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Il salto nell'impossibile di Alice D'Amato
06 ago 2024
06 ago 2024
Il primo oro olimpico nella storia della ginnastica artistica femminile italiana.
(foto)
IMAGO / ABACAPRESS
(foto) IMAGO / ABACAPRESS
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Alice D’Amato non è caduta sulla trave, si è lasciata andare a terra dopo aver capito ciò che aveva appena fatto. A Parigi 2024 quei dieci centimetri, spesso crudeli e che hanno mietuto vittime illustri, come Simone Biles, finita quinta a causa di una caduta e penalizzata per non aver salutato, hanno portato l’azzurra lì dove nessuna italiana era mai arrivata. Se per l’argento della prova a squadre c’era un precedente, seppur datato (ovvero Amsterdam 1928), in questo caso D’Amato è stata la prima italiana in assoluto a vincere una medaglia d'oro.

Le ha fatto compagnia e ha cantato l’inno di Mameli, risuonato in una Bercy Arena finalmente rumorosa dopo il silenzio assordante che cala durante gli esercizi, la compagna di squadra Manila Esposito, terza (14.000) alle spalle della cinese Zhou Yaqin con 14.100. Grazie alle loro due medaglie, e all'argento vinto nella prova a squadre, l'albo d'oro femminile nella ginnastica olimpica raggiunge quota 5 medaglie, dopo l'argento di Amsterdam e il secondo posto di Vanessa Ferrari al corpo libero a Tokyo 2021.

D’Amato ha portato a casa, con il suo esercizio, lo score di 14.366: entrata con enjambée cambio, ribaltata senza, enjambée più sissone, enjambée cambio, enjambée cambio ad anello, flic pancia, flic più salto smezzato, salto avanti, doppio giro in accosciata e uscita con salto teso con due avvitamenti e mezzo.

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In tutta la storia dello sport olimpico femminile italiano, prima di queste Olimpiadi, erano state in totale cinque le finali di specialità. È lo stesso numero che è stato raggiunto solo in questa edizione di Parigi grazie a D’Amato ed Esposito.

In virtù di quanto fatto nella prova di qualifiche a squadre, la ligure classe 2003 è stata impegnata a trave, parallele e corpo libero, mentre la campana, nata nel 2006, è scesa in pedana per trave e corpo libero.

Per capire meglio quanto compiuto da D’Amato a Parigi, basti pensare che solo Simone Biles, ginnasta più decorata di tutti i tempi, e la brasiliana Rebeca Andrade, alla terza partecipazione olimpica, hanno raggiunto lo stesso numero di finali (sommando quella a squadre e All Around individuale). Il trio magico ha ottenuto l’accesso a quattro dei possibili cinque atti conclusivi individuali.

Nella finale alla trave, arrivata dopo una medaglia di legno alle parallele, prima del penultimo elemento - doppio giro in accosciata – l’azzurra ha ammesso in un’intervista a Eurosport, di aver pensato: «Se sbaglio mi sparo». Una dichiarazione spontanea, ironica e schietta, che però racchiude l’essenza della ginnastica e spiega perfettamente alcuni tratti caratteriali dell’italiana.

La ricerca spasmodica e continua della perfezione spesso può incastrarti, può portare a creare inconsciamente un labirinto mentale. Più si cerca di non sbagliare, più l’errore si manifesta come uno spettro. Quando fai ginnastica questo principio vale forse doppio perché un minimo errore, una inezia, può costarti tutto.

Lo sa bene Alice D’Amato che spesso non è riuscita a sprigionare tutto il suo immane potenziale, per via del fardello di non sentirsi all’altezza. Ora, però è il momento in cui dai suoi risultati può finalmente prendere consapevolezza.

Prima di Alice, tra le italiane, solo Carlotta Giovannini (al volteggio nel 2008), Erika Fasana (al corpo libero nel 2016) e Vanessa Ferrari (al corpo libero a Londra 2012, Rio 2016 e Tokyo 2020), erano rientrate tra le prime otto. Adesso in questo gruppo entra anche Alice D'Amato, anni 21.

La genovese è l’unica ginnasta italiana del gruppo parigino alla seconda Olimpiade. Dietro la nuca ha tatuato i cerchi olimpici con la scritta Tokyo 2020: a differenza di tanti altri sport, la longevità non è un fattore che sorride alle ginnaste (a parte rare eccezioni, come Oksana Chusovitina che gareggiò a 46 anni a Tokyo) e fare più edizioni olimpiche non è cosa da poco.

D'Amato è stata selezionata in squadra dopo aver confermato il rendimento degli ultimi anni e dopo aver vinto, nell’ultimo weekend prima di Parigi 2024, il titolo di campionessa All around agli Assoluti di Cuneo. Nella ginnastica, contrariamente ad altre discipline, le carte vengono scoperte solo all’ultimo lasciando le atlete in una logorante attesa. Il pass olimpico, ottenuto dopo il Mondiale del 2023, non era nominale e fino al fine settimana del 4 e 5 luglio nessuno sapeva se avrebbe dovuto stampare la carta d’imbarco per Parigi.

Alla fine, sono stati premiati, oltre che i risultati, il percorso, i patimenti e i tanti momenti no, condivisi con la gemella Asia anche lei da sempre nel giro Nazionale. Dietro il trucco impeccabile, lo chignon perfetto e i body scintillanti, si celano fasciature e dolori costanti. In diverse interviste Alice ha raccontato di essersi ormai abituata a vivere con fastidi e problemi fisici, quasi come se fosse una forma di assuefazione. «L’infortunio è dietro l’angolo», ha detto al Foglio, «non esiste giorno dove non si abbia dolore. Bisogna imparare a lavorare con il dolore, gestendolo, capendo se ci si debba fermare o meno». Non poteva essere altrimenti visto che ha iniziato a frequentare sale operatorie molto presto. Trasferitasi con la sorella a 11 anni a Brescia, sede non solo della Brixia ma anche centro federale per la femminile, ha subito rischiato di dover dire addio a volteggi e salti. D'Amato ha affrontato quasi tutta la carriera da Junior infortunata, a causa della rottura del crociato e del menisco.

All’epoca dell'infortunio ha 12 anni, un’età in cui non si dovrebbe nemmeno entrare in sala operatoria e dovrebbe esserci spazio solo per l’attività fisica come forme di divertimento. D’Amato si trova subito messa davanti alla dura realtà della ginnastica: la sua avventura nel mondo dello sport è già vicina alla fine, ancora prima di essere iniziata. Dopo quell'infortunio, infatti, le dicono che non potrà più fare ginnastica. Nessuno, almeno in Italia, la vuole operare: è troppo piccola. La famiglia, però, non accetta quel no e dopo un po’ di ricerche, ottiene un responso positivo: viene operata Linz, dove negli anni la sorella diventa di casa. Lì riparte il suo viaggio, che si fermerà di nuovo nel 2015, dopo un altro brutto problema al ginocchio nel 2015.

È attraverso questo percorso accidentato che Alice e Asia D'Amato si fanno largo diventando "le fate azzurre", soprannome che deriva da una trasmissione della Federazione Italiana Ginnastica e che loro hanno fatto proprio attraverso un tatuaggio (una piccola Trilly, fata del cartone di Peter Pan).

Il tatuaggio è il segno visibile di una connessione profonda tra le due sorelle, entrambe grandi lavoratrici. L’etica del lavoro, probabilmente, l’ha insegnata papà Massimo, pompiere che, nonostante gli impegni, ha seguito sempre le sue figlie. «Dopo scuola le caricavo in macchina e viaggiavamo in direzione Brescia», ha raccontato nel primo episodio di Fate, format come detto prodotto dalla federazione di ginnastica «Non è stato facile, da Genova la strada è lunga, mangiavano e facevano i compiti in macchina… Non so dove arriveranno, ma si sono sempre impegnate tantissimo fin da piccole. Io mi auguro solo che siano felici di quello che fanno».

Il padre è venuto a mancare dopo gli Europei di Monaco del 2022, quando era arrivato l’oro a squadre e l’argento alle parallele per Alice. Una botta più difficile da incassare di un infortunio e del dolore fisico che fa sempre compagnia a tutte le ginnaste. La sofferenza è stata da stimolo per Asia che ha detto, parlando dei vari guai fisici, a Olympics: «Credo che lui [il padre, nda] l'abbia superata in condizioni molto peggiori... cosa vuoi che sia al confronto un infortunio. Mi ha aiutato tanto la sua forza».

Alice D'Amato è più chiusa. A parte qualche post su Instagram non ha mai parlato del lutto. Forse perché, come ha detto lei stessa, tra le due è la più fragile, quella che più tendeva a sottovalutarsi. Non sono bastati un bronzo alle parallele agli Europei del 2019 o l’oro del 2023 e di quest’anno a convincerla della sua forza. Chissà magari da oggi le cose cambieranno.

Vanessa Ferrari, che l’ha vista crescere, a questo proposito a Gazzetta Dello Sport, dopo l’argento a squadre, ha detto: «Alice è molto forte. Credo che lei stessa non si sia ancora accorta delle sue potenzialità. È cresciuta tantissimo in questi ultimi anni, sta aumentando nella sicurezza, sbaglia molto meno, e nell'ultimo periodo ha trovato quella consapevolezza di gara, quella stabilità che le stanno permettendo di crescere anche nella difficoltà degli esercizi. È una ginnasta molto forte, deve saperlo anche lei».

In passato, qualcosa era sempre andato storto: pure all’Europeo di quest’anno, di Rimini, ha dovuto gareggiare nell’all around (dove poi ha vinto l’argento), subito dopo aver visto la sorella in lacrime uscire dalla pedana dopo l’infortunio che ha compromesso la sua presenza a queste Olimpiadi. A Parigi, finalmente, le potenzialità sono diventate realtà. E la realtà sono due medaglie, una d'oro, e tante finali quante ne ha fatte Simone Biles (con un punteggio a lei superiore nella prova a squadre nelle parallele seppur non sia il suo attrezzo di punta) e Andrade.

«Tutti i sacrifici sono valsi la pena, rifarei tutto pensando di arrivare a vincere l'oro olimpico», ha detto dopo la gara «Spero sia l'inizio di una grande serie di successi, per me e per tutta la squadra».

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