Così come l’anno scorso, la Juventus si è giocata a Siviglia il primo posto nel girone di Champions League. Massimiliano Allegri ha dovuto preparare la partita più delicata di inizio stagione facendo i conti con una vera e propria emergenza in attacco: agli infortuni di Paulo Dybala e Marko Pjaca si è aggiunto anche quello di Gonzalo Higuaín poco prima della partenza per la Spagna, che ha lasciato il tecnico bianconero con il solo Mario Mandzukic come unica opzione affidabile per il reparto avanzato. Per la prima volta in stagione la Juventus ha così giocato con una sola punta, in un 4-5-1 in cui Alex Sandro e Cuadrado si sono posizionati ai fianchi del trio di centrocampo titolare (Marchisio-Khedira-Pjanic). Allegri ha rinunciato allo schieramento fluido che permette alla Juve di alternare difesa a 3 o a 4 a seconda delle fasi di gioco, preferendo schierarsi stabilmente a 4, sia in fase di possesso che in quella di non possesso.
Il Siviglia di Jorge Sampaoli, come da abitudine, si è schierato adattandosi all’avversario per moltiplicare i duelli individuali. Fondamentali nel sistema difensivo pensato dal tecnico argentino, caratterizzato da un’intensità e un’aggressività esasperata, in cui ogni giocatore impegnato nel primo pressing deve avere facile “accesso” all’avversario di riferimento, per sabotare la costruzione dal basso della squadra avversaria e recuperare il pallone in zone alte. Sampaoli ha così scelto un 4-4-2 le cui posizioni di partenza prevedevano Vietto e Vázquez schierati in maniera asimmetrica per controllare Marchisio e allo stesso tempo avere la possibilità di alzarsi in pressione su Rugani e Bonucci; Mariano e Vitolo stretti al centro del campo, ma pronti a uscire su Evra e Dani Alves; Iborra (schierato al posto dell’infortunato Nasri, che sembrava aver recuperato e invece non è andato nemmeno in panchina) e N’Zonzi accoppiati con le mezzali juventine (Pjanic e Khedira); Escudero e Mercado accoppiati invece con Cuadrado e Alex Sandro.
Il castello di Sampaoli
Il pressing del Siviglia doveva però fare i conti con l’inferiorità numerica in zona centrale, che avrebbe potuto minare dalle fondamenta il piano di Sampaoli. Quando Vázquez si affiancava a Vietto per pressare i centrali difensivi della Juve, toccava a N’Zonzi alzarsi su Marchisio, lasciando però Khedira libero alle sue spalle. La Juve con una circolazione di palla pulita e veloce avrebbe potuto trasmettere nella trequarti offensiva il vantaggio concesso dal Siviglia nella prima costruzione, facendo così crollare il castello costruito da Sampaoli. E i primi minuti della partita sembrano andare in quella direzione: la posizione tra le linee di Khedira manda subito in crisi il pressing del Siviglia, aprendo spazi molto invitanti alle spalle della difesa.
Il gol segnato presto da Pareja sugli sviluppi di un calcio d’angolo, approfittando della libertà concessagli sul secondo palo (toccava a Dani Alves marcarlo? Per tutto lo sviluppo dell’azione il brasiliano è sempre lontano da Pareja), fa invece rientrare la partita nel contesto voluto da Sampaoli: il Siviglia può aggiustare in senso più “prudente” il proprio pressing, concedendo il primo passaggio laterale e chiudendo il lato forte della Juve (che sceglie quasi sempre di iniziare l’azione a destra da Dani Alves) avendo un uomo in marcatura su ogni possibile appoggio, con Vázquez che si occupa in maniera più stabile di Marchisio, lasciando N’Zonzi e Iborra accoppiati con Khedira e Pjanic. Attirata nella trappola laterale della squadra andalusa, fino all’espulsione di Vázquez la Juve riesce soltanto una volta a risalire il campo sulla fascia, costruendo in ripartenza l’altra grande occasione per segnare il gol del pareggio.
Il pressing del Siviglia in azione.
Chi gioca in 10?
L’espulsione di Vázquez è ovviamente l’episodio chiave della partita: dopo il pareggio su rigore di Marchisio a pochi secondi dall’intervallo (fallo su Bonucci sugli sviluppi di un corner), la Juve guadagna progressivamente campo nella ripresa, anche se fatica a trasformare la superiorità numerica e territoriale in occasioni da gol. Anzi, i bianconeri sono piuttosto inoffensivi e a fine partita sommano appena 0,4 xG. È il Siviglia, infatti, che continua a imporre il proprio contesto, senza rinunciare ai suoi tratti caratteristici anche con un uomo in meno. Per riuscire a resistere, Sampaoli all’intervallo toglie Vietto e inserisce Sarabia, posizionato a centrocampo sulla fascia sinistra, facendo scivolare Vitolo unica punta. L’idea è affidarsi al nazionale spagnolo per guidare il pressing e portare su il pallone dando così respiro alla difesa e spezzando il possesso continuo della Juve.
Nei primi minuti del secondo tempo, l’ostinazione con cui il Siviglia non rinuncia a pressare alto i bianconeri, nonostante l’accentuata inferiorità numerica in mezzo al campo, è ammirevole. Quando Vitolo lascia Marchisio per uscire in pressione sui difensori centrali della Juve, il resto della squadra lo segue: N’Zonzi torna ad abbandonare la propria posizione per alzarsi su Marchisio e Mariano è così costretto a ripiegamenti profondi in mezzo al campo per coprirlo. Ed è altrettanto ammirevole la capacità con cui la squadra di Sampaoli riesce a consolidare il possesso.
La squadra in 10, in questo caso, sembra la Juve.
Anche quando ripiega nella propria metà campo, a seguito di un tentativo di pressing andato male, o perché schiacciato dal progressivo avanzamento della Juve col passare dei minuti, il Siviglia non rinuncia a difendersi in maniera aggressiva, mostrando un’intensità a tratti impensabile, con la quale riesce a sostenere il sistema di continue uscite sul portatore di palla previsto da Sampaoli e allontanare così la Juventus dalla propria area di rigore.
Una scena piuttosto frequente nel secondo tempo.
Allegri ha prima provato a cambiare la situazione inserendo Sturaro per Evra: il centrocampista ex Genoa si è posizionato sulla fascia sinistra facendo scalare in difesa Alex Sandro, con Pjanic portato alle spalle di Mandzukic. Il tecnico della Juve ha così aperto uno sbocco per la manovra a sinistra, provando allo stesso tempo a migliorare il gioco tre le linee della sua squadra, con i tagli verso il centro di Sturaro e la posizione di raccordo di Pjanic, avanzato per tentare di cancellare l’isolamento di Mandzukic.
È stato comunque l’ingresso di Moise Kean, il primo giocatore degli anni 2000 a esordire in Champions League, a determinare l’azione decisiva: Kean è andato immediatamente a occupare l’area di rigore su una rimessa laterale in zona offensiva, impegnando la difesa del Siviglia e aprendo lo spazio al limite a Bonucci, autore del gol vittoria dopo il rigore procurato nel primo tempo. Al 94’, sull’ultimo rinvio di Sergio Rico, Mandzukic ha poi sfruttato lo sbilanciamento del Siviglia per segnare il 3-1.
La rigidità di Allegri
A fine novembre la Juventus è prima in campionato con 7 punti di vantaggio sulle seconde, qualificata matematicamente agli ottavi di Champions, quasi sicuramente da prima nel girone (deve battere, in casa, l’unica squadra della competizione ancora incapace di segnare un gol, la Dinamo Zagabria). Impossibile fare meglio, ma se da un lato i risultati sono incontestabili, dall’altro le prestazioni continuano a essere poco convincenti: guardando a febbraio/marzo, quando cioè la Champions entrerà nel vivo e la Juve sarà costretta a un salto di qualità, le difficoltà di questo inizio stagione non possono lasciare tranquillo Allegri.
A Siviglia la scelta dell’undici titolare è stata praticamente obbligata, nonostante fosse lecito aspettarsi di più. Magari Allegri avrebbe potuto assecondare di più la fluidità nello schieramento a seconda delle partite e delle fasi di gioco, un aspetto che la Juve ha dimostrato di saper padroneggiare alla grande, mantenendo un rendimento molto alto nonostante le tante assenze che hanno condizionato l’inizio di stagione.
Dopo i primi minuti in cui sembrava poter girare a proprio vantaggio la superiorità numerica concessa dal Siviglia al centro del campo nella prima costruzione, utilizzando la posizione tra le linee di Khedira per mandare a vuoto il pressing della squadra di Sampaoli e puntare la difesa a campo aperto, la Juve è caduta nella trappola degli andalusi. Il Siviglia consentiva il primo passaggio laterale e accorciava con decisione sul lato forte impedendo alla Juve di risalire il campo.
L’idea di tenere Cuadrado e Alex Sandro larghi per fornire una via d’uscita laterale al pressing del Siviglia non ha funzionato e ha finito per isolare Mandzukic, così come l’insistenza nel voler iniziare l’azione dal lato di Dani Alves ha limitato l’influenza di Pjanic, costretto ad abbassarsi molto e a scambiarsi di posizione con Marchisio o Khedira per ricevere il pallone. D’altra parte, la Juve non è sembrata avere un piano B che prevedesse di appoggiarsi a Mandzukic lanciando lungo per conquistare campo e consolidare il possesso nella trequarti del Siviglia. E i movimenti in verticale delle mezzali per avvicinarsi a Mandzukic o attaccare la profondità in prima persona hanno finito per scollegare i reparti, costringendo i bianconeri a tornare indietro per poi girare il pallone sull’altra fascia. Anche dopo l’espulsione di Vázquez la circolazione juventina è stata troppo orizzontale: a Siviglia mancavano sia Dybala che Higuaín, ma la difficoltà a giocare tra le linee per “rompere” la struttura difensiva avversaria è un problema che la Juve si porta dietro da diverso tempo.
Allegri è l’allenatore anti-dogmatico per eccellenza, eppure mai come stavolta la difesa a 3 avrebbe potuto risolvere alcuni dei problemi juventini, garantendo la costante superiorità numerica contro Vietto e Vázquez e togliendo al Siviglia il principale innesco del pressing, il passaggio laterale al terzino. Con due esterni a dare ampiezza in zona profonda la squadra di Sampaoli avrebbe avuto più problemi a far partire quel pressing che ha annullato la pericolosità della Juve fino all’espulsione di Vázquez. Non è un caso che l’azione qui sotto, in cui finalmente i bianconeri riescono a risalire il campo e a farsi pericolosi, nasce da un momentaneo schieramento a 3 dietro, con Dani Alves bloccato di fianco a Rugani e Bonucci largo sull’altro lato.
La certezza più grande per la Juve, in questo momento, resta la solidità difensiva, che i bianconeri conservano a prescindere dallo schieramento e dalla coperta di Linus rappresentata da Buffon-Barzagli-Bonucci-Chiellini. Il Siviglia, pur riuscendo quasi sempre a consolidare il proprio possesso grazie al set di movimenti previsto da Sampaoli per avere una circolazione sicura – N’Zonzi che si abbassa in mezzo a Rami e Pareja per ristabilire la superiorità numerica contro Mandzukic e Khedira; Escudero e Mercado larghi e vicini per fornire un facile scarico sulla fascia; Iborra in appoggio alle spalle di Mandzukic e Khedira – è riuscito a creare un solo pericolo su azione manovrata, limitandosi a utilizzare i movimenti di Vázquez, Vietto e Vitolo alle spalle del centrocampo juventino per tenere palla e preferendo utilizzare i cambi di gioco per innescare la fase di rifinitura (ed è proprio su un cambio di gioco che il Siviglia conquista il corner che lo porta in vantaggio). Pur essendo costretta dal gol subito dopo pochi minuti a giocare in maniera più aggressiva rispetto alle abitudini, la Juve ha saputo gestire gli attacchi del Siviglia sia pressando la prima costruzione – con Khedira e Pjanic puntuali e precisi nel dividersi tra le uscite su Rami e N’Zonzi (il rosso a Vázquez nasce infatti da un recupero di Pjanic sul francese) e le schermature dei avversari alle spalle per cancellare il possibile gioco tra le linee del Siviglia e spingerlo sulle fasce – sia schierandosi e coprendo alla perfezione il centro del campo.
Avere una grande fase difensiva è sicuramente la base per il successo, ma per diventare la squadra immaginata da molti questa estate, e per porsi come candidata credibile per la vittoria anche in Champions League, la Juve dovrà dimostrare di essere in grado di fare qualcosa in più rispetto a quanto visto finora.