Massimiliano Allegri ha esordito in Serie A da allenatore, a Cagliari nel 2008, perdendo le prime cinque partite. Dopo il pessimo inizio, però, i rossoblù furono una delle sorprese di quel campionato, chiuso al nono posto: il miglior piazzamento nella storia recente del Cagliari (bisogna tornare indietro al sesto posto del 1993 per un risultato migliore).
Nel suo primo anno al Milan, poi, Allegri collezionò due pareggi e una sconfitta contro il neopromosso Cesena nelle prime quattro giornate: i rossoneri partirono male ma a fine anno vinsero lo Scudetto, l’ultimo della loro storia (dalla stagione successiva, tra l’altro, il campionato lo ha sempre vinto la Juventus). Anche l’ultima qualificazione in Champions League del Milan, nel 2013, porta la firma di Allegri, e anche quella stagione non era cominciata benissimo: dodicesimi dopo tredici partite, i rossoneri scalarono la classifica fino a raggiungere il terzo posto.
Passato alla Juve, Allegri attraversò un brutto periodo nei primi mesi della stagione 2015/16. Alla decima giornata i bianconeri avevano perso ben quattro volte ed erano dodicesimi, poi, dal derby contro il Torino all’undicesima giornata, la Juve vinse 26 delle 28 partite giocate, pareggiando solo col Bologna e perdendo a Verona a campionato ormai vinto, dopo una delle rimonte più incredibili della storia della Serie A.
Questo riassunto era necessario per chiarire che nel corso degli anni Allegri ha dimostrato un gran talento nel risolvere i problemi, ribaltando più volte situazioni critiche. Ed è questa particolare sensibilità che si esprime, forse in modo ancora più evidente, durante le partite, col tempo che scorre e il margine di errore che diventa più sottile.
Allegri brilla nella cosiddetta lettura della partita, una qualità che non si limita soltanto alla scelta delle sostituzioni ma riguarda la capacità di analizzare la gara e di prevederne lo sviluppo, intervenendo per indirizzarla nella direzione voluta, non per forza con una sostituzione.
Come si cambiano le partite dalla panchina
Saper leggere la partita è tra le qualità più indefinibili di un allenatore. Richiede flessibilità, coraggio, intuito e una sensibilità difficile da sviluppare, anche dopo anni di esperienza. Non basta riconoscere che il piano preparato non funziona, ma è necessaria una certa abitudine all’intuizione estemporanea, visto che durante la partita è impossibile fare un’analisi lucida e profonda, che tenga conto di tutte le variabili.
Luciano Spalletti, l’allenatore con più panchine in Serie A tra i venti dell’attuale campionato, è stato criticato per le due sostituzioni di Politano contro la Juve e il PSV: nel primo caso per far entrare Borja Valero, spostando João Mário a destra sul lato di Cancelo, autore dell’assist per il gol decisivo di Mandzukic; nel secondo per coprirsi con un terzino come Vrsaljko, anche se all’Inter sarebbe servito un altro gol per qualificarsi agli ottavi di Champions.
O ancora, citando un altro esempio recente, a Eusebio Di Francesco è stato contestato il passaggio alla difesa a 5 contro il Cagliari, con il punteggio ancora sul 2-1 per la Roma, che non ha comunque impedito ai rossoblù di pareggiare all’ultimo secondo nonostante la doppia inferiorità numerica per le espulsioni di Srna e Ceppitelli. Alcuni allenatori, pur bravissimi nel preparare le partite, sembra quasi che se potessero preferirebbero non farli, i cambi.
Intervenire sull’andamento della partita è, insomma, un processo molto delicato che può tradire anche gli allenatori più esperti. D’altra parte a definire i margini di manovra di un allenatore sono i giocatori, potersi muovere tra diverse soluzioni e adeguarle al momento della partita dipende ovviamente dalla profondità e dal valore della rosa, anche se comunque va tenuta in conto una certa dose di casualità che determina l’esito di ogni scelta.
Allegri ha trovato alla Juve le condizioni ideali per sviluppare ancora di più questo suo talento, collegato in parte al suo modo di intendere il ruolo dell’allenatore, antidogmatico e quasi da alchimista, che abbina le qualità dei giocatori a seconda degli obiettivi ricercati. Anche con rose meno forti e profonde, comunque, la sua particolare sensibilità nella lettura dei momenti della partita si era già fatta notare.
Nel suo primo anno a Cagliari, ad esempio, Allegri ha battuto proprio la Juve facendo uscire dalla panchina Lazzari e Matri, entrambi protagonisti nell’azione del 3-2: Lazzari con l’assist, Matri con il gol decisivo. È una delle vittorie più prestigiose della carriera di Allegri: nella sua storia il Cagliari ha infatti battuto la Juve a Torino in campionato solo un’altra volta, nel 1968.
Tornando a un esempio più attuale: nell’ultima sfida con l’Inter di Spalletti, Allegri ha migliorato nel secondo tempo la prestazione della Juve allargando Mandzukic a sinistra e rendendo così più chiari i riferimenti del pressing. I bianconeri hanno messo in crisi la costruzione bassa dell’Inter e hanno iniziato a recuperare la palla più in alto, prendendo il controllo della partita pur cedendo il possesso. Intuite le difficoltà del primo tempo, Allegri le ha risolte mandando in campo dopo l’intervallo una squadra più aggressiva e diretta.
È comunque solo l’ultima occasione in cui Allegri ha cambiato il contesto di una partita con un suo intervento. Ho raccolto cinque esempi significativi limitandomi agli anni alla Juve, in cui le sue mosse hanno svoltato partite delicate e decisive per la stagione, come se le sue intuizioni migliorassero all’aumentare della pressione.
Milan - Juventus 0-1, finale Coppa Italia, 21/5/2016
La finale di Coppa Italia è l’ultima partita della stagione 2015/16 di Milan e Juventus. Per i rossoneri, settimi in campionato e non qualificati a una competizione europea per il terzo anno di fila, è l’ultima occasione per salvare una stagione deludente, chiusa oltretutto con il sorprendente cambio in panchina da Mihajlovic a Brocchi, che non ha comunque evitato il sorpasso del Sassuolo al sesto posto. La Juve, invece, ha appena vinto il campionato dopo una rimonta incredibile e punta a confermare il suo dominio affiancando allo scudetto la Coppa Italia, una doppietta già centrata da Allegri nel suo primo anno sulla panchina bianconera.
Nonostante i pronostici nettamente sbilanciati in favore della Juve, è il Milan a giocare meglio. I bianconeri non riescono a contrastare la costruzione bassa della squadra di Brocchi, soprattutto per la posizione molto prudente dei due esterni della difesa a cinque, Lichtsteiner ed Evra, e finendo schiacciati all’indietro dal palleggio milanista faticano anche a risalire il campo.
Per un tempo il Milan domina il possesso ma non riesce a passare in vantaggio, e allora dopo l’intervallo Allegri interviene per alzare il baricentro della sua squadra e renderla più aggressiva, inserendo prima Alex Sandro e poi Cuadrado al posto dei due esterni titolari, Evra e Lichtsteiner. È soprattutto il brasiliano a cambiare la partita, garantendo al tempo stesso una pressione più efficace sul possesso del Milan e uno sfogo per risalire il campo, grazie alle sue qualità in conduzione. È proprio Alex Sandro a recuperare e a portare avanti il pallone nell’azione decisiva nei tempi supplementari, dopo lo 0-0 nei novanta minuti. Lo strappo palla al piede di Lemina consente quindi di spostare l’azione a destra da Cuadrado, autore dell’assist per Morata, entrato da pochi secondi e libero di calciare sul secondo palo sul cross del colombiano.
Grazie a un’azione che coinvolge i tre giocatori mandati in campo dalla panchina da Allegri, la Juve vince anche la Coppa Italia, bissando il double della stagione precedente e dando continuità a un dominio che non si è ancora interrotto, visto che negli ultimi quattro anni la Juve ha sempre vinto sia lo scudetto che la Coppa Italia, un record mai riuscito a nessuna squadra nei principali campionati europei.
Juventus - Olympiacos 3-2, gironi Champions League, 4/11/2014
Quando Allegri viene scelto come sostituto di Antonio Conte nel 2014, la Juve è una squadra dominante in Italia e insicura in Europa, che arriva dall’eliminazione nella fase a gironi della Champions dopo la sconfitta contro il Galatasaray e quella in semifinale in Europa League contro il Benfica, che aveva tolto ai bianconeri la possibilità di giocare la finale in casa, allo Juventus Stadium.
Anche con Allegri le cose sembrano mettersi subito male in Champions. La Juve perde due partite su tre all’inizio della fase a gironi, contro l’Atlético Madrid e l’Olympiakos, e nella gara di ritorno contro i greci è obbligata a vincere per evitare l’eliminazione. Con coraggio, Allegri affronta la partita decisiva rinunciando al 3-5-2 portato avanti per non disperdere le conoscenze accumulate negli anni con Conte e schiera un 4-3-1-2 con il centrocampo a rombo formato da Pirlo, Pogba, Marchisio e Vidal, con il cileno nel ruolo di trequartista.
Dopo un’ora, però, la Juve perde 2-1. Passati in vantaggio con una punizione di Pirlo, i bianconeri erano infatti stati rimontati dai gol di Botía e N’Dinga. Poco prima di subire il 2-1 Allegri aveva mandato in campo Llorente al posto di Morata, per avere maggiore fisicità in area e sfruttare meglio i cross dalle fasce, una situazione cercata di frequente con i tagli esterni delle mezzali e la posizione alta e larga dei terzini.
La mossa paga subito: Llorente è prima protagonista nella carambola che porta al 2-2, con la palla che rimbalza sul palo dopo il colpo di testa dello spagnolo e finisce in rete dopo essere schizzata sul portiere dell’Olympiakos, Roberto, e poi dà a Pogba l’ultimo passaggio dopo una ripartenza innescata da un recupero alto di Vidal. Il francese sfrutta un altro rimpallo con un giocatore dell’Olympiakos e segna il 3-2 con un tiro al volo dal limite dell’area. La vittoria con l’Olympiakos non inaugura solo un nuovo percorso tattico, con il 4-3-1-2 che diventerà il sistema di base in quella stagione, ma lancia la Juve fino alla finale di Champions, persa 3-1 contro il Barcellona di Messi, Suárez e Neymar.
Juventus - Napoli 1-0, Serie A, 13/2/2016
Quando incontra il primo Napoli di Maurizio Sarri nel girone di ritorno, la Juve è a un passo dal completare una rimonta storica, partita dal dodicesimo posto alla decima giornata. La squadra di Allegri è seconda a due punti dal primo posto, occupato proprio dagli azzurri. Le scontro diretto è molto teso e dominato dalle due difese, che concedono pochissime occasioni.
Per sbloccare lo 0-0 Allegri manda prima in campo Zaza al posto di Morata, poi a quattro minuti dalla fine toglie Dybala per Alex Sandro. Qualche istante dopo quest’ultima sostituzione, Mertens perde un pallone all’apparenza innocuo al limite dell’area di rigore della Juve. Il Napoli riesce a contenere la ripartenza aggredendo prima Pogba e poi Cuadrado, e l’azione sembra perdere pericolosità dopo il contrasto di Jorginho sul colombiano. La palla, però, finisce a Khedira, che avanza fino a centrocampo e poi cambia gioco a sinistra proprio su Alex Sandro. Il brasiliano è in mezzo a Hysaj e Callejón, ma vince il duello aereo saltando altissimo e appoggiando di testa all’indietro a Evra. Il terzino sinistro della Juve ha la linea di passaggio aperta verso il centro su Zaza, che si gira col primo tocco disorientando Koulibaly e calciando da fuori area trova il gol decisivo, anche grazie alla deviazione di Albiol.
La Juve vince 1-0 una sfida molto equilibrata con un’azione indirizzata da due grandi giocate di due giocatori pescati dalla panchina da Allegri. Con questo successo i bianconeri completano la rimonta superando il Napoli al primo posto e mettendo le basi per il quinto scudetto consecutivo.
Juventus - Bayern Monaco 2-2, ottavi Champions League, 23/2/2016
Il secondo posto nella fase a gironi della Champions 2015/16 impone alla Juve un sorteggio durissimo agli ottavi, contro il Bayern Monaco di Pep Guardiola. La partita d’andata è dominata per un’ora dai bavaresi, che schiacciano la Juve nella sua metà campo e vanno in vantaggio per 2-0 con i gol di Müller e Robben.
Allegri interviene già all’intervallo, togliendo Marchisio e inserendo Hernanes, per migliorare la resistenza al pressing del Bayern e interrompere le lunghe fasi di difesa posizionale a ridosso dell’area. La svolta arriva però con Morata e Sturaro, che rendono ancora più aggressiva e verticale la Juve. Dybala a quel punto aveva già dimezzato lo svantaggio, ma sono proprio Morata e Sturaro a confezionare il gol del 2-2, il primo con un assist di testa e il secondo con l’inserimento decisivo che brucia Kimmich e riporta la Juve sul pari.
Al ritorno all’Allianz Arena la Juve ribalta i pronostici con una partita quasi perfetta fino al novantesimo, quando Evra perde un pallone in uscita e il Bayern completa la rimonta con il gol di Müller che fissa il 2-2. La squadra di Allegri perde 4-2 dopo i tempi supplementari ma l’eliminazione non cancella le due grandi prestazioni contro una delle migliori squadre al mondo in quel momento.
Tottenham - Juventus 1-2, ottavi Champions League, 7/3/2018
All’intervallo della partita di ritorno contro il Tottenham, negli ottavi della scorsa Champions League, la Juve è sotto 1-0 e virtualmente eliminata. All’andata a Torino, infatti, la partita era finita 2-2: dopo i due gol di Higuaín nei primi dieci minuti, gli "Spurs" avevano schiacciato la Juve e pareggiato grazie alle reti di Kane ed Eriksen.
La squadra di Pochettino domina anche il primo tempo a Wembley e va in vantaggio grazie a Son. Dopo un’ora Allegri ha l’intuizione giusta: toglie Matuidi e Benatia e inserisce due terzini, Asamoah e Lichtsteiner, una mossa controintuitiva, con la Juve che ha bisogno di due gol per passare il turno. La squadra si schiera col 4-2-3-1 e gli equilibri della partita cambiano improvvisamente. Il Tottenham non riesce più a pressare con successo la costruzione bassa bianconera, e anzi, nel tentativo di restare aggressivo nonostante la nuova disposizione della Juve, si apre al centro facilitando le ricezioni tra le linee di uno tra Higuaín o Dybala o di un esterno offensivo che si accentra.
In tre minuti Higuaín e Dybala segnano i due gol che permettono alla Juve di superare il turno e arrivare ai quarti, dove viene eliminata dal Real Madrid al termine di una doppia sfida emozionante, risolta all’ultimo secondo da un rigore di Cristiano Ronaldo dopo che ai bianconeri era riuscita l’impresa di recuperare al Santiago Bernabéu lo 0-3 subito a Torino. La gestione della partita di ritorno col Tottenham, per i problemi creati dagli “Spurs” e il modo scelto per risolverli, è forse il capolavoro che meglio esprime la capacità di Allegri di cambiare il contesto a gara in corso. Intervistato dopo la vittoria a Wembley, il tecnico livornese aveva sintetizzato con una battuta questo suo talento: «Le partite le vincono i giocatori, io a volte faccio danni e poi rimedio».