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Sanchez è troppo grande per l'Arsenal?
12 gen 2017
Wenger lo ha messo al centro del sistema, il sistema fatica a stare al suo passo.
(articolo)
9 min
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Nella disperata rincorsa al Chelsea, in trasferta a Bournemouth, dopo un’ora di gioco l’Arsenal è sotto di tre gol. Una rete di Alexis Sánchez fa partire la rimonta che porta fino al pareggio di Giroud in pieno recupero. È il momento che squarcia il velo di maya degli umori della squadra. Da una parte Giroud, seguito da alcuni compagni, che festeggia come un pazzo assieme ai tifosi; dall’altra Sánchez, che corre verso il centro del campo con chi dei compagni lo segue per non perdere tempo e provare a vincere la partita. Mancavano pochi minuti al fischio finale e l’Arsenal non riuscirà a completare la rimonta, guadagnando poi solo un punto sul Chelsea che poi perderà col Tottenham. A quel punto Alexis esplode, impreca e getta i guanti a terra platealmente.

Per tutta la partita Sánchez era sembrato insofferente. Indicava nervosamente i movimenti ai compagni, sbatteva il dito sulle tempie per invitare a pensare prima di giocare, alzava le braccia al cielo per lamentarsi della scarsa pressione collettiva, mandava letteralmente affanculo i compagni che si muovevano in ritardo. Verrebbe quasi da pensare a Sánchez come alla mela marcia dello spogliatoio. Da un’altra prospettiva, Sánchez è il giocatore che vuole instillare la mentalità vincente in una squadra storicamente adagiata su un’immagine di sé bella e perdente. C’è qualcosa di più Arsenal di Giroud che festeggia il pareggio celebrando il gesto tecnico - lo scorpione realizzato contro il Crystal Palace - di una partita precedente?

Wenger ha provato a spegnere sul nascere ogni polemica. Ha dichiarato che la sua frustrazione è normale quando non si vince e che negli spogliatoi nessuno ha festeggiato il punto guadagnato. Un modo per calmare acque sempre più agitate. Il tecnico sta camminando in equilibrio su un filo sottile: il rinnovo di Sánchez, in scadenza tra un anno e mezzo, non è ancora arrivato e ha paura di una fuga simile a quella di van Persie di quattro anni fa.

Sánchez nel frattempo sta provando a prendersi la leadership di una squadra fragile mentalmente da troppo tempo. E quello che sta facendo dal punto di vista emotivo è solo la conseguenza di un percorso tecnico che lo ha visto, in questa stagione, in una posizione sempre più centrale all’interno del sistema di Wenger. Una centralità che è anche il segno inequivocabile della sua definitiva maturazione.

Fino a questa stagione, Alexis Sánchez non sembrava potersi elevare troppo dalla sua condizione di (formidabile) giocatore di sistema. Nel suo gioco c’è troppo agonismo per sembrare naturalmente superiore agli altri: è troppo goffo per dare l’impressione di appartenere al club ristrettissimo dei migliori giocatori al mondo, nonostante una tecnica elettrica e un fisico tirato fino al punto di scoppiare. Sanchez ha l’aria di chi ha dovuto sudare per arrivare. E poi non è un giocatore che pensa calcio, e questo è stato forse il suo più grande limite nel Barcellona, dove per rispondere alla complessità del sistema aveva bisogno di una frazione di secondo di troppo nel prendere le decisioni con la palla.

Sanchez è un giocatore che ha bisogno di essere sempre sotto sforzo, che non può abbassare mai la soglia di attenzione. In compenso possiede un’esplosività rara. Tocca il pallone senza accompagnarlo, quasi trascinandolo a strattoni e spesso ha bisogno di sbagliare due cose prima di farne una (ma anche tre di seguito) bene. È così rapido che può sbagliare e correggere il proprio errore senza mai spezzare il movimento, mantenendo la fluidità della sua azione. Vederlo condurre nel traffico il pallone è un puro esercizio di abilità fisica, forse per questo Daniele Manusia lo ha paragonato a un golden retriver che si muove tra gli avversari come un cane nel mezzo di un agility dog.

In effetti la tecnica da agility dog ha anche i suoi vantaggi.

Neanche nelle giocate più classicamente legate alla fantasia - colpi di tacco, passaggi "no look" - Sánchez riesce a essere elegante. Nei suoi movimenti c’è sempre una forza nervosa e una potenza latente che li spoglia completamente dalla loro estetica, lasciandone solo l’efficacia. Nonostante non ci sia nessuna elusività nel suo gioco, e i difensori siano sempre in anticipo su cosa vuole fare, è così rapido e il gesto è talmente potente che finisce per uscirne indenne col pallone.

La centralità di Alexis nel sistema

È forse anche per un eccesso di confidenza su queste qualità che Sánchez ha più volte superato il confine tra giocatore risolutore e giocatore egocentrico. Il cileno si intestardisce facilmente, perdendo visione periferica e troppi palloni. Non ha una tecnica di passaggio abbastanza raffinata da giustificare la varietà dei suoi tentativi (eloquente il 74% di precisione in una squadra comunque con il possesso quasi sempre dalla sua) e non capisce sempre quando è il momento di liberarsi del pallone, lasciandosi raddoppiare o ingabbiare.

Il primo controllo è ondivago. Almeno la metà delle palle che perde a partita - 5 in media - sono causate proprio da questo.

Rispetto alle scorse stagioni Alexis tocca meno palloni, e con una percentuale di passaggi riusciti non eccellente, e gli riescono sia meno tackle che dribbling. Questa non sembra la storia di un giocatore che entra nel prime della carriera girando attorno ai propri limiti.

Sánchez ha gli stessi pregi e difetti di quando è arrivato dal Barcellona due anni e mezzo fa. Eppure, grazie a un sistema che lo ha liberato da legacci tattici, è diventato uno dei giocatori con il maggiore impatto in Premier League. L’energia che spende ogni volta in zona palla, la sua riluttanza a rinunciare allo sforzo e il coraggio di provare giocate anche difficili è tutto ciò che mancava all’Arsenal di Wenger.

Alexis parte dal centro dell’attacco mentre i giocatori attorno a lui si muovono rispondendo ai suoi input. Questa è all’incirca la formula scelta da Wenger per affrontare le partite importanti di questa stagione. Quando Sánchez retrocede a giocare palla, Walcott cerca la profondità con movimenti esterno-interno; mentre Özil copre in verticale lo spazio lasciato libero da Alexis, finendo davanti alla porta.

Un triangolo che si crea naturalmente per le caratteristiche dei singoli giocatori, che Wenger ha adornato con compagni a bilanciare: Bellerín sulla fascia destra copre lo spazio lasciato dal movimento di Walcott, Iwobi o Oxlade-Chamberlain (con caratteristiche diverse) si associano con Alexis a sinistra.

Il reparto offensivo dell’Arsenal gioca, sostanzialmente, per lasciare libero Sánchez di muoversi seguendo il suo fiuto e non su binari prestabiliti. È un impianto di gioco che facilita le transizioni in velocità ed è stato usato tutte le volte in cui Wenger non era interessato ad attaccare posizionalmente.

Era dai tempi di van Persie che il sistema di Wenger non dipendeva tanto da un singolo giocatore per attivarsi.

Ma Sánchez ha imparato a essere decisivo non solo in transizione ed è molto più coinvolto nel gioco rispetto al passato. Non si limita all’appoggio per il giocatore più vicino o al cambio di gioco. Passa la palla e si muove subito per creare una reazione a catena su tutto l’attacco. Lo fa pur sempre in maniera istintiva, ma a Wenger piace lasciare il suo attacco libero di creare. Per questo preferisce avere i due centrocampisti centrali bloccati: la squadra rischia di spezzarsi e non è ariosa quanto immaginiamo debba essere l’Arsenal, ma i suoi migliori giocatori così possono incidere più in profondità nelle partite. Qualcosa di molto vicino all’idea di Wenger prima che incontrasse il calcio di posizione.

Neanche con l’inserimento di Giroud che lo dirotta sull’esterno, Sánchez perde la propria centralità. Rimane il giocatore della squadra con più tocchi in area di rigore (145) ed è al contempo il giocatore che tira di più in porta (3.4 volte a partita) e quello con più passaggi chiave (2.7 a partita). Che poi ha trasformato in 13 gol e 7 assist, con un gol o un assist a partita di media (ogni 85 minuti).

Praticamente, prendendo tutti i gol e gli assist dell’Arsenal in questa stagione di Premier League, Sánchez da solo vale la metà di tutta la produzione offensiva della squadra. Diego Costa ha fatto poco meno di lui, ma con più minuti necessari (19 tra gol e assist ogni 88 minuti) e solo Payet, De Bruyne ed Eriksen hanno creato più occasioni di lui (54) in Premier. È anche quinto per numero di dribbling riusciti (52). Solo Ibra e Sterling hanno avuto più tocchi in area di rigore. In questo momento Sánchez è sia uno dei migliori creatori che uno dei migliori definitori della Premier.

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Questo grafico di statsbomb.com riassume meglio di mille parole cos’è ora Alexis dal punto di vista statistico.

Se non deve più eseguire i movimenti a svuotare l’area, può comunque muoversi con libertà sulla trequarti e decidere lui quando attaccare la porta. Quando Sánchez gioca a sinistra di solito riceve sui piedi orientando il corpo verso il centro del campo. Dopo aver saltato il primo avversario decide il modo più diretto per arrivare in porta: dribblando ancora o associandosi a un compagno in un triangolo. In queste azioni Sánchez non alza praticamente mai gli occhi dalla palla, diventando imprevedibile anche nell'ideazione del gesto, oltre che velocissimo nell’esecuzione.

In alternativa può decidere di giocare in modo più aggressivo, muovendosi con un raggio più ampio, finendo in area con scatti che partono anche da molto lontano e facendo in pratica da finalizzatore. In queste situazioni Sánchez è di fatto una punta che parte dall’esterno e che utilizza Giroud come perno per i lanci dalla difesa.

Nonostante l’utilità di Giroud, però, e dei suoi gol nel finale, forse la forma migliore dell’Arsenal quest’anno sembra quella con Sánchez al centro dell’attacco. Un’opzione che Wenger aveva provato e poi scartato durante le prime due stagioni a causa della discontinuità del cileno e della sua incapacità nell’adattare il suo gioco alla posizione: «Le poche volte che ho provato con lui al centro non erano convincenti e mi ricordo che addirittura in una partita l’ho cambiato a fine primo tempo (era una trasferta con l’Everton nel 2014). Quest’anno qualcosa è scattato da subito. Si è sviluppato bene come attaccante centrale perché credo abbia trovato un buon mix tra giocare in profondità e venire incontro, ha anche più libertà e sfrutta il vantaggio della sua tecnica al centro molto di più».

Dove prima finiva per schiacciarsi con il compagno sull’esterno solo con movimenti a liberare l’area, con il tempo i compagni hanno capito come muoversi per lasciargli spazio e l’Arsenal con Sánchez centrale è veloce nello sviluppare la transizione offensiva e versatile nei modi di attaccare.

Lui per ora ha segnato solo davanti al portiere, laterale con tiro secco, laterale con pallonetto vellutato, da fuori su punizione, di testa, dribblando il portiere, di rapina in area piccola.

Come riassumere in poche parole cosa è successo quest'anno a Alexis Sánchez e all'Arsenal? Possiamo dire che pur non essendo un giocatore che aumenta il controllo della propria squadra, Alexis è diventato il centro del sistema solare di squadra che si è organizzata attorno al suo talento, circondandolo di giocatori che devono avere le gambe o la testa per stargli dietro.

Non sembra poter essere stata la semplice vicinanza di un giocatore come Özil ad aver affinato le scelte nella gestione dei tempi di gioco di Alexis, più probabilmente è una conseguenza delle maggiori responsabilità che stesso si attribuisce.

Alexis Sánchez è nel picco della carriera e il pericolo per Wenger è che le responsabilità che gli ha dato non lo abbiano solo aiutato a compiere la propria definitiva esplosione, ma che lo abbiano fatto crescere al punto che l'Arsenal ormai gli va stretto.

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