effetto-Lendl", che proprio con Murray riuscì a ottenere lo stesso obiettivo e consentì allo scozzese quell'ultimo salto di qualità fondamentale, per ottenere una maggiore aggressività e una superiore completezza tattica che lo hanno portato a sbloccarsi nelle vittorie negli Slam. Raramente Zverev pecca di professionalità e di impegno, quei numerosi buchi di rendimento erano da attribuire a una mancanza di sicurezza in quello che forse è il colpo più importante nel tennis contemporaneo. Dopo una vittoria così pesante, ma forse ancora di più dopo tutti questi progressi compiuti, i passaggi a vuoto di Zverev potrebbero diminuire e consentirgli finalmente di combattere alla pari con i più grandi campioni in ogni contesto.
Finalmente un giovane
Alexander Zverev ha ulteriormente alzato l'asticella della pesantezza del suo successo, passando dalle vittorie nei Master 1000 - tre: Roma e Montréal 2017 e Madrid 2018 - a un torneo ancora più pesante, che tutti i partecipanti affrontano con la massima intensità mentale, superiore a quella messa in campo nei 1000. La distanza dei due set su tre, tuttavia, ha reso meno difficile per Zverev ottenere questo successo e non ha ancora dissipato i dubbi sulla sua competitività negli Slam, quindi ovviamente nelle partite al meglio dei cinque set.
La maggiore efficacia nei tornei ATP piuttosto che negli Slam, tuttavia, viene erroneamente attribuita solamente a Zverev, mentre è palese che più o meno la stessa tendenza si sia verificata anche sugli altri Next Gen - soprattutto Tsitsipas e Khachanov - che stanno ottenendo molti più risultati nei Master 1000 piuttosto che nei Major.
Le partite al meglio dei cinque set sono molto più ampie nella loro durata e questo comporta fasi più lunghe di passaggi a vuoto, sia nell'approccio che nel corso del match, dalle quali la spunta chi riesce a trovare prima gli aggiustamenti necessari. Una dinamica nella quale i giocatori più esperti sono avvantaggiati. La costruzione di un "piano A" solido ed efficace è già talmente complessa di suo che per i giovani diventa ancora più difficile esprimersi quando questa strategia, per qualsiasi motivo, non funziona.
Zverev è un giocatore già incredibilmente maturo a livello tattico e mentale, e i suoi problemi avevano a che fare soprattutto col piano tecnico, col rendimento del suo dritto. Il dritto è il colpo con il quale si produce il maggiore volume di gioco, ed è impossibile competere ai massimi livelli senza averne uno completo e affidabile in ogni situazione.
L'attuale aumento delle sicurezze di Zverev sembra quindi una diretta conseguenza dei suoi miglioramenti tecnici. La scelta di Lendl come "supercoach" sembrava azzeccata già al momento del suo annuncio, e lo è ancor di più adesso che la mano del campione ceco sembra aver risolto in così poco tempo numerosi grattacapi.
Il successo alle ATP Finals darà probabilmente molta fiducia a Zverev, ma negli ultimi anni sono stati tre i giocatori ad essersi imposti al "Master" - Dimitrov, Davydenko e Nalbandian - senza aver mai raggiunto una finale Slam in carriera, ad eccezione di Nalbandian nell'ormai antico Wimbledon 2002. La vittoria di Londra sarà l'ennesimo step da compiere per raggiungere il legittimo obiettivo di sbloccarsi anche nei tornei più importanti, e non un punto di arrivo. Al momento della sua separazione da coach di Zverev, Juan Carlos Ferrero accusò il tedesco sostanzialmente di essersi montato la testa dopo le vittorie nei Master 1000 a Roma e Montréal lo scorso anno, aumentando i ritardi negli allenamenti e diminuendo la sua professionalità. Stavolta, però, ci sarà più tempo per smaltirne gli effetti ed evitare l'appagamento.